La nascita e il consolidamento della relazione tra organizzazione produttiva e organizzazione del territorio è il tema trat
tato da Roberto Gabetti con riferimento a due periodi: quello della "svolta aziendale" impressa direttamente da A.O. a partire dagli anni 1920-30 fino al termine della Seconda Guerra Mondiale, e quello del "rilancio organiz zativo" condotto nel dopoguerra. (*)
(*) Il testo integrale dell'intervento di Roberto Gabetti è stato pubblicato nel n. 2/1980 del "Taccuino del Centro Studi" della Fondazione Adriano Olivetti.
Il dopoguerra è stato anche per Adriano Olivetti una nuova occasione, ricca di tentativi spesso affrettati, Condotti sul filo di un'ansia continua.
Proprio in quegli anni egli aveva attivato un nuovo collegamento con la cultura industriale anglosassone: le sue attenzioni alla .scuola di Dewey venivano a porre in primo piano nuovi aspetti di un'azione sociale e morale, che distinguevano una cultura "organica", radicata alle tradizioni "comunitarie". Il suo antico rapporto con uomini di cultura parve radicalmen te rivisto (...) Per riorganizzare la produzione come gli insediamenti produttivi, si aggiunsero ai collaboratori di antica consuetudine, altri, più giovani, e soprattutto altri diversi, appartenenti a nuove categorie emergenti.
La sua cultura, attraverso questi nuovi apporti, si andò aggiornando, sulla base di una revisione di antichi valori: colpisce soprattutto, anche per questa seconda fase, l'estrema incisività delle collaborazioni suscitate da lui direttamente, o da lui accolte, per quella sua capacità di adattamento recipro co, rispetto alle realtà aziendali e organizza tive. I prodotti della Olivetti non erano solo più macchine da scrivere e da calcolo, ma macchine utensili, non sono solo più indu strie, ma residenze e servizi; e ancora l'estesa gamma di una pubblicità che non era più soltanto punti di vendita, vetrine, manifesti, ma stru menti di affermazione nel mondo, in tutte le sedi più qualificate (periodici, manifesta zioni varie).
Il piano di Olivetti, da aziendale (economi co e produttivo, con ampi riflessi sull'organiz zazione della - produzione sul territorio) diven tava politico, e segnalava interessi estetici, in senso proprio, attraverso posizioni critiche volenterosamente affrontate e personalmente sofferte.
(...) Prevalse sempre in Adriano la posi zione centrale dell'organizzatore: non del programmatore amministrativo, del pianificatore rigido, ma del ricercatóre curioso e anche fantasioso di contributi e di collaborazioni, da far convergere però sempre sui nuclei centrali dei suoi interessi. Questo valse non solo per la sua azienda, ma per l'I-Rur, e poi anche per 1'UNRRA-CASAS. Del resto per riorganiz zare ogni valido apporto, non solo manuale e tecnico, ma anche intellettuale e artistico, per farlo piegare verso la produzione, una produzione non limitata alla fabbrica, ma estesa al territorio, alla politica regionale, alle politiche regionali e anche nazionali, ai rapporti internazionali, non potevano essere riferimento valido schemi precostituiti. Si può quindi parlare di un eclettismo scientifi co, inteso come strumento necessario per un'orga nizzazione estremamente sofisticata delle sue interne specializzazioni, estremamente diversificata nelle sue applicazioni.
Per ciò che concerne l'organizzazione del territorio, c'è da fare una osservazione molto semplice: Adriano Olivetti aveva speri mentato ad Ivrea un rapporto tra un'azienda in trasformazione e una cittadina di provincia, che si era presto dilatata al territorio
circo-stante, secondo una linea di decentramento produttivo basata sul rispetto di equilibri territoriali, validi economicamente, socialmen te, culturalmente. Tale concetto era esportabile anche al Sud (in questo senso Pozzuoli e l'UNRRA costituiscono due ulteriori esempi). Non si trattò invece né di un atto di regalità, né di beneficenza e di divinazione, né ancora di neo-umanesimo: schemi interpretativi proposti più o meno larvatamente dai suoi critici, anche i più vicini. Si trattava delle conseguenze necessarie di un contatto stabilito con le realtà emergenti, nell'ambito di una cultura fondamentalmente legata all'organizzazione del lavoro, ripresa nelle sue articolazioni più aggiornate, nelle sue implicazioni dirette e indirette.
In questo senso mi pare necessario mettere in evidenza la sua opera di capo-azienda e di esponente dell'Istituto Nazionale di Urbani stica, a favore della nascita di servizi socia li (in tutte le loro moderne articolazioni) a livello aziendale e poi sociale, nonché della loro diffusione sul territorio secondo una rete articolata, nelle diverse scale funzio nali e dimensionali (efficienza interna dei poli, loro riferimento ad aree articolate secondo subaree, funzionali rispetto al polo e alle popolazioni insediate). Se solo oggi è stata realizzata, almeno negli schemi legisla tivi nazionali e regionali italiani, una orga nizzazione dei servizi sociali sul territorio, il merito primo, di realizzatore e di suscita tore, va certamente ad Adriano Olivetti e alle sue équipes di specialisti. Si è trattato
di una svolta non solo organizzativa, ma poli tica, a favore di un reale decentramento degli interventi e delle responsabilità di iniziativa e di gestione, che rappresenta l'unica incisiva riforma dello Stato, in questo dopoguerra: ciò pur con tutte le carenze che tuttora emer gono. Fra queste carenze, ve n'è una soprattut to, che però Adriano Olivetti ha sempre combat tuto: le qualità della vita, i valori d'uso, propri di una ricerca urbanistica e architetto nica coraggiosamente intrapresa, erano considera ti da lui qualità intrinseche. Al punto che lo stesso discorso sugli standards delle resi denze e degli insediamenti ad esse relativi, è stato portato avanti da Olivetti senza rinunce; mentre all'opposto venne ripreso in larga scala proprio ai più bassi livelli qualitativi, rimanendo principale metro di valutazione il metro quantitativo e vediamo come il semplice soddisfacimento di standard emerge nei piani di molte, troppe amministra zioni nazionali e locali.