Cesare Musatti ci offre un ricordo molto particolare, una testimonianza che ci pare porti tanta luce nel ritratto di Adriano Olivet ti.
Poiché nel generale quadro della cordialità e gentilezza d'animo che egli dimostrava verso ognuno, ho avuto con lui rapporti in certo modo speciali, mi pare giusto e doveroso per me soffermarmi su questi aspetti delle relazio ni che fra di noi sono intercorse. Io sono stato nell'estate del 1942 psico-analista di Adriano Olivetti, per pochissimo tempo, due o tre sedute soltanto, egli non volle infatti più continuare, ma è bastato quel brevissimo contatto per determinare tra noi tutta una situazione di amicizia e di affettuosa intimità che perdurò fintanto che egli visse. Voglio raccontarvi la storia di questa analisi, perché essa dice molto sul tipo di rapporti che ci sono stati tra noi.
L'analisi si svolgeva in condizioni assolu tamente anormali, data la guerra. Io vivevo ad Ivrea ospite di Adriano, in casa sua e parte cipavo a quello che egli faceva anche in fabbri ca. Cose da fare semplicemente inorridire qualsiasi moderno psico-analista ortodosso, ligio anche solo approssimativamente e parzial mente alle giuste e ferree leggi del settore analitico. Ma come ho detto i tempi erano ecce zionali e bisognava adattarsi ed era proprio
il caso di dire "à la guerre comme à la guerre".
Inoltre fin dall'inizio commisi, sempre in ragione delle condizioni eccezionali nelle quali ci trovavamo, un grave errore tecnico, che buttò tutto all'aria.
Alla seconda seduta mi portò un sogno che aveva fatto la notte precedente. Si era incontrato con un prete e col prete aveva poi litigato: tutto qui. Io stando alle regole avrei dovuto rimandare ogni interpretazione aspettando che emergesse altro materiale e che si fossero prodotti i rapporti, che noi chiamiamo di "transfert", i quali potevano far sopportare l'interpretazione al paziente, invece io gli dissi subito: "Guardi ingegnere che quel prete, colui che riceve le confessioni, sono io, e lei ha semplicemente sognato di litigare con hne. E' del resto abbastanza natura le che il paziente abbia sentimenti ambivalen ti positivi e negativi verso l'analista. Vedre mo più avanti perché". Rimase molto perplesso, l'indomani mattina però mi dichiarò: "Ho pensato lungamente al sogno, e al suo significato, io non voglio assolutamente litigare con lei, quindi ho deciso di interrompere l'anàlisi".
Gli feci osservare che forse avremmo dovuto, prima di giungere a questa conclusione, vedere un po' meglio che cosa questo litigio sognato significasse, ma non ci fu nulla da fare, preferì troncare senz'altro. A tanti anni di distanza io posso chiarire meglio di quanto abbia potuto fare allora, il significato di questo sogno. Adriano sentiva, anche se in modo oscuro, un po' persecutorio, che io avrei potuto esercitare qualche influenza spirituale sulla sua persona
e preferiva sottrarsi a tale influenza avverti ta come minacciosa.
Negli anni successivi Adriano Olivetti fu in analisi a Roma dal professor Ernest Bernhard ottima e cara persona più affine per certi suoi elementi, in certo modo misticheg- gianti, alla mentalità di Adriano, il quale avvertiva invece me come personalità più posi tiva, ma in quanto tale anche, diciamo pure, dogmatica. Ecco la figura • del prete sotto la cui veste ero nel sogno rappresentato, un prete rosso, se vogliamo, ma sempre un prete. Ed io sarò stato effettivamente un poco così, per cui Adriano Olivetti non aveva forse tutti i torti a volersi difendere da me, naturalmente nel puro ambito di questa fantasia onirica. Ma io che conservai dopo la fine di quella brevissima avventura rapporti di profonda amicizia con lui (ci demmo dopo di allora del tu anche come compagni di partito), posso ora qui di fronte a voi, che siete stati di Adriano amici, estimatori e continuatori, testimoniare sulla sua persona e come un prete, appunto, che, dopo tanti anni, per la stessa scomparsa della persona, è liberato dal segreto della confessione, chiarire alcuni aspetti, non dirò segreti, ma degni di essere messi più in rilievo della sua personalità.
Una certa contraddizione sembra esserci fra un giudizio di utopia che serpeggia nei molti discorsi che sono stati fatti qui relati vamente ad Adriano Olivetti, e il fatto che Adriano Olivetti è stato un grande industriale che con spirito realistico ha ingrandito .la
fabbrica ricevuta dal padre portandola ad una condizione di grande industria in Italia.
Questa contraddizione effettivamente esisteva nella personalità di Olivetti. Adriano era un utopista, se per utopia Intendiamo una certa tendenza a distaccarsi dalla realtà effettiva per costruire una realtà fantastica non collegata ai dati immediati di cui noi disponiamo; contemporaneamente, era un indivi duo dalla fantasia fervida che qualche volta si allontanava dalla realtà mantenendo però la capacità di reinserirsi in essa. Io vorrei accennare ad un episodio che può far sorride re. Adriano Olivetti acquistò ampi terreni nella zona di Scarmagno nella convinzione che sarebbe stato costruito lì 1'aeroporto di Ivrea, l'aeroporto del Canavese. Era un'idea solo fantasiosa, ma da questa fantasia l'azien da ha tratto comunque un utile, in quanto su quei terreni sono poi sorti gli stabilimenti di Scarmagno.
Di episodi di questo genere la vita di Olivetti è ricchissima. Spesse volte egli partiva con un disegno che appariva veramente utopistico per poi reinserire ciò che aveva costruito, o solo fantasticato, in un contesto assolutamente reale. E' un atteggiamento, questo, che noi psicologi consideriamo tipico dell'attività artistica; gli artisti infatti svolgono la loro attività staccandosi in un certo modo dalle immediate esigenze del mondo reale, senza peraltro perdersi del tutto fuori della realtà in una dimensione paranoica, ma ricavandone qualcosa di molto concreto e prezioso come le loro opere d'arte.
Ecco, a me sembra che in Adriano Olivetti ci fosse questa componente artistica, questa capacità di allontanarsi dalla realtà per farvi ritorno portandovi quanto di buono ricava va dai suoi voli di fantasia. Alla fantasia, peraltro, Olivetti associava grandi capacità intuitive. Ricordo che quando qui si costruiro no le prime telescriventi gli chiesi quali fossero le sue intenzioni, dal momento che a quel tempo per le telescriventi non sembrava esserci richiesta. La sua risposta, potrei dire, la dà oggi il commercio internazionale, che si svolge tutto per telescriventi: aver introdotto le telescriventi nel mercato dei nuovi prodotti industriali ha rappresentato un avanzamento effettivo di enorme importanza. Allo stesso modo, esser partito dalle macchine da scrivere per inventare una linea di sviluppo che comprende tutta quella che oggi noi chia- fniamo informatica è una forma di antiveggenza che poteva apparire utopistica nel momento in cui Adriano Olivetti la sviluppò; oggi sappiamo bene quale importanza ha nella realtà.
Vorrei dire, a chi vede una sorta di scissione o rottura fra un primo e un secondo periodo dell'attività di Adriano Olivetti, di considerare che nella storia familiare di Adriano fino al 1943 c'è stato il vecchio padre, anche se aveva dovuto lasciare la direzione dell'azien da al figlio per le note leggi razziali. L'inge gner Camillo si aggirava per la fabbrica appog giato al bastone e ancora oggi, quando entro nella fabbrica e vedo la sua statua, mi pare di vederlo come lo si vedeva allora. Adriano aveva il terrore di suo padre e delle scenate
acquistato. nella vita
che gli faceva in presenza degli operai quando trovava qualcosa che considerava fuori posto; fuori posto,. naturalmente, nella concezione della piccola fabbrica che Camillo aveva costrui to ma che non aveva più alcuna importanza nell'azienda nelle dimensioni che ormai aveva C'era, dunque, questa frattura di Adriano Olivetti. Un grande affetto per il padre ma una grande soggezione nei suoi confronti : perché Camillo era un uomo molto più energico di lui e fin tanto che ci fosse stato 1'ingegner Camillo 1'ingegner Adriano si sentiva presidente della società per delega del padre e ogni nuovo assunto importante veniva presentato al padre che lo squadrava dall'alto in basso e dava il suo consenso. Era in una condizione di minorità anche se il padre gli riconosceva qualche merito pure con notevoli riserve.