• Non ci sono risultati.

L’organizzazione del potere (1945-48)

Nel documento Indice Introduzione 6 (pagine 166-169)

Nella RFPJ tutto il potere emana dal popolo ed è nelle mani del popolo

3.1.1. L’organizzazione del potere (1945-48)

In sintesi, nel periodo 1945-48, durante la fase staliniana della Jugoslavia, il potere fu concentrato nel Partito comunista e in particolare nei suoi organi esecutivi, come lo furono il governo, l’amministrazione centrale e locale; tale tendenza fu consentita e rafforzata dall’unione personale tra il governo e i massimi organi politici (Politburo e CC)530.

La reale influenza politica era invece concentrata nelle organizzazioni politiche e nei loro organi dirigenti, dove le decisioni venivano prese all’interno delle organizzazioni medesime e, attraverso diversi organi di “trasmissione”, venivano poi riportate agli organi statali e all’amministrazione statale. Accanto all’unione personale tra il vertice del partito e lo Stato, l’intera organizzazione politica progressivamente si legò al sistema amministrativo. Tale legame fu assicurato dalla disciplina di partito,

      

527 Art. 106.

528 Artt. 108-112.

529 Tanti sono gli esempi dei verbali del Comitato regionale del partito, riportati anche in questo capitolo.

530 Tale è ad esempio la tesi di M. OBRADOVIĆ, Funkcija Politburoa CK KPJ u političkom sistemu i uloga Josip Broza Tita u njegovom radu, in “Vojnohistorijski glasnik”, br.1, Beograd, 1987.

che portò a una forte concentrazione del potere, e poi anche a tendenze burocratiche.

Il regime partito-Stato, in altre parole il sistema politico jugoslavo, è considerato dalla storiografia jugoslava come un misto di sistema parlamentare (rappresentanza formale) e “dittatura del proletariato”, ovvero una combinazione del parlamento (assemblea popolare), elezioni, organizzazioni di massa e partito531.

In tale contesto però, il Politburò del CC PCJ fu l’organo indipendente da tutti gli altri che, invece, svolgevano un ruolo strumentale, dal momento che era nel Politburò che venivano risolte tutte le questioni più importanti, dal programma del partito, ai problemi delle organizzazioni di massa, alla politica economica, all’organizzazione statale, all’Armata ed alla politica estera. Il ruolo centrale di Tito, quale segretario generale del partito e capo dello Stato, fu assolutamente fondamentale532.

Di conseguenza, nel sistema amministrativo statale jugoslavo venne a crearsi una concentrazione del potere nei punti di passaggio tra i centri dove si creava la volontà politica della comunità e quelli che detenevano il monopolio dell’amministrazione statale.

Le strutture politiche e sociali, perciò, dal 1945 al 1948 si ispirarono al centralismo burocratico, con una miriade di apparati amministrativi centrali, di ministeri e di istituzioni. Pure nel campo economico la Jugoslavia fu modellata sull’esempio del centralismo statale e burocratico, ovvero sullo Stato di “democrazia popolare”, dove gli organi centrali gestivano le imprese industriali e si seguiva una pianificazione centralizzata dell’economia533.

Soltanto dopo l’espulsione della Jugoslavia dal Cominform nel 1948 e il conseguente riesame dei principi fondamentali in politica estera, gradualmente si determinò un cambiamento nella politica interna. Sul piano interno, il gruppo dirigente jugoslavo intese sviluppare un nuovo modello sociale, l’”autogestione”, che avrebbe portato all’ ”abbandono della concezione statalista dello sviluppo del socialismo e la nascita di nuovi rapporti sociali basati sull’autogoverno”, ma che rimase più che altro una dichiarazione d’intenti, senza incidere in modo sostanziale sulla struttura del potere534.

La letteratura jugoslava considera la

Legge generale sui comitati popolari

del 9 giugno 1949535 come il primo passo verso quella trasformazione che, dalla sfera produttiva536 si sarebbe inquadrata in una più ampia riforma istituzionale, che nel 1950-1951 avrebbe non solo condotto al ridimensionamento di tutta una serie di organismi centrali, ma anche suscitato una riflessione sul ruolo del Partito comunista

      

531 E. PUSIĆ, Upravni sistemi, voll. 2, Zagreb, 1985.

532 M. OBRADOVIĆ, Funkcija Politburoa CK KPJ, cit.

533 Vedi S. BIANCHINI, La questione jugoslava, Giunti, Firenze, 1999, p. 21.

534 Vedi J. PIRJEVEC, Il giorno di San Vito, Nuova Eri, Torino, 1993, pp. 272-273.

535 Opći zakon o Narodnim odborima, in “Službeni List FNRJ”, n. 49, 9 giugno 1949.

536 Tali cambiamenti iniziarono con la Legge sull’autogestione delle imprese da parte dei consigli operai del 1950.

nella società jugoslava e il rinnovamento delle sue strutture politiche e sociali. Se nella visione dei dirigenti jugoslavi, la

Legge sui comitati popolari

concedeva “maggior autonomia agli organismi locali del potere”, in realtà lo Stato, ma soprattutto il partito che lo controllava, avrebbe continuato a svolgere la funzione guida sia nel campo economico, sia nella società in generale537.

Con la

Legge sui comitati popolari

del 1949538 le “regioni” diventarono delle unità territoriali-amministrative che includevano più circondari e città e “che costituivano un’unità principalmente dal punto di vista economico”. Con tale decisione in realtà lo Stato pianificò un maggior e miglior controllo e semplicità d’intervento tra la dirigenza nazionale e la struttura distrettuale in base alla linea di partito, delle autorità popolari e delle organizzazioni di massa.

Fino al 1949 in tutta la Jugoslavia operarono due di queste “regioni” (

oblasti

), l’Istria e la Dalmazia, entrambe in Croazia, i cui i comitati popolari regionali ebbero un mandato di tre anni. Infatti, in base all’art. 16 della

Legge generale sui comitati

popolari

del 25 maggio 1946, i comitati regionali furono considerati degli organismi rappresentativi di carattere generale e degli organismi politico-territoriali del potere popolare a livello regionale che si erano formati "in via eccezionale nei territori che presentavano un'estensione maggiore di un circondario e che costituivano un'unità storica, economica e culturale” 539.

Nel 1949 a livello jugoslavo furono formate 23 regioni, mentre il numero e l’estensione del territorio di ogni singola regione era di competenza repubblicana. Con la

Legge sulla suddivisione territoriale-amministrativa della Repubblica Popolare

di Croazia

del 1949 (

Zakon o administrativno-teritorijalnoj podjeli Narodne Republike

Hrvatske),

la Croazia fu divisa, in base alla decisione del CC PCC540, in 6 grandi regioni: Dalmazia, Fiume, Bjelovar, Osijek, Zagabria, Karlovac541.

L’Istria venne inclusa nel nuovo centro amministrativo, politico ed economico di riferimento, vale a dire nella regione di Fiume, che venne così a comprendere 12 distretti o circondari: Albona, Parenzo, Pola, Pinguente, Pisino, Lussinpiccolo (comprendeva Cherso e Lussino), poi Fiume, Arbe, Veglia, Crikvenica, Senj e Delnice542. La procedura di formazione delle “regioni” iniziava con la formazione delle Commissioni di partito delle “regioni” e così pure le Segreterie delle “regioni” in

      

537 D. BILANDŽIĆ, Historija Socijalističke, cit., pp. 164-177.

538 Opći zakon o Narodnim odborima, cit.

539 Sednice Centralnog komiteta KPJ 1948-1952, Beograd, 1985, pp. 738-739.

540 Al V congresso del PCJ nell’estate del 1948, fu deciso di ricostituire i “comitati regionali” di partito, i quali avevano operato durante la guerra per essere poi sciolti nell’aprile del 1945, con l’introduzione dei comitati circondariali, vedi Sednice Centralnog komiteta KPJ, cit., p. 718.

541 Con la nuova legge Legge sulla divisione amministrativo-territoriale della RPC del 1949 (Zakon o administrativno-teritorijalnoj podjeli Narodne Republike Hrvatske, aprile 1949, Narodne Novine NRH, 29/1949), veniva a cadere la precedente Legge sulla divisione amministrativa-territoriale del 28 giugno 1947 e la sua integrazione del 1948.

542 HDAZ, f. Direkcija za novooslobođene krajeve pri Predsjedništva Vlade NRH – Volosko (=Direkcija Volosko) – Direzione per i territori neoliberati presso la Presidenza del Governo della Repubblica Popolare di Croazia, b.2, Ripartizione amministrativa delle Repubbliche Popolari in regioni e circondari.

campo amministrativo civile543. Tale suddivisione amministrativo-territoriale non durò molto, in quanto le “regioni” furono nuovamente abolite con Decisione del Presidium dell’Assemblea popolare RPFJ nel novembre 1951544.

Dal 1950 nell’amministrazione statale iniziò un processo che nel gergo di partito venne definito di “deburocratizzazione e decentralizzazione”, ovvero una riorganizzazione dell’amministrazione statale, con la diminuzione del numero di ministeri federali e repubblicani, dove alcuni affari dalla federazione passarono di competenza alle repubbliche e da quest’ultime all’amministrazione locale. Nel 1952 si arrivò poi ad una riorganizzazione del Governo croato, con la creazione della Presidenza del Governo, di cinque ministeri (affari interni, giustizia, finanze, traffico marittimo, lavoro) e di nove Consigli (per l’edificazione del potere popolare, la cultura, la sanità e politica sociale, l’economia ed altri).

In questo contesto, la nuova Legge sui Comitati popolari, emanata nel 1952, rappresentò un momento di rottura con la vecchia prassi e gli ideali precedenti, che portò il partito a modificare la sua immagine da un’organizzazione di carattere cospirativo ad un educatore ideologico di tutti i cittadini in senso esteso. Al suo VI congresso (1952), il partito unico cambiò il nome in Lega dei comunisti della Jugoslavia e così pure le altre organizzazioni politiche; il Fronte popolare nel 1953 divenne l’Assemblea socialista del popolo lavoratore (ASPL).

Nel documento Indice Introduzione 6 (pagine 166-169)