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017 La pulso-ossimetria nei pazienti adulti in area critica: le conoscenze di medici e infermieri M.Difonzo, A Amendola, G Colagrande

Unità di Terapia Intensiva, U.O.C. di Anestesia e Rianimazione, ospedale Di Venere, Bari

Introduzione

La pulso-ossimetria è un metodo non invasivo per misurare la saturazione dell'emoglobina nel sangue arterioso, uno dei parametri del contenuto di ossigeno del sangue. Oggi, l'impiego della pulso-ossimetria è utile nel monitoraggio dei pazienti adulti e pediatrici, ed è diffuso in diversi contesti clinici, in anestesia, durante gli interventi chirurgici e nell'unità di cure post-anestesia, in terapia intensiva, in corso di procedure diagnostiche, nel dipartimento di emergenza. La pulso-ossimetria è una metodica accurata e precisa, divenuta lo standard per la misura non invasiva della saturazione arteriosa di ossigeno (SpO2). Con la frequenza cardiaca, la pressione

arteriosa, la frequenza respiratoria e la temperatura, la saturazione arteriosa di ossigeno è inclusa nella valutazione dei segni vitali essenziali nel trattamento di un paziente [1] ed è definita il "quinto segno vitale" [2, 3].

La lettura della saturazione rilevata dal pulso-ossimetro richiede la conoscenza dell'anatomia e della fisiologia respiratoria, dei meccanismi fisiologici del trasporto dell'ossigeno, della curva di dissociazione dell'emoglobina. Inoltre, è necessario conoscere i limiti e comprendere gli errori di lettura dello strumento, che possono modificare la corretta interpretazione della saturazione rilevata.

Materiali e metodo

Questo studio non interventistico coinvolge le unità operative di area critica di un ospedale, sede d'insegnamento universitario, dotato di 400 posti letto per adulti e neonati, situato nell'area metropolitana di Bari, Italia.

Gli obbiettivi della ricerca, che include medici e infermieri, sono: 1. valutare le conoscenze sulla pulso-ossimetria; 2. valutare le conoscenze delle indicazioni e delle controindicazioni all'uso del pulso-ossimetro e dei principali fattori che alterano le misure dello strumento; 3. rilevare il bisogno di formazione e di addestramento sulla tecnologia per migliorare l'uso della pulso-ossimetria. Lo strumento d'indagine è un questionario strutturato con 23 item, composto di due parti: la prima, 5 item, contiene i dati demografici, la seconda, con 18 item a risposta chiusa, vero/falso, contiene i quesiti sulle conoscenze della pulso-ossimetria.

Risultati

I questionari raccolti sono 32, su 45 distribuiti, per i medici (71,11%) e 47, su 57 distribuiti, per gli infermieri (82,45%). Le conoscenze di base e della fisiologia della pulso-ossimetria (quesiti 1-5) evidenziano una percentuale di risposta corretta elevata (range 78,12% - 100%) sia per i medici sia per gli infermieri. Solo 25% dei medici e 17,02% degli infermieri ritengono che la saturazione arteriosa di ossigeno non sia un indicatore dell'ossigenazione tessutale. Le conoscenze delle indicazioni e delle controindicazioni all'uso del pulso-ossimetro (quesiti 6-10) danno risultati controversi. Quarantasette per cento dei medici e 70% degli infermieri sono convinti che la sola osservazione dei segni clinici (tachipnea, cianosi, tachicardia) sia efficace quanto l'uso del pulso-ossimetro, nella valutazione rapida dell'ipossiemia. Al quesito, Nell'arresto cardiaco, la mancanza di un flusso pulsatile non impedisce il rilievo corretto della SpO2, 40,62% dei medici e 76,59% degli infermieri risponde in modo corretto. Quattro quesiti (11-15) valutano i principali fattori che alterano la lettura della saturazione periferica di ossigeno del pulso-ossimetro. La percentuale di risposta corretta è elevata per i medici e per gli infermieri a tre item (range 53,12% - 93,75%). Quando si chiede se la misura della SpO2 sia

attendibile in pazienti con anemia, risponde in modo corretto 65,62% dei medici e 36,17% degli infermieri. Gli ultimi tre item valutano l'uso del pulso-ossimetro in alcune condizioni cliniche. Al quesito, La pulso-ossimetria è un indicatore dell'adeguatezza della ventilazione polmonare, solo 31,25% dei medici e 21,27% degli infermieri rispondono correttamente. All'item, La pulso- ossimetria può essere utilizzata per la gestione del paziente e le decisioni terapeutiche nell'ipovolemia, nello shock e nell'ipotermia, rispondono correttamente 53% dei medici e 44,68% degli infermieri. Le risposte dei due gruppi sono confrontate con il test di Mann- Whitney per la somma dei ranghi; un valore di p < 0.05 è considerato significativo. Il test statistico (U = 162, maggiore del valore critico, p = 1.0) non dimostra una differenza significativa nelle conoscenze tra medici e infermieri.

Discussione e conclusioni

Nel presente studio, riguardo ai principi di base e alla fisiologia della pulso-ossimetria si rilevano conoscenze non adeguate. Un quesito richiede se la saturazione arteriosa di ossigeno rilevata con il pulso-ossimetro sia un indicatore dell'ossigenazione tessutale. La pulso-ossimetria è usata con lo scopo primario di valutare l'ossigenazione e non la ventilazione polmonare. I termini ipossiemia e ipossia sono spesso usati come sinonimi. Lo strumento può rilevare l'ipossiemia, una riduzione del contenuto arterioso di ossigeno, al contrario non rileva l'ipossia, che indica una riduzione del contenuto di ossigeno tessutale. Nel 2007, Bader [4] pubblica una ricerca per valutare la conoscenza di base sulla tecnologia della pulso-ossimetria e sull'interpretazione dei dati clinici. I clinici coinvolti, infermieri, terapisti respiratori e medici di un ospedale generale pediatrico, dichiarano di aver ricevuto (89%) una formazione adeguata in precedenza, 82% identifica correttamente come funziona il pulso-ossimetro, solo 15% ha una corretta conoscenza della curva di dissociazione dell'emoglobina. Lo studio indica che lo staff pediatrico valutato non è sufficientemente abile nel riconoscere il significato di bassi valori di ossimetria. Si suggerisce la necessità di programmi di educazione professionale di

Riguardo alle indicazioni e alle controindicazioni all'uso del pulso-ossimetro, le conoscenze sono imprecise sia per i medici sia per gli infermieri. La maggioranza dei medici ritiene che l'osservazione clinica sia efficace quanto l'uso del pulso-ossimetro, nella valutazione rapida dell'ipossiemia. Il pulso-ossimetro è in grado di rilevare episodi di ridotta saturazione arteriosa di ossigeno più precocemente rispetto all'osservazione clinica, per questo motivo il suo uso è indicato in qualsiasi paziente a rischio d'ipossiemia [5]. La maggioranza dei medici ritiene che nell'arresto cardiaco sia possibile rilevare correttamente la SpO2. Le situazioni d'ipoperfusione

periferica e di cute fredda alterano la lettura del pulso-ossimetro, perché queste condizioni impediscono la normale trasmissione dell'onda pulsatile. Howell e colleghi [6], in una survey del 2002, riportano che solo 14% dei medici e degli infermieri sa che l'ossimetro dà un allarme quando manca il flusso pulsatile. Nel 2004, Jubran suggerisce che nel caso di arresto cardiaco, in cui si determina un arresto del circolo periferico, la pulso-ossimetria dovrebbe essere controindicata [7, 8]. Clark e colleghi [9], nel 2006, raccomandano di considerare, nella lettura del pulso-ossimetro, la pressione arteriosa del paziente. La lettura è considerata valida con pressione sistolica di almeno 80 mmHg o superiore. In caso di vasocostrizione marcata, per ipotermia, ipovolemia, sepsi o shock, la pulso-ossimetria non dovrebbe essere usata per la valutazione del paziente e il trattamento terapeutico.

Riguardo alle alterazioni nella lettura e le limitazioni nell'uso del pulso-ossimetro, la maggioranza degli infermieri di area critica ritiene che l'anemia alteri la lettura del pulso-ossimetro. Alcuni autori [10, 11] suggeriscono che l'anemia non interferisce con l'accuratezza della lettura del pulso-ossimetro. Tozzetti e colleghi [1] ricordano di considerare sempre il contenuto arterioso di ossigeno (DO2). Per i medici intervistati, la presenza di brividi non influenza la SpO2. DeMeulenare [12] rileva che brividi, convulsioni

e tremori da morbo di Parkinson possono provocare un'inadeguata lettura del pulso-ossimetro.

Gli ultimi quesiti indagano la conoscenza della metodica in particolari condizioni cliniche. Medici e infermieri ritengono che la pulso-ossimetria sia un indicatore della ventilazione polmonare. Attin e colleghi [13] riportano che 55,9% degli infermieri, 81,7% dei medici e 93,1% dei terapisti respiratori ritengono che la pulso-ossimetria non sia un indicatore dell'adeguatezza della ventilazione polmonare. Le percentuali diventano 82,5% per gli infermieri, 95,5% per i medici e 94,4% per i terapisti sei mesi dopo un programma educativo per migliorare le conoscenze della pulso-ossimetria, rivolto alle figure professionali coinvolte nella ricerca. La maggioranza degli infermieri ritiene che la pulso-ossimetria sia utile per la gestione del paziente e le decisioni terapeutiche nell'ipovolemia, nello shock e nell'ipotermia. Ipotensione, ipovolemia e ipotermia alterano il segnale rilevato dal pulso-ossimetro. Per questi motivi, la pulso-ossimetria non dovrebbe essere utilizzata come guida per la gestione del paziente in queste condizioni cliniche [7, 8].

In conclusione, Jones e colleghi ritengono che il monitoraggio della pulso-ossimetria sia una misura standard di assistenza nel dipartimento di emergenza [14]. Nel nostro studio, medici e infermieri di area critica dimostrano una conoscenza imprecisa e non adeguata della pulso-ossimetria. I principali rilievi riguardano il significato fisiologico della misura rilevata dal pulso-ossimetro, la sua validità rispetto alla sola osservazione clinica in caso d'ipossiemia, la sua utilità nei pazienti in arresto cardiaco e nei soggetti anemici, la conoscenza di alcuni artefatti che alterano la lettura da parte dello strumento, le condizioni cliniche nelle quali è indicato e controindicato l'uso del pulso-ossimetro. I risultati dimostrano, come evidenziato da precedenti ricerche [4, 15-17], la necessità di programmi di educazione continua sull'uso della pulso-ossimetria per migliorare la comprensione del metodo.

Bibliografia

1) Tozzetti C, Adembri C, Modesti PA. Pulse oximeter, the fifth vital sign: a safety belt or a prison of the mind? Intern Emerg Med. 2009;4:331-332.

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3) Mower W, Sachs C, Nicklin E, et al. Pulse oximetry as a fifth pediatric vital sign. Pediatrics. 1997;99(5):681-686.

4) Bader RS. Basic knowledge of the clinical applications of pulse oximetry technology among health care professionals pediatrics. Journal of the Saudi Heart Association. 2007 September; Vol. 19, No. 3.

5) Severinghaus JW, Kelleher JF. Recent developments in pulse oximetry. Anesthesiology.1992;76:1018.

6) Howell M. Pulse oximetry: an audit of nursing and medical staff understanding. Br J Nurs. 2002;11(3):191-197. 7) Jubran A. Pulse oximetry. Intensive Care Med. 2004;30:2017-2020.

8) Hakemi A, Bender J. Understanding pulse oximetry, advantages, and limitations. Home Health Care Manag Pract. 2005;17(5): 416-418.

9) Clark PA, Giuliano K, Chen HM. Pulse oximetry revisited: "But his O2 sat was normal!'' Clinical Nurse Specialist. 2006;

(20)6:268-272.

10) Valdez-Lowe C, Ghareeb SA, Artinian NT. Pulse oximetry in adults. Am J Nurs. 2009 Jun;109(6):52-9; quiz 60. 11) DeMeulenaere S. Pulse oximetry: uses and limitations. J Nurse Pract. 2007. May;3(5):312-31.

12) Attin M, Cardin S, Dee V, et al. An educational project to improve knowledge related to pulse oximetry. Am J Crit Care. 2002;11:529-534.

15) Giuliano KK, Liu LM. Knowledge of pulse oximetry among critical care nurses. Dimens Crit Care. 2006 Jan-Feb;25(1):44-9. 16) Lee LYL, Yeung KL, Lo WYL, et al. Pulse oximetry: a survey of knowledge among staff of an emergency department. Hong

018 Analgo-sedazione nel paziente critico in unità di terapia intensiva:

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