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SU UNA PANCHINA ,SOPRA POSILIPPO

Nel documento Ferraro Domenico - Canti Cunti Futuristi (pagine 116-119)

Tra i tanti versi rimasti in piedi ,tra le mille rose rosse che circondano il cuore di metallo di questa realtà, tra affanni , giochi ,corse, desideri che diritti portano ol- tre ogni dubbio ad una verità che lambisce il credo, bagna la fede , circondato da buoni propositi nel sacro, nel profano , ogni cosa ci riporta indietro nel tem- po.

Dietro una faccia gialla, languide carezze , senza un filo di grasso, facciamo chiarezza, bellezza sireticcia , oltre ogni dir potrei lodarvi al cospetto di un Dio , mi sento bambino, non sò più cosa fare, mi lavo le mani , mi rimetto a cantare , come fosse la prima volta, come fosse ieri che entrai nell’Ade così triste , così sincero , quante pene, quante gioie sepolte nell’animo che han raggrinzito que- sto cuore, hanno destato quest'uomo sul punto di morire, ed io ti cerco nel buio, io volevo capire, pur comprendendo la vostra avversione io m'accingo a subire il torto , quella vaga illusione trascritta per caso sopra una pelle di pulce, sopra un vecchio cappotto. Come soffro , non posso espiare le mie colpe , non posso la- sciare stare questo fatto pur proseguendo immemore di questo castigo, io dico avanti.

Non trovo parole migliori, non trovo soluzioni che sappiano con lungimirante ab- negazione condurre a dire :faciteve e fatte vuosto, che mo’ non e cose ci stà a finanza , sè s'accorgono della truffa, insieme a Ninuccia finiamo tutti in galera. Voi sembrate una persona apposta uno studioso, tenete la faccia come lo core, tenute due palle pelose , una moglie , una figlia ,tenete questa ammore malato che come una catena vi streghe le mane , voi tenete il coraggio d'affrontare la morte a viso aperto . Ah lasciva sorte , megera compagna di tante notti oscure, voi che menaste lo sguardo su colei che muove il mondo , abbiate per cortesia questa bona creanza, di castigare questa gelosia che vi rende inerme , difronte agli uomini , difronte alla storia.

Son passati trent'anni ed io continuo a ragionare meco , su quel modo di dire che lascivo, ingrato , ignaro del domani m' adduce a credere di speranze meste ,di visioni che trascendono l'Intelletto a nuovi traguardi a nuovi intendimenti, voi mi capite , non indietreggiate, fatevi, avanti non abbiate paura, io vi rammento possente, intrepido ,pieno di volontà che vi guidava verso altri lidi , lesto nella fa-

vella ben accorto , or dunque voi lasciate che sia , pur tra tanti dolori, questa im- presa vi condurrà a comprendere il torto subito.

Così in bilico sull'orlo d'un precipizio con tutte le buone intenzioni, in compagnia di vecchie filastrocche , intrecci e canovacci mentre il vento ti sputa in faccia ti porta via sul golfo delle meraviglie , parlando con un gabbiano il gabbianesco , parlando del dolore che provo a stare qui seduto su una panchina sopra Posilli- po sulle rampe di sant’Antonio, io aspettando che ogni cosa si compia che il do- mani incerto torni sopra le tant'è vicissitudine nella calma dell’animo nel dolce meriggio, veggo le tante vicissitudini , i tanti giorni spesi .

Nulla mi separa dal vivere legato ad un mistero così profondo fatto di parole giuli- ve, chete meste ancelle amiche dell'oste ,sincere ,spaesate ,sciancante figlie d'una canaglia, veggo il bel dire tra i tanti arzigogoli, goliardica prosa in bocca a questa vita che non s’abboffa mai che rende pigro l'intelletto ,le tante pene subi- te. Oggi non sò dire se son sincero , se mostro coraggio seguendo il senso d'una frase , il falso dire per rime meretrice nel breve tragitto io mi dissolvo, nel nulla , nell'aereo cielo che mi è difronte, forse seguo con scrupolosa memoria la mia giovinezza quella antica bellezza , ebbra di gioie di chi dorme di glorie che arrancano lungo la costa, perduto in mille dilemmi.

Vengo ed oltre ragiono con la mia mente a cavallo d'un ippocampo , forse sula- gno, scapricciatelo aspettane stà sciorta che rosica queste ossa , vengo ed oltre vado ramingo, spergiuro , migrante di logo in logo senza mai fermarmi , senza vittoria, senza perdono.

Qualcuno mi crede folle , guardandomi qui seduto, forse ubriaco di tanta fanta- sia , figlio della cicala, figlio dell'onda che corre beata a riva senza mai fermarsi, dove sepolto alfine giaccio nella sabbia sporca di sangue nell’ apogeo per altre vie , elevandomi dalla comune prole ,trascendo me stesso non ò saccio chi so- no , quanta vita ci stà ancora a vivere quanti suonno scicchilocco , zinnariello , puricchiuso , scanginate, senza pate, senza dio , vedo , penso e scrivo , sopra ad una panchina un sonetto antico.

Me sò scusate con tutti, mi sono aizzate per pigliare questo cielo tra le mani ,nù poco mare, nù sorso di vino , senza che nisciuno te dice statte accorto , in- tanto spero di altre grazie , di casti concetti legati a questo incanto a questa vita che vaga affligge, gemente e piangente in molte considerazioni in molti titoli, io prego ed ascolto il vento che da ponente, giunge allegro con la sua gente con mille disgrazie con molte lingue , con tanto amore io seggo nel tuo cuore . Io vi- vo beatamente, vestito di laceri versi con tutte le buone intenzioni con mille dub- bi con poche chiarezza io seguo me stesso sulla scia d'un onda sulle tante affli-

nella sua passione, pur rammentando il tuo viso , forse seguendo nel moto del- le stelle , mi congiungo in altre dimensioni , lasciando fuori da questa vita il ma- le dei troppi anni, vado per laide vie sorseggiando la follia d'un era , scalando le poche elette vette che in breve, solchiamo nel nostro esule silenzio.

Nel documento Ferraro Domenico - Canti Cunti Futuristi (pagine 116-119)