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STORIA DI UN SORCIO

Nel documento Ferraro Domenico - Canti Cunti Futuristi (pagine 119-121)

Sopra una collina c’era una volta una misera casa ove un cane con la sua fami- glia viveva , sotto un cupo tetto , con sopra la testa un cielo stellato ,strade che s'intrecciavano , diventavano una si sommavano , conducevano lontano ,sotto- terra, sopra il mare, verso un cielo infinito. Un brulicare di case ammassate l’u- ne sull’altre uguali senza volto, senza tempo , case minuscole, colorate ,sgarru- pate, mute nello scorrere del tempo che avanzava a gran passi con la falce in mano ,seminando l’orrore del divenire, ,tagliando le teste ai grassi borghesi , cor- pi grondanti appesi ai fili ove veniva steso il bucato, ove un gatto cantava la sua canzone, miagolando tetre melodie con la sua chitarra. Ed il povero sorcio continuava a ballare in punta di piedi , con un vestitino rosa, sgambettava feli- ce, facendo mossette il povero scorcio stupiva tutti , con la sua grazia giorno dopo giorno giunse alla funesta fine , tra le grinfie del gatto malandrino che con l'armonica in bocca continuava a suonare un vecchio blues.

Il sorcio guarda la luna , sogna un nuovo mondo ,sogna ad occhi aperti ,nuove terre ove poter vivere in pace. Voci di terre lontane mi giungono nell'eco che porta il vento , profumi che mi prendono, mi fanno danzare sulle nubi, sognare , tutto cambia, ogni cosa cambia , un cielo che si trasforma in un vecchio giaci- glio . Pellegrino per strade affollate, chiedendo la carità in giorni che sembrano tutti uguali che spingono a credere ancora, lasciandosi andare ai tanti ricordi , la mia vita annega in un mare di domande senza alcuna risposta . Lieto andare , sfuggire , alle grinfie del gatto , così su di un zattera spinto dalle onde navigo , vado verso mondi felici , verso un sogno che nasce dalle mani di un dio.

Stupido sorcio ,credeva di potermi sfuggire ma io son furbo nelle mie vene scor- re sangue di volpe , ho l’ occhio come quello della lince, il mio fiuto non ha pari a quello del cane che lontano parente siamo, poiché la mia razza li ha sedotti e resi schiavi.

Porco sorcio , ballava così bene, mi faceva così divertire era uno spasso per me vederlo danzare, muovere quelle zampine minuscole, vederlo pregarlo per non morire , sotto la luna il povero sorcio , danzava una gaia mazurca. Riprovo a catturarlo ma lui fugge , lesto, scappa, s'infila in un buco non vuole uscire. Pove- ro sorcio ,amico mio di tante avventure passate ,di tanti anni trascorsi , non di- mentico il male ,non dimentico il bene , non dimentico il suo viso, il suo dolce sor- riso.

Quand'era malato l'andavo a trovare gli portavo le noci un bel pezzo di formag- gio, lui nel lettino sembrava un bambino, mi sorrideva ,mi diceva la ringrazio si- gnor gatto. Come erano tenere quelle sue parole, mi mettevano una gran voglia di catturarlo di cuocerlo , vivo nel mio vecchio pentolone. Rammento quei giorni lontani ed ivi rinnego la mia natura , il mio egoismo, la mia falsità come vorrei essere di nuovo insieme a quel povero topo andare a femmine insieme , bere vino, ridere , passeggiare nel cuore della notte , abbracciati sotto la bianca luna. Tempo che passa ora si porta via, questo ricordo , queste incertezze questo vive- re agli antipodi di una storia mai giunta a lieto fine.

Povero gatto ,maledetto gatto quante me ne hai fatte passare , io mi nascondeva- no ,cercavo di essergli amico, i miei occhi nei suoi occhi pieni di sangue , la sua bocca pelosa si spalancava ed io temevo di morire . Povero gatto sei morto una notte sotto un manto di stelle confortato dal canto di un topo , sbranato da un ca- ne pagato di nascosto dal sottoscritto con tutto il formaggio che mi avevi dato per farmi ingrassare , venduto al mercato ad un villano orbo di un occhio, zoppo è cornuto.

Con il ricavato ho pagato il cane fuggito da una casa ove viveva con un crudele padrone, manesco , gigantesco , dalle mani callose con una barba riccia nera , senza un dente. Il cane lo conobbi al mercato accucciato in un angolo ferito ad una zampa, picchiato, sanguinante ammutolito nel dolore, spaventato con anco- ra una corda al collo . Bruciacchiato in varie parti , preso di mira da una banda di monelli che gli avevano legato un barattolo di latta dietro la coda malconcia. Quanta pena mi fece, povero cane pensai , vedendolo affamato ,comprai della carne con i soldi del formaggio. E nel suo dolore di cane abbandonato gli sussur- ra all'orecchio il terribile piano. Così inviati il gatto a venir sulla spiaggia ad ammi- rare le stelle insieme , mi feci toccare il pancino gli dissi che ero ingrassato. Il gat- to non credeva alle mie parole così c'incontrammo sotto le stelle , sotto la luna, la morte giunse in un battibaleno il cane l'afferrò al collo , lo morse più volte ed un lauto banchetto divenne. Il sangue del gatto scivolò tra le onde del mare, mac- chiando la sabbia macchiando la carne e lo spirito ,macchiando questa storia di rosso vermiglio. Ora sono il padrone del cane ,che mi segue taciturno ,passo do- po passo mi difende da ogni pericolo. Ora sono il re di questo luogo remoto , di questa memoria che custodisce in se il ricordo d’ un tempo in cui io ed il gatto era- vamo nemici infine amici nel bene , nel male , ora io sono il gatto, lui il cane . Io son vivo, lui è morto ,io sorrido mentre il cane mi guarda sbavando pensa quan- do giungerà il momento per divorarmi in un sol boccone.

Nel documento Ferraro Domenico - Canti Cunti Futuristi (pagine 119-121)