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Panico in strada

Dalle 7 del mattino che sono al 118, in servizio del mio turno set-timanale, ora è quasi l’una e non è successo niente! Strano ma ve-ro, di solito a quest’ora si è già usciti tre o quattro volte! Meglio così, è una giornata tranquilla, che scorre lentamente, non ci sono incidenti o chiamate d’urgenza, ci si può rilassare e ne approfitto per guardare la tv, e sfogliare il giornale che porto sempre con me al mattino; se non leggo, non so cosa fare e il tempo non mi passa mai nella sala del 118 a noi militi riservata.

L’unica preoccupazione ora è quella di essere chiamati alla quasi fine del turno, infatti se ci chiamano all’una o subito dopo, per le 14, al cambio turno non si è mai rientrati; se capita un incidente magari grave o a casa o sulle strade della provincia, puoi dire addio al pranzo in orario delle 14/14,30. Per questo la sicurezza di doma-re la morsa della “fame”, è quella di farsi un bel panino e una bel-la bevuta di arancia o coca cobel-la, verso mezzogiorno o anche prima!

E così ho fatto anche oggi, posso stare tranquillo senza mangia-re e bemangia-re fino alla fine.

Sono le 13,45, già sono pronto per andarmene a casa, quan-do squilla il telefono dell’emergenza sanitaria; la centralinista , una giovane e bella ragazza, ascolta la voce dell’ infermiere operatore e scrive sul solito foglietto, che poi ci consegna con un sorriso che di-ce tutto: “siete fregati, un incidente stradale sulla provinciale madi-ce- mace-rata Piediripa, dopo la rotonda, codice rosso!”

I commenti non servono, sono cose frequenti e questo di essere chiamati all’ultimo momento, quando si smonta per il turno suc-cessivo e per il cambio di equipaggio, è un caso da manuale, ma che capita spesso, non solo a me, ma a tutti, come quello che dopo

una uscita per una emergenza grave, stanchi e provati, desiderosi di riposo, sulla strada del ritorno verso la sede ti chiamano e ti spedi-scono in un’altra emergenza, senza darti tempo di un attimo di ri-poso o di riprendere fiato!

Al 118, l’allarme è continuo, per tutti, per tutte e tre le ambu-lanze e per l’auto medica; ci sono giorni e emergenze, dove addirit-tura , non sono sufficienti i 4 equipaggi e i 4 mezzi di soccorso di cui dispone l’ASL di Macerata (tre ambulanze e un’auto medica) si deve ricorrere ad altre PA per i loro mezzi e ambulanze!

Faccio guidare all’altro collega, io mi siedo accanto e prendo il microfono della radio: “Victor 21-40 in movimento per il codice rosso”; dall’altra parte “Ricevuto, procedete alla svelta e fateci sapere subito la situazione, da quel che ci hanno comunicato sono due au-to che si sono scontrate, ci dovrebbero essere feriti ma, non gravi”.

In poco meno di due minuti, a sirene spiegate e con i lampeg-gianti accesi siamo sul posto; notiamo due mezzi, due auto piccole, ferme, incidentate, vi sono curiosi e soccorritori volontari. Posizio-nata l’ambulanza sulla destra, a distanza di sicurezza sia dalla strada che dai due mezzi, scendiamo, i guanti monouso già messi, la borsa del soccorso afferrata dalla mia mano sinistra! La gente appena ci avviciniamo ai mezzi, fa a gara a dire, raccontare: “c’è un solo feri-to, una ragazza che è rimasta dentro e non scende dall’auferi-to, l’altro autista è sceso è qui, sta bene!”.

“Ok, Ok, ora ci pensiamo noi e controlliamo”, voi controllate il traffico in attesa della polizia o dei CC”, così dicendo vado a vede-re la ragazza chiusa nell’auto, mentvede-re il mio collega verifica se ci so-no altri feriti e come sta l’altro autista. Mi avviciso-no al mezzo, è una

“citroen” di piccola cilindrata, ha la fiancata rovinata, lo sportello abbozzato; con tranquillità, per non allarmarla, la chiamo, mentre cerco di aprire lo sportello sinistro della guida!

“Signorina, tutto ok? Ha ferite? Come si sente, mi dice il suo nome?”

Quella era impietrita, attaccata al volante, non parlava, trema-va, ma respiratrema-va, era cosciente; forzai lo sportello, l’altro collega era

già con me: “l’altro sta bene mi dice, non ha ferite né ha bisogno di cure, ora ti aiuto”.

In due, con molto sforzo riusciamo ad aprire la serratura, spa-lanchiamo lo sportello e con calma ed attenzione cerchiamo di con-vincere la ragazza ad ascoltarci. Da un esame veloce , non manifesta ferite o rotture, trema e mostra di avere degli attacchi “epilettici”;

“è in stato di panico” mi suggerisce a bassa voce, quasi sull’orecchio il mio collega.

Capisco, dobbiamo ora farla scendere, stendere e soprattutto calmarla e farla respirare piano, per non accentuare il panico!

Gli attacchi di panico, sono una brutta “bestia”, ne so qualco-sa, li ho sperimentati a casa mia, quando mia figlia fu presa da un attacco, sembrava paralizzata, non riusciva a muovere le mani, le gambe, le dita, i nervi erano tutti ritirati, la prima volta ebbi molta paura, mi sembrava che avesse preso una di quelle malattie che col-piscono i nervi e ti lasciano paralizzato ed infelice per tutta la vita!

Il medico, poi del 118, riuscì a tranquillizzarla, facendola distende-re, calmare e respirare piano! Lì ho imparato qualcosa!

Infatti mentre cerco di calmarla e farla respirare piano, l’altro parla col 118 e riferisce i particolari; con un po’ di forza, ma piano per non farle male, riusciamo a farla uscire e a stenderla sulla ba-rella che abbiamo scaricato dall’ambulanza e che è abbassata a ter-ra. Io la tengo sotto le braccia da dietro, l’altro per le gambe, pri-ma la mettiamo seduta di lato, poi con molta calpri-ma la giriamo e la allunghiamo alla supina; non è facile, quella ragazza è terrorizzata e nel “pallone”, ma ci riusciamo! Mentre la portiamo in ambulan-za, rialzata la barella, le metto una mascherina, senza niente, quella che usiamo per l’ossigenazione, sulla bocca, così ci ha consigliato la centrale, servirà per farla respirare di meno e lenire gli spasimi e gli attacchi di panico! Dobbiamo portarla al P.S. dove solo il medico potrà iniettargli le o la medicina adatta!

L’auto dei CC era arrivata, ora il traffico è regolato e le auto po-ste in sicurezza, il brigadiere, il capo della pattuglia mi si avvicina mentre carichiamo la ragazza le chiede le chiavi e i documenti; la

ragazza, ascolta e risponde: “sono nella macchina, dentro la mia borsa”. Bene ! Penso fra me, ora sta meglio e si sta riprendendo. “La borsa l’abbiamo presa noi ed è in mezzo ai piedi della ragazza, non potevamo certo lasciarla lì” gli dico io. Poi la prendo e la porgo alla ragazza, che ora, stava proprio bene, infatti apre la borsa e porge al carabiniere la sua patente; quello, si allontana e poi la riporta! Ora possiamo andare.

“Victor 21 – 40 a Charly Oscar Macerata, ripartiamo per il P.S., paziente a bordo codice India 1 C03”

“Ricevuto” gracchiò la radio di bordo.

Non sembrava, ma ormai erano le 14, 30, per le 15 saremmo stati pronti per il cambio di equipaggio ed io sarei tornato a casa per le 15,30, con il solito ritardo e con la solita fame! Il volontaria-to, comporta anche questi piccoli sacrifici ed “inconvenienti”, ma la scelta è libera e le soddisfazioni sono spesso tante e gratificanti!