La sveglia delle 6,15 mi richiama al dovere, devo prestare servizio al 118 presso la Croce Verde di Macerata, si inizia alle 7 fino alle 14, se non ci saranno intoppi o chiamate di soccorso all’ultimo mi-nuto! Infatti , mi capita spesso, quando mancano pochi minuti per terminare il mio turno, che un “codice rosso” spazza via ogni mio desiderio di andare a casa , pranzare e farmi un riposino!
Anche oggi preferisco non fare colazione a casa, ma al bar nel-la zona di Piediripa. Un caffè e nel-latte e una brioche, un’occhiata ai giornali sopra i tavoli, mentre, come al solito, i clienti, si girano a darmi uno sguardo alla sfuggita, con la divisa arancione e con gli scarponi, in estate piena a 30 gradi, siamo in luglio, attiriamo sem-pre l’attenzione!!
Per una parte quasi ho vergogna o timore, non so, però il na-strino sul petto con la scritta “autista soccorritore” cucita sul petto, inconsapevolmente mi fa sentire “quasi un eroe”!! Effettivamente ci vuole tempo, passione, ed esperienza, non è che ti fanno autista di ambulanza seduta stante, quindi fra me – “è un piccolo orgoglio di soddisfazione”!
Alla Centrale incontro il mio collega, è un ragazzotto alto, ro-busto, quasi una montagna, fa paura a vederlo, ma in azione è tra i più preparati ed esperti; questo mi rincuora e mi fa sentire più sicu-ro, di solito il giorno avanti chiedo sempre chi fa il turno con me, e dato che li conosco tutti, quando mi capita “una testa calda” o uno poco esperto, alla centralinista, mia ex allieva, le chiedo di cambiar-mi il “collega” o il turno, e lei cambiar-mi accontenta sempre, sa come sono fatto e quello che voglio! I volontari sono sempre pochi e bisogna tenerseli cari!
Quando si opera in situazioni di emergenza e spesso in casi dif-ficili, avere un collega sicuro di sé, molto esperto ti fa sentire tran-quillo e sicuro!
Il tempo scorre, siamo in attesa nella nostra sala, chi legge il giornale, chi guarda la tv, chi dorme, gli equipaggi sono tre, come sempre! A turno, a secondo le necessità la Centrale Operativa ci fa partire; quelli della Croce Rossa e dell’Asur, abbastanza rilasciati e sprofondati nei divani, mi fanno capire che ci sarà di partire, toc-cherà a noi della Victor 21-40!
Infatti, non faccio in tempo a scorrere i titoli della cronaca di Macerata, che già il telefono “trilla”; vado io! L’infermiere della C.
O. alla cornetta mi detta “Codice Giallo” in via Manzoni, usate le sirene e i lampeggianti solo se incontrate traffico intenso, l’auto medica parte con voi!
In pochi secondi alla guida dell’ambulanza, seguo l’auto medica davanti a me, mentre la barra si alza in automatico! Il traffico è po-co, scorriamo veloci e in batter d’occhio già siamo sul posto e co-munichiamo alla centrale l’arrivo!
Anche questa volta, ma è quasi sempre così a Macerata, si tratta di salire fino al 4° piano, e l’ascensore non c’è; pazienza con tutto “l’ar-mamentario “dell’emergenza sanitaria, borse, bombola ossigeno e quant’altro saliamo; i colpi dei nostri scarponi rimbombano sulle scale e sui pianerottoli, che saranno vecchi di non so quanti anni!
Siamo in 5, io il collega del mio equipaggio, il medico, una dot-toressa che conosco e molto brava, l’infermiera, una mia ex alunna molto preparata del mio paese, tutta riccia e sempre col sorriso in bocca, e l’altro autista! Sembriamo un esercito! L’esercito arancione dei “gabibbo” o “gli angeli della salvezza?” Scherzi e pensieri a par-te, una porta aperta al 4° piano ci fa capire che dobbiamo entrare lì; i familiari non ci sono, veramente non c’è nessuno! La dottores-sa, è lei la responsabile, ci invita ad entrare e chiama ad alta voce il nome che ho segnato sul foglietto, come mi ha dettato la C. O.;
nessuno risponde!
All’improvviso, avvertiamo qualcosa di strano: un fetore, una
puzza nauseante, ci copriamo la bocca con le mani, siamo nel cor-ridoio, la porta di una camera è aperta e sul letto una signora, ov-vero l’ombra di una signora, lunga sul letto matrimoniale, tra una sporcizia indescrivibile; urine e “merda dappertutto” perfino sulle lenzuola! La paziente è cosciente o semicosciente, ci guarda, mor-mora qualcosa, ma non si capisce! La puzza ora è al massimo, non si respira, faccio appena in tempo a sorreggere la dottoressa che sta per svenire e d’impeto, tra la sporcizia “spiaccicata” dai mie scarpo-ni apro la finestra prima che tutti o vomitiamo o svescarpo-niamo!
L’altro autista ha fatto uscire la dottoressa per una boccata d’aria nel corridoio, l’infermiera subito assiste la paziente per prendere i parametri vitali; prima ci invita a mettere i guanti e la mascherina alla bocca, e poi ci fa capire di aiutarla a togliere le coperte sudice e sporche di urina e merda!
È una scena che non ho mai visto, eppure, noi del 118, le vedia-mo di tutti i colori!
La paziente respira a fatica, ha accanto una bottiglia di liquore vuota e puzzolente di alcool, il suo corpo sporco è formato più da ossa che da pelle e carne! Si capisce al volo che è alcolizzata, ano-ressica e quant’altro e che è lì, in quella situazione di “merda” (scu-sate l’analogia) da parecchio tempo! Solo dopo aver aperto tutte le finestre e porte dell’appartamento, la dottoressa rientra, stremata, col volto bianco! – “Vuoi vedere che ci sarà da soccorrere pure lei?
– “sarebbe il colmo”! Tutto può succedere!
Il nostro medico, è una donna molto brava che opera al 118 da tanti anni, e capisce subito la situazione di miseria, di indigenza, in cui versa questa povera donna e comunica subito con la C. O per rintracciare almeno un parente! Infatti da lì a poco, come per in-canto appare una giovane ragazza; “sono la figlia” – dice! Per un at-timo mi è sembrato vedere la dottoressa che stava per misurare un grosso ceffone, ma è stato un attimo, una mia impressione, poi, a fine operazione mi dirà che ci avevo azzeccato!
“Come si fa a tenere una madre in queste condizioni, anche se malata, alcolizzata, anoressica?” dice, la dottoressa visibilmente
in-cavolata! Quella ragazza, cerca in ogni modo di scusarsi: “lei non vuole nessuno, rifiuta qualsiasi aiuto, spesso non apre, non mangia, beve solo” ecc. ecc.
La dottoressa capisce il tutto, mentre ci ordina di prepararsi per portarla in ospedale in barella, avverte la C. O. che allerta i servizi sociali del comune! Non è certo una bella situazione, compiere tut-te le operazioni di rito, imbracare e mettut-tere la pazientut-te sulla barel-la tra barel-la sporcizia e barel-la puzza che ci sovrasta; ma barel-la fretta e barel-la voglia di uscire presto da quella casa ci rianima e ci mette fretta! In pochi minuti siamo pronti per scendere dal 4° piano, per fortuna che non pesa niente! Saranno si e no trenta 40 kg.!
Noi ce ne andiamo, mentre la dott.ssa si ferma a discutere ani-mosamente con la figlia, una bella ragazza, ma ad occhio e croce un po’ svampita e menefreghista!
Finalmente all’aria aperta, gettiamo le maschere nel cestino e ci riempiamo i polmoni di aria pulita! Fa caldo intenso, siamo sudati, ma felici di essere usciti da quell’inferno di puzza!
“Victor 21-40 a C.O. Macerata Soccorso, rientriamo col pa-ziente, mentre il mio collega da i codici di rito.
Faccio appena in tempo a vedere sullo specchietto retrovisore di sx la sagoma della dottoressa che sale in auto “incazzatissima”!
Le apparecchiature per ossigenazione all’interno dell’ambulanza