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2 4 Da Pari gi al Veneto: i dee, progetti e ci rcol azi one dei model l

L'analisi dei progetti proposti e in parte avviati dal servizio diPonts-et- Chaussées196 e del piano per laNavigation Bonaparte197, permettono quindi di

comprendere la reale misura delle ambizionifrancesi.

Con la caduta degli antichi regimi e la riorganizzazione amministrativa dei paesi conquistati dalle forze francesi, l'esigenza di nuovi ed e⌧cienti collegamenti tra i diversi territori si fece, com'è ovvio, molto forte. L'esistenza di una già ben sviluppata rete di trasporto idrico nazionale, fece immaginare ai tecnici napoleonici – e allo stesso Imperatore – la possibilità di creare un

networkdi vie d'acqua che solcasse e superasse i con0ni dell'Esagono, permettendo di legare i vasti territori imperiali in un unico grande sistema di navigazione.

Lo sfruttamento e ilpotenziamento delle rete acquea preesistente costituiva un nodo importante nelle innovazioni introdotte dal nuovo sistema amministrativo. L'Ecole des Ponts et Chausséesimpostò gran parte del lavoro diquegliannisull'accrescimento delle conoscenze diingegneria idraulica e sulla progettazione disistemimodernied e⌧cienti.

La tendenza a potenziare la rete della navigazione nazionale francese, dei collegamenti tra il nord e il sud del paese – spesso tra la capitale e gli sbocchi sul mare – arrivò a tradursi in un ra?orzamento delle potenzialità idriche delle nazioni conquistate e, in particolare, della parte settentrionale del Regno d'Italia.

Come abbiamo già avuto modo diaccennare198,l'Italia rappresentava infattiper

l'amministrazione imperiale un bacino produttivo ed economico importantissimo: fertile e ricca di materie prime, la Penisola vantava numerose sedi di antichi poli commerciali, fossero essi porti (come Genova, Venezia e

196 Cfr.par.II.2.1. 197 Cfr.par.II.2.2.

Napoli) o grandi mercati (come Torino, Firenze e Roma). Per questo, e per l'esistenza di antiche rotte commerciali, il nord dell'Italia aveva intessuto nel corso deisecoliinnumerevolirapporticon imercatid'Oltralpe,innestando così un legame indissolubile con le dinamiche diaccrescimento economico e urbano delle città francesiancora sotto ildominio deisovranidiFrancia.199.

La nuova amministrazione napoleonica, fortemente centralizzata, mirò a conservare un forte dominio sul nord dell'Italia: come abbiamo visto, tutti i territori a nord e centro ovest del paese rimasero alle dipendenze dirette dell'Impero,come dipartimentiannessi;l'area a nord e centro est costituìinvece un vice-regno apparentemente autonomo, ma in realtà guidato, ancora una volta, dalla potente mano di Bonaparte, che esercitava il proprio potere attraverso ilvice-re Eugenio diBeauharnais200,ilsuo 0gliastro201.

Seppur importante nella sua completezza, all'interno dell'ampio territorio del nord della Penisola l'amministrazione francese sembrò comunque isolare una serie di precise aree strategiche, discretizzando secondo un preciso criterio di utilità lo stesso territorio uni0cato del Regno. Dallo studio dei documenti rinvenuti, infatti, risulta oggi ben chiaro che il principio francese del potenziamento delle reti idriche urbane e territoriali non venne impiegato indistintamente in tutta l'area del Regno d'Italia: la sua applicazione fu studiata,individuando deiprecisipolid'azione,più strategicirispetto ad altri. Pur essendo al centro delle rotte di snodo trasportistico tra nord e sud e detentrice di un'antica tradizione di canalizzazioni alla scala urbana e

199 Cfr.par.I.2.4.

200 Sull'organizzazione amministrativa dell'Italia a seguito della conquista delle truppe bonapartiane siveda ilpar.II.1.1.

201 Eugenio di Beauharnais (1781-1824) era infatti il primo 0glio maschio di Alessandro di Beauharnais, u⌧ciale dell'esercito regio, e di Giuseppina de Tascher de la Pagerie, una creola 0glia di coloni martinicani. Dopo la morte del marito durante la Rivoluzione, Giuseppina,che era scampata alla ghigliottina,conobbe ilgenerale Bonaparte e lo sposò nel 1796. Nel 1805, con la costituzione de Regno d'Italia, Eugenio, che all'epoca era l'unico '0glio' maschio dell'Imperatore (Bonaparte dovette attendere il 1811 per la nascita del legittimo erede maschio,a seguito delmatrimonio con Maria Luisa d'Asburgo-Lorena),fu nominato vice-re d'Italia.

territoriale, nella già citata Bologna202 il governo francese optò infatti per una

dismissione delle reti idriche cittadine, lasciando fruibili solo i 0umi maggiori, il Reno e la Savena, che correvano ben lontani dal centro urbano. Lo dimostra con una certa chiarezza un documento rinvenuto presso gliArchives Nationales a Parigi: nel 1811 lo stesso vice-re Eugenio autorizzò l'interramento del fondamentale canale Navile, che andò a costituire una parte dell'acquedotto sotterraneo della città203.

Come abbiamo visto, il canale Navile garantiva il collegamento della città con Ferrara e, dunque, con l'Adriatico: rappresentava quindi, idealmente, lo snodo diretto per le comunicazioniidriche internazionali.La decisione diinterrarlo,e quindi di operare una cesura in questo preesistente sistema di connessioni, denota che esistevano senza dubbio obiettivi diversi per ciascuna città e che le scelte in ambito idrico erano scelte studiate e piani0cate in base a una maggiore o minore utilità in ambito nazionale e sovranazionale.

Nel caso dell'area veneto-adriatica, la città di Padova era ugualmente sede di un'antica tradizione di canalizzazioni cittadine,frutto di un lavoro compiuto, a partire dalQuattrocento e 0no alSettecento,dagliingegneridella Serenissima. Seppur costruitiin tempipiù antichi, i canali urbani padovani rappresentavano evidentemente per i francesi un potenziale bacino di importanti collegamenti: mettendo in campo un poderoso dispendio economico per ilrecupero deicanali esistenti e per attuare delle operazioni di potenziamento, i francesi sembrano voler fare di Padova, molto più che di Bologna, una sorta dihubprivilegiato delle comunicazioni. Grazie allo sfruttamento della vicinanza con Venezia e con i porti dell'Adriatico e della rete di grandi 0umi che la circondavano204, il

centro diPadova,con le sue chiuse,isuoicanalie isuoimulini,sarebbe potuta diventare il cuore di un sistema di interscambio nel trasporto di merci e

202 Cfr.par.I.1.2 e par.I.2.3.

203 Cfr. doc. n.53 dell'Appendice documentale, tratto daANFr,O/2Maison de l'Empereur, c.1068,Canalde Bologne,Aqueduc souterrain construit sousle canalde Bologne:mémoire et plan. 204 Oltre ai0umiBrenta e Bacchiglione,che correvano a nord e a sud della città,Padova vanta

persone: avrebbe potuto costituire, come Lione per il sistema acqueo francese205, una sistole urbana nella compagine dei collegamenti idrici tra il

nord e ilsud dell'Europa.

In questo quadro, nell'esplicitazione dell'ipotesi della funzione strategica di Padova e nella considerazione del suo rapporto con il caso Parigi, vale la pena di accennare al ruolo -chiave giocato dalla circolazione di modelli tecnici: una dinamica che in queglianniconobbe un enorme sviluppo proprio tra la capitale e l'area nord dell'Italia, in un sistema di dualismo concettuale tra “spazio” e “storia”206.

I viaggiin Italia diGaspard de Prony e diMathieu Sganzin207,la piani0cazione

precisa degli itinerari da seguire, le conoscenze acquisite nel corso delle spedizioni sugli antichisistemiidraulicidelVeneto208,la redazione dei taccuini

di viaggio con l'analisi della situazione idrica del nord del paese, l'implementazione di informazioni e memorie, il reperimento delle opere pubblicate sui lavori eseguiti nell'area padovana ancora sotto il governo della Serenissima209: tutte le azioni, le reazioni e le comparazioni tra questi aspetti

205 Cfr.par.I.2.4.

206 Christian Delacroix riporta e commenta l'opera diBernard Lepetit in quanto“historien de l'espace”:“Dans Espace et histoire,l'auteur appelle à croiser analyses de l'espace et du temps pour rompre avec une vision fonctionnaliste des systèmes spatiaux réduits à la combinatoire de leurs structures et pour privilégier leurs fonctionnements et leurs modi0cations dans le temps”;cfr.Delacroix 2002,p.206.

207 Cfr.par.II.2.1.

208 È lo stesso Prony,in una lettera inviata alMinistro dell'Interno,a dichiarare che,nelcorso diuno diquestiviaggi,ha avuto modo distudiare in particolare ilsistema idrico delVeneto, comprendendone a fondo i legami con quello dei dipartimenti sud del Regno, al quale risultava legato da 0umi, canali e porti: cfr. doc. n.27 dell'Appendice documentale e par. III.2.4.

209 “J'ai pro0té de mon second voyage a Venise pour augmenter la collection des livres et mémoires que j'avais déjà formée, et je me suis procuré, entr'autres, les meilleurs ouvrages publiés sur les travaux hydrauliques de la Brenta” , cfr. Doc. n. 29 dell'Appendice documentale e par. III.2.4.

rientrano in una precisa e già citata dinamica discambio storico e culturale,che nell'ambito delle scienze socialiprende appunto ilnome ditransfert culturel210.

Secondo Michel Espagne, iltransfert culturel, cioè quel processo di ri- semantizzazione di modelli culturali innescato da diversi vettori interpretativi, non si con0gura come un semplice scambio culturale o come una semplice comparazione, ma piuttosto come la creazione di un nuovo modello che nasce da quello precedente ed è inHuenzato dalmétissage e dal fenomeno dell'ibridazione211.

Storicamente, tra i vettori interpretativi 0guravano diversi gruppi sociali, tra i quali i mercanti che trasportavano merci, le biblioteche e gli archivi, che conservano memorie a volte marginalizzate, che vengono così re-intepretate. Allo stesso modo, i tecnici che si spostavano da un paese all'altro per immaginare progetti sul modello di quelli già realizzati altrove e i dibattiti interni ai governi locali sono considerabili come vettori culturali. Infatti, sempre seguendo le parole di Espagne, iltransfert culturelnon avviene mai semplicemente tra due aree (come in questo caso potrebbero essere la Francia e l'Italia), ma è il risultato dell'interazione tra più poli, che possono essere loro stessiilrisultato diibridazionie mélanges ancora precedenti212.

In questo senso, la stessa ricerca che si e?ettua su un meccanismo ditransfert culturelè una ricerca ditipo transnazionale,che relativizza ilconcetto di'centro' e che tiene conto della labilità dei con0ni e degli spazi nazionali dell'Europa moderna213.

210 Cfr. introduzione al capitolo II. Il concetto ditransfert culturelfu messo a punto a partire dalXIX secolo nell'ambito deglistudideilegamiculturalitra Francia e Germania.

211 Cfr. Espagne 2013, p. 2:“[...] dans les sciences humaines et sociales, la comparaison comme principe additionnel d'ouverture à des espaces di?érentes perdait de son intérêt et devait être relayée par l'observation des formes de métissage et d'hybridité”.

212 Cfr. Espagne 2013, p. 3:“Un transfert culturel n'a jamais lieu seulement entre deux langues, deux pays ou deux aires culturelles […]. On doit donc plutôt se représenter les transferts culturels comme des interactions complexes entre plusieurs pôles [...]”;“Même lorsqu'on aborde un transfert entre deux espaces culturels, n ne peut en aucune manière les considérer chacun comme homogènes et originels: chacun est lui-meme le résultat de déplacement antérieurs;chacun a une histoire faite d'hybridations successives”.

Questo studio si con0gura di fatto come un'analisi comparata di casi speci0ci: Parigi e Padova sotto lo stesso governo amministrativo e tecnico, i progetti di potenziamento delle reti idriche, il ruolo di Padova comehubdi connessioni acquee. Si con0gura dunque, per usare le parole di Michel Werner e di Bénédicte Zimmermann, come una “storia incrociata” che risente delle di⌧coltà innescate dall'“interazione tra glioggettidella comparazione”214.

In questo quadro speci0co, laprise en chargedelle dinamiche dello scambio storico, sociale e culturale è di fondamentale importanza: ci aiuta a comprendere con maggior precisione le a⌧nità e le divergenze di due sistemi, quello parigino e quello padovano, che sembrano essere apparentemente molto lontani tra loro; serve a comprenderne gli e?ettivi legami all'interno della dinamica dimise en place de l'eau, a valutare la reale portata delle ambizioni francesi e a mettere a fuoco con maggior precisione le ipotesi di base dello studio.

II.3Un precedente diAntico Regime: i progetti diJean-Pierre