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La pratica dei casi concreti: dalla proposta di legge ai tentativi di elusione.

2.2. L’autodifesa nell’ambito del procedimento di sorveglianza: la rogatoria interna e i conseguenti dubbi di legittimità costituzionale.

2.2.2. La pratica dei casi concreti: dalla proposta di legge ai tentativi di elusione.

La persistenza dei dubbi, e il proliferare di diversi orientamenti sia in dottrina che in giurisprudenza, spinsero il legislatore a ripensare al sistema, in particolare dovendo dare esecuzione alla delega del 1987 per la redazione del nuovo codice.

Sulla scia della sentenza costituzionale del 1982, e dunque in un momento di particolare favor verso le prerogative difensive dell’interessato, nel cercare una possibile soluzione, capace di salvaguardare le esigenze processuali e, nel contempo, respingere le ferventi critiche, il governo, ripensò a quella centralità del locus

171 Cass., Sez. V, 16 marzo 1994, Piras, in Cass. pen. 1994, p. 3053, con nota di N. TRIGGIANI, Sul diritto dell’imputato detenuto (o internato) a partecipare all’udienza

di riesame, che sottolinea come tale lettura non sia «semplicemente preferibile»,

quanto «piuttosto come l’unica conforme all’art. 24 Cost. e a una corretta lettura

della sentenza costituzionale n. 45 del 1991»; Cass., Sez.II, 25 gennaio 1994, Gioffré,

in Mass. Uff., 196366; Cass., Sez. II, 9 marzo 1993, Tangorra, ivi n. 195243. In dottrina F. CORDERO, Procedura penale, Milano, 2012, p. 393, in cui evidenzia come, seppur «con qualche forzatura al testo» sia «postulabile un» dritto del detenuto

«a interloquire all’udienza» se lo richieda nelle corrette forme. Per l’autore solo

questa lettura dell’art. 127 c.p.p. «appare conforme all’art. 24 comma 2 Cost.». 172 In questo senso, A. GIANNONE, sub 101 disp. att. c.p.p., in AA.VV. Commento al

nuovo codice di procedura penale. La normativa complementare, coordinato da M.

CHIAVARIO, Torino, 1992, p. 372 ss., in cui si legge che «l’evenienza dell’audizione

dell’imputato delegata al magistrato di sorveglianza (art. 309 comma 8 parte prima ed art 127 comma 3 c.p.p.), e il conseguente diverso regime di decorrenza dei termini introdotto dall’art. 101 comma 2 norme att. c.p.p., sembrano destinati a trovare scarsa applicazione. Un recente intervento della Corte costituzionale ha infatti chiarito come l’imputato detenuto fuori dal circondario possa essere sentito direttamente, qualora ne faccia richiesta o qualora il giudice di cognizione lo ritenga ex officio opportuno, direttamente dal tribunale della libertà anziché dal magistrato di sorveglianza».

detentionis come criterio per l’esplicazione di alcuni diritti difensivi,

che non sembrava convincere.

In sede di Commissione parlamentare, ed, in particolare, nel Parere sul

Progetto preliminare, i membri hanno sollevato una riflessione proprio

in merito alla legittimità del terzo comma del nuovo art. 127, laddove si riprendeva la stessa formula precedentemente utilizzata, con la conseguenza di incaricare «il magistrato di sorveglianza del luogo» per l’audizione del detenuto extracircondario. La soluzione che veniva proposta consisteva nel far recare il giudice procedente, o, in caso di organo collegiale, un giudice delegato, presso l’istituto penitenziario del recluso, al fine di scongiurare quella serie di rischi insiti nel trasporto dello stesso, e allo stesso tempo, non aggravare i costi processuali o dilungarne troppo la durata173.

Purtroppo la proposta non ha trovato grande fortuna, dal momento che, in sede di voto, non si è ritenuto necessario apporre una qualche modifica alla formula, essendo la stessa pressoché equivalente a quella prevista per il processo di esecuzione di cui al nuovo art. 666 (ex art 630) del codice di rito. Si è portato a favore di tal decisione la sentenza del 1970 n. 5 della Consulta, che esprimendosi nel senso dell’infondatezza della questione di legittimità, aveva fatta salva la ratio della disciplina. Perdendo forse una buona occasione per cercare di allinearsi ad una larga parte della dottrina e della giurisprudenza, compiendo uno sforzo in più verso un sistema più “costituzionalmente orientato”, si è scaricato nuovamente sul giudice la valutazione sull’opportunità della presenza fisica, lasciandogli, come si è visto, quella sola blanda indicazione circa l’«utilità», che ha portato qualcuno a suggerire loro di far largo ricorso al di tale potere di traduzione ex

officio, in modo da colmare le lacune lasciate dalla legge e assicurarne

una maggiore presenza fisica174. Riagganciandosi a questo indirizzo,

173 Proposta di legge contenuta in G. CONSO - V. GREVI - G. NEPPI MODONA, Il

nuovo codice di procedura penale. Dalle leggi delega ai decreti delegati, V, Padova,

1990, p. 627 ss..

una più recente dottrina, ha rinvenuto nella lettura della sentenza del 1982, alla luce del secondo comma dell’art. 111, Cost., la chiave di volta per un effettivo realizzarsi delle prospettive auspicate. Difatti, partendo dall’immediata precettività della norma costituzionale, il giudice, ogni qualvolta si trovi a compiere una valutazione, a lui delegata dalla legge, circa la possibilità di far presenziare un soggetto all’udienza che lo vedo interessato, «non possa farlo sulla base di

generici criteri di opportunità, bensì adottando il parametro perentoriamente indicato dalla Corte costituzionale». Di conseguenza,

la bipartizione farebbe corrispondere alle quaestio facti un contraddittorio «necessario», e, al contrario, alle quaestio iuris, un contraddittorio «facoltativo» (nel senso delle modalità di esercizio, e non certo dell’esistenza del diritto stesso)175. Quindi, il suddetto parametro dell’art. 111, costituirebbe il metro per un’interpretazione autentica del contraddittorio, per tutti i casi in cui lo stesso non trovasse una precisa regolamentazione all’interno della legge ordinaria. Tale processo ermeneutico non parrebbe neppure superare i limiti di applicabilità dello stesso, non andando in tal caso l’interpretazione a stravolgere alcunché, né tantomeno ad imporre una modifica della disposizione di cui all’art. 666 c.p.p., che ne uscirebbe manipolata solo nella sostanza e non anche nella forma176. Quanto proposto, risulta infatti perfettamente in linea con il potere discrezionale di cui gode il giudice.

In più, si è aggiunto a sostegno del rifiuto della modifica, che «La

disciplina suggerita dalla Commissione parlamentare comporterebbe, d’altro canto, notevoli difficoltà di ordine pratico e l’inevitabile

175 Recepisce tale distinzione la Corte di Cassazione, sebbene pronunciandosi circa le impugnazioni de libertate, Cass., Sez. I, 14 novembre 2001, Schiavone, in Arch. nuova

proc. pen., 2002, p. 167, in cui la corte ribadisce il diritto dell’imputato a partecipare

all’udienza di riesame di cui all’art. 309 c.p.p., trattandosi di procedimento per il quale

«la legge espressamente prevede (…) l’acquisizione di elementi probatori inerenti a questioni di fatto»; in senso contrario propende invece, riferendosi all’udienza

dell’appello ex art. 310 c.p.p., in cui «non è consentito all’indagato enunciare motivi

diversi o prospettare nuovi elementi probatori per contrastare le risultanze dell’accusa».

protrarsi della durata del procedimento»177. Questo aspetto sembrava

peraltro poco convincente, soprattutto vista la non necessità che l’intero organo si spostasse, ma solo un suo membro.

In ogni caso, le iniziali preoccupazioni non furono ribadite in sede di

Parere definitivo, con la conseguente caducazione di ogni possibilità di

veder applicato tale meccanismo.

La proposta, tuttavia, non passò inosservata, e fu d’ispirazione ad alcuni uffici di sorveglianza che, proprio al fine di contemperare i vari interessi in gioco, in ottica di minor sacrificio possibile del diritto di difesa, iniziarono a celebrare le udienze in locali interni agli istituti penitenziari. Questa prassi si scontrò ben presto col parere fortemente negativo del C.S.M., ed, in particolare, della Direzione Generale degli Istituti di Pena e della Direzione Generale degli Affari Civili, per due ragioni fondamentali. La prima risiedeva in una difficoltà di ordine burocratico, e, più precisamente, nell’imputazione dei capitoli di spesa, la seconda in problemi di mantenimento della sicurezza e dell’ordine all’interno dell’istituto che potevano conseguirne.178

2.2.3. Le Sezioni Unite: il fallimento dello sforzo verso un sistema