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Circa il 12% delle aziende dell'universo prevede di aumentare il proprio livello di occupazione nel prossimo futuro; il 5,3% afferma di aver bisogno di aumentare tale livello ma di non poterlo fare. Le aziende che non prevedono aumenti occu-pazionali rappresentano il 78,8% del totale, a cui deve probabilmente essere

ag-giunto il 4% circa di aziende che rispondono di non sapere se aumenteranno o meno i livelli occupazionali.

L'aspetto più interessante che si può rilevare da una analisi più approfondita ri-guarda il fatto che sono principalmente le aziende di maggior dimensione quelle che rispondono con maggior frequenza di prevedere aumenti occupazionali.

Infatti, mentre tra le aziende che occupano uno o due addetti la percentuale di quelle che hanno dichiarato di prevedere di aumentare l'occupazione nel prossimo futuro è pari soltanto all'8,3%, tale percentuale sale al 19,8% per le aziende da 3 a 5 addetti e al 23,2% per quelle con più di 5 addetti. C'è quindi una differenza si-gnificativa a proposito del come le aziende si pongano nei confronti delle prospet-tive di sviluppo. In quelle di dimensione molto piccola, il salto dimensionale sem-bra non essere considerato con molta attenzione probabilmente perchè comporte-rebbe l'immissione di lavoratori dipendenti non legati da particolari vincoli, fami-liari o di amicizia, con il titolare. In questi casi, l'artigiano non sembra disposto ad innovazioni di natura imprenditoriale che vengono viste come estremamente ri-schiose. Però, una volta che il primo passo verso l'espansione sia stato compiuto, sembra che i passi successivi risultino notevolmente agevolati. Le aziende che in-tendono espandersi sono in prevalenza quelle che producono prodotti finiti e se-milavorati. Molto più bassa è invece la presenza di aziende in fase di espansione nelle produzioni di servizi.

A livello settoriale, le prospettive più favorevoli all'espansione occupazionale si riscontrano nei settori con caratteristiche più vicine alla piccola industria, e cioè nel tessile di Biella, nel metalmeccanico, nella cartotecnica. In questi casi si nota anche un maggior peso delle aziende più grosse che intendono aumentare l'occu-pazione: tale percentuale supera infatti il 50% nel tessile di Biella e il 30% nel me-talmeccanico. Inoltre, a conferma di quanto sopra affermato, si osserva che an-che nei settori del legno, dei mobili di Saluzzo e delle lavorazioni minerali, appare particolarmente elevata la percentuale delle aziende di maggior dimensione che intendono incrementare i propri livelli occupazionali.

Le aziende che hanno risposto "dovrei ma non posso" alla domanda sull'inten-zione di aumentare l'occupasull'inten-zione si possono dividere in due gruppi: quelle che so-stengono che l'ostacolo principale all'incremento occupazionale deriva dall'eleva-to cosdall'eleva-to della manodopera e quelle che sostengono che le principali difficoltà di-pendono dalla mancanza di manodopera qualificata e di personale giovane dispo-sto ad essere assunto come apprendista. Fanno parte del primo gruppo principal-mente le aziende di servizio o di produzione tradizionali quali: vestiario, calzatu-re, metalmeccanico, legno, lavorazioni minerali, trasporti, servizi di tintoria e puli-zia. Al secondo gruppo appartengono le aziende con produzione di tipo artistico: mobili di Saluzzo, oreficeria e, in generale, quelle operanti nei settori dove è im-portante l'apprendimento di un mestiere come ad esempio in alcuni comparti del metalmeccanico.

Altre risposte, date per motivare l'impossibilità di assunzioni di cui peraltro 1 a-zienda avrebbe bisogno, riguardano la mancanza di spazio e l'eventualità di per-dere la qualifica di artigiano.

Con riferimento ad eventuali assunzioni, il 32% delle aziende artigiane afferma di non prevedere alcuna particolare difficoltà. Le aziende rimanenti ritengono

in-vece di incontrarne diverse. La principale è rappresentata dalla mancanza di ma-nodopera qualificata. Seguono le difficoltà nel reperimento di.giovani apprendisti e, in misura più limitata, la concorrenza effettuata dall'industria. Spesso le azien-de avvertono più di una difficoltà.

Per classi d'ampiezza si può osservare che le aziende di minor dimensione sem-brano prevedere minori difficoltà per le àssunzioni. Quasi il 36% delle aziende con uno o due addetti dichiara di non prevedere alcuna difficoltà. Questa percen-tuale scende invece a poco più del 20% nel caso delle aziende di dimensione mag-giore. Si deve tuttavia rilevare che, probabilmente, molte dichiarazioni relative al-la non esistenza di particoal-lari difficoltà sono state effettuate da aziende che non si sono mai poste seriamente il problema. Le aziende di dimensioni maggiori avver-tono con più evidenza le difficoltà connesse con la mancanza di manodopera qua-lificata e la concorrenza sul mercato del lavoro da parte delle industrie. Danno in-vece minor peso alla carenza di giovani apprendisti, probabilmente perchè inten-dono assumere personale già formato. In ogni caso, le risposte date dalle aziende di maggior dimensione sembrano più meditate anche perchè il problema di assu-mere nuovo personale sembra si sia posto in termini concreti e non di semplice eventualità.

Le aziende che svolgono attività artistica danno maggior importanza ai proble-mi della qualificazione della manodopera e a quelli riguardanti l'apprendistato.

La mancanza di manodopera qualificata riguarda in maggior misura le aziende di produzione e quelle che producono in serie. Difficoltà molto minori sono state denunciate dalle aziende di servizio con produzioni manuali senza utensili moto-rizzati. Anche in questo caso può rimanere il dubbio che il problema non sia stato sufficientemente approfondito dalle aziende di dimensione minore che in buona misura non sembrano avere intenzione di espandere i livelli occupazionali.

A livello settoriale, si può osservare che oltre un terzo delle aziende che opera-no nei settori dove ci soopera-no le più favorevoli prospettive di aumenti occupazionali, e cioè nel metalmeccanico, nel tessile di Biella, nella cartotecnica, nel legno, mobi-li di Saluzzo, dichiara di non prevedere particolari difficoltà nel reperimento di manodopera. Anche questa affermazione deve però essere presa con una certa cautela in quanto probabilmente l'assenza di difficoltà o riguarda la manodopera non qualificata oppure rappresenta il giudizio di aziende che non sembrano avere molta convinzione nelle possibilità di espansione.

Con riferimento alla disponibilità delle aziende nei confronti dell'assunzione di apprendisti si può rilevare che, in generale, le aziende che non prevedono aumenti occupazionali non pensano neppure a questa possibilità. Circa due terzi delle aziende con prospettive di espansione affermano di essere disposte all'assunzione di apprendisti. Sono per lo più aziende che operano nei settori più vicini all'orga-nizzazione industriale oppure che hanno produzione di tipo artistico. Coloro che non sono disponibili all'assunzione di apprendisti motivano il loro rifiuto princi-palmente con ragioni di convenienza economica, rendono poco e costano troppo. Un numero molto minore di artigiani afferma di non avere tempo da dedicare alla formazione oppure di temere che l'apprendista, una volta acquisito il mestiere, de-cida di cambiare azienda.