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1. PREMESSA

1.1. Nota cautelativa

Nell'ambito dell'attività di ricerca promossa dalla Regione Piemonte sui pro-blemi dell'artigianato, all'analisi «sul campó» condotta dall'Ires (1) che necessa-riamente riesce esclusivamente a cogliere fenomeni statici, è sembrato utile affian-care un'analisi delle trasformazioni e dei processi di mutamento che hanno inve-stito questo settore nell'ultimo ventennio. A tutt'oggi il fatto che tali trasforma-zioni esistano, più che il risultato di articolate analisi conoscitive, deriva una in-tuizione indotta dall'osservazione della crescita «aggregata» del settore e della contemporanea trasformazione della struttura economica nel suo complesso, e in-dustriale in particolare.

Categorie e concetti elaborati soprattutto da economisti in riferimento al siste-ma industriale, vengono ripresi, senza mediazioni, per interpretare i processi di mutamento interni al settore artigiano: così vengono utilizzati come chiave inter-pretativa del fenomeno artigiano i concetti di «decentramento produttivo», «lavo-ro a domicilio», e più in generale la p«lavo-roblematica della piccola industria.

D'altronde sono proprio la «tenuta» nel tempo, e per molti settori una consi-stente crescita, a suggerire l'urgenza di un'analisi conoscitiva che affrontando la

dinamica del settore dall'interno, permetta di individuarne la logica di

funziona-mento e sviluppo, in modo non residuale rispetto all'industria.

Un'analisi di questo genere incontra un primo ordine di difficoltà nel tipo di

fonti statistiche disponibili, che sono fondamentalmente tre: i Censimenti

dell'in-dustria, gli Albi delle Camere di Commercio, le iscrizioni alla Cassa mutua arti-giana.

Infatti i Censimenti, che per gli altri settori economici costituiscono la fonte più completa e sistematica di informazione - anche se con osservazioni esclusivamen-te decennali - , per quanto riguarda l'artigianato presentano numerosi limiti, che si trasferiscono sull'interpretazione dei dati. La difficoltà maggiore di utilizzo di questa fonte sta proprio nella logica di raccolta e classificazione delle informazio-ni, secondo cui le categorie analitiche utilizzate sono quelle stesse elaborate per l'industria. Il volto del settore artigiano appare così artificiosamente plasmato sul-lo stampo impresso dal settore industriale.

Risulta pertanto indispensabile un utilizzo incrociato delle diverse fonti dispo-nibili, per rendere più trasparenti i processi in atto all'interno del settore, cercan-do di superare i problemi posti dalla difformità rilevata nelle diverse fonti (impre-se con produzione definibile artigianale, impre(impre-se iscritte agli Albi artigiani, titola-ri di imprese isctitola-ritti alla Federmutua artigiana cfr. p. 2.).

(1) La ricerca è stata condotta dall'Ires nel 1976, attraverso la somministrazione di questio-nari a un campione di 3.646 imprese distribuite su tutto il territorio della Regione.

Alcuni dati, ancora inediti, verranno da noi utilizzati nel corso del lavoro, per analizzare variabili di mercato e di gestione.

Inoltre per alcune variabili interne alle imprese - di mercato e di gestione, in particolare - verrà fatto riferimento ai dati raccolti dall'Ires nella ricerca citata che costituisce l'unica fonte disponibile seppur limitata a un solo anno (1976) e campionaria; i dati pertanto dovranno essere utilizzati e letti con una certa pre-cauzione, soprattutto laddove si presentino in netta contraddizione con le analisi fondate sulle altre informazioni disponibili.

1.2. Oggetto e metodo dell'analisi

Ogni ricerca che si proponga di analizzare i problemi dell'artigianato si trova, come è noto, di fronte ad un complesso problema di definizione del fenomeno da indagare.

Il termine artigianato, infatti, mentre dal punto di vista lessicale allude ad un modo di produzione preindustriale, nell'accezione che viene utilizzata dall'Istat e dagli altri Enti Pubblici che hanno istituzionalmente funzioni di registrazione e controllo, risulta essere semplicemente una categoria giuridica che circoscrive im-prese caratterizzate da:

- produzione di beni o prestazione di servizi, di natura artistica o usuale - lavoro professionale, anche manuale, del titolare, ed, eventualmente dei suoi fa-miliari

- produzione non di serie (non più di 10 dipendenti compresi i familiari del tito-lare e fino ad un massimo di 10 apprendisti), o produzione di serie con proces-so non del tutto meccanizzato (non più di 5" dipendenti compresi i familiari del titolare fino ad un massimo di 5 apprendisti); lavori artistici, tradizionali e del-l'abbigliamento su misura (nessun limite di addetti fino a 20 apprendisti) - forma giuridica: ditta individuale o società di persone o cooperativa

Per le Camere di Commercio sono «artigiani» coloro che disponendo delle ca-ratteristiche su indicate, scelgono di iscriversi all'Albo; per l'Istat lo sono anche quelle ditte che, pur presentando le stesse caratteristiche, non hanno scelto l'iscri-zione all'Albo (purché unità locali e non lavoratori a domicilio).

Dunque l'aggregato di imprese che viene rilevato si definisce in tutti e due i casi per caratteristiche scarsamente definite e definibili (lavoro manuale, lavora-zione non in serie) o per caratteristiche (numero di dipendenti, tipo di forma giu-ridica) che di per sé non sono in grado di definire entità omogenee e rilevanti né dal punto di vista economico né dal punto di vista sociologico.

Nel primo caso (Albo) viene circoscritto invece un aggregato di soggetti indivi-duali e di imprese accomunati dal fatto di essere sottoposti ad una normativa spe-cifica per gli aspetti fiscali, contributivi, di gestione dei rapporti di lavoro. È a tutti noto che questo aggregato cosi definito, nasconde, dal punto di vista econo-mico e sociale, realtà molto diverse tra di loro. In primo luogo esso comprende sia attività di produzione, sia di servizio e commerciali spesso intrecciate all'inter-no delle stesse imprese; diventa così difficile comprendere se la logica di sviluppo di certi settori è più facilmente spiegabile alla luce delle trasformazioni dell'analo-go settore industriale o se invece è necessario studiarla in connessione con i pro-blemi della distribuzione.

In secondo luogo il settore sfuma verso l'alto nella piccola impresa industriale condividendone i problemi e le potenzialità di sviluppo e rendendo addirittura problematica la distinzione; mentre, verso il basso, per le note ragioni, nasconde situazioni di lavoro a domicilio e comunque di lavoro dipendente mascherato.

Queste difficoltà suggeriscono una notevole cautela nell'uso delle fonti, la ne-cessità di confrontare il maggior numero di fonti disponibili, e l'utilità di conclu-dere la prima fase della ricerca con un ventaglio di ipotesi che consentano di non escludere in via di principio ulteriori sviluppi dell'analisi.

1.3. Le fonti statistiche utilizzate

L'analisi dei dati verrà condotta per il periodo 1961-78, per il quale sono a di-sposizione fonti diverse (ISTAT, Albi delle Camere di Commercio, Federmutua, Ires).

I dati di tali fonti sono disponibili in serie annuali complete:

- i Censimenti hanno due osservazioni al 1961 e al 1971 (il Censimento del 1951 è scarsamente utilizzabile sia perché i criteri di rilevazione non sono omogenei a quelli dei Censimenti successivi, sia perché scarse sono le variabili considera-te)

- i dati dell'Albo possono essere disponibili in serie annuali 1968-1977, non di-saggregate però per comparti omogenei per tutte le province e tutti gli anni - i dati della Feclermutua sono relativi al 1968, 1973, 1975 e 1978

- l'indagine campionaria dell'IRES si riferisce al 1976.