Capitolo I Il quadro normativo
5. PROBLEMI DI DELIMITAZIONE DELLA SFERA DI AUTONOMIA DEL LEGISLATORE REGIONALE
Si è visto come il legislatore statale, nel tentativo di disciplinare una fattispecie giuridica naturalmente collocata tra il lavoro autonomo e l'impresa propriamente detta, fattispecie di per sè stessa ricomprendente realtà economiche e sociali estre-mamente varie e diversificate tra loro, abbia, con la L. 860/56, dettato una defini-zione di «artigiano» forzatamente ampia, tale appunto da ricomprendere da un lato semplici lavoratori autonomi e dall'altro veré e proprie imprese con naturali possibilità di espansione.
Tra questi due estremi il legislatore, forse anche in considerazione della realtà economica e sociale del 1956, sembra aver favorito il piccolissimo artigiano, la-sciando praticamente «aperta» la categoria dell'impresa artigiana nei limiti di-mensionali minimi, e ponendo di contro dei limiti didi-mensionali massimi che ap-paiono senz'altro eccessivamente ristretti nella situazione attuale.
La normativa emanata sulla base della definizione contenuta nella L. 860/56 è coerente con la definizione stessa, seguendo due direttrici nettamente diverse, l'u-na di l'u-natura assistenziale e previdenziale, chiaramente diretta a favorire l'artigia-no-lavoratore, l'altra emanata in materia di credito, di sgravi fiscali e di apprendi-stato, diretta a favorire l'artigiano-imprenditore. Anche in questo caso non può non notarsi come si sia avuto riguardo, in particolare, all'artigiano-lavoratore, giacché le agevolazioni creditizie non paiono sufficienti per lo sviluppo delle im-prese nella moderna economia, e ciò sia per l'ammontare massimo del credito sia per gli scopi per i quali può venire concesso sia, infine, per i soggetti, essenzial-mente singole imprese, a cui è diretto.
Sono mancati, per volontà politica e per diretta conseguenza dell'eccessivamen-te ampia definizione di impresa artigiana, indell'eccessivamen-terventi legislativi più specifici, diretti a favorire determinati settori dell'artigianato o a sopperire a particolari necessità delle imprese.
Quanto alle funzioni amministrative, esse non sono state esercitate direttamente dallo Stato bensì tramite le Commissioni provinciali e regionali per l'artigianato, le Camere di Commercio, gli appositi Enti Pubblici (ENAPI, Ente Moda - Mer-cato nazionale, ecc.) con tini promozionali, di assistenza tecnica, di credito e di commercio artigiano.
La mancanza di specifiche direttive impartite dalla legge e di appositi stanzia-menti, sembra però ridurre l'importanza delle funzioni amministrative esercitate dagli organi e dagli Enti sopra ricordati, giacché le iniziative attuate dai vari sog-getti senza un quadro normativo di riferimento tendono a presentarsi come episo-diche e slegate tra loro.
Questo, a grandissime linee, il quadro degli interventi pubblici in materia di ar-tigianato di fronte al quale si trovano ad agire le Regioni nell'esercizio delle com-petenze legislative ed amministrative attribuite dalla Costituzione.
È naturalmente impossibile individuare a priori i possibili interventi delle Re-gioni in materia di artigianato, materia che, tra l'altro, non ha avuto finora una disciplina particolarmente dettagliata.
È tuttavia possibile ed opportuno cercare di ricordare, sia pure brevemente, quali sono i limiti posti in generale all'attività legislativa delle Regioni, limiti che si sogliono indicare come segue:
a) limite derivante dalla Costituzione
b) limite dei principi dell'ordinamento giuridico
c) limite delle norme fondamentali delle riforme economico sociali dello Stato d) limite degli obblighi internazionali assunti dallo Stato
e) limite degli interessi della nazione e delle altre Regioni f) limite di territorio
g) limite dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato nelle singole materie
h) limite delle materie.
L'elenco, così come è stato riportato è frutto dell'elaborazione dottrinale (1) formatasi sulla base di una giurisprudenza della Corte Costituzionale che a tut-t'oggi non sembra sufficientemente organica e chiara in materia di competenza le-gislativa regionale.
Ciascuno dei limiti sopra ricordati necessiterebbe naturalmente di un discorso a sé stante, discorso che non è possibile condurre in questa sede. È tuttavia oppor-tuno soffermarsi su alcune delle limitazioni che, anche in ragione della normativa statale in materia di artigianato, sembrano avere maggiore rilevanza.
Importante si presenta l'inammissibilità di un'organica legislazione regionale di diritto privato, inammissibilità che alcuni fanno derivare dal limite delle mate-rie (2) ed altri dal limite dei principi dell'ordinamento giuridico (3); ciò significa che sarebbe costituzionalmente illegittima una normativa regionale diretta a rego-lare, ad esempio, le locazioni di immobili adibiti a sede dell'impresa artigiana.
(1) Cfr. in particolare Mortati: Istituzioni di diritto pubblico, Padova, 1976, pagg. 65 e segg. (2) Cfr. Paladin, op. cit., pag. 77; Corte Costituzionale, sent. 7 del 1956.
Illegittima sarebbe altresì una disciplina regionale del rapporto di lavoro dei di-pendenti delle imprese artigiane, e ciò sia che tale illegittimità si voglia far discen-dere dal limite delle materie sia che la si voglia desumere dal limite delle riforme economiche-sociali o dal limite del diritto privato.
Ugualmente non sarebbe possibile alle Regioni disporre a favore degli artigiani gli sgravi fiscali già previsti da norme statali, e ciò sia per ragioni di materia sia per limiti di interessi nazionali.
Dal limite della Costituzione e dal principio della libertà del lavoro e dell'egua-glianza dei cittadini (1) deriva l'illegittimità di eventuali norme regionali dirette a disciplinare e vincolare l'esercizio professionale dell'attività artigiana, ad esempio introducendo patenti o libretti di mestiere (2).
Dal limite degli obblighi internazionali deriva l'inammissibilità di norme regio-nali in contrasto con gli accordi internazioregio-nali dello Stato ed in particolare con le direttive della CEE.
Sia per il limite degli obblighi internazionali che per quello dell'interesse nazio-nale che per il limite del territorio, sorgono molti dubbi circa la legittimità di azioni regionali a favore dell'artigianato svolte in diretto contatto con Paesi stra-nieri.
A prescindere dai limiti di carattere generale, per quanto attiene all'attività pro-mozionale all'estero che le Regioni possono svolgere nei confronti dell'artigianato occorre fare riferimento al dettato dell'art. 4 del D.P.R. 616/77,che prevede che «...le Regioni non possono svolgere all'estero attività promozionali relative alle materie di loro competenza se non previa intesa con il Governo e nell'ambito de-gli indirizzi e dede-gli atti di coordinamento di cui all'art. 3 della legge 27.7.1975, n. 382».
Rimandando ad altre trattazioni di carattere più" marcatamente scientifico per l'esposizione della problematica connessa alla funzione di indirizzo e di coordina-mento, ci limitiamo a segnalare lo stretto vincolo apposto all'azione delle Regio-ni, giacché oltre a rispettare gli indirizzi formulati dal Governo, sembra che le Regioni debbano necessariamente concordare ogni singola iniziativa promoziona-le all'estero con gli organi statali.
Tale ulteriore vincolo appare quanto meno di dubbia legittimità costituzionale, posto che già l'obbligo posto a carico delle Regioni di rispettare gli atti governati-vi di indirizzo e coordinamento si presenta come ipotesi del tutto eccezionale; tut-tavia la disposizione di cui all'art. 4 D.P.R. 616/77 può trovare limiti generali di carattere costituzionale, di cui si è detto, che intervengano in materia di rapporti delle Regioni con gli altri Stati.
Un più approfondito esame meritano due fra i limiti che si sono citati: il rispet-to delle norme fondamentali dello Starispet-to disciplinanti l'artigianarispet-to ed il limite del-la materia.
Quanto al primo, occorre far riferimento, fino all'emanazione della nuova leg-ge-quadro, alla legge 860/1956. Pur essendo possibile alle Regioni ampliare e
mo-li) Cfr. Corte Costituz., decisione 26.6.1956, n. 6. (2) Cfr. Paladin, op. cit., pag. 140.
dificare le disposizioni di tale legge che dettano una disciplina di dettaglio, sem-bra illegittima ogni norma regionale che riduca od ampli i requisiti necessari per l'attribuzione della qualifica artigiana ai sensi e per i fini di cui alla legge 860/1956, dovendosi considerare l'individuazione dei requisiti effettuata da tale legge un principio fondamentale in materia di artigianato.
Tale limitazione ha però una importanza minore di quanto appaia a prima vi-sta giacché come si è a suo tempo visto, l'attribuzione della qualifica artigiana e l'iscrizione all'albo ai sensi della legge 860/1956 sono unicamente condizione per il godimento delle agevolazioni previste dall'attuale normativa statale.
Ora, poiché la Corte Costituzionale ha stabilito (1) che le norme fondamentali dello Stato in una determinata materia limitano le Regioni nel senso che esse non possono introdurre norme in contrasto con i principi in esse contenuti, ma non impediscono alle Regioni di predisporre interventi non previsti dalle norme stata-li, ne deriva che alle Regioni è consentito non solo ampliare le agevolazioni agli artigiani già previste da leggi dello Stato, ma anche individuare nuovi settori di intervento per il sostegno delle imprese artigiane, sempre naturalmente nel rispet-to dei diversi limiti che già si sono visti.
Diverso è il problema se, oltre ad introdurre nuove e diverse agevolazioni al-l'artigianato, le Regioni possano individuare i soggetti cui destinare tali agevola-zioni in base a requisiti diversi da quelli previsti dalla legge 860/1956, ovvero, se le Regioni siano legate alla definizione di «artigiano» in tale legge contenuta. La risposta al quesito formulato, in mancanza di pronunzie della Corte Costituziona-le, sembra dover essere nel senso che mentre non è consentito disporre di facilita-zioni a favore di soggetti che non sono in possesso dei requisiti di cui alla legge 860/1956, è tuttavia possibile distinguere all'interno degli artigiani qualificati tali ai sensi della legge 860/1956 particolari soggetti (in base ad esempio alle dimen-sioni dell'impresa o alla natura dell'attività svolta) destinatari delle agevolazioni regionali.
Il possesso dei requisiti di cui alla legge 860/1956 dovrebbe quindi poter essere condizione necessaria ma non sufficiente per il godimento degli aiuti regionali, es-sendo pertanto consentito alle Regioni non solo ampliare le agevolazioni statali e disporre nuove facilitazioni, ma anche diversificare, all'interno delle imprese arti-giane ex L. 860/56, i destinatari dei propri provvedimenti. Non solo, ma in que-sta ottica sembra consentito alle Regioni provvedere i finanziamenti non solo alle singole imprese artigiane, ma anche ai consorzi e alle altre forme associative degli artigiani (2).
Particolarmente importante si presenta, anche in ragione di quanto teste detto, il «limite della materia», pur essendo l'artigianato di per sé una materia alquanto composita e che il legislatore nazionale non ha certamente provveduto a delimita-re.
Tale limite presenta contorni abbastanza indefiniti, non esistendone una formu-lazione che consenta di esprimere a priori ed in modo certo un giudizio di
legitti-(1) Cfr. decisione 17.7.1975 n. 221.
mità delle leggi regionali emanate in settori dell'ordinamento sia pur strettamente connessi a quello dell'artigianato e con effetti diretti nei confronti degli artigiani.
Certo è che la Corte Costituzionale ha sempre tenuto un atteggiamento quanto mai prudenziale, tendendo a restringere l'ambito di competenza delle Regioni allo stretto contenuto oggettivo delle materie di cui all'art. 117 (1).
In considerazione della constatata tendenza restrittiva della Corte Costituziona-le, la competenza legislativa in materia di artigianato sembra potersi esplicare con particolare riferimento alla produzione e al commercio artigiano. Ciò significa in-nanzitutto che fra le due linee di intervento statale in materia di artigianato che si sono dianzi individuate, ovvero quella delle provvidenze a favore dell'artigiano-lavoratore e quella delle provvidenze a favore dell'artigiano-imprenditore, solo la seconda è suscettibile di trovare ampliamento e dettaglio nella normativa regiona-le, esulando la prima dalla stretta materia dell'artigianato.
Delle modalità di intervento statale a favore dell'impresa propriamente detta alcune, come già ricordato, sono precluse alle Regioni: così le facilitazioni per le locazioni, le agevolazioni fiscali, i versamenti previdenziali per gli apprendisti, la disciplina del rapporto di lavoro. Resta, di particolare importanza, il credito, nel quale le Regioni possono operare a patto di rispettare i limiti già individuati nella sentenza n. 221 del 1975 della Corte Costituzionale, prima citata, ed ora fissati nell'art. 109 del D.P.R. 24.7.1977 n. 616, che, pur riguardando la ripartizione delle funzioni amministrative, deve ritenersi, per questo particolare argomento, indicativo anche per quanto attiene alla funzione legislativa. In particolare, come già detto, sembra consentito alle Regioni intervenire con agevolazioni creditizie a favore di soggetti diversi da quelli beneficiari delle agevolazioni statali, e quindi in particolare in favore non solo delle singole imprese artigiane ma anche di con-sorzi e delle altre forme associative.
Inoltre, come già ricordato, è possibile intervenire facilitando l'accesso al credi-to per utilizzazioni diverse da quelle previste per gli interventi dell'ArtigianCassa, purché sempre strettamente connesse alla produzione e al commercio.
Al di fuori degli interventi sul credito è poi possibile alle Regioni disciplinare e sovvenzionare, con legge, particolari settori della materia finora affidati all'azione amministrativa degli Enti autonomi, delle Camere di Commercio, delle Commis-sioni provinciali e regionali per l'artigianato. In particolare non dovrebbero sussi-stere dubbi circa la legittimità degli interventi legislativi nei settori in cui le fun-zioni amministrative sono già state delegate alle Regioni in virtù dell'art. 2 del D.P.R. 14.1.1972 n. 2.
Sia per quanto testé detto, sia in ragione della stretta connessione con la produ-zione e la commercializzaprodu-zione dell'artigianato si possono individuare i seguenti settori suscettibili di intervento normativo regionale:
a) servizi, assistenza e ricerca artistica, scientifica e tecnologica per ogni fase delle lavorazioni artigiane, ivi compresa l'eliminazione dei residui;
(1) Cfr. in tal senso Corte Cost. dee. n. 20 del 1970; dee. 29 del 1968; dee. n. 142 del 1972; dee. n. 154 del 1972; dee. n. 92 del 1976; particolarmente importante per quanto attiene al credito nelle materie di competenza regionale è il dee. n. 221 del 17.7.1975.