INDAGINE CONOSCITIVA
SULL'ARTIGIANATO
PIEMONTESE
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Regione Piemonte
Indagine conoscitiva
PREFAZIONE
La riedizione dell"'Indagine conoscitiva sull'artigianato piemontese" è stata una necessità dettata dal fatto che i dati di questa ricerca sono l'unica analisi di-namica del settore e hanno colmato una lacuna in campo conoscitivo che derivava dalla sola disponibilità di analisi statistico-descrittive.
Questo studio in una carenza quasi assoluta di dati sull'Artigianato ha per-messo una conoscenza di base delle strutture del settore tale da stabilire una priorità nei problemi e una più esauriente valutazione delle caratteristiche
del-l'artigianato regionale.
In questi anni la Regione consapevole del grosso significato che l'Artigianato riscopre per la nostra economia e la nostra cultura ha sviluppato una serie di in-terventi organici che vanno dall'applicazione della Legge 18 luglio 1978 n° 47
"Provvedimenti per l'ammodernamento tecnologico e l'incremento della produtti-vità nel settore dell'artigianato"; alla Legge 14 novembre 1979 n° 64 "Interventi a favore dei Comuni e dei loro Consorzi per insediamenti produttivi artigiani in aree attrezzate"; alla Legge 14 marzo 1980 n° 14 "Norme per l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di Artigianato" a tutta una serie di
program-mi promozionali che permettano la conoscenza dei prodotti piemontesi non solo in Italia ma anche all'estero.
La Regione, per molte di queste iniziative si è avvalsa dei dati e della conoscen-za sui singoli fattori che la ricerca contiene.
L'indagine che è stata voluta e coordinata politicamente dalla Regione Pie-monte, è stata realizzata con seri criteri scientifici dall'IRES e per quanto con-cerne la fase di rilevazione dei dati, dall'Istituto Claparede.
Ricordiamo inoltre e ringraziamo per il prezioso e valido contributo la catego-ria e le sue organizzazioni sindacali, C.A.S.A., C.G.I.A. e C.NA. che con le os-servazioni e suggerimenti nella fase dell'elaborazione delle schede e poi nella ri-cerca sul campo, avvenuta con l'aiuto dei Comprensori, dei funzionari dell'Asses-sorato regionale e con l'apporto dell'Unione Regionale delle Camere di Commer-cio hanno permesso la realizzazione di uno strumento di così rilevante interesse.
Crediamo che questa indagine diffusa tra gli operatori del settore, racchiusa in un volume unico di più facile divulgazione e consultazione, possa costituire un va-lido oggetto di conoscenza delle principali caratteristiche del settore artigiano e ci impegnamo ad aggiornare metodi d'analisi affinché l'orientamento degli inter-venti delle pubbliche amministrazioni e delle categorie economiche e sociali possa essere sempre più incisivo in un settore di rilevante interesse economico come l'Artigianato che in questi anni ha contribuito al superamento della grave crisi che attraversa il Paese.
Domenico Marchesotti
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Un corretto dovere di informazione impone di citare coloro che più direttamente, in virtù delle loro specifiche competenze tecniche, hanno in concreto assunto responsabilità operative nello svolgimento dell'indagine conoscitiva sull'artigianato piemontese.
In particolare, merita segnalare a questo riguardo:
- i funzionari regionali dott.ssa Dunia Astrologo, p.i. Filippo De Crescenzo, dott. Carme-lo Pesimena, dott. PiercarCarme-lo TorelCarme-lo e il consulente dell'Assessorato dott. Giovanni Ber tone, che hanno curato l'organizzazione degli obiettivi della ricerca seguendo lo svolgi-mento dell'indagine nei suoi vari momenti e fasi;
- ¡funzionari delle Camere di commercio del Piemonte addetti alla tenuta degli albi pro-vinciali delle imprese artigiane, la cui collaborazione si è rivelata fondamentale nella fase di estrazione del campione. A questo riguardo un cenno particolare di
riconosci-mento va al dott. Franco Alunno e al dott. Carlo Taverna che, a nome della Unione re-gionale delle Camere di commercio piemontesi, hanno coordinato le operazioni di cam-pionamento e hanno collaborato nella messa a punto del questionario di rilevazione dei
dati;
- il direttore dell'Istituto Claparede (Via Toselli, 4 - Torino), prof. Vasco Pisani, che ha diretto la fase di rilevazione sul campo delle informazioni attraverso un gruppo di inter-vistatori opportunamente addestrati;
PARTE I
AZIENDE
1.1. Caratteristiche del campione
L'indagine sull'artigianato piemontese è stata condotta mediante interviste ef-fettuate da un campione di aziende estratto da un universo costituito dagli elenchi degli albi artigiani, messi a disposizione dalle CCIAA. Poiché appariva importan-te analizzare cerimportan-te caratimportan-teristiche dell'artigianato, sia a livello di settori produttivi sia a livello di certe aree di insediamento tradizionale, si è ritenuto di estrarre un campione stratificato sulla base di questi due elementi. Gli strati considerati co-prono in modo completo la classificazione ISTAT delle attività manifatturiere e soltanto parzialmente quelle delle attività di servizio. (1)
In totale si sono tenuti distinti 18 strati di cui 6 riguardano particolari attività artigianali che hanno tradizionalmente rappresentato per certe aree un'attività specializzata (orafi di Valenza, mobilieri di Saluzzo, ecc.).
All'interno di ciascun strato il campione è stato estratto con procedura casua-le.
Si é deciso,"in linea di massima, di effettuare una percentuale di campionamen-to di circa il 4%. Tuttavia, tale percentuale è stata aumentata anche di molcampionamen-to nel caso di strati che avevano nell'universo un numero di aziende piuttosto basso. Al contrario, nel caso delle costruzioni si è ritenuto di poter ridurre al 2% la percen-tuale di campionamento in relazione alla numerosità delle aziende e ad una sup-posta rilevante omogeneità delle stesse.
Le aziende che hanno rifiutato l'intervista sono state sostituite, per ciascun strato, mediante una nuova estrazione casuale. Per un numero limitato di aziende, si è invece accertata la cessazione di attività. Poiché queste aziende apparivano nell'universo fornito dalle CCIAA, si è ritenuto di dover procedere, sulla base del-le informazioni cosi ottenute, ad una revisione deldel-le dimensioni dei singoli strati presenti nell'universo.
Le interviste effettuate, opportunamente controllate e ritenute utilizzabili sono risultate 3646. Naturalmente per certe elaborazioni il numero di interviste utiliz-zabile risulta inferiore in quanto non tutte le aziende hanno risposto a tutte le do-mande, anche perché alcune domande riguardavano problematiche particolari che non interessavano la totalità delle aziende. La distribuzione per strato risulta dalla tab. 1 dove vengono riportati anche alcuni elementi utili per il confronto con l'universo.
1.2. Caratteristiche generali delle aziende
L'universo dell'artigianato piemontese considerato nella presente indagine è costituito da circa 95.000 aziende. Oltre l'85% di esse ha la forma giuridica della ditta individuale, poco meno del 3% ha quella dell'impresa familiare. Le società di fatto contano per l'8,6% e quelle in nome collettivo per il 3,1%. Praticamente ine-sistenti sono le cooperative. La prevalenza nettissima delle società di persone di-pende evidentemente dalle limitatissime dimensioni della stragrande maggioranza
Tab. 1
Settore Comprensori Universo % Campione
Alimentari tutti 5.182 4,1 215 Tessili 06 - Biella 1.984 4,1 81 Tessili altri 2.092 4,0 83 Vestiario tutti 7.662 4,1 314 Calzature 14 - Alessandria 262 13,0 34 Calzature altri 1.540 5,0 77 Legno tutti 5.670 4,0 225 Mobili 10 - Saluzzo 255 13,7 35 Mobili altri 1.588 5,0 79 Metalmeccaniche tutti 32.855 4,1 1.341
Lavoraz. miner. non metall. 08 - Verbania
10 - Saluzzo 378 9,3 35
Lavoraz. miner. non metall. altri 1.505 4,8 72
Oreficeria 14 - Alessandria 1.282 5,8 75
Cartotecnica poligraf. tutti 1.237 6,1 75
Costruzioni tutti 19.837 2,0 404
Trasporti merci 14 - Alessandria 1.171 6,1 71
Trasporti merci altri 6.510 4,1 269
Servizi tintoria pul. tutti 3.719 4,3 161
Complesso 94.729 3,8 3.646
delle aziende artigiane. Infatti, l'estensione all'universo dei dati del campione indi-ca che il 70,5% delle aziende occupa 1 o 2 addetti.
Il 95% di queste aziende minime ha forma giuridica di società di persone. Al contrario, per le aziende di dimensione maggiore la presenza di società di capitali risulta molto più rilevante. Già nelle aziende con 3-5 addetti queste ultime forme giuridiche si riscontrano nel 24% dei casi. Salendo a più di 10 addetti questa per-centuale arriva al 37%. Si nota inoltre che all'aumento delle dimensioni aziendali diventano più numerose le società in nome collettivo, cioè quel tipo di forma giuri-dica più vicina alle caratteristiche della piccola industria. Circa un quarto delle aziende con più di 10 addetti hanno infatti questa forma giuridica.
Poiché, come si vedrà più avanti, le dimensioni maggiori sono più diffuse tra le aziende produttrici di semilavorati e di alcuni prodotti finiti, le società di fatto e in nome collettivo risultano particolarmente pl'esenti in questi comparti.
nella nostra indagine campionaria che si riferisce soltanto alle aziende che fanno attualmente parte dell'artigianato.
Nel complesso, sembra possibile affermare che una parte notevole delle azien-de artigiane risulta costituita in tempi relativamente recenti. Meno di un terzo azien- del-le aziende attualmente operanti risulta costituito prima del 1965. Dopo quella da-ta si assiste ad una accelerazione nella percentuale annua di nuove costituzioni. Circa il 4% delle aziende attualmente esistenti sono state costituite in ciascun an-no del periodo 1965-1970. La stessa percentuale annua sale a quasi il 5,5% nel
1971-1973 e a circa il 7,5% nel triennio '74-'76.1 dati relativi alle'costituzioni del 1977, pur non essendo del tutto comparabili a questi in quanto si riferiscono ad un periodo molto inferiore all'anno, sembrano indicare lo stesso tipo di tendenza. Naturalmente, il giudizio all'accelerazione delle nuove iniziative nel campo del-l'artigianato può risultare parzialmente attenuato dal fatto che non è possibile va-lutare le cessazioni avvenute nei diversi periodi e che presumibilmente hanno ri-guardato in maggior misura le aziende di più vecchia costituzione. Tuttavia, an-che sulla base di altri elementi an-che saranno discussi più avanti, pare si possa ra-gionevolmente affermare che l'artigianato è stato investito in misura consistente dal processo di decentramento produttivo verificatosi nei periodi recenti. A con-ferma di questa afcon-fermazione si può infatti osservare che le aziende di nuova co-stituzione hanno una produzione di semilavorati e servizi superiore alla media e indirizzano quote maggiori di produzioni verso piccole, medie e grandi imprese. Inoltre si è registrata una maggiore accelerazione nella costituzione di nuove aziende artigiane in settori che sono stati più interessati dal processo di decentra-mento (ad esempio tessile di Biella, costruzioni e parte del metalmeccanico). La dimensione occupazionale media delle aziende artigiane considerate dall'in-dagine é di 2,52 addetti. Il nostro universo dell'artigianato dovrebbe allora avere un'occupazione compresa, con probabilità del 95%, tra 237.000 e 241.000 con valore medio pari a 239.000.
La distribuzione delle aziende e degli addetti per classi di ampiezza è riportata nella tabella n. 2.
Tab. n. 2
Classe d'ampiezza
fino a 3-5 6 7 8 9 10 oltre Totale
2 add. add. add. add. add. add. add. 10 add.
Aziende n. 66.754 18.142 2.299 1.983 1.733 1.073 872 1.873 94.729 Universo % 70,5 19,2 2,4 2,1 1,8 1,1 0,9 2,0 100,0 Addetti n. 85.317 66.805 13.797 13.877 13.863 9.643 8.729 27.086 239.117
% 35,7 27,9 5,8 5,8 5,8 4,0 3,7 11,3 100,0
lo stesso livello occupazionale delle aziende piccolissime pur rappresentando sol-tanto il 10,3% del numero totale delle aziende. All'interno di questa categoria, meritano una certa considerazione le circa 1900 aziende con oltre 10 addetti che pur rappresentando soltano il 2% delle aziende, occupano l'I 1,3% degli addetti. Con riferimento all'oggetto della produzione si può rilevare che prevalgono le aziende produttrici di servizi che rappresentano il 55,4% del totale. Oltre che nei settori di servizio veri e propri risultano produttrici di servizi aziende che operano in quasi tutti i settori con particolare accentuazione nel caso delle calzature non di Alessandria, del metalmeccanico e delle costruzioni. Siccome le aziende produt-trici di servizi hanno una dimensione media molto più piccola delle altre, esse oc-cupano soltanto il 42,9% degli addetti. La dimensione media è di 1,95 addetti per azienda, decisamente inferiore quindi a quella di tutto l'artigianato che è pari a 2,52 addetti.
Le aziende che producono prodotti finiti sono il 27,1% del totale; quelle che producono semilavorati sono il 6,3%. A queste bisogna aggiungere un altro 2,4% di aziende produttrici di prodotti finiti e semilavorati raggiungendo cosi una per-centuale totale del 35,8%. L'occupazione complessiva di queste aziende è risulta-ta pari al 47,5%. La loro dimensione media è pari a 3,35 addetti. Si può peraltro osservare che hanno una dimensione superiore a questa media le aziende produt-trici di semilavorati (3,51 addetti) e specialmente quelle che producono sia pro-dotti finiti sia semilavorati (4,82 addetti). Queste aziende operano evidentemente in contatto con imprese industriali ed hanno organizzazioni produttive più evolute e, in certi casi, paragonabili a quelle delle piccole imprese.
C'è poi quasi il 9% delle aziende con una percentuale di occupazione pari al 9,6% che ha una produzione mista di prodotti finiti e servizi o, altre combinazio-ni. La dimensione di queste aziende supera quindi di poco quella media per tutto l'artigianato.
Esaminando la destinazione della produzione si rileva che essa viene indirizza-ta prevalentemente verso le famiglie.
Questo sbocco è infatti indicato dal 46,8% delle aziende che occupano il 33,7% degli addetti e riguarda principalmente la produzione di servizi.
Si rivolge a piccole e medie imprese o a rivenditori il 21,3% delle aziende con una percentuale di occupazione del 29,9%. Si tratta quindi di dimensione superio-re alla media specialmente nel caso di quelle che si rivolgono a rivenditori. Per contrasto le aziende che forniscono la propria produzione esclusivamente a gran-di imprese, che sono il 3,6% del totale ed hanno una percentuale gran-di occupazione del 4,1%, non sembrano avere dimensioni decisamente superiori a quelle medie. La ragione deve essere cercata nel fatto che molte di queste aziende forniscono servizi, in particolare trasporti. Quelle che invece forniscono semilavorati e che appartengono principalmente al metalmeccanico e al tessile hanno dimensioni molto più elevate della media.
mec-canizzati. Ma anche osservando le aziende rimanenti, si deve rilevare che, nel complesso, esse sembrano disporre di attrezzature molto poco sofisticate. Infatti, il 63,4% di tali aziende ottiene la produzione manualmente con ausilio di utensili motorizzati mentre il 18,8% non dispone neppure di utensili motorizzati. Soltanto l'8,l% delle aziende ha una produzione meccanizzata in serie e il 9,7% ha una produzione meccanizzata ma non in serie. Queste aziende sono ovviamente quelle di dimensione maggiore in quanto occupano rispettivamente l'I 1,9% e il 15,2% degli addetti ed hanno una dimensione media compresa tra 4,5 e 5 addetti.
1.3. Analisi per strato e classi d'ampiezza
Come già detto, la dimensione media dell'artigianato piemontese è di 2,52 ad-detti per azienda.
Le dimensioni dei diversi strati sono riportate nella tabella n. 3.
Tab. n. 3
Superiori alla media Cartotecnica e poligrafiche
Oreficeria Tessili - Biella Mobili - Sai uzzo
Lavor. min. non metall. - altri Alimentari Metalmeccaniche Tessili - altri 5,06 4,33 3,87 3,09 2,97 2,90 2,80 2,64
Inferiori alla media
Legno 2,40
Calzature - Alessandria A-53
Vestiario 2,32 Costruzioni 2,26 Lavor. min. non metal. - Verbania Saluzzo 2,08
Mobili-altri ^ O Servizi tintoria e pul. J »80
Trasporti merci - altri L62 Trasporti merci - Alessandria 1,61
Calzature altri 1»34
Si può notare che i settori dove si ha una rilevante presenza dell'artigianato ar-tistico (oreficeria e mobili di Saluzzo) hanno dimensioni superiori alla media an-che se, come si vedrà, coesistono all'interno dello strato anan-che aziende di dimen-sione molto limitata.
caso del metalmeccanico, è opportuno rilevare fin d'ora che la dimensione media riportata in tabella risulta notevolmente influenzata dalle piccolissime dimensioni di aziende produttrici di servizi (officine meccaniche, idraulici, ecc.), mentre le aziende che producono semilavorati e prodotti finiti hanno una dimensione molto maggiore e si avvicinano, per molti aspetti, alla struttura tipica delle piccole im-prese industriali.
Hanno invece dimensioni molto inferiori alla media tutte le aziende del settore di servizio o con produzione prevalentemente di servizio (costruzioni, calzature). Passando ad un esame più dettagliato, si può rilevare che una presenza note-volmente superiore alla media di aziende di piccolissima dimensione si riscontra nei settori dei servizi, nelle calzature non di Alesssandria, nei mobili non di Saluz-zo e nel vestiario. Attorno alla media si trovano i tessili non di Biella, calzature di Alessandria, legno, mobili di Saluzzo, lavorazioni minerali di Verbania e Saluzzo e costruzioni. La presenza di aziende piccolissime è invece notevolmente inferiore alla media nell'alimentare, nel tessile di Biella, nelle lavorazioni minerali non di Verbania e Saluzzo, nell'oreficeria e nella cartotecnica. Nel settore metalmeccani-co le aziende che sono principalmente di servizio fino a due addetti, sono il 65% del totale contro una media per tutto l'artigianato pari al 70,5%.
Le aziende con più di 5 addetti, per le quali si può pensare alla possibilità di una evoluzione verso la piccola impresa industriale, perchè ormai dispongono di una organizzazione produttiva simile, rappresentano nell'universo una percentua-le del 10,38% del totapercentua-le. In termini assoluti si tratta di un numero compreso, con probabilità del 95%, tra 9.000 e 11.000 aziende. Esse occupano un totale di ad-detti compreso all'incirca tra 85.000 e 89.000, rappresentando quindi una quota compresa tra il 35,4% e il 37,4% dell'occupazione totale dell'artigianato.
La situazione a livello settoriale è descritta nella seguente tabella:
Tab. n. 4
Superiori alla media Aziende con + di addetti 5 add. Cartotecnica e poligraf. Oreficeria Tessili Biella
Inferiori alla media Aziende
con + di addetti 5 add.
Lav. min. non metall. - Verbania - Saluzzo 8,6 Legno
Costruzioni Vestiario Mobili - Saluzzo Mobili - altri
Servizi tintoria e pulizia Alimentari
Trasporti merci - Alessandria Trasporti merci - altri Calzature - altri 8,6 24,7 8,4 30,9 8,2 28,8 7,3 41,6 5,8 43,5 5,0 23,1 5,0 24,1 4,2 13,8 4.2 20,2 3,0 14,8 1.3 14,6
Si deve peraltro rilevare che, nel caso di settori meno rappresentati, alle percen-tuali riportate corrispondono nel campione un numero limitato di aziende. Questo fatto pone ovviamente dei dubbi sulla significatività di alcuni risultati. Tuttavia, non è di poca importanza la registrazione del fatto che, all'interno di certi settori, esistono alcune aziende che hanno una struttura simile a quella delle piccole im-prese.
Queste osservazioni si applicano con ancor maggior forza nel caso della pre-senza in certi settori di alcune aziende con più di 10 addetti.
Esaminando, pur con tutte le cautele del caso, i dati disponibili si ha conferma di una certa presenza di aziende quasi industriali nei settori: metalmeccanico, car-totecnica e poligrafiche, oreficeria e tessile di Biella e non. Non mancano però aziende di questo tipo anche in altri settori per cui è forse il caso di menzionare quello dell'abbigliamento che, pur non avendo un'elevata percentuale di aziende con più di 5 addetti, ha invece una presenza di aziende con più di 10 addetti netta-mente superiore alla media regionale. Questa ultima osservazione è un esempio dell'esistenza di qualche organizzazione aziendale di dimensioni non trascurabili anche nei settori che l'esame della precedente tabella porterebbe a classificare co-me costituiti quasi esclusivaco-mente da aziende di dico-mensione molto piccola. In qualche caso si tratta di aziende di specializzazione molto elevata o di tipo artisti-co (si veda il caso dei mobili di Saluzzo che però non può essere artisti-considerato del tutto significativo a causa delle limitate dimensioni del campione) in altri casi si tratta però di aziende per le quali è possibile visualizzare in prospettiva il passag-gio ad una organizzazione di tipo industriale.
1.4. Analisi per strato e oggetto della produzione
media superiore a quella delle aziende che producono soltanto servizi (2,82 con-tro 1,95).
I settori di servizio veri e propri considerati nell'indagine sono i trasporti merci e i servizi di tintoria e pulizia a cui si può assimilare il settore delle calzature non di Alessandria che svolgono in pratica quasi esclusivamente attività di riparazio-ne.
Le dimensioni di queste aziende sono più basse non soltanto rispetto al com-plesso dell'artigianato piemontese ma anche rispetto a quelle medie delle aziende produttrici di servizi appartenenti agli altri settori. Naturalmente occupano 1 o 2 addetti anche se si nota una percentuale del 5% di aziende con più di 5 addetti nel settore della tintoria e pulizia, ed una percentuale del 3,5% nel settore di trasporto merci.
La produzione ai servizi è poi particolarmente elevata nelle costruzioni dove ri-guarda il 73,3% delle aziende, il 59,9% degli addetti, e nel metalmeccanico dove le rispettive percentuali sono del 64,6% e del 52,5%. In valori assoluti, nelle co-struzioni si hanno circa 14.500 aziende produttrici di servizi con una occupazione di circa 27.000 addetti. Nel metalmeccanico, le aziende in questione sono circa 21.000 ed occupano circa 48.000 addetti. La dimensione media di queste aziende è di 1,85 addetti nelle costruzioni e di 2,28 nel metalmeccanico. La dimensione delle aziende metalmeccaniche che producono servizi risulta più elevata della me-dia per una discreta presenza (8,2%) di officine meccaniche con più di 5 addetti.
Una rilevante presenza di aziende produttrici di servizi si riscontra anche nel settore delle calzature di Alessandria (in cui sono compresi anche i riparatori) e nella lavorazione dei minerali non metalliferi (altri). Seguono con quote più basse, ma superiori al 10% delle aziende, il vestiario, i mobili di Saluzzo, il legno, la car-totecnica e poligrafiche e la lavorazione di minerali non metalliferi di Verbania e Saluzzo. Le aziende con più di 5 addetti sono quasi assenti salvo il caso del setto-re della cartotecnica e poligrafiche dove la psetto-resenza di copisterie di queste dimen-sioni supera il 20% del totale delle aziende del settore che producono servizi.
Assimilabili alle aziende che producono soltanto servizi anche se hanno gene-ralmente una dimensione media superiore, sono anche quelle con una produzione mista di prodotti finiti e servizi. Queste aziende rappresentano il 7,9% del totale ed hanno un'occupazione dell'8,8%. Anche se c'è una notevole differenziazione tra aziende e tra settori, le caratteristiche principali sembrano avvicinarsi a quelle delle aziende produttrici di prodotti finiti. La produzione di servizi è probabilmen-te di tipo inprobabilmen-tegrativo.
La produzione di prodotti finiti riguarda il 27,1% delle aziende e il 34,2% degli addetti. In valori assoluti si tratta di circa 25.500 aziende e di circa 81.500 addet-ti. La dimensione media risulta pari a 3,18 addetti per azienda ed è quindi superio-re a quella dell'artigianato piemontese. Le aziende fino a 2 addetti rappsuperio-resentano il 59,3% del totale ed hanno un'occupazione del 25,7%. Si noti che queste percen-tuali sono inferiori a quelle registrate per l'insieme dell'artigianato. Al contrario, si ha una maggior presenza di aziende con più di 5 addetti che contano per quasi il 15% del totale (contro il 10% circa per l'artigianato nel suo complesso), con un'occupazione del 44,4% (contro il 36,3%).
tessile non di Biella, nel vestiario, nel legno, nei mobili di Saluzzo, nella lavorazio-ne milavorazio-nerali, lavorazio-nell'oreficeria e lavorazio-nella cartotecnica e poligrafiche.
Una presenza rilevante, anche se non maggioritaria, si riscontra inoltre tra le calzature, il metalmeccanico e le costruzioni. In quest'ultimo caso si tratta proba-bilmente di impiantisti. Per il metalmeccanico, vale la pena di sottolineare che le aziende che producono prodotti finiti sono il 17,6% del totale a causa della rile-vante presenza nel settore delle aziende di servizio. Tuttavia circa 1/4 delle aziende del settore che producono prodotti finiti hanno una dimensione superiore a 5 ad-detti e rappresentano quindi un nucleo importante di aziende (circa 1.400) orga-nizzate in maniera quasi industriale.
Le aziende che producono semilavorati rappresentano il 6,3% del totale e oc-cupano l'8,8% degli addetti dell'universo. La dimensione media di queste aziende è pari a 3,51 addetti e risulta quindi superiore anche a quella delle aziende che producono prodotti finiti. Infatti, nei confronti con queste, si nota una minor pre-senza di aziende fino a 2 addetti ed una prepre-senza più elevata di aziende con oltre 5 addetti. Queste ultime sono infatti quasi il 20% del totale delle aziende che as-sorbono il 51,3% degli addetti contro percentuali del 15% circa e del 44,4% rile-vate per le aziende che producono prodotti finiti. Inoltre, non è trascurabile, la presenza di aziende con più di 10 addetti che rappresentano il 4,7% con un'occu-pazione del 17,3%. Si può quindi osservare che nella produzione di semilavorati, dove è più stretta la connessione con l'industria, esiste un buon nucleo di aziende artigiane di dimensioni non trascurabili che sono riuscite ad inserirsi validamente nel processo di decentramento produttivo attuato in anni recenti dalle imprese in-dustriali.
A livello settoriale, la produzione di semilavorati, è estremamente importante nel caso del tessile di Biella dove riguarda poco meno del 90% delle aziende. Se-guono a distanza i settori dell'oreficeria (34,7% delle aziende), il tessile non di Biella (il 31,3%), la lavorazione minerali non metalliferi di Verbania e Saluzzo (25,7%). Per il metalmeccanico la percentuale di aziende che producono semila-vorati è pari al 6,3% delle aziende e al 7,5% degli addetti.
Tuttavia, tali percentuali salgono al 17,8% e al 15,8% calcolate escludendo le aziende che producono soltanto servizi. A livello assoluto, le aziende metalmecca-niche che producono semilavorati sono oltre 2.000 e rappresentano quindi circa il 34% del numero totale (6.000 circa) di aziende di questo tipo presenti nell'univer-so.
media superiore ai 10 addetti e anche un certo numero di quelle con più di 5 ad-detti.
Nell'universo operano come produttori di prodotti finiti e/o semilavorati un po' meno di 1.500 aziende con più di 10 addetti che hanno un'occupazione attorno alle 21.000 unità.
A livello settoriale, la presenza più importante si ha nel metalmeccanico con più di 400 aziende e circa 6.000 addetti. Segue, con più di 300 aziende e oltre 5.000 addetti, il settore dell'abbigliamento in cui, come si è già rilevato, esistono delle aziende artigiane di dimensioni non trascurabili che operano per conto di im-prese industriali oppure hanno una produzione di elevate caratteristiche qualitati-ve.
Qualche presenza di aziende del tipo in esame si ha poi nei settori tessili di Biel-la e non, nelBiel-la carta e poligrafiche, nell'oreficeria, nel legno e nelle costruzioni. È probabile che anche in questi casi abbia importanza non trascurabile il fenomeno del decentramento.
Sempre con riferimento alle aziende che producono prodotti finiti e/o semilavo-rati, quelle con più di 5 addetti sono circa 5.700 con una occupazione complessi-va di oltre 54.000 unità. Circa 2.300 di queste aziende con un'occupazione di ol-tre 20.000 addetti operano nel metalmeccanico. Gli altri settori interessati sono quelli indicati con riferimento alla presenza di aziende con più di 10 addetti.
1.5. Analisi per strato e destinazione della produzione
Le aziende che forniscono la propria produzione direttamente alle famiglie so-no circa 44.000 ed hanso-no un'occupazione di circa 80.000 addetti. Esse rappre-sentano quindi il 46,8% delle aziende e il 33-,7% dell'occupazione artigiana. Di queste, più di 26.500 aziende, con un'occupazione di poco più di 43.000 addetti, sono produttrici di servizi.
La dimensione media delle aziende che si rivolgono alle famiglie è pari a 1,82 addetti e risulta quindi nettamente inferiore a quella media dell'artigianato (2,52) e, a maggior ragione, a quella delle aziende che indirizzano la propria produzione verso altri sbocchi (3,17). Molto debole (3,3%) risulta la presenza di aziende con più di 5 addetti.
Sono maggiormente interessate alla vendita diretta alle famiglie le aziende dei diversi settori che producono servizi. Anche in questo caso, si tratta di quelle di minor dimensione. Infatti, mentre la percentuale delle aziende di servizio che si ri-volgono ai privati è pari a quasi il 51% del totale delle aziende di servizio, la loro quota occupazionale è pari soltanto al 42%.
della più elevata dimensione media delle aziende alimentari che si rivolgono ai pri-vati (2,73 addetti) rispetto a quella delle aziende di altri settori che hanno lo stesso sbocco per la propria produzione. Nel settore metalmeccanico si rivolgono diret-tamente ai privati il 38,8% delle aziende con una occupazione del 24,9%. In ter-mini assoluti si tratta di circa 12.700 aziende e di quasi 23.000 addetti. Dai dati riportati appare ancora una volta che le aziende che si rivolgono direttamente alle famiglie sono generalmente quelle di dimensioni minori.
Le aziende che forniscono piccole e medie imprese contano per il 14,4% delle aziende e per il 16,3% degli addetti. In valori assoluti, si tratta di circa 13.600 aziende e di circa 38.800 addetti. La dimensione media, pari a 2,86 addetti, risulta un po' superiore a quella complessiva dell'artigianato. Il settore di gran lunga più interessato a questo sbocco della produzione è il tessile di Biella. Oltre l'80% delle aziende del settore dichiarano infatti di avere questo sbocco. Si è quindi in presen-za di un rilevante fenomeno di decentramento produttivo determinato principal-mente dalla riduzione della occupazione industriale del settore che continua a ve-rificarsi da molto tempo. Le aziende interessate sono in larga maggioranza di co-stituzione recente e producono per lo più semilavorati che vengono forniti alle piccole e medie imprese.
Altri settori che forniscono quote rilevanti della propria produzione a piccole e medie imprese sono quelli del trasporto merci, l'oreficeria, la cartotecnica e il tes-sile non di Biella, il metalmeccanico e le lavorazioni minerali non metalliferi di Verbania e Saluzzo. Si può quindi notare che, tra l'artigianato di produzione, le aziende che si rivolgono a piccole e medie imprese appartengono per lo più a quei settori dove esistono organizzazioni produttive che sono intermedie tra l'artigia-nato e la piccola industria anche per quanto riguarda le dimensioni aziendali. Par-ticolarmente rilevante è il caso del metalmeccanico dove il collegamento con le piccole e medie imprese riguarda circa 5.600 aziende con più di 18.000 addetti. Esiste poi un 15% circa di aziende che fornisce la propria produzione sia a pri-vati che a piccole e medie imprese. La loro occupazione è pari al 14% circa del totale. In valori assoluti, si hanno circa 14.200 aziende con un'occupazione com-plessiva di circa 33.700 addetti ed una dimensione media di 2,37 addetti. Questa dimensione, leggermente inferiore a quella media dell'artigianato, risulta interme-dia tra quella delle aziende che si rivolgono ai privati e quella delle aziende che si rivolgono esclusivamente a piccole-medie imprese. Tuttavia, salvo casi particola-ri, il collegamento con le imprese di piccola e media dimensione non riguarda la fornitura di semilavorati ma di servizi e, in misura minore, di prodotti finiti. Non si è quindi in presenza di organizzazioni produttive simili a quelle delle piccole im-prese industriali. I settori più interessati sono: il legno, il metalmeccanico di servi-zio, le lavorazioni minerali e le costruzioni, cioè quei settori per i quali è anche im-portante la vendita diretta alle famiglie. Nel caso dei trasporti, le aziende che ven-dono anche ai privati sembrano però più interessate alla fornitura alle piccole e medie imprese.
dimensio-ne media e costituiscono un'importante compodimensio-nente di quel nucleo dell'artigiana-to più simile alle piccole imprese industriali. Il rappordell'artigiana-to con le grandi imprese sembra essere di tipo continuativo e riguarda quote rilevanti della produzione. In-fatti, quasi la totalità delle aziende che forniscono le grandi imprese dichiarano di avere un cliente prevalente che, almeno nel caso del metalmeccanico e del tessile non di Biella, assorbe spesso la totalità della produzione o quote molto elevate di essa. In molti casi c'è quindi un rapporto di stretta dipendenza che non lascia alle aziende in questione un qualche spazio per una diversa ed autonoma presenza sul mercato. Resta ovviamente aperta la questione, che si cercherà di affrontare più avanti, della specializzazione delle produzioni fornite e della stabilità della do-manda con riferimento anche alle condizioni di maggiore o minore debolezza contrattuale delle aziende artigiane nei confronti delle grandi imprese.
Un'altra destinazione della produzione che interessa i diversi settori è costituita dai rivenditori. Nell'universo la percentuale di aziende interessate a questo sbocco è piuttosto bassa perchè in pratica non riguarda i due settori più numerosi: co-struzioni e metalmeccanico.
In altri settori però l'importanza dei rivenditori è piuttosto elevata. Nell'orefice-ria essa riguarda circa la metà delle aziende, nelle calzature di AlessandNell'orefice-ria riguar-da quasi un quarto. Tra gli altri settori per i quali i rivenditori coprono quote non trascurabili del mercato, si può sottolineare il caso degli alimentari e dei mobilifici di Saluzzo. In questi casi si nota, oltre ad una certa presenza di aziende che ven-dono soltanto a rivenditori, anche una quota elevata di aziende che destinano la propria produzione sia a privati sia a rivenditori. Sommando queste due percen-tuali si arriva al 36% circa delle aziende del settore alimentare e a circa il 23% per i mobili di Saluzzo.
Le aziende che si rivolgono ai rivenditori hanno in genere una dimensione deci-samente superiore a quella media. Contro una dimensione di 2,52 addetti per l'in-tero artigianato, se ne ha infatti una di 4,80 per le aziende che vendono soltanto a rivenditori e di 3,40 per quelle che vendono contemporaneamente a privati e a ri-venditori. Ancora più elevata e pari a 5,11 addetti, è la dimensione delle aziende che vendono contemporaneamente a rivenditori e a piccole-medie imprese. Que-st'ultimo gruppo comprende, nell'universo, circa 3.900 aziende che operano per lo più in settori quali metalmeccanico, tessili di Biella, carta ecc., in cui si era già individuata la presenza di un nucleo di aziende meglio organizzate che operano in connessione con imprese industriali. In questo caso però, sembra si tratti di azien-de che ricercano anche una propria autonoma posizione sul mercato, differen-ziando i propri sbocchi.
1.6. Analisi per strato e modalità tecniche di produzione
La modalità tecnica della produzione è stata chiesta soltanto alle aziende arti-giane non produttrici di servizi. Tuttavia, qualche azienda con produzione preva lentemente di servizio ha deciso di rispondere alla domanda in questione ritenen-do di avere anche un interesse, magari molto marginale, nella produzione di pro-dotti finiti. In altri casi, e specialmente per il settore delle costruzioni, è probabil-mente sorto un equivoco sulla definizione di azienda di servizio (l'imbianchino che dichiara di produrre un prodotto finito: la stanza imbiancata).
Le aziende che hanno risposto alla domanda sulle modalità tecniche della pro-duzione sono state nel campione 1823, pari al 50% delle interviste effettuate. Tale percentuale è ovviamente molto vicina a quella delle aziende di produzione rileva-te nel campione. A livello di universo, si può ririleva-tenere che la questione delle moda-lità tecniche di produzione sia da riferirsi a circa 45.000 aziende con un'occupa-zione di poco più di 141.000 addetti. La dimensione media delle aziende in que-stione è pari a 3,14 addetti, ma è notevolmente diversa a livello di singoli settori e di modalità tecniche per essi rilevate.
In linea generale, le aziende artigiane sembrano disporre di attrezzature molto poco sofisticate. Il 63,4% ottiene la produzione manualmente con ausilio di uten-sili motorizzati e il 18,8% la ottiene manualmente e senza auuten-silio di alcun utensile motorizzato. Soltanto l'8,l% ha una produzione meccanizzata in serie e il 9,7% meccanizzata ma non in serie.
Le aziende che producono semilavorati sono quelle in cui è maggiormente dif-fusa la meccanizzazione e, specialmente, quella in serie. Infatti oltre il 36% delle aziende che producono semilavorati hanno produzioni di serie; a queste si può aggiungere un altro 12% circa di aziende con produzione meccanizzata ma non in serie. Per contrasto, a livello di produzione di prodotti finiti, le aziende con pro-duzione di serie sono soltanto il 3,8% del totale e quelle meccanizzate ma non in serie l'I 1% circa. In termini assoluti, ci sono quasi 2.200 aziende che producono in serie semilavorati contro meno di 1000 che producono in serie prodotti finiti, mentre il numero totale delle prime aziende è pari a circa un quarto di quello delle seconde.
Le aziende di piccole dimensioni hanno ovviamente una produzione manuale con o senza ausilio di utensili motorizzati. Infatti, oltre il 27% delle aziende fino a due addetti produce senza alcun ausilio di utensili motorizzati, ed oltre il 61% produce con l'ausilio di qualche utensile motorizzato. Tra le aziende con più di 5 addetti non esiste quasi la produzione manuale senza utensili motorizzati. E inve-ce molto rilevante il peso (57%) delle aziende che si servono di utensili motorizza-ti e quello (38%) delle aziende con produzione meccanizzata in serie e non.
numero non trascurabile di aziende di piccolissime dimensioni che producono manualmente senza utensili. C'è però il dubbio che si tratti essenzialmente di arti-gianato di servizio.
Come si è detto, la modalità di produzione largamente prevalente è quella ma-nuale con utensili motorizzati. Essa riguarda circa il 72% delle aziende con di-mensione compresa tra 3 e 5 addetti, circa il 61% di quelle fino a 2 addetti e circa il 57% di quelle con più di 5 addetti. La tipicità di questa modalità di produzione si riscontra in tutti i settori (ad esclusione del tessile di Biella) pur essendocene al-cuni quali alimentari, legno e oreficeria in cui essa è pressoché esclusiva.
È forse opportuno notare che tra le aziende che ottengono la propria produzio-ne con le due modalità esaminate ci sono anche quelle facenti parte dell'artigiana-to artistico che, in certi casi, come quello dell'oreficeria, hanno dimensioni piutdell'artigiana-to- piutto-sto rilevanti. Per queste ed altre lavorazioni, il tipo di attrezzatura a disposizione può non essere considerato inadeguato. Nei rimanenti casi, ovviamente quelli più numerosi, si deve invece parlare di livello tecnologico piuttosto basso e tale da non lasciar intravvedere a breve termine, rilevanti possibilità di un deciso avvici-namento di molte aziende verso organizzazioni produttive tipiche della piccola in-dustria.
La produzione meccanizzata non in serie interessa un po' più di 4.300 aziende. La loro dimensione media è pari a 4,92 addetti; la dispersione attorno alla media è però piuttosto elevata in quanto questa modalità è presente sia in aziende di pic-colissima dimensione sia in quelle con più di 10 addetti. Naturalmente, la presen-za di aziende con questa modalità cresce al crescere della dimensione: mentre ha produzione meccanizzata il 5,8% delle aziende fino a due addetti, questa percen-tuale arriva quasi al 25% nel caso delle aziende con più di 10 addetti.
I settori in cui è più diffusa la produzione meccanizzata non in serie sono la carta con il 29% delle aziende e il metalmeccanico con circa il 17%. Seguono, con quote minori, le lavorazioni minerali non metalliferi, il tessile non di Biella e il le-gno.
II settore metalmeccanico conta da solo per oltre la metà delle aziende artigia-ne con produzioartigia-ne meccanizzata. Circa 1.400 di queste hanno dimensioartigia-ne infe-riore a 5 addetti e circa 800 hanno dimensione supeinfe-riore. In buona parte dei casi, si avvertono chiari sintomi del processo di decentramento produttivo attuato dal-l'industria metalmeccanica. Infatti circa il 40% delle aziende che hanno produzio-ne meccanizzata non in serie hanno un cliente prevalente costituito da imprese in-dustriali; questa percentuale appare più elevata per le aziende di dimensioni mag-giori.
pro-duzione, diventano necessarie dimensioni più elevate. Ciò comporta una maggior presenza di produzione di serie nelle aziende con più di 5 addetti: la percentuale è del 17,4% delle aziende di questa dimensione per un complesso di circa 1.200 unità.
A livello settoriale, quote elevate di aziende che producono in serie si trovano nel tessile di Biella e non, nel metalmeccanico e nella cartotecnica. In valori asso-luti, il tessile di Biella comprende circa 1.600 aziende, il metalmeccanico circa
1.300, il tessile non di Biella circa 300, la cartotecnica quasi 200.
Nei casi del metalmeccanico e dei tessili, si ritrovano i fenomeni caratteristici del decentramento. Il settore cartario mostra anche in questa occasione di com-prendere un insieme di aziende con organizzazione produttiva piuttosto efficiente, meccanizzata e, per molti aspetti, simile a quella delle piccole imprese. Infatti, ol-tre il 48% delle aziende del settore ottiene produzione meccanizzata in serie e non. Questa percentuale è una tra le più elevate registrate in tutto l'artigianato.
1.7. Analisi per esistenza di clienti prevalenti
Nell'universo, dichiara di avere un cliente prevalente il 20,6% delle aziende per un numero complessivo tra 18.000 e poco meno di 20.000 aziende. La presenza di un cliente prevalente riguarda in misura più elevata le aziende di dimensione maggiore. Infatti, si trova in questa situazione il 33% delle aziende con più di 5 addetti contro il 18,4% di quelle fino a 2 addetti e il 22,2% di quelle comprese tra 3 e 5 addetti. La ragione di ciò deriva, in buona parte, dal fatto che le aziende di dimensione minore rivolgono in prevalenza la propria produzione, spesso costitui-ta da servizi, verso le famiglie.
Nelle aziende di servizio, la presenza di un cliente prevalente appare infatti li-mitata, riguardando meno del 20% delle aziende che sono, evidentemente, quelle che forniscono la propria produzione ad imprese o ad istituzioni.
Lo stretto collegamento tra artigianato di produzione e imprese industriali si manifesta molto chiaramente nel caso delle aziende che producono semilavorati. Questo collegamento è però molto spesso limitato ad una sola impresa acquiren-te. Infatti, circa la metà delle aziende produttrici di semilavorati dichiara di avere un cliente prevalente, e una percentuale non molto inferiore a questa si ritrova an-che tra le aziende an-che producono semilavorati e prodotti finiti. Molto spesso, e so-prattutto nel caso delle aziende di minori dimensioni, il cliente prevalente, assorbe la totalità o la quasi totalità della produzione. Il fenomeno di assoluta dipendenza delle aziende artigiane da tale cliente assume, in molti di questi casi, aspetti tali da impedire ogni possibilità di presenza autonoma sul mercato spegnendo, salvo casi particolari, eventuali progetti di iniziative imprenditoriali in senso innovativo sia dal lato della produzione, sia da quello della ricerca di nuovi sbocchi.
Considerando solo l'artigianato di produzione, hanno dichiarato di avere un cliente prevalente il 55% delle aziende che hanno produzione meccanizzata in se-rie, il 32% di quelle con produzione meccanizzata ma non di sese-rie, il 19% di le che producono manualmente con ausilio di utensili motorizzati e il 13% di quel-le con produzione compquel-letamente manuaquel-le. Si nota perciò che il cliente prevaquel-lente è una caratteristica più comune per le aziende che utilizzano tecniche produttive più simili a quelle delle piccole industrie a cui molto spesso forniscono i propri prodotti e/o semilavorati.
A livello settoriale, la presenza di un cliente prevalente è particolarmente eleva-ta nei settori dei trasporti dove interessa circa il 60% delle aziende. Molto spesso tale cliente assorbe la totalità della produzione: la quota di vendite a tale cliente sul fatturato complessivo delle aziende si aggira infatti tra l'80% e il 90%.
Tra i settori di produzione, l'importanza di clienti prevalenti è particolarmente elevata nel tessile di Biella (52% circa delle aziende), nella cartotecnica (39%), nell'oreficeria (32%), nelle lavorazioni minerali di Verbania e Saluzzo (29%), nei tessili non di Biella (23%) e nel metalmeccanico 22%). Si può però osservare che la presenza di un cliente che assorbe la totalità della produzione è tipica dei settori tessili, dove la quota media di produzione cosi destinata supera il 75% nel tessile non di Biella e l'85% in quello di Biella. Queste aziende hanno spesso produzione di serie che viene utilizzata, e spesso commissionata, da una impresa industriale che così riesce a completare il proprio ciclo produttivo decentrando alcune zioni, senza peraltro perdere il controllo effettivo del proprio processo di produ-zione, a causa della posizione di notevole potere contrattuale che l'impresa acqui-rente ha nei confronti di quella artigiana. Infatti, il decentramento produttivo sem-bra attuato principalmente dalle piccole e medie imprese, le quali semsem-brano consi-derare l'artigianato come una appendice della propria attività industriale.
ha un ciclo produttivo complementare a quello delle aziende artigiane che la for-niscono.
Anche nel caso della oreficeria e della cartotecnica, sembra esserci un qualche spazio per una presenza autonoma sul mercato anche da parte di aziende che hanno un cliente prevalente. Per l'oreficeria ciò è in parte dovuto al tipo particola-re di lavorazioni e in parte alla possibilità di vendita a rivenditori oltparticola-re che a pic-cole e medie imprese. Per la cartotecnica e poligrafiche, esiste spesso lo sbocco verso i privati che si affianca a quello riguardante le imprese ed altre istituzioni. Per entrambi i settori si rileva infatti che la percentuale media di fatturato deri-vante da vendite ad un cliente prevalente appare relativamente bassa.
Si deve infine rilevare che anche in altri settori esistono alcune aziende che han-no un cliente prevalente. In tali casi, molto spesso il cliente in questione assorbe la totalità della produzione. Ciò capita principalmente nel vestiario e nelle calzature non di Alessandria dove la produzione viene venduta quasi totalmente ad un ri-venditore e nei servizi di pulizia dove il cliente prevalente è rappresentato da pic-cole, medie e grandi imprese.
1.8. Alcune caratteristiche relative all'orario di lavoro e alla variabilità stagionale Circa il 36% delle aziende artigiane dell'universo, con una occupazione pari a circa il 20% del totale, non svolge la propria attività con un orario di lavoro ben definito. La dimensione media di queste aziende è pari a 1,42 addetti e risulta quindi notevolmente inferiore a quella media regionale. Molte di queste aziende, in particolare quelle di trasporto e di costruzione, producono servizi. Non manca-no però, in questa categoria anche aziende, produttrici di prodotti finiti e semila-vorati, operanti nei settori tessili e del vestiario, che svolgono spesso la propria at-tività presso il domicilio del titolare, utilizzando o meno locali appositamente de-stinati all'attività produttiva, e ottengono la produzione manualmente con o senza ausilio di utensili motorizzati. Caratteristiche simili a quelle indicate ha anche un numero limitato di aziende, circa l'l% del totale, che svolge l'attività lavorativa con turno unico ma con orario ridotto. Spesso si tratta di aziende che utilizzano parzialmente manodopera femminile occupata nelle copisterie, nei servizi di tinto-ria e pulizia e nei settori tessili dell'abbigliamento.
Le aziende che hanno un'attività lavorativa svolta su turno unico con orario pieno rappresentano il 63% delle aziende e il 77% circa degli addetti. La loro di-mensione media è pari a circa 3,1 addetti e risulta quindi superiore a quella del-l'artigianato nel suo complesso.
Si tratta, in generale, di aziende operanti in quasi tutti i settori che hanno locali destinati ad esclusiva attività lavorativa e/o che gestiscono direttamente un punto di vendita e impiegano qualche lavoratore dipendente. Per lo più la produzione viene ottenuta manualmente con l'ausilio di utensili motorizzati. Non mancano però anche produzioni meccanizzate non in serie.
una produzione meccanizzata in serie nel caso dei due turni lavorativi e mecca-nizzata in serie e non nel caso dei tre turni che riguardano il tessile di Biella e il metalmeccanico.
Le aziende dell'universo che svolgono attività soggette a variazioni di carattere stagionale rappresentano il 3,4% e occupano il 4,2% degli addetti totali e hanno quindi una dimensione superiore a quella media (3,1 addetti). Operano nel settore metalmeccanico delle costruzioni, del legno e nei servizi di tintoria e pulizia. Non è possibile approfondire ulteriormente l'analisi, data l'esiguità delle imprese del campione che hanno dichiarato di essere soggette a variazioni stagionali.
1.9. Andamento dell'occupazione nel tempo
Negli ultimi tre anni gli ingressi complessivi di manodopera nei settori dell'arti-gianato sono stati, nel campione di aziende, pari al 40,7% della consistenza degli addetti nel 1977. Nello stesso periodo le cessazioni hanno rappresentato il 33,8% dell'occupazione totale. Questi dati indicano, da un lato che nell'artigianato il fe-nomeno del ricambio della manodopera è ulteriormente elevato essendo pari a po-co meno del doppio di quello normale delle attività industriali. Dall'altro lato, in-dicano che nel triennio considerato si è avuto un incremento occupazionale pari a circa il 7% dell'attuale consistenza degli addetti. Quest'ultimo dato appare molto interessante se si pensa alla debolissima dinamica occupazionale registrata dal nostro paese in questi ultimi anni. Com'è noto infatti, l'industria ha registrato di-minuzioni di occupazione mentre i servizi hanno avuto un tasso annuo di crescita inferiore al 2% e quindi sostanzialmente meno elevato di quello registrato dall'ar-tigianato piemontese.
A livello settoriale si nota però una forte variabilità. Gli incrementi occupazio-nali più rilevanti si sono avuti nei tessili che hanno registrato nel triennio incre-menti del 20-30%, come effetto del decentramento produttivo. Seguono con in-crementi attorno al 15% i settori dell'oreficeria e della cartotecnica, e con incre-menti dell'8-9% quello alimentare e quello del legno. Non indifferenti, anche se in-feriore a quello medio regionale, sono gli incrementi del 6,2% del vestiario e del 5,9% del metalmeccanico. A quest'ultimo proposito c'è probabilmente un effetto di compensazione tra aumenti occupazionali determinati da fenomeni di decen-tramento e riduzioni registrate in altri comparti.
Si è avuto invece un decremento occupazionale nel settore delle costruzioni, probabilmente come riflesso della crisi generale che ha ridotto la domanda di ser-vizi di manutenzione degli alloggi. Legata a questo fenomeno può anche essere la stasi, o la caduta, occupazionale registrata nei settori dei mobili e delle lavorazio-ni minerali non metalliferi.
settori e, in misura molto minore, dalla riduzione dell'occupazione in altri. In qua-si tutti i settori le aziende che hanno dichiarato di avere nel '77 il livello masqua-simo di occupazione registrato nel decennio prevalgono ampiamente su quelle che han-no dichiarato di aver avuto in tale anhan-no il livello minimo di occupazione. Questo è naturalmente il riflesso della crescita realizzata dall'artigianato negli ultimi anni dipendente anche dal processo di decentramento produttivo riscontrabile soprat-tutto nel caso dei tessili, del vestiario, della cartotecnica e poligrafiche e in parte del metalmeccanico. Fanno eccezione i settori delle calzature di Alessandria, i mobili non di Saluzzo, le lavorazioni minerali di Verbania e Saluzzo, le costruzio-ni e i servizi di tintoria e pulizia. Le flessiocostruzio-ni registrate in questi settori sono presu-mibilmente da riferire sia alle difficoltà economiche generali, sia a quelle partico-lari dell'attività edilizia.
La seconda spiegazione, valida a livello di alcuni settori, dove è importante l'apprendimento di un mestiere (metalmeccanico, mobili di Saluzzo, oreficeria, abbigliamento, ecc.), deriva dall'elevata intensità del fenomeno del ricambio della manodopera, che dipende anche da una elevata mobilità degli apprendisti che spesso cambiano aziende e talvolta iniziano in proprio l'attività artigianale.
Gli ingressi nell'artigianato negli ultimi 3 anni hanno riguardato per circa il 57% gli operai e per quasi il 30% gli apprendisti. La metà degli operai aveva avu-to altre esperienze lavorative in aziende artigiane, e circa un quaravu-to in imprese in-dustriali. Per gli apprendisti, l'80% degli ingressi è costituito da giovani che hanno trovato la loro prima occupazione, mentre il 20% riguarda giovani che avevano avuto esperienze di apprendistato presso altre aziende artigiane. Si deve poi nota-re che il peso degli appnota-rendisti sugli ingnota-ressi di lavoratori è notevolmente superio-re a quello che essi hanno nella consistenza complessiva dell'occupazione artigia-na che si aggira sul 10%. La spiegazione di questo fatto deve essere ricercata in-nanzitutto nella maggior mobilità interaziendale tipica degli apprendisti, che tro-verà altre conferme più avanti. In secondo luogo, si deve ricordare che gli ingressi di nuova manodopera non riguardano evidentemente le aziende costituite dal solo titolare, eventualmente affiancato da un coadiuvante. Se si dovesse calcolare il pe-so dell'apprendistato facendo riferimento pe-soltanto alle aziende di dimensione maggiore, la differenza tra le percentuali degli apprendisti sugli ingressi e sull'oc-cupazione totale risulterebbe sensibilmente ridotta. Non risulta tuttavia completa mente esclusa la possibilità che si sia registrata negli ultimi anni una maggior as-sunzione di apprendisti rispetto a quella che si verificava nel passato. Ma di que-sto fatto ci si occuperà più avanti. L'analisi degli ingressi di manodopera nelle aziende del campione negli ultimi 3 anni, mette in luce che quasi il 38% riguarda persone che intraprendono per la prima volta un'attività produttiva. La stessa percentuale si trova anche per gli ingressi di lavoratori provenienti da altre ditte artigiane. Dall'industria proviene circa il 18% delle assunzioni, mentre percentuali molto basse si riscontrano per le provenienze dall'agricoltura e dal terziario.
mano-doperà proveniente da altre aziende artigiane. Entrambe queste osservazioni pos-sono essere viste come una conferma dell'elevata mobilità dei lavoratori artigiani. Rilevanti ingressi di lavoratori provenienti dall'industria si sono registrati nei set-tori in cui si è avuto un elevato decentramento produttivo (o una caduta occupa-zionale nelle attività industriali corrispondenti): tessile di Biella (oltre il 50% delle assunzioni ha questa provenienza), vestiario, metalmeccanico, lavorazioni mine-rali non metalliferi di Verbania e Saluzzo, calzaturifici di Alessandria. Si è però anche registrato un elevato ingresso di lavoratori provenienti dall'industria nei settori di trasporto merci a causa del loro licenziamento dalla precedente attività.
Per quanto riguarda le uscite, è evidente che si ritrovano i sintomi sopra indica-ti riguardanindica-ti l'elevata mobilità dei lavoratori dipendenindica-ti da aziende arindica-tigiane. Co-me si è detto le cessazioni dal lavoro sono state nell'ultimo triennio, pari al 33,8% dell'occupazione complessiva del 1977. Di queste, il 77% circa sono state dichia-rate come dimissioni volontarie. I licenziamenti si sono aggirati attorno al 17%, mentre i ritiri per pensionamento, malattia e morte sono risultati pari a circa il 5%. Quest'ultima percentuale, che sembra piuttosto elevata, è praticamente ugua-le a quella relativa alla presenza nel 1977 di lavoratori con più di 60 anni. Si deve inoltre osservare che, mentre i titolari contano poco meno della metà dell'occupa-zione artigiana, essi rappresentano poco più di un quarto di coloro che si ritirano dal lavoro per pensionamento e inabilità. Questi dati danno una misura della ten-denza dei titolari alla continuazione dell'attività lavorativa anche in età molto avanzata.
Le dimissioni volontarie, che riguardano quasi esclusivamente i lavoratori di-pendenti, si ripartiscono tra le due categorie principali: operai e apprendisti rispet-tivamente con percentuali del 73% e del 23%. Si può osservare che le dimissioni volontarie degli apprendisti risultano percentualmente un po' superiori al peso che essi hanno sull'occupazione dipendente, mentre il contrario accade per gli operai. La mobilità volontaria risulta molto elevata per entrambi le categorie, ma si nota una maggior accentuazione nel caso degli apprendisti che, talvolta, cambiano più o meno volontariamente azienda alla fine del periodo di apprendistato.
A livello settoriale si può osservare innanzitutto che il fenomeno delle cessazio-ni dal lavoro assume evidentemente importanza maggiore nei settori che hanno registrato un andamento occupazionale stagnante o in debole crescita: costruzio-ni. lavorazioni minerali non metalliferi, mobili e alcuni comparti del metalmecca-nico. Un altro elemento che concorre a spiegare l'intensità delle cessazioni, even-tualmente compensate da più elevate assunzioni, è costituita dalla presenza, in certi settori, di un notevole numero di addetti in età avanzata. Ciò vale per il tessi-le di Biella, l'alimentare, i mobili non di Saluzzo, tessi-le lavorazioni minerali non me-talliferi, le calzature, i servizi tintoria e pulizia.
1.10 Previsioni sull'andamento dell'occupazione; probabili ostacoli
ag-giunto il 4% circa di aziende che rispondono di non sapere se aumenteranno o meno i livelli occupazionali.
L'aspetto più interessante che si può rilevare da una analisi più approfondita ri-guarda il fatto che sono principalmente le aziende di maggior dimensione quelle che rispondono con maggior frequenza di prevedere aumenti occupazionali.
Infatti, mentre tra le aziende che occupano uno o due addetti la percentuale di quelle che hanno dichiarato di prevedere di aumentare l'occupazione nel prossimo futuro è pari soltanto all'8,3%, tale percentuale sale al 19,8% per le aziende da 3 a 5 addetti e al 23,2% per quelle con più di 5 addetti. C'è quindi una differenza si-gnificativa a proposito del come le aziende si pongano nei confronti delle prospet-tive di sviluppo. In quelle di dimensione molto piccola, il salto dimensionale sem-bra non essere considerato con molta attenzione probabilmente perchè comporte-rebbe l'immissione di lavoratori dipendenti non legati da particolari vincoli, fami-liari o di amicizia, con il titolare. In questi casi, l'artigiano non sembra disposto ad innovazioni di natura imprenditoriale che vengono viste come estremamente ri-schiose. Però, una volta che il primo passo verso l'espansione sia stato compiuto, sembra che i passi successivi risultino notevolmente agevolati. Le aziende che in-tendono espandersi sono in prevalenza quelle che producono prodotti finiti e se-milavorati. Molto più bassa è invece la presenza di aziende in fase di espansione nelle produzioni di servizi.
A livello settoriale, le prospettive più favorevoli all'espansione occupazionale si riscontrano nei settori con caratteristiche più vicine alla piccola industria, e cioè nel tessile di Biella, nel metalmeccanico, nella cartotecnica. In questi casi si nota anche un maggior peso delle aziende più grosse che intendono aumentare l'occu-pazione: tale percentuale supera infatti il 50% nel tessile di Biella e il 30% nel me-talmeccanico. Inoltre, a conferma di quanto sopra affermato, si osserva che an-che nei settori del legno, dei mobili di Saluzzo e delle lavorazioni minerali, appare particolarmente elevata la percentuale delle aziende di maggior dimensione che intendono incrementare i propri livelli occupazionali.
Le aziende che hanno risposto "dovrei ma non posso" alla domanda sull'inten-zione di aumentare l'occupasull'inten-zione si possono dividere in due gruppi: quelle che so-stengono che l'ostacolo principale all'incremento occupazionale deriva dall'eleva-to cosdall'eleva-to della manodopera e quelle che sostengono che le principali difficoltà di-pendono dalla mancanza di manodopera qualificata e di personale giovane dispo-sto ad essere assunto come apprendista. Fanno parte del primo gruppo principal-mente le aziende di servizio o di produzione tradizionali quali: vestiario, calzatu-re, metalmeccanico, legno, lavorazioni minerali, trasporti, servizi di tintoria e puli-zia. Al secondo gruppo appartengono le aziende con produzione di tipo artistico: mobili di Saluzzo, oreficeria e, in generale, quelle operanti nei settori dove è im-portante l'apprendimento di un mestiere come ad esempio in alcuni comparti del metalmeccanico.
Altre risposte, date per motivare l'impossibilità di assunzioni di cui peraltro 1 a-zienda avrebbe bisogno, riguardano la mancanza di spazio e l'eventualità di per-dere la qualifica di artigiano.
in-vece di incontrarne diverse. La principale è rappresentata dalla mancanza di ma-nodopera qualificata. Seguono le difficoltà nel reperimento di.giovani apprendisti e, in misura più limitata, la concorrenza effettuata dall'industria. Spesso le azien-de avvertono più di una difficoltà.
Per classi d'ampiezza si può osservare che le aziende di minor dimensione sem-brano prevedere minori difficoltà per le àssunzioni. Quasi il 36% delle aziende con uno o due addetti dichiara di non prevedere alcuna difficoltà. Questa percen-tuale scende invece a poco più del 20% nel caso delle aziende di dimensione mag-giore. Si deve tuttavia rilevare che, probabilmente, molte dichiarazioni relative al-la non esistenza di particoal-lari difficoltà sono state effettuate da aziende che non si sono mai poste seriamente il problema. Le aziende di dimensioni maggiori avver-tono con più evidenza le difficoltà connesse con la mancanza di manodopera qua-lificata e la concorrenza sul mercato del lavoro da parte delle industrie. Danno in-vece minor peso alla carenza di giovani apprendisti, probabilmente perchè inten-dono assumere personale già formato. In ogni caso, le risposte date dalle aziende di maggior dimensione sembrano più meditate anche perchè il problema di assu-mere nuovo personale sembra si sia posto in termini concreti e non di semplice eventualità.
Le aziende che svolgono attività artistica danno maggior importanza ai proble-mi della qualificazione della manodopera e a quelli riguardanti l'apprendistato.
La mancanza di manodopera qualificata riguarda in maggior misura le aziende di produzione e quelle che producono in serie. Difficoltà molto minori sono state denunciate dalle aziende di servizio con produzioni manuali senza utensili moto-rizzati. Anche in questo caso può rimanere il dubbio che il problema non sia stato sufficientemente approfondito dalle aziende di dimensione minore che in buona misura non sembrano avere intenzione di espandere i livelli occupazionali.
A livello settoriale, si può osservare che oltre un terzo delle aziende che opera-no nei settori dove ci soopera-no le più favorevoli prospettive di aumenti occupazionali, e cioè nel metalmeccanico, nel tessile di Biella, nella cartotecnica, nel legno, mobi-li di Saluzzo, dichiara di non prevedere particolari difficoltà nel reperimento di manodopera. Anche questa affermazione deve però essere presa con una certa cautela in quanto probabilmente l'assenza di difficoltà o riguarda la manodopera non qualificata oppure rappresenta il giudizio di aziende che non sembrano avere molta convinzione nelle possibilità di espansione.
1.11. Aziende e addetti per comprensorio
Le dimensioni del campione consentono di valutare per comprensorio il nume-ro complessivo delle aziende e degli addetti nell'artigianato. Però, salvo il caso di Torino e di qualche altro comprensorio di maggior rilievo occupazionale, non è possibile fornire molto più di qualche indicazione riguardante i settori produttivi in cui l'artigianato è presente. La distribuzione delle aziende e degli addetti per comprensorio, previa estensione all'universo dei dati campionari, è riportata nella tabella n. 5. Tab. n. 5 Comprensori 1 Torino 2 Ivrea 3 Pinerolo 4 Vercelli 5 Borgosesia 6 Biella 7 Novara 8 Verbania 9 Cuneo
10 Saluzzo - Savigliano - Fossano 11 Alba - Bra 12 Mondovi 13 Asti 14 Alessandria 15 Casale Monferrato Complesso Aziende % Addetti % artigiane 40,5 97.100 40,6 2,2 4.400 1,8 2,4 5.400 2,3 2,8 5.800 2,4 2,4 5.300 2,2 6,2 16.500 6,9 6,3 17.400 7,3 5,7 13.100 5,5 4,4 9.000 3,8 4,5 10.600 4,4 3,0 5.400 2,3 1,9 3.600 1,5 - 4,5 10.600 4,4 11,2 30.500 12,8 2,0 4.400 1,8 100,0 239.100 100,0 38.300 2.000 2.300 2.600 2.300 5.900 6.000 5.400 4.200 4.300
2.800
1.800
4.30010.600
1.900 94.700La tabella mette innanzitutto in luce il peso di Torino che da solo conta per cir-ca il 40,5% sia sul numero totale delle aziende che su quello degli addetti. Si noti che questa percentuale appare più bassa di quelle stimate con riferimento all'oc-cupazione industriale (pari a circa il 55%) e all'ocall'oc-cupazione totale (pari a circa il 48%). Lo stesso fenomeno si manifesta anche nel caso di Ivrea che, pur contando per il 3,4% dell'occupazione industriale del Piemonte e per il 3% di quella com-plessiva, conta soltanto per l'l,8% dell'occupazione artigianale.
comprensori c'è una minor presenza relativa dell'artigianato di produzione rispet-to a quello di servizio. Infatti, la percentuale di aziende produttrici di servizi supe-ra il 60% in Torino e il 67% in Ivrea mentre si aggisupe-ra sul 55% a livello regionale. In entrambi i casi, ma specialmente per Ivrea, l'artigianato sembra rivolgersi alla clientela privata di più di quanto avviene nel resto del Piemonte anche se in Tori-no c'è una miTori-nor presenza relativa del settore delle costruzioni che ha per lo più questo sbocco produttivo.
Negli altri comprensori a più elevata industrializzazione: Biella, Borgosesia, Verbania e Novara, la percentuale dell'occupazione nell'artigianato sul totale pie-montese supera le corrispondenti percentuali relative all'occupazione industriale e, in maggior misura, a quella totale. Nel caso di Biella e Novara è molto consi-stente la presenza di aziende produttrici di semilavorati e prodotti finiti, destinati a piccole e medie imprese come conseguenza dei processi di decentramento attua-ti dalle industrie tessili in Biella e da quelle del vesattua-tiario e del metalmeccanico in Novara. Per Verbania e Borgosesia non è possibile essere molto più precisi data l'esiguità del campione. Pare tuttavia che i fenomeni che ivi si manifestano non siano troppo dissimili da quelli appena ricordati: decentramento del metalmecca-nico nel comprensorio di Verbania, e del tessile e meccametalmecca-nico in Borgosesia.
Nei comprensori di Alessandria e Saluzzo il peso dell'artigianato appare parti-colarmente elevato. Infatti, mentre tali comprensori contano rispettivamente per il
12,8% e per il 4,4% dell'occupazione artigianale piemontese, essi contano soltan-to per circa il 6,7% e l'I,9% in quella industriale. Naturalmente, la causa più rile-vante di questo fatto è la presenza di tradizioni artigianali in particolari settori e precisamente nell'oreficeria, nelle calzature e nei trasporti per il caso di Alessan-dria e nei mobilifici, nelle lavorazioni minerali non metalliferi e negli alimentari nel caso di Saluzzo.
Rilevante è anche il peso dell'artigianato nei comprensori di Cuneo e Asti dove l'occupazione artigianale pesa rispettivamente per il 3,8% e per il 4,4% contro percentuali di circa il 2,2% e il 2,9% per l'occupazione industriale. Nel cuneese si nota una certa specializzazione nel legno e mobili e nella lavorazione di minerali non metalliferi, presumibilmente come effetto della vicinanza con Saluzzo.
Nell'artigianato c'è una notevole specializzazione in campo alimentare e qual-che interessante iniziativa nella lavorazione del ferro, nel vestiario e arredamento (arazzi), nelle calzature e nel legno.
Nei rimanenti comprensori: Pinerolo, Vercelli, Alba, Mondovi e Casale M. la distribuzione dell'occupazione artigianale sul totale piemontese indica un peso di poco superiore a quella dell'attività industriale. In quasi tutti questi comprensori si nota una certa specializzazione nel settore alimentare.