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Sergio Auriemma) 6.1. Premessa

7. Tipologie di danno erariale

7.1. Azioni di responsabilità amministrativa connesse ad illeciti penali (V.P.G

7.2.3. Il principio di “libera amministrazione”

espressione, e principio di “concorrenza”.

L’in house, quindi, non è più da considerare un’eccezione, ma si pone a monte della stessa come conseguenza della scelta dell’amministrazione di non ricorrere al mercato; scelta che rientra nell’autonomia del soggetto pubblico (garantita anche dall’art. 5 della Cost.) e che, come ogni manifestazione di discrezionalità, è sottoposta al vaglio di legittimità del Giudice (nella specie, amministrativo). Il che dovrà essere tenuto presente dal legislatore nazionale.

Sicché, nella diversa visione dell’in house da parte dell’ordinamento europeo, va, di conserva, sottoposto a rimeditazione il discrimine di giurisdizione tra Giudice ordinario e Giudice contabile in subiecta materia e ciò per ragioni di tutela del pubblico erario che partecipa alla realizzazione di fini di interesse pubblico.

provvedere ai propri compiti con la propria organizzazione e il proprio personale”110. Infatti, con il ricorso a risorse interne per espletare i compiti affidati dalla legge, le Amministrazioni evitano una duplicazione delle proprie funzioni e riducono la spesa, risparmiando sul costo delle esternalizzazioni.

Pertanto, il ricorso a soggetti esterni è consentito solo in caso di eventi ai quali non è possibile far fronte con la struttura burocratica esistente111. E ciò può accadere quando è la legge stessa a prevederlo, oppure in ipotesi di eventi straordinari, da intendersi quali “esigenze eccezionali e impreviste e di natura transitoria”112.

In ogni caso, anche in simili ipotesi, l’utilizzo di personale esterno deve avvenire nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dalla legge. Per questo, avviene solamente alle condizioni dettate dalla legge, “che esprimono principi di stretta interpretazione”113

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Per tali ragioni, l’eventuale abuso dello strumento degli incarichi esterni, per fini non realmente eccezionali, determina la responsabilità amministrativa per danno erariale in capo al soggetto conferente114

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Sicché, l’amministrazione deve aver preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno. In tal senso, vige il principio secondo cui “la pubblica amministrazione deve provvedere ai suoi compiti con la propria organizzazione ed il proprio personale e che il ricorso a soggetti esterni è consentito solo nei casi previsti dalla legge o in relazione ad eventi straordinari non sopperibili con la struttura burocratica esistente” (Corte dei Conti, sez. giur. Lazio, 30.04.2010, n. 976). Detto in altri termini, l’Amministrazione deve assicurarsi che, nonostante l’ottimale impiego delle risorse interne e la piena fruizione di tutte le potenzialità che esse sono in grado di esprimere, permanga l’esigenza di un ulteriore implemento delle risorse stesse ai fini di una efficace risposta funzionale alle esigenze che si intendono soddisfare.  Solo in questo modo si può assicurare una piena attuazione del principio del “buon andamento” della Pubblica Amministrazione, di cui l’autosufficienza è espressione. 

In altri termini – nell’obiettivo di realizzare un contenimento delle spese pubbliche, così da raggiungere un riequilibrio dei relativi bilanci – è possibile il ricorso alle procedure di

110Corte dei Conti, sez. III di appello, 8.02.2012, n. 66

111Corte dei Conti, sez. III di appello, 8.02.2012, n. 66 cit.

112Corte dei Conti, sez. II di appello, 22.04.2002, n. 137. I principi affermati nelle sentenze citate sono ben radicati anche nella giurisprudenza delle sezioni regionali della Corte dei Conti (cfr. Corte dei Conti, sez. giur. Friuli Venezia Giulia, 21.09.2011, n. 167)

113Corte dei Conti, sez. I di appello, 27.12.2011, n. 577

114Cfr. Corte dei Conti, sez. III di appello, 8.02.2012, n. 66

esternalizzazione di cui sopra solo se è idoneo a perseguire il soddisfacimento dell’interesse pubblico connesso al “buon andamento” delle Pubbliche Amministrazioni e la Corte dei Conti ha il compito di verificare che l’affidamento a terzi di compiti propri delle Pubbliche Amministrazioni sia realizzato nel rispetto delle diposizioni e dei principi enunciati dalla legge. 

Per la medesima ragione, nel settore in esame, il Giudice non può estendere il proprio sindacato oltre una valutazione di ragionevolezza della scelta operata dall’Amministrazione, altrimenti ne violerebbe la sfera della discrezionalità amministrativa e delle valutazioni di merito115

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In altri termini, il potere di cognizione della Corte dei Conti trova il suo limite nella sussistenza di una giustificazione obiettiva della esternalizzazione, la quale sia in grado di dimostrare il rispetto del criterio del “buon andamento” dell’amministrazione. La discrezionalità amministrativa costituisce, infatti, espressione di una sfera di autonomia che il Legislatore ha inteso salvaguardare dal sindacato della Corte dei conti; però, tale limite deve essere correlato con i principi di economicità ed efficacia che, a norma dell’art. 1, comma 1, della legge 7.08.1990, n. 241, devono ispirare l’esercizio dell’attività amministrativa116.

Sulla base di tali considerazioni, la verifica della legittimità dell’attività amministrativa è connessa alla valutazione del rapporto fra gli obiettivi conseguiti e i costi sostenuti117. Posto, infatti, che, secondo il principio di autosufficienza delle Amministrazioni, le esigenze istituzionali devono essere soddisfatte con le risorse disponibili e che, dunque, il ricorso a collaborazioni esterne è un’eccezione perseguibile solo nei casi e modi di legge, al di fuori di questi, si realizza un danno per la Pubblica Amministrazione. Tale danno consiste, in sostanza, in un difetto di corrispondenza tra la spesa amministrata ed il fine istituzionale da conseguire che realizza uno sviamento delle risorse pubbliche dalle finalità predeterminate che, secondo la concezione ontologica del danno, costituisce pregiudizio risarcibile.

Ciò porta a concludere – e non sembri questo un paradosso – che, in senso strettamente giuscontabilistico, l’“in house providing” o “auto produzione” di beni e servizi, in tutte le sue declinazioni, da strumento  comunitariamente equiordinato rispetto all’“outsourcing” o

“esternalizzazione” diviene strumento principale di azione dei pubblici poteri, a condizione, però, di essere, esso stesso, ben governato, per non sacrificare immotivatamente la “concorrenza per il

115Corte dei Conti, sez. II di appello, 24.09.2010, n. 367

116Cfr. Cass. Civ., sez. Un., 29.09.2003, n. 14488

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117Corte dei Conti, sez. II di appello, 24.09.2010, n. 367

mercato”.

Ne consegue che, anche nel rispetto della posizione assunta al riguardo dall’ordinamento comunitario con le recenti direttive sopra citate, il ricorso all’affidamento diretto costituisce non più un’ipotesi del tutto eccezionale, ma una opzione del tutto legittima se giustificata da particolari esigenze economiche e tecniche: si tratta, come si è detto, dell’ipotesi in cui l’Amministrazione, invece di rivolgersi al mercato (esternalizzazione), reperisce un bene o un servizio, attingendolo all’interno della propria compagine organizzativa o tramite una società da essa interamente controllata, nel senso funzionale da ultimo precisato.

Ordunque, se il diritto comunitario ha avvertito l’esigenza di precisare, al riguardo, che le Amministrazioni sono libere di scegliere il modulo organizzativo attraverso cui realizzare l’interesse pubblico e, più precisamente, se avvalersi delle proprie strutture organizzative (in house) ovvero di soggetti giuridici esterni (outsourcing) – secondo il c.d. principio dell’alternatività o di equivalenza nella scelta degli strumenti amministrativi per la cura degli interessi pubblici – ne consegue che il principio di “libera amministrazione” possa prestarsi ad assecondare le esigenze di estrema attualità di un proficuo utilizzo della spesa pubblica.

7.2.4. Un recente tema di interesse della giurisdizione contabile a proposito