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Pratiche mediche e inadempimento

4.2 Procedura di sterilizzazione

La sterilizzazione, intesa come tecnica chirurgica volta ad impedire ad un soggetto di riprodursi, è ampiamente utilizzata in Italia come un metodo contraccettivo. Le due procedure previste sono diverse per l’uomo e la donna.

1. Sterilizzazione maschile

La sterilizzazione maschile si attua con la vasectomia, consistente nell’interruzione del condotto, che trasporta gli spermatozoi del testicolo alla prostata. La finalità dell’intervento è di evitare che gli spermatozoi siano presenti nel liquido eiaculato, composto per il 95 % da secrezioni prodotte da prostata e vescicole seminali199. E’ una procedura

195

Mantovani, Problemi giuridici di sterilizzazione, in Riv. Med. Leg., 1983, p.840 e s.

196 Comitato nazionale per la bioetica, cit. A tal proposito, il codice di deontologia

medica all’art. 18( Trattamenti che incidono sull’integrità psico-fisica) si limita a stabilire che “ i trattamenti che incidono sulla integrità e sulla resistenza fisico- psichica del malato possono essere attuati , previo accertamento delle necessità terapeutiche, e solo al fine di procurare un concreto beneficio clinico al malato o di alleviarne le sofferenze”.

197

Marra, Il consenso dell’avente diritto, in Ronco, Commentario al codice penale, II, Bologna, 2007.

198

Gemma, Sterilizzazione e diritti di libertà, in Riv. Trim. dir. proc. Civ., 1977, 247 ss.

199

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più semplice e meno invasiva rispetto alla tecnica utilizzata nella sterilizzazione della donna. Proprio per questo è l’intervento di contraccezione maschile preferito e maggiormente utilizzato nel mondo, scelto dalle coppie che non desiderano più avere figli, vivendo così la loro vita sessuale liberamente senza più preoccuparsi degli effetti collaterali e delle limitazioni provenienti dagli altri metodi contraccettivi. E’un metodo di contraccezione irreversibile, anche se successivamente è possibile tentare la riconnessione delle due estremità dei deferenti o il prelievo degli spermatozoi dai testicoli per una fecondazione assistita. La vasectomia non peggiora la sessualità dell’individuo, e non modifica nemmeno l’aspetto e la quantità dello sperma né il profilo ormonale dell’uomo.

2. Sterilizzazione femminile

La sterilizzazione femminile, anch’essa una procedura irreversibile, consiste in un intervento chirurgico, eseguito per chiudere le tube di Falloppio, in modo da evitare l’incontro tra la cellula uovo e gli spermatozoi, impedendo così il concepimento200. Nella donna la chiusura delle tube si può eseguire in diversi modi: tramite un approccio vaginale, tramite laparoscopia, con una laparotomia. Si distingue ancora tra chiusura delle tube post parto e chiusura inter parto. Qualora si volesse riaprire le tube, sarebbe necessario un nuovo intervento chirurgico.

4.2.1 Il non riuscito intervento della procedura di

sterilizzazione

Può accadere che un intervento di sterilizzazione mediante legatura e sezione delle tube non venga eseguito secondo le regole dettate dalla scienza medica, cagionando così la nascita di un bambino non desiderato. Il medico e la struttura sanitaria rispondono del danno biologico subito dalla donna a causa della gravidanza, del danno patrimoniale patito da entrambi i genitori, consistente nei costi di mantenimento del figlio sino al raggiungimento dell’indipendenza economica, e infine del danno non patrimoniale subito dagli stessi per

200 Puccini, cit., 902, “intervenendo nuovamente con tecniche micro-chirurgiche, è

possibile ottenere la ricostruzione delle tube in oltre la metà dei casi, permettendo a queste pazienti di avere gravidanze normali”.

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la lesione del diritto all’autodeterminazione201

. Quanto appena detto è il risultato di diversi casi giudiziari. A tal proposito in giudizio i consulenti tecnici delle parti convenute e da quelli d’ufficio si oppongono alle pazienti, partendo dal presupposto che gli interventi di sterilizzazione tubarica non garantiscono al 100% che la donna che vi si è sottoposta non rimanga nuovamente incinta. I consulenti spesso fanno riferimento ai risultati di quello che viene identificato come “ studio crest”, ovvero il Collaborative Review of Sterilization, che nel 1996 riportava il tasso di fallimento ad una percentuale pari al 18,5 ogni 1000 donne. Spesso il giudice e l’avvocato si fidano dei dati riferiti, anche se quest’ultimi non vengono allegati dai consulenti, che non depositano mai unitamente alla loro relazione una copia del citato “studio crest”, né lo citano in modo esatto.

Un recente caso trae origine dalla pretesa risarcitoria presentata da una coppia di genitori avverso l’Azienda Unità Sanitaria Locale di Reggio Emilia a seguito di una nascita indesiderata. I coniugi rimproveravano ai sanitari di non aver eseguito l’intervento di sterilizzazione tubarica , richiesto e autorizzato dalla donna in occasione del parto cesareo del suo quinto figlio, cagionando così un evento procreativo indesiderato. Alcuni mesi dopo la richiesta dell’intervento, la donna rimase incinta, decidendo poi di portare a termine la gravidanza, partoriva un sesto figlio che “ aveva messo a dura prova la situazione economica ed umana della famiglia e aveva esposto la madre ad un elevato stress fisico e mentale, certificato dalla comparsa di evidente edema al dorso delle mani e dei piedi, alla regione orbitaria bilateralmente e di orticaria allergica ed edema diffuso sottocutaneo” La nascita indesiderata aveva provocato alla donna un danno biologico, nonché ad entrambi i genitori un pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale. L’Azienda USL, costituitasi in giudizio, contestava la fondatezza della domanda risarcitoria e ne chiedeva la reiezione. Dalle indagini processuali emergeva, che la donna già prima della nascita del quinto figlio, avesse sottoscritto un apposito modulo di consenso informato, con cui autorizzava il personale medico a praticare sulla sua persona l’intervento di sterilizzazione tubarica. Anche se previsto nel diario infermieristico, non era stato praticato dal personale sanitario. Il Tribunale di Reggio Emilia accoglie la pretesa della parte attrice,

201 Trib. Tolmezzo, 7 giugno 2011, in Famiglia e Diritto , 2012, 3, 272, nota di Bilò, “

In caso di inadempimento colposo del medico nell’espletamento di un intervento di sterilizzazione volontaria, L’Azienda Sanitaria Locale risponde a titolo di responsabilità contrattuale per i danni cagionati ai genitori in conseguenza della nascita indesiderata”.

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riconoscendo in favore di entrambi i genitori un diritto al risarcimento del danno patrimoniale, e in favore della sola madre la risarcibilità del danno non patrimoniale per la lesione del diritto di autodeterminazione della propria esistenza202. Il giudice respinge l’eccezione dell’ASL, che invocando l’art. 1227 del codice civile ( il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza) lamenta che l’attrice sarebbe potuta ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza.

4.3 Interruzione volontaria della gravidanza (