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Responsabilità medica per errata diagnosi e conseguente omessa informazione alla gestante

Responsabilità del medico per nascita indesiderata

3.4 Responsabilità medica per errata diagnosi e conseguente omessa informazione alla gestante

delle gravi malformazioni del nascituro

All’interno della responsabilità medica ritroviamo anche l’errata diagnosi, con le sue sottospecie, l’omessa diagnosi e la mancata cura. L’errore diagnostico, consiste in una falsa rappresentazione della patologia clinica di un paziente, può derivare sia da un errore incolpevole, oppure da negligenza o imperizia143. In questi ultimi due casi, il medico sarà negligente quando assumerà un comportamento passivo, che si traduce in un’omissione di determinate precauzioni, quindi trascuratezza e mancanza di sollecitudine. Nel caso di imperizia, intesa come insufficiente attitudine a svolgere un’attività che richiede specifiche conoscenze, scientifiche e tecniche, occorre verificare se la diagnosi comporti la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà ai sensi dell’art. 2236 del codice civile, poiché in caso di imperizia, viene limitata la responsabilità all’ipotesi di colpa grave. La difficoltà può dipendere da un’assenza di riconoscibilità della patologia dovuta ad un error scientiae, o in caso di emergenza non è facile diagnosticarla. Recentemente la Suprema Corte ha riconosciuto al soggetto, che al momento della nascita presentava gravi e permanenti malformazioni congenite, derivanti da omessa o errata diagnosi medica prenatale, la legittimazione a far valere il danno da “vita malformata”144

. Il fine ultimo del consenso informato si identifica nella libertà di autodeterminazione, che pone le sue basi negli artt. 13 e 32 della Costituzione. La mancanza di informazione determina conseguenze, sia penali che civili, da cui discendono pretese risarcitorie da parte del paziente. L’informazione qui risulta fondamentale, se manca o è inesatta può condizionare la scelta della

143 Crivelli, L’errata diagnosi e il ritardo nelle cure, in Enciclopedia di bioetica e

scienza giuridica- Danno alla salute- duplice effetto, 2012.

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Cass., 2 ottobre 2012, n. 16754, in Nuova giur. civ. comm., 2013, 2, 1, 175, con nota di Palmerini: “ Nel caso in cui il medico ometta di segnale alla gestante l’esistenza di più efficaci test diagnostici prenatali rispetto a quello in concreto prescelto, impedendole così di accertare l’esistenza di una malformazione congenita del concepito, quest’ultimo , ancorché privo di soggettività giuridica fino al momento della nascita , una volta venuto ad esistenza, ha diritto ad essere risarcito da parte del sanitario con riguardo al danno consistente nell’essere nato non sano, e rappresentato dall’interesse ad alleviare la propria condizione di vita impeditiva di una libera estrinsecazione della personalità, a nulla rilevando né che la sua patologia fosse congenita, né che la madre , ove fosse stata informata della malformazione , avrebbe verosimilmente scelto di abortire” .

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madre, la quale a sua volta investe una pluralità di soggetti, come il nascituro, il padre e i fratelli. La gestante non consapevole delle malformazioni od anomalie del feto, non può interrompere la gravidanza esercitando un suo diritto, riconosciuto dalla legge, e con l’incresciosa conseguenza di mettere alla luce un bambino diversamente abile. La Corte per giustificare il risarcimento del danno, ricorre all’inadempimento della prestazione, rappresentato dalla corretta diagnosi prenatale funzionale all’interruzione della gravidanza145. Sono due piani differenti, da un lato la liceità giuridica e penale dell’interruzione di gravidanza, il cui presupposto è rappresentato dalla tutela della salute psicofisica della donna; dall’altro la risarcibilità delle conseguenze subite dalla madre e dai familiari, cagionate da una cattiva condotta del medico, la quale impedisce alla donna di esercitare liberamente un suo diritto, omettendo l’informazione146

. La Cassazione nel 2012 riconoscendo al nascituro la legittimazione ad agire, supera i precedenti che consideravano il concepito come titolare del solo diritto a nascere, non potendo sussistere un diritto a non nascere se non sano. Si esclude il diritto del nascituro a chiedere i danni alla madre, che nonostante sapesse della malformazione, ha deciso di portare a termine la gravidanza. La giurisprudenza per lungo tempo si è trovata concorde nel sostenere che il nostro ordinamento tutela il concepito sotto il profilo privatistico della responsabilità contrattuale o extracontrattuale. Solo nel caso in cui le malformazioni siano congenite siano dovute alla somministrazione colposa di farmaci dannosi alla madre, la Suprema Corte ha ammesso la legittimazione a chiedere il risarcimento del danno anche al nato malformato, nei confronti del medico che prescrisse quei farmaci, o che non impedì il loro uso. Aggiungendo che il concepito: “ deve ritenersi dotato di autonoma soggettività giuridica … e che al suo diritto a nascere sano corrisponde l’obbligo dei sanitari di risarcirlo”147

. Per anni ci si è chiesto se la natura della responsabilità derivante dall’omessa diagnosi potesse definirsi contrattuale o extracontrattuale. Secondo l’orientamento più tradizionale la norma di riferimento era l’art. 2043 del codice civile, poiché mancava un rapporto giuridico obbligatorio tra il paziente e il sanitario, che effettuava la sua prestazione sanitaria, incaricato dal proprio datore di

145 Cass., 2 ottobre 2012,( n. 16754, cit). 146

Cass., 29 luglio 2004, ( n. 14488, cit).

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lavoro148. Negli anni ottanta assistiamo ad un’evoluzione, la natura della responsabilità del medico si qualifica come contrattuale, una conseguenza della tesi del contatto sociale. Applicando la normativa sui rapporti contrattuali, il paziente dovrà dimostrare l’esistenza del rapporto contrattuale, del danno subito e del nesso di causalità tra il danno e la condotta dei professionisti.149 Il Collegio ritiene che pur gravando sull’attore l’onere di allegare i profili concreti di colpa medica, non sarà necessario l’indicazione di specifici aspetti tecnici concernenti la responsabilità professionale, poiché queste sono conoscibili solo agli esperti del settore. La struttura sanitaria e i medici proveranno a sua volta che non vi è stato inadempimento, o che esso è dipeso da un fatto non imputabile150. Ai fini del risarcimento si dovranno individuare due fattispecie, l’inadempimento e il danno da risarcire. Le sezioni unite del 2008151 prevedono uno schema, nel quale l’elemento causale si articola in due fasi:

- La prima (causalità materiale) consiste nell’indagine sulla conditio sine qua non ,secondo cui un’azione è causa di danno se in assenza di essa il danno non si sarebbe verificato.

- La seconda (causalità giuridica) riguarda la delimitazione delle conseguenze risarcibili, infatti ai sensi dell’art. 1223 del codice civile, saranno risarcite solo le conseguenze dirette e immediate dell’azione del danneggiante. Nonostante ciò la giurisprudenza ammette il risarcimento dei danni “indiretti e mediati che si presentino come effetto normale, secondo il principio della regolarità causale.

Si possono verificare episodi nei quali la condotta del medico non rappresenti con certezza la conditio sine qua non, ma la probabilità del nesso causale tra la condotta e l’evento. Da qui si sono sviluppati tre orientamenti:

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Cass., 21 dicembre 1978, n. 6141, in Massima Redazionale, 2005 Cass., 13 gennaio 1998, n. 2750, in Giur. It., 1999, 2279; Cass., 26 marzo 1990, n. 2428, in

Mass. Giur.it, 1990.

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Cass., 11 gennaio 2008,( n.577, cit); Cass., 16 gennaio, n. 975, in Corriere Giur., 2009, 12, 1653, con nota di Bona.

150

Cass., 14 luglio 2004, n.13066, in ., Gius.,2004, 4195.

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- Il primo, quello più risalente nel tempo, sostiene che la responsabilità sia integrale o completamente assente, utilizzando come criterio quello del “ più probabile che non”152

. - Il secondo si basa sulla perdita di chances per garantire un

risarcimento anche quando vi è incertezza sul nesso causale. Nelle ipotesi in cui non è possibile provare con certezza che la negligenza del medico abbia causato il danno, si può dimostrare come l’errore del medico abbia diminuito le chances per evitarlo.153

- Il terzo, confermato anche dalla sentenza della Cassazione nel 2009, sostiene che il giudice nei casi di incertezza sull’esistenza o meno del nesso causale, può concedere un risarcimento parziale proporzionato al grado di certezza del fatto che l’errore del medico sia stato una conditio sine qua non del danno154.

Un fattore naturale può interagire con un’azione umana causando l’evento dannoso, e qualora non vi siano incertezze a riguardo, la sua rilevanza sotto il profilo della causalità materiale, non può essere negata155.