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La progettazione integrata Uno strumento innovativo a supporto della strategia di azione della politica di sviluppo rurale

Come nasce il FAS

Asse 3 Miglioramento della qualità della vita e diversificazione dell'economia nelle aree rural

4.4 La progettazione integrata Uno strumento innovativo a supporto della strategia di azione della politica di sviluppo rurale

Il raggiungimento degli obiettivi della politica di sviluppo rurale, siano essi legati alla competi- tività settoriale, allo sviluppo delle aree rurali o alla governance istituzionale dipende anche dall’in- dividuazione di strumenti efficaci di intervento. Questo assunto ha guidato l’impostazione, nell’am- bito del Piano strategico nazionale, di una strategia di azione incentrata sull’integrazione delle tipo- logie d’intervento rispetto agli obiettivi della politica di sviluppo rurale.

Lo strumento in questione è la progettazione integrata che può essere aziendale, settoriale o ter- ritoriale. Tale strumento dovrebbe garantire l’efficacia dell’intervento attraverso procedure di facile accesso il cui tema conduttore è l’integrazione di obiettivi e strumenti di azione.

La progettazione integrata, pur non essendo una novità, infatti era già stata proposta come stru- mento di attuazione nel periodo di programmazione 2000-2006, si riveste di caratteristiche particolari anche perché sostenuta nell’impianto strategico comunitario. Il regolamento (CE) n. 1698/2005 e gli Orientamenti strategici comunitari, anche se non sempre con estrema chiarezza, sostengono forte- mente approcci di intervento fondati sul concetto di integrazione di strumenti, di comparti produtti- vi, di soggetti e di territori. Non a caso la politica di sviluppo rurale presenta un asse metodologico, quello Leader, finalizzato alla gestione integrata delle misure presenti nei singoli Programmi di svi- luppo rurale, con un approccio programmatico che vede il coinvolgimento degli attori locali. Gli OSC,

nell’individuazione degli obiettivi strategici della politica di sviluppo rurale, sottolineano, in più passaggi, l’esigenza di sviluppare strategie di intervento integrate capaci di agire sulle principali pro- blematiche settoriali e territoriali e spingono gli Stati membri ad avvalersi di strumenti complessi che vanno oltre l’approccio Leader che, pur presentando delle caratteristiche nuove rispetto al passato, ha obiettivi specifici, territori di riferimento ben individuati (le aree a maggiore ruralità) e può soddisfare solo alcuni degli obiettivi della politica di sviluppo rurale.

Il Piano strategico nazionale prevede più strumenti di approccio integrato in risposta a un impianto strategico mirato ad “aggredire” le problematiche del settore agricolo e delle aree rurali attra- verso politiche mirate all’efficacia dell’intervento che siano comunque in grado di coinvolgere gli utenti nell’individuazione dei fabbisogni e, contemporaneamente, di garantire trasparenza e sempli- ficazioni di natura amministrativa per i potenziali beneficiari.

Accanto al Leader, la strategia nazionale prevede l’utilizzo di:

- Progetti integrati territoriali tesi a favorire, in ambiti spaziali omogenei, una maggiore concentra- zione e integrazione degli interventi

- Progetti integrati di filiera il cui obiettivo è la creazione o il potenziamento delle principali filiere agroalimentari e di quella forestale a livello regionale attraverso progetti complessi e integrati di intervento che possano sistematizzare l’intervento pubblico tarandolo sulle specifiche esigenze di comparto

- Pacchetti aziendali. L’integrazione avviene a livello di singola azienda che, per raggiungere il proprio obiettivo di sviluppo, presenta un programma di intervento unitario basato su più misure presenti nel PSR. In questo caso l’integrazione potrebbe tradursi anche in semplificazione ammi- nistrativa, in quanto l’Amministrazione regionale dovrebbe prevedere procedure di accesso unifi- cate che permettano l’accesso contemporaneo a più misure del PSR.

4.4.1 La progettazione integrata nei PSR 2007-2013

I processi di integrazione delle politiche di sviluppo locale sono una tradizione ormai consolidata dell’intervento pubblico in Italia. A cominciare dagli anni ’80 è un susseguirsi di strumenti e proce- dure (Patti per l’occupazione, Patti territoriali, Leader, Progetti integrati territoriali, Contratti di filie- ra, solo per citarne alcuni) che prevedono interventi organicamente legati e finalizzati a un Piano di sviluppo settoriale o territoriale. Gli stessi sono finalizzati a concentrare le risorse finanziare su ambiti omogenei di intervento, coinvolgere gli attori socio economici nei processi di sviluppo, favo- rire i processi di condivisione e comunicazione con le istituzioni locali, favorire il decentramento amministrativo per meglio orientare gli interventi rispetto alle singole esigenze locali. La progetta- zione integrata favorisce la partecipazione degli attori economici e sociali ai processi di sviluppo, la nascita di relazioni sistemiche tra soggetti di natura diversa e propone soluzioni più complesse e arti- colate per affrontare i problemi di sviluppo locale e settoriale.

Le esperienze maturate con la programmazione negoziata, l’attitudine alla concertazione e all’a- nimazione degli attori locali maturata con le esperienze Leader e - soprattutto nel caso delle regioni meridionali - con i PIT previsti dalla programmazione 2000-2006, le specifiche esigenze manifesta- te dagli attori economici e sociali (si pensi per esempio al “Pacchetto giovani” da anni richiesto dal- le principali organizzazioni di giovani agricoltori) hanno spinto le Regioni a programmare strumen- ti indirizzandoli a specifici fabbisogni e obiettivi di intervento.

La gran parte dei Programmi di sviluppo rurale (tabella 4.4) pone particolare attenzione all’a- spetto dell’integrazione degli interventi. Le forme di integrazione previste sono varie, complesse e, in alcuni casi, individuano forme ulteriori di aggregazione rispetto a quelle illustrate dal PSN.

La progettazione integrata in numerosi PSR trova ampio spazio e sembra essere il motivo con- duttore dell’intera strategia d’intervento prevista. È il caso di Regioni come Veneto, Piemonte, Mar- che, Calabria e Campania che oltre a prevedere numerosi strumenti integrati sembra vogliano gesti- re, attraverso la concentrazione e la partecipazione dei soggetti locali, l’intero programma d’inter- vento. Non mancano Regioni che fanno, invece, percepire un atteggiamento particolarmente diffidente rispetto ai progetti complessi. I PSR di Trento, Bolzano, del Molise e della Toscana presentano solo vaghi accenni alla possibilità di procedere con strumenti integrati e, di fatto, attivano esclusivamen- te la progettazione integrata territoriale Leader, attribuendole, comunque, un ruolo limitato all’im- plementazione dell’Asse 3.

In ogni caso, dei tre strumenti previsti dal PSN, risulta abbastanza diffuso il ricorso ai Pacchetti aziendali, soprattutto come strategia di azione per favorire il ricambio generazionale in agricoltura, e quello ai Progetti integrati di filiera. Al contrario l’approccio di intervento integrato a valere sul terri- torio è, nella maggioranza dei casi, affidato all’implementazione del Leader, tranne poche eccezioni che vedono le Regioni attivare i PIT in territori non ammissibili all’approccio dell’Asse 4 o per affrontare tematiche particolari come quelle legate ai temi di protezione e valorizzazione ambientale.

Tabella 4.4 - Le tipologie di progettazione integrata previste nei PSR

Integrazione aziendale Integrazione di filiera Integrazione territoriale

Piemonte X X X

Valle d'Aosta X X

Lombardia X X X

P.A. Bolzano X

Veneto X X X

Friuli Venezia Giulia X X

Liguria X X Emilia Romagna X X X Umbria X X X Marche X X X Lazio X X X Abruzzo X X Molise X Campania X X X Puglia X X Basilicata X X Calabria X X X Sicilia X X Sardegna X X Totale 18 17 10 Fonte: PSR 2007-2013

Gli strumenti proposti a livello regionale, come già accennato, sono molteplici ed estremamen- te articolati in termini procedurali per affrontare in maniera organica gli specifici fabbisogni di inter- vento delle aziende e delle popolazioni delle aree rurali. A un’offerta di strumenti assai ampia non sempre corrisponde una reale intenzione di utilizzare le potenzialità della progettazione integrata. L’u- tilizzo di questi strumenti implica, per le Amministrazione regionali, scelte volte al decentramento del- le funzioni amministrative affidandole a soggetti esterni e la riorganizzazione del sistema gestionale del Programma di sviluppo rurale. Inoltre, le fasi procedurali necessarie all’implementazione di pro- getti complessi sono articolate, difficili da attivare e richiedono tempi tali da generare ritardi e ral- lentamenti della spesa, questione, quest’ultima, che preoccupa non poco le Regioni tenute a con-

frontarsi con la regola dell’n+2 e l’efficienza della spesa.

Queste problematiche hanno condizionato sia la scelta di avvalersi o meno di strumenti integrati di intervento sia la loro impostazione in termini procedurali. I progetti integrati molto spesso si tra- ducono in semplici bandi multimisura che prevedono una fase iniziale di concertazione e condivisione degli obiettivi per poi lasciare spazio a interventi unitari che si limitano a condividere l’idea di svi- luppo proposta dalla partnership. Interventi di questa natura, pur garantendo risultati in termini di competitività e sviluppo locale, sicuramente innescano con più difficoltà quei meccanismi di tipo cooperativistico o associazionistico che intende attivare il PSN attraverso la progettazione integrata.

La progettazione integrata di filiera

La progettazione integrata di filiera è prevista in 16 Programmi regionali a cui andrebbero aggiunti i PSR ligure e valdostano che attuano lo strumento attraverso l’approccio Leader, ossia dan- no la possibilità di incentrare i Piani di sviluppo locale su tematiche settoriali finalizzate alla nascita o al rafforzamento di filiere produttive locali utilizzando le misure per la competitività aziendale pre- viste dal PSR.

L’integrazione di filiera prevista nei PSR ha l’obiettivo di aumentare la competitività del settore agro alimentare, di valorizzare sia a livello qualitativo sia commerciale le produzioni, di creare e con- solidare le reti di relazioni tra gli operatori della filiera. A questi obiettivi di carattere generale che, tra l’altro riprendono a pieno le finalità previste dal PSN per lo strumento, se ne aggiungono alcuni, tipi- camente legati ai contesti regionali. Sicilia, Marche, Umbria e Veneto danno priorità all’intervento nei comparti soggetti a crisi o a processi di riconversione produttiva; nelle regioni dell’Italia meridionale assumono particolare rilevanza gli obiettivi della riqualificazione occupazionale e dell’innovazione dei processi produttivi. In Veneto, Marche e Abruzzo ai PIF viene assegnato il compito di promuovere un’equa redistribuzione del valore aggiunto tra i diversi segmenti della filiera agroalimentare.

Le Regioni, nella programmazione dello strumento, non hanno dato alcun peso all’elemento ter- ritoriale. Tranne pochissime eccezioni in cui si punta alla valorizzazione di filiere corte tipicamente localizzate, la strategia punta alla competitività dei singoli comparti attraverso la creazione di una massa critica commercialmente appetibile e rispondente a standard produttivi che in qualche modo possa generare condizioni produttive sostenibili dai di base.

In termini operativi, la progettazione integrata di filiera tende a configurarsi come un progetto, presentato da una partnership rappresentativa degli interessi e degli obiettivi di una pluralità di sog- getti che, al fine di contribuire alla piena riuscita dell’obiettivo iniziale, prende una serie di accordi e si candida a realizzare investimenti attraverso l’utilizzo delle misure presenti nel PSR. Le modalità con cui si associano i soggetti che presentano il progetto e le funzioni di rappresentanza della partnership sono assai vaghe nei Programmi, generalmente vengono rimandate al bando, ma in ogni caso sem- brano propendere verso due modelli di funzionamento:

- alla partnership i PSR attribuiscono un forte ruolo di coordinamento e di gestione delle risorse attri- buite al progetto integrato. In questo caso essa è il referente principale dell’Autorità di Gestione del PSR, con specifiche responsabilità sulla buona riuscita del progetto e sulla trasparenza in termini di spesa sostenuta dai singoli beneficiari.

- alla partnership i PSR conferiscono un ruolo meramente organizzativo, finalizzato alla condivisione dell’idea-obiettivo e al coordinamento dei singoli soggetti che aderiscono all’iniziativa. Il rappor- to con i singoli beneficiari rispetto alla messa in opera del progetto che li coinvolge è gestito diret- tamente dall’AdG; la gran parte delle Regioni si rifanno a questo modello.

Le integrazioni di filiera, nel loro complesso, sono aperte a tutti i comparti produttivi a cui si aggiungono anche filiere multi comparto come quella delle bioenergie, dei prodotti di qualità, biolo-

gici o di nicchia. I limiti previsti vanno nella direzione di evitare progetti di piccole dimensioni per- tanto i bandi tendono a escludere progetti sotto determinate soglie fisiche (numero aziende coinvol- te) o finanziarie (entità del supporto richiesto).

Quasi tutti i Programmi individuano le misure che è possibile attivare in un Progetto di filiera (tabella 4.5). Il PIF è essenzialmente legato alle misure dell’Asse 1 e coinvolge generalmente gli inter- venti destinati al capitale fisico (121, 122, 123 e 124), alla qualità (132, 133), alla formazione (misu- ra 111) e alla consulenza aziendale (misura 114 e 115).

Il Friuli Venezia Giulia e il Piemonte prevedono la possibilità di attivare anche misure dell’Asse 2 se funzionali agli obiettivi del progetto, permettendo di fatto lo sviluppo di filiere complete e particolar- mente rivolte a potenziare le performance di settori quali quello forestale e dell’agricoltura di qualità.

In una logica di sviluppo di filiera corta per settori di nicchia o produzioni particolarmente localiz- zate, nelle Marche, in Calabria e in Basilicata, la progettazione integrata di filiera può avvalersi della misu- ra per la diversificazione aziendale (311). Nel caso della Basilicata l’idea di filiere corte è particolarmente centrale e sostenuta dalla possibilità di utilizzare anche altre misure dell’Asse 3 (312 e 313) destinate a sostenere processi di sviluppo aziendale anche in settori differenti da quello agricolo ma che comunque possono contribuire alla valorizzazione di particolari prodotti locali e ad accompagnare tali processi con azioni di formazione e informazione specifici (attivabili attraverso la misura 331).

Tabella 4.5 – Le misure attivabili nei PIF

111 112 114 115 121 122 123 124 125 131 132 133 Asse 2 Asse 3 Abruzzo x x x x x x x x Basilicata x x x x x x x x Calabria PIF x x x x x Progetti tematici strategici di sviluppo x x x x x x 311 Campania PIF x x x x x x x x x x x Progetti tematici di sviluppo x 216 Emilia Romagna x x x x x x x x Friuli V. G. x x x x x x x Lazio x x x x x x x x x x Lombardia Marche x x x x x x x x 311

Piemonte Misure assi 1 e 2

Puglia x x x x x x

Sardegna x x x x x x x x x

Sicilia x x x x x x x

Umbria Non indicate

Veneto

PIF x x x x x x x

PI Filiera Forestale x x x x x x

Totale 12 1 8 3 12 11 14 13 8 1 8 13 - -

Fonte: PSR e Bandi regionali per l’attuazione dei Progetti di filiera.

La progettazione integrata territoriale

La progettazione integrata territoriale ha lo scopo di attivare partenariati pubblico-privati con l’o- biettivo di sviluppare programmi di intervento finalizzati allo sviluppo di aree territoriali solitamen-

te sub provinciali.

Nell’ambito della programmazione per lo sviluppo rurale 2007-2013, lo strumento naturalmen- te chiamato a soddisfare tale obiettivo è l’approccio Leader promosso dall’Asse 4 del regolamento (CE) 1698/2005, il cui scopo è appunto quello di promuovere lo sviluppo locale attraverso un processo di concertazione partecipato e mosso dal basso in corrispondenza alle esigenze di sviluppo delle comunità locali. Lo stesso regolamento, con l’articolo 59, promuove però la costituzione di partena- riati pubblico-privati diversi da quelli promossi dall’approccio Leader (art.62), al fine di attuare stra- tegie di sviluppo locale che possano rafforzare la coerenza territoriale e stimolare sinergie tra misure rivolte all’economia e alle popolazioni rurali.

L’approccio integrato previsto dall’impianto regolamentare tende a promuovere azioni sinergi- che, basate su specifiche strategie di sviluppo locale condivise e partecipate dal basso, per l’attivazione delle misure concernenti l’economia rurale, di fatto, almeno per come è concepito il regolamento sul- lo sviluppo rurale e secondo le indicazioni riportate negli OSC, quelle previste dall’Asse 3.

La descrizione piuttosto vaga della progettazione integrata territoriale nel PSN e l’interpretazione che a essa hanno dato i PSR, ne hanno fatto spesso uno strumento con obiettivi e modalità di funzio- namento differente da quello immaginato in sede comunitaria o comunque più flessibile e adattabile alle singole strategie di sviluppo regionale.

Il PIT nasce come uno strumento ibrido, strizza l’occhio al Leader e alle esperienze dei PIT del- la programmazione 2000-2006 (e in genere della programmazione negoziata) ma in generale non ha, a monte, una propria dimensione che individuata diventa materia dei singoli PSR.

Le Regioni che hanno previsto la progettazione integrata territoriale sono dieci (tabella 4.6). Le caratterizzazioni e gli obiettivi dello strumento sono estremamente varie tra Regioni (tabella 3):

- Campania e Calabria individuano nel PIT uno strumento per l’attivazione di interventi pubblici di natura infrastrutturale. In particolare, la Campania prevede di utilizzare i Progetti integrati territo- riali per aree protette (PIRAP), per promuovere interventi di natura infrastrutturale finalizzati alla valorizzazione del territorio soggetto agli enti parco. I Progetti integrati per le aree rurali (PIAR) calabresi sono destinati agli enti locali per opere di infrastrutturazione pubblica con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita nelle aree rurali.

- Marche, Umbria, Piemonte, il Veneto per il PIT Ambiente e l’Emilia Romagna per gli Accordi agroambientali locali utilizzano i PIT come strumenti di attuazione di strategie a carattere ambien- tale. In particolare, i PIT si configurano come strumenti tesi a favorire accordi agroambientali ter- ritoriali il cui scopo è l’assunzione di responsabilità collettive da parte degli operatori economici del territorio che sottoscrivono un impegno con la comunità locale di appartenenza a fronte di vantaggi economici e facilitazioni nella fornitura di servizi da parte degli enti locali. Il soggetto promotore è l’ente locale, i beneficiari delle misure gli operatori locali o gli enti pubblici nel caso siano refe- renti del bene oggetto d’intervento.

- Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna per i Patti per lo sviluppo locale integrato, Lazio, Lombar- dia e Veneto per il PIT turismo sembrano vedere nei Patti integrati territoriali uno strumento mol- to simile al Leader. Gli obiettivi e i presupposti dello strumento lasciano intendere, abbastanza chia- ramente, che le Regioni vogliono offrire a più territori e a partenariati di varia natura la possibili- tà di misurarsi con la programmazione di area basata su presupposti di partecipazione, condivisio- ne e gestione locale.

Come già notato per i PIF, anche per i PIT le indicazioni relative alla modalità di attuazione con- tenute nei PSR sono piuttosto vaghe. Comunque, a seconda della caratterizzazione data al PIT cam- bia la struttura di funzionamento dello stesso.

La Campania affidando la gestione del PIRAP agli enti parco non prevede alcun partenariato cui affidare le funzioni attuative del progetto. Le comunità locali sono chiamate solo a titolo consultivo per l’attivazione di una strategia di intervento a carattere territoriale.

La Calabria prevede partenariati essenzialmente pubblici cui è affidata la gestione del progetto. Il processo di attivazione vede momenti negoziali, ma, in linea di massima, il coinvolgimento degli attori economici e sociali è limitato, anche in questo caso, a momenti consultivi.

Tabella 4.6 – I PIT nella programmazione regionale

Regione Tipologia PIT Finalità Soggetto attuatore Misure

Calabria Progetti integrati per Interventi pubblici a Enti 125, 216,

le aree rurali (PIAR) carattere infrastrutturale pubblici 227, 321

Campania Progetti integrati rurali Interventi pubblici a Enti 125, 213, 226,

per le aree protette (PIRAP) carattere infrastrutturale Parco 227, 321, 322, 323

Emilia R. Patto per lo sviluppo Miglioramento Partenariati

locale integrato qualitàdella vita pubblico-privati Asse 3

Accordi agroambientali Tutela e Enti 214, 216,

locali valorizzazione ambientale pubblici 221

Friuli V. G. Progetti integrati Obiettivi Partenariati Tutte le misure

territoriali PSR pubblico-privati del PSR

Lazio Progetti integrati Creazione opportunità di Partenariati Tutte le misure

territoriali lavoro e di condizioni pubblico-privati dell'Asse 3

per lo sviluppo

Lombardia Progetti d'area Rispondere agli interessi Partenariati Tutte le misure

economici e sociali del pubblico-privati del PSR

sistema rurale

Marche Accordi agroambientali Tutela e Enti 111, 114, 211, 213,

territoriali valorizzazione ambientale pubblici 214, 216, 221, 222, 227

Progetto integrato Valorizzazione Partenariati 313, 321,

territoriale territoriale pubblico-privati 323

Piemonte Programmi finalizzati Valorizzazione ambientale Enti Asse 3

territoriali ed interventi di sistema pubblici

per le imprese

Umbria Progetti territoriali Valorizzazione ambientale Non indicato Misure Assi 1, 2 e 3

e paesaggistica

Veneto Progetto integrato sviluppo Enti Asse 2

d'area (PIA) - Ambiente locale pubblici

Progetto integrato sviluppo Partenariati Asse 3

d'area (PIA) - Rurale locale pubblico-privati

Fonte: PSR 2007-2013

Nel caso dei PIT a valenza agroambientale lo strumento sembra assumere le caratteristiche di un progetto di filiera il cui comparto di riferimento è il territorio, l’obiettivo è la valorizzazione ambien- tale e paesaggistica, i beneficiari sono gli operatori locali che si impegnano con la comunità a fronte di vantaggi in termini di servizi e agevolazioni. Come dicevamo l’ente pubblico è promotore mentre le partnership sono di natura mista.

Per quanto riguarda i PIT più simili ai Piani di sviluppo Locale del Leader ritroviamo caratteri- stiche di funzionamento assai simili a quelle proposte dall’approccio dell’Asse 4.

Il progetto integrato territoriale è proposto, nell’ambito della programmazione regionale, con caratteristiche estremamente differenziate. Spesso è una mera integrazione di misure, altre volte pro- pone esclusivamente l’assunzione di impegni reciproci tra enti pubblici e privati, mentre, nella sua versione più completa e rispondente all’idea di strumento proposta dal PSN (ossia quando la concer-

tazione locale si traduce anche in progettazione e assunzioni di responsabilità gestionali condivise) ripropone il metodo Leader. I PIT si configurano come uno strumento flessibile e adattabile a esigenze che altre tipologie di strumenti affronterebbero con maggiore difficoltà.

I pacchetti aziendali

I pacchetti di misure per le aziende propongono l’utilizzo di più misure da parte di una singola impresa, al fine di raggiungere un obiettivo di sviluppo legato alla propria dimensione imprenditoriale. L’integrazione in questione ha una dimensione esclusivamente orizzontale in quanto interessa un sin- golo soggetto.

L’obiettivo dell’introduzione dei pacchetti nella strategia del PSN è principalmente legato a ragioni di semplificazione amministrativa; infatti, se il beneficiario, con un’unica domanda di intervento, può attivare tutte le misure necessarie allo sviluppo della propria impresa, ne trae vantag- gio non solo in termini economici (per l’abbattimento dei costi e dei tempi legati alla progettazione e agli oneri amministrativi che da essa ne derivano) ma anche gestionali, grazie alla possibilità di