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Il quadro degli interventi comunitari per lo sviluppo rurale per il periodo 2000 2006

Come nasce il FAS

3.3 Il quadro degli interventi comunitari per lo sviluppo rurale per il periodo 2000 2006

Per fornire un quadro di insieme sull’attuazione dei programmi nella fase 2000-2006 (PSR e POR parte FEOGA) abbiamo riclassificato le relative misure secondo i tre obiettivi prioritari (corri- spondenti ad altrettanti assi) delle programmazione 2007-2013 (Asse 1 - miglioramento della com- petitività; Asse 2 - miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale; Asse 3 - qualità della vita nel- le aree rurali e la diversificazione dell’economia rurale) (tabella 3.1).

Tabella 3.1- Ripartizione della Spesa pubblica erogata dalle Regioni e Provincie Autonome per i tre Assi prioritari di intervento (meuro).

Regione Asse 1 Asse 2 Asse 3 Qualità della Altro Totale

Competitività Ambiente vita e diversificazione complessivo

Piemonte 313,2 445,4 60,2 41,7 860,5 Valle d’Aosta 4,1 102,8 - 0,4 107,3 Lombardia 300,2 477,8 25,2 3,7 806,9 P.A. Bolzano 76,4 180,7 9,1 -0,0 266,3 P.A. Trento 96,5 100,6 9,3 0,2 206,5 Veneto 314,5 318,2 20,0 3,1 655,8 Friuli V.G. 57,2 149,9 9,0 0,6 216,7 Liguria 128,2 62,6 25,9 0,2 216,9 Emilia R. 359,0 427,8 44,1 7,3 838,1 Toscana 158,7 482,7 81,4 1,7 724,4 Umbria 135,1 217,1 43,2 1,9 397,2 Marche 231,3 193,1 28,3 2,8 455,5 Lazio 232,1 286,1 41,3 1,9 561,4 Abruzzo 128,6 151,5 6,1 1,2 287,3 Molise 73,3 62,3 1,3 0,3 137,3 Campania 602,5 219,9 351,4 4,0 1.177,8 Puglia 646,6 423,8 98,2 2,4 1.170,9 Basilicata 235,5 334,0 11,5 1,9 582,9 Calabria 572,9 455,1 134,2 0,6 1.162,8 Sicilia 1.023,2 795,0 99,5 1,2 1.919,0 Sardegna 750,9 404,2 51,7 5,9 1.212,6 Totale complessivo 6.439,9 6.290,6 1.151,0 82,7 13.964,2

Fonte: elaborazioni Inea su dati Mipaaf.

5 I dati di spesa utilizzati in questo paragrafo per i PSR sono quelli di chiusura dei programmi, mentre quelli dei POR sono aggiorna- ti al 31/12/2008.

Dalla nostra analisi è emerso che circa la metà delle Regioni hanno nel complesso speso per l’obiettivo relativo alla qualità della vita e alla diversificazione meno del 5% delle risorse comples- sive (figura 3.2). La Regione Campania, che ha utilizzato risorse FEOGA Garanzia notevolmente infe- riori a quelle della sezione Orientamento, ha invece una quota destinata agli interventi per l’ambien- te più bassa (18%) rispetto a quella delle altre regioni. Si consideri che nella nuova fase la Commis- sione stabilisce che a tali interventi venga destinato almeno il 25% delle risorse totali, mentre a quel- li dell’Asse 3 deve essere attribuito almeno il 10%.

Figura 3.2 - Ripartizione percentuale della Spesa pubblica erogata dalle Regioni e Provincie Autonome per i tre Assi prioritari di intervento.

- 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0 80,0 90,0 100,0 Abruzzo

Basilicata Calabria Campania

Emilia Romagna Friuli Lazio Liguria Lombardia Marche Molise P.A. Bolzano P.A. Trento Piemonte Puglia Sardegna Sicilia Toscana Umbria Vda Veneto

Asse I Competitività Asse II Ambiente Asse III Qualità della vita e diversificazione

Nel caso delle Regioni Obiettivo 1, la presenza di un formale quadro strategico comune dato dal QCS, che individuava le linee prioritarie anche con riferimento agli interventi per l’agricoltura e lo svi- luppo rurale, ha favorito la concentrazione dell’attuazione intorno a determinati obiettivi. Il ruolo di indi- rizzo del QCS è stato ancora più chiaro in fase di riprogrammazione di metà percorso, quando tutti i POR hanno recepito l’indicazione di rafforzare e prestare più attenzione alle misure rivolte allo sviluppo del- le aree rurali. Si può dire che il quadro comune costituito dal QCS abbia anticipato alcuni degli elemen- ti fondanti dell’approccio strategico proposto per la nuova fase dal regolamento (CE) n.1698/2005 per garantire un equilibrio non solamente finanziario e il conseguimento degli obiettivi programmati.

L’esperienza del QCS risulta, pertanto, molto positiva con riferimento al metodo di lavoro. Il QCS ha promosso, infatti, un approccio comune con cui affrontare sia aspetti relativi alla programmazione (ad esempio la progettazione integrata o la Rete ecologica), sia aspetti relativi alla gestione (ad esempio con- trolli, monitoraggio, valutazione).

Nella programmazione dei PSR 2000-2006 è, invece, mancato un documento formale di indirizzo

strategico nazionale. È utile ricordare, tuttavia, che la redazione di un documento di Linee guida6ha favo-

rito un buon livello di unitarietà nella definizione iniziale delle strategie, pur non esercitando alcun vin- colo stringente sulle scelte di programmazione regionale. Tale documento, a differenza del QCS, non ha favorito il mantenimento di un approccio comune nel corso dell’attuazione.

3.3.1 Caratteristiche e principali risultati per Asse prioritario

Esaminando l’andamento complessivo della spesa per lo sviluppo rurale nella fase 2000-2006, si riscontra come in generale i programmi, sia POR che PSR, hanno articolato le proprie strategie di sviluppo prevedendo un’ampia gamma di misure. Tuttavia, se si guarda all’attuazione dei program- mi e alla spesa effettiva realizzata si osserva una forte concentrazione su poche tipologie di misure: premi (giovani e agroambiente), incentivi alle imprese e strade rurali (figura 3.3).

Figura 3.3 - Ripartizione della Spesa pubblica erogata dalle Regioni e Province Autonome per tipologie di intervento. -20% 0% 20% 40% 60% 80% 100% Abruzzo Basilicata Calabria Campania Emilia Romagna Friuli Lazio Liguria Lombardia Marche Molise P.A. Bolzano P.A. Trento Piemonte Puglia Sardegna Sicilia Toscana Umbria Vda Veneto Totale Italia 12 Capitale fisico 11 Capitale umano 21 Agricoltura sostenibile 22 Forestazione sostenibile 32 Qualità della vita 31 Diversificazione Altro

Fonte: elaborazioni Inea su dati Mipaaf.

Altro aspetto da evidenziare è la scarsa integrazione tra le diverse misure previste all’interno dei programmi, non tanto nella fase di definizione delle strategie e degli obiettivi, quanto nella fase di attuazione, quando la scelta delle modalità operative, dei criteri di selezione, ecc., non hanno favori- to che diverse misure operassero nella stessa direzione a livello di singolo beneficiario, territorio o filiera. Questa difficoltà è particolarmente visibile se si osserva la distribuzione dei progetti a livello territoriale o settoriale che non evidenziano particolari concentrazioni. Va comunque sottolineato

6 Il documento “La programmazione del Piano di sviluppo rurale nelle Regioni fuori Obiettivo 1” venne elaborato dal MiPAF su mandato della Conferenza Stato-Regioni (23 giugno 1999).

come in diversi contesti le Autorità regionali abbiano sperimentato strumenti che favorissero lo svi- luppo di progetti integrati sul territorio o nelle filiere.

Per quanto riguarda il Leader+ occorre evidenziare come gli interventi della passata program- mazione, non essendo integrati come ora nel mainstreaming dei programmi, non siano direttamente riconducibili alla suddivisione in assi prioritari di intervento e per questo le spese sostenute dai sin- goli Piani di sviluppo locale (PSL) non sono state inserite nell’analisi appena svolta. Per altro quasi tutti i programmi hanno fatto riscontrare difficoltà nel conseguimento degli obiettivi di spesa e il loro completamento è avvenuto solo nel corso del primo semestre del 2009. Occorre quindi una analisi più dettagliata dei contenuti dei Piani per comprendere come questa esperienza si rapporti alla program- mazione attuale.

Gli interventi a favore della competitività

Con riferimento agli interventi finalizzati a migliorare la competitività del settore agroalimentare emerge in primo luogo la forte concentrazione di risorse a favore delle misure che prevedono incen- tivi alle aziende agricole e alle imprese agroalimentari; quasi il 40% delle risorse erogate fa riferi- mento al miglioramento del capitale fisico delle aziende agricole, con punte anche del 50%.

Dall’esame delle valutazioni intermedie dei programmi è emerso più volte il ruolo positivo di questi interventi sulla redditività delle aziende beneficiarie. Tuttavia, tra gli elementi che possono inci- dere sulla piena efficacia di questi interventi si segnala la dimensione relativamente ridotta degli inve- stimenti aziendali, spesso per problemi di accesso al credito, ma anche per una scarsa propensione all’investimento. Un fenomeno diffuso in Obiettivo 1, legato a questi due aspetti e alla congiuntura negativa, è quello della caduta degli investimenti; molte aziende, infatti, pur essendo state seleziona- te tra quelle beneficiarie hanno rinunciato all’aiuto in quanto tra il momento di presentazione della domande e l’ammissione sono cambiate le condizioni. Spesso le Regioni hanno incontrato notevoli difficoltà a collegare, in particolare dal punto di vista operativo, l’insediamento dei giovani agricol- tori alla misura relativa agli investimenti aziendali. Alcune valutazioni intermedie dei programmi han- no tra l’altro evidenziato la difficoltà di accesso all’aiuto, non dei giovani agricoltori in generale, ma di quelli neoinsediati.

Dall’attuazione dei programmi si osserva, inoltre, la limitatezza delle risorse destinate ad azio- ni di sistema in grado di migliorare sia la dotazione dei servizi alle imprese (ad eccezione della for- mazione, sono molto rari interventi finalizzati a migliorare la capacità imprenditoriale nelle aziende), sia la dotazione infrastrutturale (con le misure di sviluppo rurale si è intervenuti quasi esclusivamen- te sulla viabilità rurale). In questi termini l’intervento è stato limitato non solo nell’ambito delle poli- tiche di sviluppo rurale ma anche nel contesto più ampio delle politiche di sviluppo regionale, in par- ticolare nelle regioni del Centro Nord dove l’integrazione con i DOCUP Obiettivo 2 e i POR Obiet- tivo 3 è stata sicuramente più difficoltosa.

In generale, sebbene sia un obiettivo esplicitato nella maggior parte dei programmi, si eviden- zia la difficoltà a integrare/concentrare gli interventi in una logica di filiera, in particolare per la dif- ficoltà di collegare i diversi strumenti disponibili. Questo è vero non solo con riferimento alle misu- re che prevedono l’erogazione di incentivi alle imprese, ma anche con riferimento agli altri strumen- ti disponibili, come i servizi, la formazione, le infrastrutture, la diversificazione aziendale, l’ingegneria finanziaria, che spesso non vengono considerati come elementi centrali nel raggiungimento del più generale obiettivo competitività del settore agroalimentare.

Una riflessione a parte va fatta sia per le misure a favore della qualità dei prodotti agricoli, per le difficoltà incontrate ad avviare la misura sulla commercializzazione, sia per le misure introdotte nel 2003 con la Riforma Fischler. Gli elementi che possono aver influenzato tale situazione sono:

- mancanza di una chiara strategia diretta a migliorare la commercializzazione dei prodotti agricoli di qualità integrata, strutturata e radicata nell’impianto programmatorio dei diversi POR e PSR - le difficoltà di tipo gestionale, legate all’innovatività e/o alla complessità degli interventi previsti

all’interno delle misure e, anche, la scarsa rispondenza degli interventi previsti alle esigenze degli operatori del settore agroalimentare. A questi elementi si associa, spesso, la mancanza di attività di animazione e informazione adeguate per sensibilizzare gli operatori circa le opportunità e i vantaggi che potrebbero derivare dal potenziamento delle produzioni di qualità, ma anche circa le difficol- tà e le criticità da superare

- difficoltà legate alla permanenza di vincoli comunitari, soprattutto per quanto concerne gli sbocchi di mercato, che hanno generato confusione e approcci spesso contraddittori.

Inoltre, è necessario ricordare che nel settore agroalimentare sono tuttora presenti degli ostaco- li che non favoriscono l’adesione degli agricoltori o di altri soggetti della stessa filiera a sistemi di qua- lità, né le Regioni hanno saputo attuare strategie in grado di incentivare le produzioni di qualità e di superare problemi, come:

- costo della certificazione, non sempre compensato dal riconoscimento di un più elevato valore aggiunto da parte del mercato. Per tutti può essere di esempio il caso estremo dei prodotti biologi, ai quali, dal commercio al dettaglio in particolare, non sempre viene riconosciuta una qualità supe- riore e corrisposto un prezzo alla produzione più elevato rispetto a quello dei prodotti ottenuti con tecniche agricole convenzionali. Là dove questo accade, soprattutto presso la Grande Distribuzio- ne organizzata (GDO), invece, i prezzi al consumo dei prodotti biologici sono proibitivi per la mag- gior parte dei consumatori

- un aspetto particolare legato ai prodotti biologici è quello relativo alla ridotta dimensione di nume- rose aziende produttrici e all’assenza, in numerose aree, di associazioni di produttori e di strutture comuni di stoccaggio, condizionamento e confezionamento o punti vendita, che potrebbero facili- tare l’immissione sul mercato dei prodotti di qualità. Analoghe considerazioni valgono anche per le cosiddette “produzioni integrate”.

Ambiente

Con riferimento agli interventi finalizzati alla tutela e alla valorizzazione delle risorse naturali, sia nei POR che nei PSR, si osserva la forte concentrazione della spesa sugli interventi a premio destinati alla sostenibilità dell’agricoltura (33%) e in particolare sulle misure agroambientali (29% delle risorse totali). Tuttavia anche in questo caso nelle scelte regionali si denota una forte differenzazione, in particolare tra le regioni del Centro Nord e quelle del Sud. Questa differenza è da ricondurre alla separazione degli inter- venti tra POR e PSR in queste regioni, dove la dotazione dei PSR è stata relativamente inferiore a quel- la dei POR senza ovviamente la possibilità di spostare ulteriori risorse verso gli interventi agroambientali. Negli ultimi anni gli interventi agroambientali stanno evidenziando una progressiva contrazione a causa della cessazione dell’elevato numero di impegni sottoscritti tra il 1999 e il 2000 in base al regola- mento (CEE) n. 2078/92. Comunque l’incidenza della SAU interessata da queste misure sulla SAU tota- le nazionale era ancora rilevante (17% circa nel 2005), anche se inferiore ai valori registrati in passato (22% nel 1999).

Vi è una netta prevalenza delle azioni rivolte al sostegno dei sistemi aziendali a basso impatto ambientale (agricoltura integrata e biologica), mentre tra le azioni più orientate a determinati settori e ter- ritori emergono gli interventi per la foraggicoltura permanente.

Per quanto riguarda l’agricoltura integrata si possono individuare due aspetti interrelati tra loro: lo sviluppo delle tecniche a ridotto impatto al di fuori degli schemi di incentivazione del PSR e il crescen-

te interesse alla produzione agroalimentare integrata da parte della media e grande distribuzione orga- nizzata che impone ai fornitori requisiti spesso anche più rigidi di quelli previsti dai disciplinari regiona- li e, grazie a specifici marchi commerciali, può offrire interessanti sbocchi di mercato. Il modello pro- duttivo integrato è destinato, a livello di principio, a rappresentare la nuova frontiera delle tecniche con- venzionali e, quindi, per includerlo nell’ambito delle azioni oggetto di incentivazione deve essere pro- fondamente rivisto.

Per quanto riguarda l’agricoltura biologica, a fronte di una scarsità di finanziamenti, alcune ammi- nistrazioni regionali hanno escluso queste azioni dal rinnovo dei contratti agroambientali, motivando tale scelta sulla base della crescente affermazione commerciale dei prodotti biologici. Tuttavia, la riduzione delle superfici biologiche complessive, che si registra negli ultimi tre anni, dimostra come alcuni agri- coltori non siano in realtà ancora pronti ad affermarsi sul mercato. Lo dimostra il fatto che una parte signi- ficativa della produzione viene ancora commercializzata nei canali convenzionali. Per queste tipologie di azione andrebbe meglio distinta la funzione di miglioramento nella gestione del territorio - che resta la principale giustificazione per la continuazione dei pagamenti agroambientali - dalla funzione di aumen- to della qualità e salubrità dei prodotti - che dovrebbe essere sempre più riconosciuta direttamente dal con- sumatore e potrebbe essere promossa attraverso altre misure dello sviluppo rurale.

L’insieme di misure rivolte alla conservazione della foraggicoltura permanente rappresenta una tipo- logia di intervento sostanzialmente settoriale (in genere si premiano i prati e i pascoli e non l’intero siste- ma aziendale), potenzialmente più orientata a concentrarsi in determinate aree (soprattutto collina e montagna) e direttamente collegabile a obiettivi ambientali (erosione del suolo, aumento sostanza orga- nica, miglioramento del paesaggio).

Tra le restanti misure va ricordato che il sostegno offerto alle razze animali in via di estinzione ha consentito interessanti recuperi di convenienza economica nell’allevamento di razze podoliche che andrebbero proseguiti nella futura programmazione. La scarsa applicazione degli interventi per le specie vegetali a rischio di estinzione impone un ripensamento anche alla luce del nuovo programma comuni- tario per la conservazione e l’utilizzazione delle risorse genetiche in agricoltura (regolamento (CE) n. 870/2004). Infine la diffusione limitata soltanto ad alcune regioni delle misure per l’introduzione e il man- tenimento di siepi e elementi storico naturali sembra dovuta a una scarsa percezione delle importanti opportunità di manutenzione delle risorse naturali in ambito rurale che potrebbero essere garantite con la remunerazione degli agricoltori per le esternalità positive generate dall’attività agricola.

Oltre l’agroambiente, tra le misure con una valenza ambientale, una quota comunque importante del- la spesa fino a oggi realizzata, pari a circa il 4% del totale POR e PSR, è stata riservata alle indennità com- pensative per le zone svantaggiate. In Italia le zone svantaggiate individuate ai fini della concessione del- le indennità compensative rappresentano oltre il 60% del territorio e, in alcuni specifici ambiti superano il 90% (Basilicata, Provincia di Bolzano) o interessano, addirittura, la totalità della superficie territoriale (Valle d’Aosta, Provincia di Trento). Dall’applicazione delle indennità compensative, la considerazione principale è costituita dal fatto che questo regime di aiuto sembra non essere in grado di compensare in modo adeguato lo svantaggio naturale cui sono sottoposte le aziende agricole, ovvero ad assicurare il man- tenimento di comunità locali vitali. Secondo aspetto non irrilevante legato all’applicazione delle inden- nità compensative è relativo alla presenza di effetti di sperequazione tra le aziende, specialmente in rela- zione agli orientamenti produttivi, che generano sovente casi di sovra e di sottocompensazione e, comun- que, diffuse disparità di trattamento tra le imprese beneficiarie. Da più parti emerge la necessità di rive- dere il meccanismo di erogazione delle indennità compensative (massimali, limiti e modulazione) poiché l’applicazione dell’intervento non è sempre adeguata alle realtà locali, caratterizzate da agricolture mol- to diverse tra loro e con differenti specificità da salvaguardare.

Altro gruppo di misure importanti in ambito ambientale è rappresentato dagli interventi forestali per i quali è sicuramente mancata una chiara programmazione strategica. Sono state infatti attuate diverse

tipologie di intervento, con una frequente dispersione di fondi a cui si aggiunge il problema, già eviden- te in fase di programmazione iniziale, del trascinamento degli impegni assunti per gli imboschimenti finanziati con il regolamento (CEE) n. 2080/92.

Per quanto riguarda gli interventi sulla filiera, come nelle precedenti programmazioni, scontano il problema dell’integrazione dei settori della trasformazione industriale che non può essere finanziata con misure e investimenti a valere sullo sviluppo rurale. Altra questione importante, che raramente viene considerata nella programmazione degli interventi forestali, è la concentrazione territoriale degli interventi. La maggior parte delle Regioni prevede l’applicazione di queste misure forestali su tutto il territorio regionale, senza alcuna forma di priorità (o esclusività) territoriale.

Diversificazione e qualità della vita nelle aree rurali

L’attuazione delle misure più direttamente rivolte allo sviluppo delle aree rurali è stata caratte- rizzata dalla presenza di diverse criticità da ricondurre principalmente al loro carattere innovativo, che hanno portato molto spesso le Regioni a destinare una quota molto ridotta delle risorse complessive a disposizione dei programmi.

Proprio per queste misure uno dei problemi maggiori è rappresentato dal raggiungimento effet- tivo dei potenziali beneficiari: la conoscenza di alcuni di questi temi innovativi e delle possibilità offerte dalle politiche non è ancora pienamente diffusa. Per tale motivo è probabilmente necessaria una più incisiva azione di informazione e animazione dei soggetti (aziende, singoli individui, enti pub- blici, ecc.) delle aree rurali più deboli a cui sono potenzialmente destinate. Altra questione rilevante è rappresentata dalla scarsa sinergia e complementarietà con gli interventi finanziati dagli altri Fon- di strutturali nelle aree rurali.