Come nasce il FAS
2.3 La programmazione forestale in Italia
La politica forestale italiana è stata sempre caratterizzata da un forte indirizzo pubblico, espres- so attraverso interventi normativi finalizzati alla produzione e salvaguardia del patrimonio naturale e, solo recentemente, attraverso politiche più indirizzate alla multifunzionalità del settore forestale. L’ultimo atto in questa direzione è la Legge finanziaria 2007, che al comma 1082 prevede la predi-
sposizione di un Programma quadro strategico nazionale per il settore forestale4(PQSF).al fine di defi-
nire una chiara strategia forestale nazionale, rispondendo così alle esigenze di omogeneizzazione del- le politiche e di coordinamento degli interventi e degli strumenti regionali, nazionali e comunitari esi- stenti sul territorio per lo sviluppo del settore forestale.
Ancora oggi però, a regolare e disciplinare il settore forestale nazionale vi è la Legge Serpieri5del
1923, con cui vengono definiti gli obblighi del “non fare”, normando il diritto di proprietà sui terreni fore- stali e introducendo vincoli (introduzione del “vincolo idrogeologico”) e limitazioni che hanno fortemente influenzato nel corso degli anni successivi la normativa forestale, soprattutto regionale. Essa, tra l’altro, concilia l’aspetto produttivistico del bosco con quello sociale e ambientale, ovvero il bosco inteso come mezzo di difesa contro fenomeni di dissesto idrogeologico. Negli anni ’70, con il trasferimento alle
Regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e foreste6nel nostro Paese cambia radi-
calmente l'approccio alle politiche forestali. Allo Stato rimangono, infatti, residue competenze di carattere generale e programmatico e vengono anche ridimensionate le competenze gestionali esercitate attraver- so il Corpo Forestale dello Stato (CFS). Le Regioni hanno utilizzato strumenti diversi per far fronte alle necessità del settore, determinando così un quadro normativo disomogeneo e diversificato, legato soprat- tutto alla storia, alla cultura e all’economia del territorio regionale. Inoltre le leggi regionali in materia fore- stale molto spesso contengono solo indicazioni di massima, rinviando l’emanazione delle misure di det- taglio a successivi provvedimenti, più volte disattesi dalla Giunta regionale o dal Consiglio provinciale. In particolare, l’attenzione è stata principalmente rivolta alla definizione dei criteri di gestione e utilizza- zione, esaltando soprattutto le funzioni protettive e produttive dei boschi e in particolare la salvaguardia dagli incendi boschivi. Sono comunque emersi interessanti elementi innovativi riguardanti la definizio- ne di bosco, i rimboschimenti compensativi, la definizione di nuove finalità oltre a quelle produttive e pro- tettive (ecologiche, paesaggistiche, culturali, miglioramento delle condizioni e della qualità della vita), la valorizzazione della pianificazione forestale, l’ampliamento delle Prescrizioni di Massima e di Polizia
Forestale7(PMPF), la regolamentazione nella fruizione del bosco, il divieto del taglio raso, la promozio-
ne del taglio colturale e il ruolo delle forme associative di gestione. L’attuazione di differenti politiche, ha visto le Regioni dotarsi di proprie strutture forestali o delegare, in tutto o in parte, agli enti territoriali (Comunità Montane, Province o Comuni) l’organizzazione del settore. Molto spesso, dove si è operata una forte delega agli enti territoriali, non si è verificato il necessario mantenimento di un’adeguata strut- tura tecnica, garantita in passato dal CFS.
4 PQSF: i lavori sono già stati avviati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf), con un tavolo tecnico inte- ristituzionale composto da Mipaaf, Cfs, Mattm, Inea, Ismea e Regioni. L’ultima proposta del PQSF, approvata il 6 novembre 2008 dal Gruppo di lavoro, arricchita e integrata con le osservazioni e i contributi pervenuti dal partenariato socio-economico, è stata invia- ta alla Conferenza Stato-Regioni per la procedura di intesa e la sua definitiva approvazione entro la fine dell’anno. 5 Regio decreto legge n. 3267 del 1923 “Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di terreni montani”. 6 Dpr n.11 del 15 gennaio 1972, e Dpr n.616 del 24 luglio 1977.
Per arrivare a una visione più ampia e completa della risorsa forestale, in cui si inseriscano anche i problemi ambientali e quindi la valenza ecologica, superando il concetto di “vincolo idrogeologico”
introdotto nel 1923, bisogna aspettare la metà degli anni ‘80 con la Legge Galasso8, recante disposi-
zioni urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse ambientale. Tale legge istituisce il "vin- colo paesaggistico" e, in particolare, classifica “bellezze naturali” i boschi in quanto tali, attribuen- dogli funzioni nuove, tra le quali quelle estetico-ricreative. Il bene naturale assume, quindi, un valo- re sociale e di interesse pubblico. Inoltre, la legge stabilisce quali interventi e attività sono immedia- tamente consentiti e quali, invece, sono sottoposti a procedimento autorizzato, al fine di conciliare gli interessi legati all’attività economica con quelli della tutela ambientale.
Negli stessi anni, nasce il primo documento programmatico9rilevante per il settore foresta-legno,
che ha permesso la redazione del primo Piano forestale nazionale (PFN) (approvato dal CIPE il 2/12/1987), separatamente dal Piano agricolo nazionale. Si tratta di un documento che riconosce al settore forestale obiettivi propri, autonomia e specificità e in cui il bosco viene inteso come risorsa naturale rinnovabile in grado di svolgere ulteriori funzioni oltre alla produzione legnosa. Vengono individuati un obiettivo guida (valorizzazione economica e funzionale delle foreste) e un obiettivo prioritario (potenziamento economico del sistema forestale con il coinvolgimento diretto di capitali e attività dei privati). Quest’ultimo, a sua volta, si sviluppava in tre obiettivi specifici:
1. intervento pubblico a scopo protettivo e conservativo dei boschi e delle aree naturali degradate 2. maggiore integrazione tra agricoltura e foreste
3. sviluppo di una più stretta collaborazione tra foreste e industria del legno; incremento dell'auto approvvigionamento.
Le azioni previste per il perseguimento dei tre obiettivi vennero articolate per competenza, orizzontalmente dall’Amministrazione centrale, e verticalmente dalle Regioni, inquadrandole in due gruppi finalizzati, il primo al “potenziamento delle imprese forestali e della filiera legno” e il secon- do al “potenziamento delle infrastrutture”.
Il Piano nazionale per le foreste non ha purtroppo trovato un’applicazione concreta e completa, registrando una scarsa sensibilità da parte delle grandi organizzazioni agricole nonché - e soprattutto - degli amministratori in genere. Fattori sicuramente di non poco conto sono anche stati la scarsa dota- zione finanziaria (500 miliardi di lire in cinque anni), la mancanza di una corrispondenza con analo- ghi strumenti di programmazione in ambito regionale, uno scarso coinvolgimento dei privati anche per i vincoli posti dalle normative vigenti.
Negli anni successivi lo scenario normativo nazionale cambia ancora, prima con il decentra-
mento attuativo della politica agricola e forestale attuato dalle leggi Bassanini10, e infine con la
Legge Costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001. Con quest’ultima, infatti, la materia forestale diventa definitivamente di esclusiva competenza delle Regioni, lasciando allo Stato soltanto la tutela del- l’ambiente. Per quanto riguarda invece il governo del territorio (programmazione e pianificazione), rimane (ancora oggi) oggetto di legislazione concorrente e spetta quindi alle Regioni legiferare, sal- vo che per la determinazione dei principi fondamentali. La mancanza di un coordinamento tra la nor- mativa ambientale e quella più specifica in materia forestale, nonché l’assenza di una definizione uni- voca di alcuni termini chiave (bosco, foresta, taglio colturale), hanno lasciato un vuoto che spesso ha determinato interpretazioni non univoche, oggetto di numerose sentenze del TAR e della Corte di Cas- sazione (PQSF pag.17).
8 Legge n.431 del 1985, modificata e integrata con il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. 9 Legge Pluriennale di spesa per il settore agricolo n. 752 del 1986.
Parallelamente anche il contesto politico e normativo comunitario e internazionale cambia sen- sibilmente e l’Italia, come Stato membro dell’UE, conformemente agli accordi stipulati nel processo
Paneuropeo delle conferenze Ministeriali11e in aderenza alla Strategia forestale europea12e al Piano
d’Azione per le foreste dell’UE, si impegna a “formulare e/o implementare” programmi forestali nazionali o strumenti equivalenti, per poter così applicare e sviluppare su scala nazionale i principi assunti a livello internazionale e europeo. In tale contesto, assume particolare importanza il decreto legislativo n. 227/2001 “Orientamento e modernizzazione del settore forestale”, che si configura come una vera e propria legge quadro, riconoscendo la fondamentale necessità di legare la politica forestale nazionale agli impegni sottoscritti dal nostro Paese in sede comunitaria e internazionale, riconducibili tutti al concetto di Gestione forestale sostenibile (GFS). Questa norma in qualche modo colma le lacune normative esistenti, introducendo un opportuno collegamento tra la normativa propria del settore forestale con quella paesistico-ambientale, riconoscendo anche l’importanza della silvi- coltura nella conservazione attiva delle risorse forestali e come strumento per lo sviluppo socioeco- nomico delle popolazioni rurali e montane.
Nel 2005 sono state emanate, dal Ministero dell’ambiente e tutela del territorio e del mare
(MATTM) e dal Mipaaf, le “Linee Guida di programmazione forestale13”, in cui si definiscono le linee
di tutela e gli elementi strategici essenziali che la politica forestale deve seguire per la conservazio- ne, valorizzazione e sviluppo delle foreste e dei prodotti forestali. Gli obiettivi prioritari individuati sono: la tutela dell’ambiente, il rafforzamento della competitività della filiera foresta-legno, il miglio- ramento delle condizioni socioeconomiche degli addetti e il rafforzamento della ricerca scientifica. Viene altresì ribadito il ruolo multifunzionale strategico delle foreste, anche come fonte di energia rin- novabile, e sottolineato l’impegno, da parte di “tutti i responsabili dei diversi settori legati alle fore- ste, a collaborare strettamente per la protezione e il corretto utilizzo dei boschi”, al fine di raggiungere gli obiettivi nazionali e internazionali di tutela dell'ambiente. Viene anche dato maggior risalto alla tutela della biodiversità negli ecosistemi forestali, alla rintracciabilità del legno e alla pianificazione e certificazione della “buona” gestione forestale.
Le Linee guida non sopperiscono alla mancanza di un reale documento nazionale di pianifica- zione forestale e la competenza esclusiva delle Regioni in tale ambito ha contribuito a rendere i Pia- ni forestali regionali (PFR), dove realizzati, gli unici veri e propri strumenti di programmazione ter- ritoriale del settore. Nel periodo di programmazione 2000-2006, la loro redazione è stata di mero accompagnamento all’elaborazione dei Piani di sviluppo rurale, rappresentando la condizione neces- saria per la predisposizione e l’attuazione delle misure a favore del settore forestale nell’ambito del- lo sviluppo rurale. La mancata o non completa predisposizione dei documenti di pianificazione fore- stale ha, inoltre, posto a rischio di cofinanziamento comunitario la spesa realizzata dalle Regioni nel- l’ambito dei programmi comunitari 2000-2006. Il quadro complessivo risultava però differenziato,
con la quasi totalità delle regioni in possesso del Piano anti incendio boschivo (Piano AIB14), secon-
do quanto previsto dalla normativa vigente, mentre solo la metà delle regioni era dotata di un “Piano Forestale”, il cui contenuto risultava spesso differente tra una regione e l’altra, sia nei principi che nei tempi di attuazione. Ed è per questo che i PSR hanno, in molti casi rappresentato l’unico strumento
11 Conferenze ministeriali per la protezione delle foreste (in particolare ci si riferisce a quelle tenutesi a Strasburgo nel 1990, ad Helsinki nel 1993 e a Lisbona nel 1998) note anche come MCPFE o Processo Pan-europeo, che vede i Ministri europei, responsabili per la gestione delle foreste, ufficialmente impegnati a portare avanti una serie di attività comuni.
12 Comunicazione della Commissione al Consiglio sulla strategia forestale dell’UE (Documento COM(1998)649), pubblicata il 18 novembre 1998 e recepita dal Consiglio con risoluzione del 14 dicembre 1998 (1999/C/56/01).
13 Decreto Ministeriale 16 giugno 2005 (GU n.255 del 2 novembre 2005). 14 Piani di previsione e lotta attiva contro i danni derivanti dagli incendi boschivi.
pianificatore regionale per il conseguimento di chiari obiettivi a favore del settore forestale. Anche per la nuova fase di programmazione per lo sviluppo rurale 2007-2013, viene ribadita la necessità di adot- tare Piani forestali nazionali o strumenti equivalenti (nel caso del decentramento previsto dal nostro Paese ci si riferisce a Piani regionali), ispirati agli impegni contratti in ambito internazionale, per poter dare coerenza alle misure a favore del settore forestale e un valido contributo all’attuazione della Stra- tegia forestale comunitaria di sviluppo.
In ottemperanza al decreto legislativo n. 227/01 e alle successive linee guida nazionali per il set- tore con cui viene offerto un supporto alle Regioni per programmare e legiferare in materia forestale e a conferma della crescente attenzione, non solo politica, sulle tematiche forestali e ambientali è inte- ressante notare come negli ultimi anni siano stati approvati numerosi atti legislativi regionali (leggi in materia forestale, regolamenti attuativi e anche Piani forestali), con moderne visioni che assimila- no pienamente i criteri generali enunciati a livello internazionale e comunitario. I nuovi Piani forestali regionali, in parte già adottati o in corso di predisposizione, rappresentano un fondamentale strumento strategico sia per il coordinamento della gestione e dello sviluppo che per garantire una effettiva gestione sul territorio.
I PFR si ispirano ai sei criteri di Gestione forestale sostenibile concordati alla Conferenza
MCPFE15di Helsinki nel 1993. Per ciascun criterio vengono individuate una serie di azioni che si ren-
dono necessarie per il pieno rispetto del criterio stesso. I concetti di sostenibilità dello sviluppo e di GFS si sono ormai affermati tanto da essere considerati un punto di ispirazione fondamentale per tut- te le politiche ambientali e in particolar modo per le politiche forestali.
Nelle Regioni dotate di Piani forestali o strumenti equivalenti emergono diversificate modalità di intervento (Piani regionali, suddivisioni sub regionali di pianificazione, Piani provinciali o territo- riali), le cui funzioni e finalità appaiono spesso sovrapposte a causa di non chiare indicazioni relati- ve alla scala territoriale e amministrativa di competenza (regionale, provinciale e comunale). In mol- ti casi questo comporta una scarsa visione strategica di medio-lungo periodo per la programmazione del settore. In generale la programmazione forestale regionale cerca di individuare interventi e tem- pi utili per realizzare una corretta gestione dei propri boschi correlandola all’erogazione di servizi uti- li ai proprietari e alla collettività.
Come accennato in precedenza, al fine di armonizzare l’attuazione delle disposizioni soprana- zionali in materia forestale (CBD, MCPFE, UNFCCC-Protocollo di Kyoto, ecc.), in aderenza al Pia- no d’azione per le foreste dell’Unione europea, sulla base degli strumenti di pianificazione regionali esistenti e delle Linee guida nazionali definite ai sensi dell’art. 3 decreto legislativo n. 227/2001, nel- la molteplicità e complessità delle tematiche riconducibili al settore il Mipaaf e il MATTM stanno pre- disponendo il Programma quadro per il settore forestale (PQSF), finalizzato a favorire la gestione fore- stale sostenibile e a valorizzare la multifunzionalità degli ecosistemi forestali.
Questo documento di programmazione è teso a definire, rappresentare e condividere i principi di indirizzo internazionale e nazionali in materia forestale, in modo complementare e coordinato alle poli- tiche forestali già definite e attuate dalle amministrazioni regionali. Il PQSF sottolinea il ruolo delle fore- ste quale fattore di sviluppo ed elemento di tutela del territorio, individuando nella gestione attiva e soste- nibile del patrimonio forestale lo strumento principale per valorizzare le potenzialità del bosco, come “risorsa” economica, socioculturale e ambientale di tutela del territorio e di sviluppo locale.
15 Il processo Paneuropeo delle Conferenze Ministeriali per la Protezione delle Foreste in Europa (MCPFE) prende l’avvio nel 1990 qua- le iniziativa volontaria di alto livello politico a cui partecipano tutti i paesi europei, con lo scopo di promuovere la protezione e la gestione sostenibile delle foreste nell’intero continente. Si è articolata in una serie di cinque conferenze ministeriali: Strasburgo (1990), Helsinki (1993), Lisbona (1998) e Vienna (2003) e Varsavia (2007), che hanno portato alla definizione di numerose Dichiarazioni e Risoluzioni
Il PQSF inoltre, in forma coordinata, intende, oltre che attuare gli impegni internazionali sotto- scritti dal Governo italiano in materia di foreste, anche costituire un quadro di riferimento strategico, di indirizzo e di coordinamento per il settore forestale nazionale, perseguendo il seguente obiettivo generale: incentivare la gestione forestale sostenibile al fine di tutelare il territorio, contenere il cam- biamento climatico, attivando e rafforzando la filiera forestale dalla sua base produttiva e garanten- do, nel lungo termine, la multifunzionalità e la diversità delle risorse forestali. Vengono quindi indi- viduati quattro obiettivi prioritari, da raggiungere nell’arco di dieci anni (a partire dal I° Gennaio 2009), utilizzando tutti gli strumenti di intervento presenti e attivabili a livello nazionale:
A. Sviluppare una economia forestale efficientee innovativa: Migliorare la competitività nel lun- go periodo del settore forestale, individuando nella componente economica i presupposti per l’uso sostenibile del patrimonio forestale.
B. Tutelare il territorio e l’ambiente: Mantenere e migliorare la funzione protettiva delle forma- zioni forestali e difenderle dalle avversità naturali e antropiche. Tutelare la diversità biologica e pae- saggistica, l’assorbimento del carbonio, l’integrità e la salute degli ecosistemi forestali.
C. Garantire le prestazioni di interesse pubblico e sociale : Mantenere e valorizzare la dimensione sociale e culturale delle foreste, trasformando i boschi in uno strumento di sviluppo, coesione socia- le e territoriale.
D. Favorire il coordinamento e la comunicazione: Migliorare la cooperazione interistituzionale al fine di coordinare e calibrare gli obiettivi economici, ambientali e socioculturali ai diversi livelli organizzativi e istituzionali, informando anche il pubblico e la società civile.
Il perseguimento degli obiettivi prioritari coinvolge numerosi ambiti di intervento che sono oggetto di programmi settoriali e territoriali sia a livello regionale e nazionale, nonchè basati sul cofi- nanziamento comunitario. Di fatto tali programmi costituiranno l’architettura portante dell’attuazio- ne della strategia forestale nazionale, e potranno, nel contempo, essere integrati da nuove tipologie di azioni attualmente non previste dagli strumenti di programmazione esistenti. Il programma avrà così il compito di favorire ogni possibile sinergia tra e con le Amministrazioni competenti, al fine di migliorare l'efficacia e l'efficienza della spesa per il settore nel medio e lungo termine ed essere uno strumento condiviso internamente che rappresenti all'estero la realtà forestale italiana.