• Non ci sono risultati.

Progetto Homeless come buona pratica di partnership pubblico-privato

Partnership pubblico-privato a Pisa: studio di caso sul Progetto Homeless

4.3. Studio di caso sul Progetto Homeless a Pisa: il disegno della ricerca

4.3.4. Progetto Homeless come buona pratica di partnership pubblico-privato

Dopo aver sondato il campo relativo a tutti gli attributi che deve avere una PPP e aver descritto le caratteristiche, nello specifico, del Progetto Homeless come PPP, un gruppo di domande sono state dedicate a capire se il Progetto Homeless può costituire una buona pratica da seguire e perché. Tutti i testimoni sono concordi nell’indicare il progetto come una pratica innovativa da considerare sicuramente come un buon esempio soprattutto nell’ambito dei servizi a bassa soglia.

- 139 -

Questo perché il grande vantaggio della PPP è quello di contribuire al miglioramento della qualità nella realizzazione di un’attività o di un servizio, mirando a ricomprendere in tutte le fasi del progetto il soggetto privato.

Il Progetto Homeless si è inserito sicuramente, a detta dei nostri testimoni, all’interno del paradigma della Social Innovation di cui abbiamo discusso nel precedente capitolo, per diversi motivi: è nato come esempio di co-progettazione in un momento legislativo italiano in cui ancora mancava qualsiasi riferimento a forme di collaborazione di questo tipo (il progetto nasce nel 1996 e i primi riferimenti alla co-progettazione si hanno con la legge 328/2000); si configura come un progetto fortemente voluto da un soggetto privato e avallato, per più di venti anni, da qualsiasi amministrazione pisana si sia susseguita in questi anni; la presenza del soggetto pubblico ha consentito l’instaurazione di rapporti con tutti i servizi della rete locale, regionale e nazionale (ad esempio la Fio.PSD), ampliando lo spettro e la qualità dei servizi offerti (un esempio può essere costituito dalla convenzione con il servizio sanitario relativo ai quattro posti dedicati alle dimissioni ospedaliere di persone senza fissa dimora o al progetto PAAS, cioè lo sportello informatico a disposizione degli utenti e dei cittadini realizzato tramite un finanziamento regionale).

Certamente sì, ci sono varie componenti all’interno del progetto che in qualche caso hanno già rappresentato una sorta di modello da proporre su altri territori. Questi tavoli di consultazione e progettazione sono un esempio da seguire. Non è scontato che le cose procedano in questo modo, ci sono realtà dove non esiste proprio questa co-progettazione, per quelle che sono le nostre sensazioni le cose funzionano meglio dove questo rapporto è intenso. Quini certamente può rappresentare un modello da esportare. (Testimone n.1)

Sicuramente si, anche per altri progetti. Perché penso che da parte dell’ente committente questo aver lasciato l’adeguata autonomia avendo esercitato un controllo altrettanto importante, abbia permesso all’ente gestore di crescere anche nell’assunzione di responsabilità e nella capacità di rischiare nell’intraprendere scelte non scontate. La nostra cooperativa sociale ha sviluppato professionalità e modelli di intervento perché avuto l’autonomia per poterlo fare, pur essendo un ente gestore, ma un’autonomia su cui poi è stato esercitato un controllo. Quindi il soggetto pubblico ha svolto questo ruolo di controllo illuminato, che ha permesso a chi gestisce di avere la consapevolezza di gestire servizi finanziati con risorse pubbliche, quindi una volontà di non disperdere un patrimonio sotto diversi punti di vista, cosa che ha fatto maturare come buona prassi la consapevolezza che quando un rapporto è scritto con queste regole la fiducia dell’ente pubblico, intesa come garanzie che richiede l’ente non solo con riguardo alla deontologia professionale (l’operatore che tratta l’ospite con rispetto, che fa bene il suo lavoro perché si occupa in maniera professionale delle persone che hanno bisogno), lo fa sapendo in qualche modo di avere in tuto questo un ruolo che rappresenta nella città anche un servizio pubblico. (Testimone n.3)

- 140 -

Ci sono molti elementi che, per territori diversi da Pisa, sono ancora tutti utilizzabili, nel senso che se diamo uno sguardo in giro per la Toscana non ci sono molti servizi impostati in questo modo; è un settore che è rimasto un po’ indietro apparentemente, per cui oggi si può dire che se qualcuno ripercorresse il sentiero che abbiamo tracciato noi verosimilmente arriverebbe ad un buon prodotto e lo farebbe in maniera ancora innovativa. Però penso che oggi ci siano anche altre strade da percorrere, per cui forse la frontiera nuova non siamo noi; […]Abbiamo seguito un percorso molto nuovo rispetto alla tradizione dei servizi per la marginalità che erano tutti delegati al privato, caratterizzate come non appartenenti all’istituzione, poi vengono sempre di più istituzionalizzate. Noi nasciamo in maniera diversa e nuova: siamo sempre stati attenti a dove c’era il cambiamento e lo abbiamo cercato di cogliere con opportunità nuove. (Testimone n. 2)

Durante questa collaborazione non si sono mai verificate criticità nel rapporto tra i due soggetti o problemi che hanno ostacolato l’attività del progetto, grazie ad una sinergia tra i due partner e a un rapporto di fiducia reciproca, nel rispetto dei diversi ruoli e nella capacità di includere l’uno delle scelte dell’altro.

In realtà, se dovessi trovare punti critici della collaborazione pubblico-privato faticherei parecchio, perché è sempre stato un rapporto molto positivo: i rapporti sono sempre stati orizzontali, quindi ci siamo sempre confrontati e riusciti a trovare soluzioni comuni. (Testimone n. 1)

In tutti questi anni, criticità così gravi da aver segnalato un’impasse a mio parere non ce ne sono state. È vero che difficoltà molte volte sono state dovute a mere questioni organizzative […]. Però se dovessi dire che questi episodi per numerosità, frequenza abbiano in qualche modo significativamente prodotto delle sfasature, non ho memoria di criticità. (Testimone n. 3)