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3 Prospettive future della ricerca

Nel documento Nuovi sguardi sulle scienze cognitive (pagine 189-195)

Gli utilizzi delle banche dati genetiche illustrate prima per studiare i geni del linguaggio sono molteplici. Un primo possibile uso riguarda l’incrocio tra i risultati ottenuti da studi precedenti, come quelli sul FOXP2, il CNTNAP2 o altri, con le banche dati genetiche delle popo- lazioni umane. Una caratteristica di molti dei precedenti studi è, infatti, l’esiguità numerica del campione considerato a causa delle finalità cli- nico-diagnostiche; le basi dati genetiche consentono di avere un vasto campione di riferimento per analizzare la significatività statistica dei polimorfismi ottenuti, così come di altre forme di variazione genetica.

La disponibilità inoltre dell’intero genoma umano rende possibile un’analisi di altri eventuali geni correlati con i DSL, con lo sviluppo neuro-cognitivo, con lo sviluppo anatomico-morfologico, e quindi anche del linguaggio, che singoli studi mirati su ristrette regioni geno- miche non possono fare. Studi di questo tipo possono essere utili sia a una maggiore comprensione di quali siano i geni del linguaggio, sia allo sviluppo di criteri diagnostici più accurati nel trattamento delle patologie del linguaggio.

4 http://www.hagsc.org/hgdp/

L’antropologia molecolare nello studio delle basi genetiche del linguaggio: una prospettiva futura

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Tecniche basate sulla bioinformatica (Hoban, et al. 2012) e lo sta-

tistical machine learning (Hastie, et al. 2009; Witten, Frank 2005)

possono essere utili sia per analizzare la reale correlazione tra geni e linguaggio, sia per individuare eventuali loci genetici (anche in re- gioni oggi trascurate) altamente predittivi di disturbi del linguaggio, fino a poter arrivare allo sviluppo di kit diagnostici basati su SNP- panel (Single Nucleotide Polymorphism-Panel). La presenza di alcune migliaia di campioni inoltre rende possibile compiere un’analisi delle significatività statistica dei risultati ottenuti, difficilmente ottenibile usando tecniche tradizionali.

Lo studio delle varianti genetiche di questi vari target genomici tra le diverse popolazioni (geni, SNPs, esoni, etc.), sia quelli oggi noti sia quelli che individueremo nel prossimo futuro, può essere analizzata e confrontata in rapporto ai pochi ma preziosi genomi degli umani ance- strali (Neanderthal, Denisovan, Ust’-Ishim) nonché con altri genomi di riferimento non umani (e.g. altri primati, topi, uccelli canori).

Questo consentirà di comprendere meglio l’evoluzione delle ca- pacità linguistiche all’interno dell’evoluzione umana e di superare il cerebrocentrismo (cfr. Pennisi, Falzone 2016a) nella “spiegazione” biologica delle facoltà cognitive umane prendendo in considerazione anche i livelli biomolecolari ed ecologici (Gagliardi 2017; cfr. Bateson 1977); inoltre non sono da escludere delle ricadute applicative in ambito clinico e diagnostico.

Concludendo, alcune delle questioni che oggi si pongono in an- tropologia molecolare e nello studio del linguaggio e dei sui disturbi (DSL) potranno forse trovare una risposta nel prossimo futuro, ma sicuramente molte delle domande che resteranno aperte emergeranno proprio dalle prossime ricerche in questo campo.

Acknowledgment

Questo articolo è una versione estesa e rivisitata del lavoro presentato al 12° convegno annuale dell’Associazione Italiana di Scienze Cognitive (AISC): “Language, Cognition and Society”, Genova, 10-12 dicembre 2015.

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