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Veloce e più veloce

Nel documento Nuovi sguardi sulle scienze cognitive (pagine 106-112)

Luciano Cel

1. Veloce e più veloce

Uno degli aspetti più rilevanti della nostra società è la tendenza a crescere in termini di capacità e di velocità (abbiamo costantemente sotto gli occhi auto più grandi e più veloci di quante ve ne fossero trenta o quaranta anni fa). In generale la nostra società richiede costan- temente un surplus di energia per eseguire lavori più velocemente di quanto accadesse in passato.

Ugo Bardi, professore di Chimica all’Università di Firenze, usa una sorta di aneddoto paradigmatico per mostrare ai suoi studenti questo fenomeno: tanto più elevata sarà l’intensità nell’uso dell’e- nergia, quanto più veloce sarà la caduta della nostra società.

In particulare Bardi ha utilizzato una frase famosa scritta dal filo- sofo romano Lucio Anneo Seneca: «Sarebbe una consolazione per la nostra debolezza e per i nostri beni se tutto andasse in rovina con la stessa lentezza con cui si produce e, invece, l’incremento è graduale, la rovina precipitosa»1.

Casi utili a evidenziare questa dinamica possono essere rintracciati sia nelle popolazioni umane che animali: nel prossimo paragrafo verifiche- remo, con una semplice analisi linguistica, questi elementi nel bestseller di Jared Diamond Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere2.

1 Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, n. 91. La descrizione completa di questo paradigma, chiamato Effetto Seneca, può essere trovata online all’indirizzo: http:// ugobardi.blogspot.it/2011/09/effetto-seneca-perche-il-declino-e-piu.html (tutti i link sono stati controllati alla data del 24 luglio 2017).

1.1 Le parole per esprimere la natura del precipizio

Jared Diamond, diventato celebre per il suo libro precedente (1997), in Collasso ha analizzato il modo in cui alcune popolazioni del passato – spesso non in equilibrio con l’ambiente – hanno fronteggiato la questione della loro sopravvivenza e in quali casi le loro strategie hanno avuto successo o meno.

Il leitmotiv linguistico del declino sembra essere lo stesso della crescita: “veloce” e “rapido”. In particulare, sin dall’inizio: «Spesso la storia delle civiltà è paragonata alla vita dell’uomo, tanto che si parla di nascita, crescita, maturità, vecchiaia e morte di un popolo, presupponendo che il lungo periodo di vecchiaia che per quasi tutti noi separa la maturità dalla morte caratterizzi anche le società nel loro complesso. Questa metafora, però, non funziona se applicata a molte delle civiltà passate (e alla moderna Unione Sovietica) che comincia- rono a declinare rapidamente subito dopo aver raggiunto il culmine (in grandezza e potenza) e la cui rovina dovette giungere del tutto inaspettata agli stessi abitanti»3.

E, parlando di eventi accaduti sull’isola di Pasqua, Diamond scrive: «Attorno al 1680, al tempo del colpo di mano militare, i clan cessa- rono di erigere le proprie statue e si dedicarono invece ad abbattere quelle dei nemici, facendole cadere in avanti su un lastrone di pietra piazzato in modo tale da frantumarle. Come accadde per i maya e gli anasazi […], l’isola di Pasqua incominciò un rapido declino subito dopo aver raggiunto l’apice in quanto a popolazione, a costruzione di monumenti e a deforestazione»4.

E ancora, quando scrive della popolazione Anazasi: «Ciò dovrebbe trattenerci dall’essere troppo fiduciosi circa la sostenibilità della nostra economia del Primo Mondo, in particolare pensando alla velocità con

cui la società di Chaco crollò, subito dopo aver raggiunto il suo cul-

dei testi consultati.

3 Diamond (2014), pp. 8-9. Corsivo mio. Diamond – o chi ne ha effettuato la traduzione italiana – si esprime qui con un linguaggio un po’ impreciso: L’unione sovietica non è una civiltà e anche le civiltà che davvero lo sono state, come Egizi, Romani, Greci e Arabi sono durate ben oltre il loro apice, per quanto il declino possa essere stato rapido se… misurato dall’apice.

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mine nel decennio 1100-1120 [sic!]»5. Non forniamo qui di seguito ulteriori esempi, ma ci limitiamo a notare che Diamond non evita un esplicito parallelismo con la nostra società: «Così come i capi dell’isola di Pasqua erigevano statue sempre più grandi, coronate infine anche di pukao, e così come l’élite degli anasazi si concedeva il lusso di collane con 2.000 pietre di turchese, in modo analogo i re maya cercavano di prevalere l’uno sull’altro con la costruzione di templi sempre più grandiosi, ricoperti di uno strato di intonaco sempre più spesso. La passività dei capi dell’isola di Pasqua e dei re maya di fronte alle vere e grandi minacce che incombevano sulle loro società ci fa pensare all’estremo esibizionismo consumistico dei ricchi americani dei nostri giorni. E qui chiudo questa lista di paralleli inquietanti»6.

In natura, le società animali7 trovano normalmente un equilibrio con l’ambiente (1) per le normali dinamiche predatorie8, o (2) per le particolari condizioni climatiche sfavorevoli. Tuttavia in qualche caso (non propriamente naturale in senso stretto), è possibile scoprire che senza confini naturali (condizioni climatiche favorevoli e assenza della dinamica preda-predatore), anche le popolazioni animali cre- scono fin oltre il limite della capacità di carico9 dell’ecosistema, come nella storia delle renne dell’isola di San Matteo che racconteremo nel prossimo paragrafo.

1.2 Le renne dell’isola di San Matteo

Quasi al termine della seconda guerra mondiale, la guardia costiera statunitense si interessò per motivi logistici all’isola di San Matteo, uno “scoglio” lungo 54 chilometri e largo 6, completamente disabitato nel mezzo del mare di Bering. Tecnici e soldati arrivarono per instal-

5 Ibid., p. 169. Corsivo mio. L’errore è solo nella versione italiana in cui il decennio diventa un ventennio.

6 Ibid., p. 192.

7 Le società animali è qui da intendersi in senso ampio – anche solo come regola basilare di interazione di individui della stessa specie.

8 Si possono vedere le “classiche” equazioni Lotka–Volterra, spiegate anche in un vecchio libro: D’Ancona (1942).

9 Per capacità di carico dell’ecosistema si intende un concetto abbastanza intuitivo che consiste nel misurare la capacità di un certo ambiente/ecosistema di sostenere un certo numero di individui, conservando la capacità naturale di rigenerarsi.

lare un dispositivo utile alla navigazione in quell’area e portarono con loro 29 renne come riserva di cibo, nel caso di condizioni climatiche avverse o problemi legati al conflitto.

Qualche mese dopo la guerra finì: soldati e tecnici rientrarono ma le renne furono liberate, costituendo l’isola un habitat pressoché per- fetto per la loro sopravvivenza, favorita dall’assenza di predatori. Per anni il mondo si dimenticò delle renne e nel 1957 una spedizione rag- giunse l’isola e trovò all’incirca 1.350 animali in ottime condizioni di salute. Solo 6 anni dopo, nel 1963, la popolazione aveva raggiunto le 6.000 unità, anche se le condizioni generali non erano più così buone: le renne avevano mangiato tutti i licheni dell’isola e a questo punto non rimaneva che cibo “di seconda scelta” come l’erba, ma… anche questa risorsa andava velocemente verso l’esaurimento.

A un solo anno di distanza, nel 1964, il numero delle renne preci- pitò drammaticamente e rimasero sull’isola solo 42 individui: l’intera popolazione morì letteralmente di fame. A complicare ulteriormente le cose, tra i sopravvissuti erano presenti 41 femmine e un solo maschio, probabilmente sterile a causa della scarsità di cibo. Così, negli anni ’80, anche l’ultima renna morì. Qui di seguito il grafico della curva di popolazione:

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Figura 1: Andamento della popolazione delle renne. Questo grafico – realiz- zato in Mathlab con i pochi punti a disposizione – mostra i valori reali (linea spezzata) e la sua interpolazione (linea curva).

Se si prova a confrontare questa curva con quella della popolazione mondiale, su scala abbastanza grande, come nel grafico qui di seguito, non si può fare a meno di notare certe somiglianze.

Figura 2: Crescita della popolazione mondiale. Fonte: U.S. Census Bureau.

La natura di entrambe le curve è chiata: siamo di fronte a una crescita esponenziale. Su questo tipo di curve ci sono molti esempi nei quali emerge chiaramente una sorta di “lacuna della percezione” sul tempo in cui il fenomeno interessato dalla curva termina il suo corso. Uno dei più popolari è il seguente: «Un indovinello francese per l’infanzia può illustrare una caratteritica della crescita esponenziale, l’estrema rapidità con la quale porta ad approssimarsi a un valore prefissato. Supponete di avere un laghetto nel quale cresce una ninfea che ogni giorno raddoppia le proprie dimensioni: se potesse svilupparsi liberamente, la ninfea co- prirebbe completamente il laghetto in trenta giorni, soffocando tutte le altre forme di vita presenti nell’acqua. Se si decide di tagliare la ninfea allorché è arrivata a coprire metà dello specchio d’acqua, in quale giorno bisognerà farlo? (La risposta è al 29° giorno: vi è quindi un solo giorno di tempo per salvare il laghetto.)»10.

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La rilevanza degli aspetti cognitivi è più chiara se la nostra atten- zione si focalizza su problemi anche semplici come, per esempio, l’uso delle cinture di sicurezza. Jack Alpert, ingegnere alla Ford, è uno dei progettisti delle moderne cinture di sicurezza: «Facendo ricerca alla General Motors nel 1968, ho realizzato che le persone non sono incoraggiate nel pensare di indossare le cinture di sicurezza in auto. Al contrario, il loro pensiero era di non indossarle. Dal momento che le cinture sono state efficaci nella prevenzione dei danni dovuti a inci- denti stradali almeno quanto il vaccino della poliomielite lo è stato per non contrarre la malattia, questo era diventato un grande problema. Così ho iniziato, e continuo oggi, a studiare gli ambienti di apprendi- mento che creano tali distorsioni e il modo in cui le persone raccol- gono, selezionano e valutano le informazioni. Ho chiamato i difetti di questi processi “cecità temporale”. La mia ricerca ha come obiettivo ambienti di apprendimento alternativi che possano prevenire questa cecità temporale e diventino parte degli strumenti di pensiero delle persone. L’obiettivo è prevenire la cecità temporale nelle future ge- nerazioni e così creare una soluzione cognitiva ai problemi globali»11. Probabilmente un obiettivo troppo ambizioso, ma che rivela la di- namica con cui, in pochi passaggi, si passa da un problema tecnico a uno cognitivo.

2. Qualche conferma dalla scienza: la velocità di

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