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e diè te, signor mio, che segui lei.

1-4. 'Se alla luce dell'enorme fama di questa nobile stirpe (i Romani), il mio modo di comporre ha valore tale per innalzarsi nella loro celebrazione, grazie al favore e al potere conferitomi dalle Muse, che donarono un suono tanto degno di suscitare pietà alla lira di Orfeo'.

1. Sangue prezioso: formula qui utilizzata con finalità encomiastiche, ma tradizionalmente riferita al sangue di Cristo. A tal proposito, cfr. Fioretti di San Francesco (49, par. 10: “per la sparsione del tuo prezioso sangue, risuscita l'anima mia” e 53, par. 2: “considerando la infinita carità di Cristo, per la quale ci volle non solamente ricomperare col suo sangue prezioso”); Petrarca (Rime disp. e attr., 155. 42: “per lo prezioso sangue che succhiasti”); Boccaccio (Dec. 1, 1.12: “il mio Salvatore ricomperò col suo prezioso sangue”).

2. Vaglia: forma più antica di 'valga' (cfr. ROHLFS, pg. 534). il mio stile: cfr. Dante (Inf. 1, 87: “lo bello stilo che m'ha fatto onore”). essaltare in loro: la reggenza della preposizione 'in' per il verbo 'essaltare' è presente in area toscana tra XIV e XV secolo. Si tratta di un costrutto latineggiante del tipo “amore in patriam” (cfr. ROHLFS, pg. 807).

3. Muse: l'invocazione alle Muse è elemento tipico del genere epico. prestoro: la forma del passato remoto in -oro è tipica dell'Italia centrale per la coniugazione debole (cfr. ROHLFS, pg. 158).

3-4. Prestoro/suono: enjambement.

4. Orfeo: anche Orfeo è figura classica (è il cantore mitico per eccellenza), ma è interessante notare che egli non è cantore epico (nel mito classico, infatti, colla propria arte addolcisce, placa e risveglia gli animi).

5-8. 'Io celebrerò in versi la grande opera e l'azione virtuosa (le gesta) degli illustri Romani che governò il mondo: allora lì (nei Romani) erano i beni spirituali e trionfò il loro nome, l'unico glorioso'.

5. Cantarò: è interessante l'utilizzo di questo verbo, solitamente adoperato in apertura dei poemi epici, che mostra come Saviozzo voglia identificarsi come cantore delle gesta dei Romani e dei Colonnesi. Per quanto riguarda la forma, a Siena la forma in -arò è di regola (cfr. ROHLFS, pg. 587).

6. Lustri: illustri. Ma forse si potrebbe parafrasare come 'nobili' (Pasquini). gran lavoro: cfr. Dante (Purg. 12, 34: “Vedea Nembròt a piè del gran lavoro”).

6-7. Gran lavoro/che resse il mondo: enjambement. 7. Tesoro: beni spirituali (cfr. MENGALDO, 139 e 151).

8. Suo: loro. Nell'antico senese 'suo' viene usato per tutti i generi e i numeri (cfr. ROHLFS, pg. 427). 9-11. 'Sarà ancora più conveniente che, fra i più perfetti e virtuosi, io nomini il casato dei Colonna, nel quale gli eccelsi dei poterono già specchiarsi'.

9. Accadrammi: per l'accezione 'sarà conveniente', cfr. Giordano da Pisa (Quar. Fior. 71, 6: “e daremo a llei le prediche di questo dì […] che ssi acadeano oggi”) e Boccaccio (Dec. 3, conclusione: “altri furono di più sublime e migliore e più vero intelletto, del quale al presente recitar non accade”). anco e più: l'antico 'anco' oscilla tra 'ancora' e 'anche' (cfr. ROHLFS, pg. 963). perfetti: qui ha valore di sostantivo. Cfr, Petrarca (Rvf. 26, 14: “che di novantanove altri perfecti”).

9-10. Perfetti/con virtù: enjambement.

10. Con virtù: virtuosi. La preposizione 'con' seguita da sostantivo indica l'aggettivo corrispondente (Pasquini).

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12-14: 'Può definirsi a ragione autentica signora questa (casa Colonna), della quale i cieli hanno prescelto tanti nobiluomini e da cui derivi tu, mio signore (Gian Colonna), che fai seguito a lei e imiti il suo esempio'.

12. Vera madonna: autentica signora. La casata dei Colonna è l'esemplare di padrona assoluta, vera e propria matrona.

13. Viri eletti: nobiluomini prescelti. Si tratta degli eroi Colonnesi, il cui potere e nobiltà trascendono qui la sfera terrena per appropriarsi anche di una dimensione celeste e spirituale (essi sono infatti stati prescelti anche dai Cieli).

14. Signor mio: Gian Colonna, destinatario del sonetto, cui Saviozzo si rivolge qui, per la prima e unica volta in tutto il testo, con allocuzione diretta. Segui: il verbo assume un significato ambivalente. Gian Colonna, infatti, è l'ultimo discendente del casato, e come tale fa seguito a tutti gli altri viri eletti; ma 'seguire' acquista una connotazione ancor più positiva in quanto indica anche che egli imita l'esempio degli avi, entrando quindi di diritto nella schiera dei più perfetti e virtuosi, i Colonnesi

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SONETTO XC

Il sonetto, datato 1404, è stato inviato da Saviozzo al suo prottettore Gian Colonna assieme a una copia della Commedia trascritta di proprio pugno e al capitolo Come per dritta linea l'occhio al sole, che è insieme una biografia in versi di Dante e un compendio della Commedia.

Si tratta, quindi, di un sonetto appartenente alla tipologia, abbastanza frequente all'epoca, dei testi poetici di accompagnamento a opere letterarie, che, per l'appunto, vengono spesso inviate accompagnate da componimenti in lode dell'autore dell'opera inviata, oppure esplicativi della stessa.

La gloria, la facundia e melodia è un sonetto in lode di Dante e Boccaccio nel quale Serdini crea una sorta

di canone della letteratura volgare, in cui Dante appare come esempio massimo per la poesia e Boccaccio per la prosa. Notevoli, dato l'argomento affine dei due testi, sono le similitudini, soprattutto tematiche, di questo sonetto con il capitolo XXVI: in entrambi, infatti, si elogiano le virtù e le qualità di Dante come sommo poeta in lingua volgare, come filosofo e come teologo; e in maniera analoga viene raccontato nei componimenti l'esilio di Dante, causato dalla perfidia e dall'invidia dei concittadini.

La lode di Dante occupa quasi per intero il testo, svolgendosi fin quasi alla fine della seconda terzina: il poeta viene dapprima elevato a padre, a somma gloria della lingua italiana e della poesia volgare (prima quartina); si passa poi a enunciare, con toni mitologici – vengono infatti citati Apollo, le ninfe, il fonte del monte Elicona, Orfeo, le Muse - la completezza e l'estrema versalità negli studi di Dante, il quale, oltre che per l'arte poetica, è parimente portato per la filosofia e per la teologia (seconda quartina); successivamente, si elogiano alcune caratteristiche proprie dell'indole del poeta – virtuoso e incline al sentimento amoroso -, il quale diviene ben presto oggetto di invidia da parte dei concittadini (prima terzina); si narra, infine, dell'esilio che Dante, uomo glorioso, deve sopportare per via della cattiveria dei fiorentini (seconda terzina).

Il riferimento a Boccaccio e la conseguente lode di costui sono invece presenti solo nell'ultimo verso della terzina e nella coda del sonetto: Boccaccio viene inizialmente citato e elogiato in quanto degno autore di una meritevole biografia di Dante (seconda terzina); poi, viene assunto a esempio insuperato e insuperabile di autore di prosa volgare, allo stesso modo in cui Dante viene elevato a inimitabile emblema della poesia volgare (coda).

E proprio il riferimento, al v. 14, a Boccaccio come degno e meritevole biografo dantesco, nonché la didascalia preposta al sonetto, in cui Saviozzo si riferisce alla «sopradetta prosa» nella quale Boccaccio parla di Dante, farebbero pensare che questo sonetto possa essere un sonetto di accompagnamento al boccacciano Trattatello in laude di Dante, che Serdini sembrerebbe aver mandato, a giudicare da tali elementi, a Gian Colonna assieme alla Commedia e al capitolo-biografia di Dante. Tale invio, benché non ne sia rimasta notizia, né traccia, parrebbe essere avvalorato dal fatto che il sonetto serdiniano è, sì, una lode di Dante e Boccaccio, ma è anche, come si evince proprio dal v. 14 - «qui legger puoi per merito aüttore» - una sorta di sintesi in versi del Trattatello: tutte le notizie biografiche riguardanti Dante presenti nel sonetto sono, infatti, sistematicamente riprese dall'opera boccacciana. Questo sonetto potrebbe dunque costituire una sorta di presentazione-spiegazione del testo inviato assieme alla Commedia.

Sonetto caudato. Schema metrico ABBA ABBA CDE DCE EFF

Lo infrascritto sonetto feci io, Simone de' Serdini da Siena, a laude del poeta Dante e di messer