• Non ci sono risultati.

Conclusioni della Presidenza [SN 300/02, 2002] (decisioni sulla dotazione finanziaria al 2013)

4.1 IL CASO FRANCESE

4.1.5. Il quadro degli interessi dominant

Il processo decisionale nazionale vede come attori principali il ministero agricolo insieme alle organizzazioni professionali, in particolare l’FNSEA che mostra di avere una posizione egemone. Rilevante è anche la posizione del presidente della Repubblica, che in modo particolare nel caso di Chirac, si è mostrato particolarmente vicino alla lobby agricola, che ne ha fortemente appoggiato l’elezione. La posizione del primo ministro non sempre ha assecondato le scelte della presidenza o del ministero agricolo, tradizionalmente questo è dipeso dall’orientamento politico di ciascuno, coalizioni socialiste, particolarmente vicine agli ambientalisti e alla lobby verde non sempre hanno mostrato grande interesse nei confronti del sostegno al comparto agricolo.

Particolarmente rilevante all’interno del contesto agricolo nazionale è la posizione del ministro agricolo. L’importanza attribuita a livello nazionale al settore primario e la visibilità politica attribuita al ministero hanno reso possibile in passato a più di un ministro di sfruttare tale incarico come vero e proprio trampolino di lancio nella scena politica francese, è il caso dello stesso Chirac. In questo senso, sono rilevantissimi gli effetti, in termini di spendibilità sul piano politico interno, dell’azione condotta dai rappresentanti di governo a Bruxelles, ciò si ritiene possa rappresentare una fortissima spinta per i politici francesi in sede comunitaria.

Il governo francese ricopre una posizione di primissimo piano nella difesa della PAC e dei tradizionali meccanismi di supporto all’agricoltura europea. Il Ministero per l’Agricoltura e la Pesca è suddiviso in due direzioni generali: la Direction des Politiques

Economique et Internazionale (DPEI) e la Direction Générale de la Foret et des Affaires Rurales

(DGFAR) che hanno rispettivamente competenze per le politiche dei mercati e per lo sviluppo rurale. Il Ministero per l’Ambiente non ha influenza su quello dell’Agricoltura e non sembra esserci alcuna collaborazione tra questi.

All’interno di questo gruppo, troviamo in Francia l’APCA, l’Assemblée Permanente des

Chambres d’Agriculture con una rappresentanza a livello di singolo dipartimento, esso

rappresenta un organismo in parte pubblico deputato a fornire servizi di consulenza a livello periferico. I membri di tale ente provengono dalla rappresentanze professionali, e pertanto presentano forti interessi, all’interno del processo decisionale nel mantenere i contatti con tali gruppi. Tale organismo, in più momenti della storia della PAC, ha sostenuto posizioni genuinamente riformatrici, ma lo stretto rapporto con le rappresentanze sindacali e con il mondo agricolo in generale, ha costituito un forte vincolo alle proposte della APCA, mostrando così nel complesso un orientamento poco chiaro nel dibattito politico.

Vale la pena sottolineare la forte coesione presente all’interno dell’insieme degli

stakeholders coinvolti nel processo decisionale agricolo. Le politiche di sostegno dei

prezzi hanno in qualche misura rappresentato il collante tra interessi differenti, ed anche guardando alle singole forze unità sindacali la condivisione di interessi con i piccoli, come con i grandi produttori, ma anche con l’associazionismo professionale a tutti i livelli periferici ha consentito lo sviluppo di una notevole capacità di pressione a livello nazionale.

L’insieme degli interessi professionali francesi si sono riuniti nel Conseil de l’agriculture

française istituito nel 1966 con la partecipazione dei due maggiori sindacati agricoli, dalle

cooperative e dagli istituti di credito agricoli, dai servizi di assistenza tecnica e dalle camere dell’agricoltura (Lizzi, 2002). La partecipazione attiva di questo interlocutore , ed in qualche misura istituzionalizzata, ha consentito lo sviluppo di una cogestione état –

profession, che ha permesso a livello interno una gestione efficace delle politiche ed ha

rafforzato in sede comunitaria le posizioni nazionali.

Un ruolo di primissimo piano nel processo decisionale agricolo d’oltralpe è quello giocato dalle rappresentanze di singoli comparti agricoli le commodity organization, che frequentemente hanno mostrato di avere notevole peso politico, soprattutto in alcuni contesti superando la cornice nazionale e muovendosi direttamente a Bruxelles.

La lobby agricola ha una fortissima influenza all’interno del policy making process francese, non solo a livello nazionale, ma anche in sede comunitaria. Il principale sindacato dei produttori è la Fédération Nazionale des Syncidats d’Exploitants Agricoles (FNSEA) che rappresenta più del 70% degli agricoltori francesi, ed è in grado di esprimere pressioni dirette sul ministero dell’agricoltura e sul governo. La FNSEA è politicamente vicina ai partiti della destra moderata e tradizionalmente ha rappresentato gli interessi dei grandi produttori cerealicoli della regione parigina. Nel corso degli anni ’50 è andata affermandosi anche il peso della CNJA il movimento giovanile cattolico, oggi Jeunes Agriculteurs, che raccoglie gli interessi dei piccoli e medi imprenditori è divenuta la sezione giovanile della FNSEA.

E’ utile ricordare al fine di chiarire l’influenza del FNSEA, che nel corso dell’EU Summit del luglio scorso, sulle prospettive finanziarie il FNSEA è stato in grado di catturare l’attenzione dei media sulla propria difesa del budget e della PAC. Si ricorda ancora la dimostrazione promossa il 1 luglio di quest’anno quando gli agricoltori si resero protagonisti di numerose dimostrazioni in porti e aeroporti del paese, regalando ai turisti inglesi prodotti agricoli, per protestare contro i previsti tagli al budget UE, nel periodo di presidenza inglese dell’UE. Il FNSEA nel corso delle ultime negoziazioni ha fortemente incoraggiato la difesa degli interessi francesi da parte del governo ed ha aspramente criticato qualsiasi apertura dell’UE in sede multilaterale, nel corso del negoziato di Doha in particolare, rispetto alla fine dei sussidi all’esportazioni.

All’indomani del vertice di Honk Kong sul sito dell’organizzazione si leggeva: « Les jeunes agriculteurs, qui se battent au quotidien pour assurer la pérennité du métier d’agriculteur, ne veulent pas être la génération sacrifiée sur l’autel de l’ultralibéralisme agricole. Aujourd’hui, la France détient une responsabilité historique pour l’avenir de l’agriculture ».

La Société des agricolteur des France (SAF) è un altro sindacato agricolo che raggruppa i grandi produttori. Quest’organizzazione era favorevole alla riforma Fischler e continua ad incoraggiare la liberalizzazione nell’agenda della PAC. In particolare, gli associati auspicano che la riduzione dei sussidi incoraggi l’uscita dal mercato delle aziende più piccole e meno competitive. Altri attori coinvolti nella scena politica non hanno lo stesso grado d’influenza e sono rappresentate dalla Condéderation Paysanne. Un’altra organizzazione agricola nata negli anni ‘80 che si colloca politicamente a sinistra, era

vicina al partito socialista allora al governo (Hervieu, Lagrave 1996) e raccoglie circa il 20% dei produttori d’oltralpe. Questa associazione raggruppa in gran parte i piccoli agricoltori del sud e dell’ovest del paese, le cui produzioni di qualità cercano da una parte il sostegno via I pilastro e dall’altra si giovano delle politiche per lo sviluppo rurale, di cui chiedono il rafforzamento.

Nel caso francese vale la pena sottolineare la conflittualità tra le organizzazioni di categoria, che hanno visto frequentemente le posizioni della FNSEA frequentemente opposte a quelle delle altre organizzazioni. Ad esempio sulla vicenda dell’iniquità del sostegno PAC, mentre l’FNSEA si mantiene arroccata su posizioni fortemente difensive, la stampa ha recentemente riportato le dichiarazioni di membri della

Confederation Paysanne che denunciavano non solo il crescente malcontento dei piccoli

imprenditori per le iniquità della PAC, ma anche che se in Francia fossero stati resi pubblici i dati sulla distribuzione del sostegno nessuno più sarebbe disposto a sostenerli. Vale la pena sottolineare che il 40% degli agricoltori francesi è rappresentato da conduttori di aziende di medie dimensioni, competitive e moderne, iscritti a quasi tutti i gruppi sindacali sopra descritti. Questi produttori sono grandi difensori della PAC più tradizionale, del supporto via prezzo e delle quote, ed hanno fortemente opposto la recente riforma e spinto per un’implementazione nazionale il più conservatrice possibile. Secondo gli esperti francesi coinvolti nel corso dello studio, una parte dei produttori agricoli è stata fortemente delusa dall’azione condotta dal governo in Europa e ritengono che questi non abbia sufficientemente difeso gli interessi nazionali. La distanza rispetto alle decisioni europee, sempre secondo i nostri interlocutori d’oltralpe, è dimostrata dai risultati del voto del maggio scorso al referendum sulla Costituzione europea, al quale il 70% degli agricoltori avrebbe espresso parere contrario.

I criticismi dell’opinione pubblica nei confronti del sostegno assegnato al comparto primario, si fanno crescenti, soprattutto alla luce dell’iniquità distributive legate al sostegno che i media francesi vanno denunciando. La stampa nazionale ed europea, inglese in particolare, nel dicembre scorso alla vigilia del negoziato del WTO e del Consiglio Europeo nel denunciare gli squilibri della PAC, sosteneva come i soli agricoltori francesi ricevessero tra volte la quantità di aiuti ricevuta da qualsiasi altro paese, sostenendo peraltro che tale sostegno viene peraltro catturato più dalle grandi aziende che dalle piccole imprese. Riportando, ancora le dichiarazioni rilasciate dal

ministro De Villepin che sosteneva che la Francia non avrebbe accettato né in sede multilaterale, né tantomeno in ambito comunitario, alcun accordo che avrebbe condotto ad una nuova riforma della PAC, e che avrebbe posto diritto di veto su qualsiasi taglio al budget europeo prima del 2013.

Il peso delle organizzazioni ambientaliste all’interno della scena politica francese non è particolarmente rilevante, il principale gruppo ambientalista la Ligue pour la Protection des

Oiseaux (LPO), l’equivalente francese dell’inglese RSPB e dell’italiana LIPU, che opera

insieme al France Nature Environment (FNE). Nonostante, la scarsa influenza degli ambientalisti sulle scelte di politica agricola nazionale, i nostri interlocutori evidenziano come nelle ultime decisioni di implementazione della Riforma Fishler, le associazioni per l’ambiente siano riuscite ad ottenere alcuni risultati, nonostante lo strapotere del FNSEA. Per quanto concerne le organizzazioni per la difesa dei consumatori vale la pena sottolineare come il peso dell’Union Fédérale des Consummatoeurs pur essendo ancora non particolarmente rilevante sia in crescita e si auspica potrebbe avere un ruolo nel processo di riorientamento della PAC, vista l’attenzione dell’opinione pubblica ai temi della qualità e sicurezza alimentare.

Ci si è posti alcuni interrogativi circa la posizione dell’industria agroalimentare francese, il riferimento e alle grandi multinazionali come Danone, Nestlè e Saint Luois Sucre, dal confronto con gli esperti coinvolti è emerso, come pur avendo queste notevoli interessi rispetto alle scelte di politica agricola europea, è abbastanza verosimile che imprese di queste dimensioni possano scegliere di effettuare azioni di lobbying a livello di istituzioni europee e in sede di scambi multilaterali, piuttosto che a livello di singoli stati.