Nella penombra il Meggiorin, alzandosi dal suo sgabello, intona una nuova colonna musicale per introdurre il secondo personaggio. La Musso entra in scena interpretando Vittorio, agente di commercio e soprattutto erotomane, e il musicista gli va incontro. La luce si fa più intensa e, per pochi attimi, i due rimangono faccia a faccia, di profilo rispetto al pubblico; Vittorio si sbottona l’ultimo bottone della giacca, infila le mani nelle tasche dei pantaloni e poi si volta verso la platea: un fascio di luce, abbastanza intensa, si concentra sulla sua figura e su quella del chitarrista, dietro di lui. La Musso indossa sempre lo stesso completo scuro, ma veste i panni di un altro personaggio maschile e lo si nota subito dalla postura che adotta: la testa alta, le gambe aperte, i piedi ben piantati a terra, il bacino in avanti, la schiena dritta e lo sguardo sicuro. Igi, in piedi dietro l’attrice e con la chitarra in spalla, interrompe per qualche istante la melodia, per lasciare spazio alla prima battuta di Vittorio (“Mi tira sempre”), poi riprende a suonare; la musica ha un ritmo veloce e regolare, e subito caratterizza il personaggio, quindi una musica decorativa e connotativa insieme. Il chitarrista assume un atteggiamento, una postura e soprattutto un’espressione differenti rispetto a prima con Dino, dal momento che cerca di imitare i modi del nuovo personaggio, attraverso gesti mimici iconici: in lui si nota uno sguardo fiero, il mento alto, le mascelle serrate e le spalle aperte. Vittorio, con voce decisa, caratterizzata dall’inflessione veneta, parla con estrema naturalezza della sua fissazione per il sesso (“anche in macchina, penso...e mi diventa duro”), che lo accompagna a qualsiasi ora del giorno, e nel raccontare la sua esperienza con una transessuale chiede a uno spettatore se ha capito a chi si riferisce (“Non so se hai presente il tipo. Hai presente il tipo? Hai presente”). Il volume vocale dell’attrice cresce sempre di più nel dire: “Femmina. Strafemmina”, nel sottolineare la femminilità del soggetto, per poi ritornare al volume medio, pronunciando la
48 parola: “Col cazzo”. Il ritmo di Vittorio è accelerato durante la sua esposizione, infatti melodia e parola procedono all’unisono, solo durante le sue pause o nei momenti in cui si rivolge al pubblico, la musica si arresta momentaneamente per poi riprendere. L’esperienza con il transessuale viene raccontata dal personaggio con eccitazione e entusiasmo, mantenendo un ritmo incalzante durante l’intera narrazione. Vittorio ostenta il suo orgoglio nel risultare non solo ai suoi, ma anche agli occhi degli altri, una perfetta “macchina del sesso”, come lo definisce il suo amico Sandro, tanto la sua voglia non si placa e tanto è sempre in cerca di persone che lo aiutino a placarla. È qui che il nome del personaggio viene reso noto agli spettatori, grazie alla frase dell’amico (“Vittorio… sei proprio una macchina sessuale ambulante!”). Vittorio-Musso si rivolge al pubblico e, riferendosi alla battuta dell’amico, domanda: “Non vi fa ridere questa battuta? Perché? Vi faccio paura? Dai, su, tranquilli. Io vi dico solo quello che so”; la spavalderia del personaggio è percepibile, come pure la sua intenzionalità a provocare la platea. L’attrice rimane salda sui suoi piedi e mantiene sempre la solita posizione, senza neanche accennare di volerla cambiarla o di spostarsi.
L’erotomane si sofferma a parlare della sua breve storia coniugale e delle pressioni che la sua compagna, e poi moglie, Sabrina esercitava su di lui: “Vittorio, e un domani? Vittorio, e i figli? Vittorio, e il futuro?”. Vittorio sottolinea verbalmente i soli “sei mesi” di matrimonio, scandendo bene la durata, visto che sua moglie gli ha chiesto la separazione dopo un suo presunto tradimento; dopodiché inizia ad alzare la voce inveendo contro la ex, fino ad arrivare a minacciarla di prenderla a calci. E dopo aver espresso la sua preferenza per le prostitute, perché basta solo pagarle, Vittorio alza di nuovo la voce: “Quando hai finito alla puttana non devi mica dire ‘cara ti è piaciuto, non ti è piaciuto?’ Ma cosa? Cosa, non ti è piaciuto?! Se non lo sai neanche te quello che ti piace. Lo sai?! No” e rivolgendosi al pubblico, riacquistando un tono normale: “Vi sembro un mezzo maniaco, un pazzo? Uno fuori con la testa?...Vi sbagliate. Io sono uno normale, molto più normale di voi”. Giuliana Musso cerca sempre un dialogo con gli spettatori e non solo verbale ma soprattutto visivo, infatti non guarda quasi mai nel vuoto o in un punto lontano davanti a sé, bensì osserva chi le sta davanti alla ricerca di attenzione. Il personaggio non toglie mai le mani dalle tasche dei pantaloni, i gesti che compie sono solo a livello mimico: gesti sintomatici e deittici, mentre con il musicista, dietro di lui, permane una distanza sociale ed entrambi guardano nella stessa direzione, cioè verso la platea, dimostrando una concordanza di attenzione.
Vittorio si vanta del suo lavoro, come agente di commercio, che gli permette di vivere agiatamente e, con la spavalderia di sempre, si vanta pure di spendere tutto quello che guadagna (“Tutto quello che entra, esce. Spendo tutto. Subito. Io faccio girare l’economia!”). Mentre parla l’attrice muove il mento in avanti e nello stesso tempo mostra compiacimento, accennando un mezzo sorriso sul lato sinistro della bocca; il bacino continua ad essere proteso in avanti e, allo stesso tempo, ben saldo
49 sulla parte inferiore del corpo. In scena c’è veramente Vittorio con il suo atteggiamento, la sua voce diaframmatica, decisa e diretta, che parla con il petto in fuori e lo sguardo di chi non teme niente, con il fare presuntuoso di chi ama sentire il suono della propria voce. I movimenti e i gesti sono quelli di un uomo, e non c’è niente nel personaggio che fa ricordare la donna che lo impersona: non è l’abbigliamento neutro, né un qualsivoglia camuffamento a mascherare da maschio l’attrice, bensì solo una completa immersione nel ruolo da interpretare. Se non si riconoscesse la fisionomia della Musso sul palco, sarebbe difficile non scambiarla per un uomo, cioè per un attore maschile. Naturalmente il fatto che l’abbigliamento sia costituito solo da un completo scuro, con giacca e pantaloni, da scarpe basse e da un’acconciatura più maschile che femminile, visto il taglio corto dei capelli dell’attrice, aiuta sia lei a calarsi meglio nella parte, sia il pubblico a rintracciare subito in lei atteggiamenti virili.
L’agente di commercio si sofferma sulle escort (“Puttane di lusso. Bel fisico, istruite, sanno 2 o 3 lingue”) e di nuovo chiede il parere del pubblico: “Poi, a letto, quando hai pagato una donna, come la vuoi? Raffinata…? Istruita…? Che ti parli in latino…? Come la vuoi?”; gli spettatori non tentano neanche di rispondere alle domande, perché è Vittorio a rispondere per tutti: “Bella troia maiala scatenata la vuoi!” a gran voce. Di seguito subentra l’argomento Thailandia, ma prima di raccontare la storia al pubblico, Vittorio chiede al musicista, voltando la testa verso di lui: “Che faccio gliela racconto?” Igi annuisce: è la prima volta, dall’inizio del suo monologo, che il personaggio rivolge attenzione al musicista. La Musso produce un sibilo, mostrando un sorrisetto allusivo a denti stretti, per annunciare un tema scottante, cioè la “figa” (parola mimata solo con le labbra dall’attrice). L’agente di commercio parla di baby prostitute in vendita nei bar della capitale, Bangkok, e della sua fantastica esperienza in quel paese esotico, finendo con l’affermare: “A me non mi manca niente”. E in risposta alla ex moglie che, a volte, gli chiede del futuro esclama: “Ce l’ho tra le gambe, io, il futuro, Sabrina!!”. Vittorio, subito dopo, diviene cupo in volto e conclude manifestando il suo intento suicida, pensando a un rovinoso, futuro invecchiamento, con un volume di voce più basso; la musica si arresta, per lasciare spazio alle parole del personaggio, che prima guarda il pubblico, in silenzio, e poi si allontana con passo sicuro. Il buio in dissolvenza avvolge il proscenio e Igi.