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Prologo

Il sipario è aperto e allo spegnimento delle luci in sala22 il chitarrista (detto Igi) entra in scena e va a disporsi sulla destra del palco, ancora oscurato, sedendosi su di uno sgabello; dopo pochi istanti un occhio di bue illumina l’estrema sinistra del boccascena, è il segnale d’ingresso dell’unica interprete dello spettacolo, Giuliana Musso. L’attrice, dai corti capelli scuri e senza trucco in volto, indossa un completo nero, costituito da una giacca abbottonata che lascia intravedere la maglia nera sottostante, un paio di pantaloni e scarpe nere di pelle con tacco basso, si dirige decisa di fronte

22 La ripresa video, a cura di RAI International, è stata effettuata al Teatro India a Roma, per la rassegna romana di

42 all’asta del microfono ed inizia a parlare. A differenza del testo drammaturgico in scena il Prologo è preceduto da una piccola Introduzione:

Ci sono donne che offrono sesso a pagamento, ci sono uomini che lo comprano, certe donne lo fanno per mestiere, altre per necessità, altre perché costrette; gli uomini perché ne hanno voglia.

Le donne che in Italia si prostituiscono sono circa 70.000, i clienti milioni.

Le prostitute si possono chiamare in molti modi passeggiatrici, lucciole, belle di notte, donnine allegre, […], sex workers; i clienti si chiamano clienti.

Io vorrei che tu scrivi che non sono diversa dagli altri, che non sono diversa proprio da nessuno, che non è giusto che tutti ci dicano porche, arruse, schifose ma poi vengono a cercarci, o siamo porche schifiate, allora basta fateci morire, oppure noi vi bisogniamo e allora ditelo.

Io vorrei che tu scrivi questo.

L’attrice parla al microfono e guarda il pubblico di fronte a lei: ha una voce diaframmatica, calda e chiara; dopo ogni frase compie una piccola pausa, quasi a voler concedere del tempo per far riflettere gli spettatori sulle parole che ha appena proferito. Nell’ultima parte dell’Introduzione (“Io vorrei che tu scrivi…”) la Musso si cala nel ruolo di una prostituta, riportando alcune frasi tratte dal film Le Buttane di Aurelio Grimaldi, del 1994. Nella pausa, che precede l’ultima battuta, il chitarrista inizia a suonare alcuni accordi del brano musicale Sexmachine di James Brown, pubblicato nel 1970, con la sua chitarra Gibson semiacustica. Risalta nella semi oscurità la giacca rossa del Meggiorin, mentre gli altri indumenti che ha indosso (maglietta e pantaloni) sono neri e così pure le sue calzature; dunque, il rosso è l’unico tocco di colore non solo del costume, ma dell’intero ambiente creato sulla scena: non a caso la scelta è proprio quella di abolire qualsiasi tipo di colorazione lasciando campo libero alla neutralità più completa. Intanto, la Musso pronuncia, accompagnata dalla musica, la battuta: “Io vorrei che tu scrivi questo” e, liberando il microfono dall’asta, si libera anche del ruolo di prostituta, mentre si appresta ad abbracciare quello di “presentatrice”. L’attrice raggiunge, insieme al musicista, il centro del palcoscenico adesso interamente illuminato da luci rosse e blu intermittenti, in modo da ricreare sul il dinamismo visivo tipico dei locali notturni. La luce rivela una sedia nera in posizione centrale, dove sullo schienale è adagiato un indumento, anch’esso scuro (che in seguito si rivelerà una giacca), e sotto la seduta una borsa dello stesso colore; invece, più a destra lo sgabello, dove il chitarrista era seduto fino a quel momento e dove, in seguito, resterà seduto per il resto dello spettacolo.

La Musso dimostra una spiccata capacità di modulazione vocale già nell’intonare il primo ritornello del brano, ovvero “Sexmachine”: dal bisbiglio debole, ma scandito, si passa ad una potente voce diaframmatica, un crescendo regolare che acquista intensità fino ad un’esplosione sonora vera e propria. Lo stesso dinamismo accompagna tutte le strofe di cui è composto il Prologo: da un tono normale usato per le frasi iniziali di ogni strofa, si passa ad un tono più alto soprattutto usato per

43 pronunciare le parole “pezz’e core” oppure “puttanieri” o ancora “scappo via”. L’attrice a tratti velocizza il ritmo della sua esposizione, come se in pochissimo tempo dovesse comunicare una gran quantità di informazioni; tra lei ed Igi intercorre una distanza sociale, infatti entrambi sfruttano al meglio il loro spazio senza avvicinarsi troppo l’uno all’altra. La parola è unita al movimento e lo dimostra il fatto che la Musso-presentatrice cammina a grandi falcate verso destra e poi verso sinistra, con un’andatura decisa, mentre il chitarrista tiene il tempo sul posto molleggiando sulle proprie ginocchia e muovendo la testa a seconda del ritmo della musica. L’attrice guarda la platea con la fronte alta e le gambe aperte ben piantate a terra a sottolineare la sua solidità e sicurezza, scruta il pubblico e cerca di attirare la sua attenzione con ampi gesti: apre il braccio sinistro oppure tende la mano sinistra verso la platea, mentre l’altra mano è impegnata a sostenere il microfono (comunemente chiamato “gelato”) con tanto di cavo collegato. Il cavo di sicuro non agevola l’interprete che ogni volta, non appena si incammina verso destra, si vede costretta ad impegnare anche la mano libera per spostarlo, così da non inciamparvi. Qui l’uso del “gelato” è superfluo, dal momento che non solo l’attrice, ma anche il musicista hanno l’archetto posizionato lungo la guancia destra; dunque, il solo scopo del “gelato” è quello di enfatizzare la situazione creatasi sulla scena, dove la “presentatrice” Musso introduce l’articolo in vendita e con fare esasperato spinge il cliente a comprare, come quando imita il modo di parlare delle centraliniste del telefono erotico.

La dinamica musicale asseconda la recitazione dell’attrice, la sua vocalità, tonalità e il ritmo, come un filo che unisce tutte le singole parti dello spettacolo dall’inizio alla fine; un esempio, di come voce e suono si accordino perfettamente, lo si nota durante l’esposizione dei dati Istat. D’un tratto i due si fermano e con loro anche l’intermittenza della luce rossa e blu che li illumina; dopo una breve pausa l’attrice, con voce pacata ed intensa, riporta alcune percentuali: il ritmo è più lento ed ogni parola è ben scandita per giungere meglio all’orecchio del pubblico. La Musso è parzialmente illuminata da un occhio di bue, mentre il suono della chitarra fa il suo ingresso e debole sfiora quelle parole pesanti come macigni. La melodia, a poco a poco, riprende a tutti gli effetti ed il volume si alza: il ritornello viene pronunciato prima sottovoce e poi ripetuto solo dal chitarrista, mentre l’attrice simula con il corpo e con l’emissione di suoni un improvviso eccitamento. Il ritmo musicale e verbale riacquista la velocità di prima, fino all’ultima strofa, dove di nuovo si crea un rallentamento; con pacatezza e con un tono di voce medio la Musso dice: “E ogni cosa ha il suo prezzo, ogni cosa ha il suo posto. La mamma in salotto, la morosa in pizzeria, la gnocca sullo schermo” per poi aumentare di colpo il volume della voce nella battuta: “e la nigeriana in tangenziale!”. Il Prologo si conclude con l’immagine dell’attrice e del musicista che si voltano, uno di fronte all’altro, insieme annuiscono con la testa e, subito dopo, la prima esce di scena, mentre il secondo resta sul palcoscenico ormai del tutto oscurato. Il buio suggerisce la fine della prima scena.

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