Progetto grafico di Christian Tubito
Con: Cesare Benedetti, Noemi Bresciani, Alessio Calciolari, Laura Caruso, Marco
Dardano, Nicole de Leo, Gianluca di Lauro, Mattia Fiori, Giulia Lunaspina, Antonia
Monopoli, Stefania Pecchini, Marta Pizzigallo, Gaia Saitta, Irene Serini.
“Uomini che non sono (sempre) uomini. Donne che non sono (sempre) donne. Un insieme di variabili umane che vagano in una terra di confine senza riconoscibilità. Sono gli esclusi. Donne, uomini e persone transgender che hanno affrontato o stanno affrontando una transizione verso il maschile, il femminile o un genere non definito parlano, danzano, cantano la propria diversità, il proprio sguardo sulla società, sugli altri, su di sé. [ … ] Un non luogo dove le variabili si muovono, si trovano, si perdono. Una struttura che segnala una esposizione diretta senza orpelli, un lavoro su di sé e su un altro da sé. Perché non si può definire qualcosa se non si definisce anche il suo “contrario”. Alla ricerca dei mostri, degli zombies, indagando la deformazione per approdare a una messa in scena deforme. Deformando la realtà. O forse è la realtà ad essere deformata? ‘Variabili Umane’ dunque è la storia di un’identità mancata. Un desiderio di trovare “casa”. Le ‘Variabili Umane’ sono comiche, grottesche, surreali. Un canto d'amore e d’odio per “essere” umani. Un urlo di vita. Un urlo parossistico, fottutamente indigesto. Una danza di corpi buffi e belli che desiderano essere amati. Una tragicommedia sull’ ignoranza e una ricerca continua, in continua transizione”.28
Marcela Serli
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73 Variabili Umane è uno spettacolo nato da un laboratorio portato avanti da Marcela Serli, attrice, drammaturga e regista argentina, all’interno del progetto Atopos, divenuto poi Compagnia Teatrale Atopos, ovvero “non luogo”, ed è la stessa attrice-autrice a spiegare perché ha scelto questo nome, così singolare: “Ho preso un libro che amo, Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes, e ho trovato questa meraviglia: ‘L’altro che io amo e che mi affascina è atopos, l’unico, l’immagine irripetibile del mio desiderio. Esso non può essere fissato in alcuno stereotipo”. La volontà di creare questo progetto è scaturita dall’incontro tra la Serli, l’attrice Irene Serini e Davide Tolu, transessuale, scrittore ed educatore. “Il giorno in cui l'ho incontrato ho pensato che non conoscevo questa parte di umanità, e sentivo di doverla conoscere”29, così la drammaturga argentina parla di Tolu. Il trio concorda sull’esigenza di parlare di amore, sessualità e controllo sociale, così, dall’unione di questi tre elementi, nasce il progetto-laboratorio Atopos ed il primo incontro si svolge nel settembre 2010, al Teatro Litta di Milano, per tre giorni consecutivi. Fin da subito l’intenzione è quella di concentrarsi sullo studio delle identità di genere insieme ad un gruppo composto da uomini, donne e transgender, senza alcuna esperienza nel campo del teatro, che nella vita sono economisti, medici, ispettori di polizia, sposati e genitori, con l’aiuto di attori e danzatori. La necessità è quella di collaborare in un percorso di lavoro teatrale che trascenda le differenze e analizzi i concetti di maschile e femminile; le persone coinvolte lavorano sulle proprie paure e sui propri desideri avendo ben chiaro l’obiettivo da raggiungere, ovvero il diritto alla felicità. Durante quei tre giorni la Serli mette in campo i suoi strumenti, cioè il teatro e la danza, inserendo però anche altri ingredienti: ad esempio l’analisi teorica tratta dal libro Elementi di critica omosessuale di Mario Mieli e studi scientifici sull'intersessualità, poi le altre arti come il disegno e le vignette, il tutto unito alle due parole basilari: intimità e coraggio. Alla domanda di Claudio Facchinelli: “Cosa ti ha spinto ad avventurarti su un terreno che, almeno in certe sue manifestazioni, è ancora così ostico a livello di comune sentire (non tanto l’omosessuale quanto il transgender)?” la Serli risponde: “Chiarire e capire a chi serve la tua identità, chiedersi se io posso fare qualcosa per definirla, chiedersi se ne posso fare arte, è fondamentale per evolversi come essere umani e come artisti. Riuscire a capire che siamo femmine e maschi al tempo stesso, e che nessuno dei due ha un ruolo prefissato, sarebbe importante”.
Variabili Umane è una tragicommedia interpretata da quindici persone con diverse identità di genere contemporaneamente in scena, compresa la regista: ciascuna di loro racconta la propria storia di transizione, da un genere all’altro, che le ha portate ad essere neo-uomini, neo-donne oppure appartenenti a un genere non necessariamente definito. La regista argentina dice: “Questa è la storia di un’identità mancata. Un desiderio di trovare ‘casa’. Un canto d'amore e d’odio per
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74 ‘essere’ umani. Un urlo di vita. Un urlo parossistico, fottutamente indigesto. Una danza di corpi buffi e belli che desiderano essere amati”. Lo spettacolo ruota attorno a questi interrogativi: Chi sono io veramente? A chi serve la mia identità. E soprattutto: che cosa devo fare per farmi amare? Questo spettacolo parla d’identità non di sessualità, la Serli si concentra sulla biografia dei suoi personaggi, che sono soprattutto persone chiamate a far parte di un percorso condiviso, dentro al quale divengono strumenti per un sapere comune, invece che mero oggetto di studio e quindi di ulteriore emarginazione. Il confronto tra individui di diverse identità di genere e diversi orientamenti sessuali (persone che non sanno o non vogliono definirsi) permette una profonda analisi del significato e della costruzione del maschile e del femminile, ma soprattutto crea le premesse di Variabili Umane, ovvero saper guardare ai propri desideri e affrontare le proprie paure. Questo spettacolo si basa sui concetti di inclusione e di condivisione; a tal proposito la regista dichiara: “Quello del mio gruppo è un percorso sempre in via di definizione, come le persone in transizione. Alla fine, siamo tutti esseri intersessuali, ci muoviamo su un ponte tra l’essere uomo e l’essere donna, anche se ci hanno trasmesso la paura di varcarlo. Il transgenderismo è un luogo di passaggio, quindi luogo di creazione. Il mio è uno spettacolo professionale, con professionisti della vita, della lotta per la vita. Uno spettacolo pulito tecnicamente, ma sporco emotivamente”.