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LO SVILUPPO DELLA NORMATIVA COMUNITARIA NELLA TUTELA DELL’INDICAZIONE GEOGRAFICA

2.5. Rapporto con i marchi comunitar

La tutela dell’indicazione geografica non può limitarsi alla mera protezione della provenienza del vino, ma deve estendersi a contemplare tutti i diversi aspetti protetti attraverso di essa234.

L’analisi non può esimersi dal considerare e confrontare le indicazioni geografiche con i diversi istituti giuridici che presentano caratteristiche comuni e svolgono una funzione di promozione e tutela dell’oggetto incorporato: i marchi collettivi, di qualità235.

La base comune a queste forme di tutela collettiva di un prodotto è l’adesione volontaria del singolo ad un programma di protezione condiviso. La normativa distingue il “contenitore” di questi standard di coltivazione, produzione e/o commercializzazione: da un lato il “disciplinare” e dall’altro il “regolamento d’uso”236.

Nonostante questa base comune le differenze sono manifestamente superiori. Il marchio collettivo non è necessariamente legato ad una produzione tradizionale, più o meno risalente nel tempo, che ha sviluppato nel corso degli anni un solido legame con il territorio e con la popolazione ivi insediata che ha trasformato, con l’avanzare delle proprie conoscenze di coltivazione e produzione, il suo rapporto con il prodotto. Il suo carattere indipendente lo rende uno strumento sovra territoriale, pur potendo certificare l’origine di un prodotto, ed indipendente dai confini geografici che invece si trovano nei disciplinari237. L’ideazione e la creazione del marchio collettivo coinvolgono soggetti privati. L’autonomia privata stabilisce gli standard minimi a cui l’adesione volontaria è subordinata. La prospettiva prettamente privatistica che lega il titolare al marchio individuale, si riflette nelle scelte strategiche commerciali volte ad incrementare le quote di mercato di quel determinato

234 SARTI D., La tutela delle indicazioni geografiche nel sistema comunitario, in UBERTAZZI B., MŨNIZ ESPADA E., Le indicazioni di qualità degli alimenti. Diritto internazionale ed europeo, Milano, Giuffrè, 2009, 329.

235 Ibid. 236 Ibid.

237 IPR2, Q&A Manual: European Legislation on Geographical Indications, p. 15, http://ec.europa.eu/agriculture/events/2011/gi-africa-2011/q-a-manual_en.pdf.

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prodotto o di quella categoria di prodotti che rispettano gli standard qualitativi indicati dagli imprenditori titolari del marchio collettivo238. Il titolare di un marchio commerciale e l’associazione titolare di un marchio collettivo hanno il diritto esclusivo di sfruttare il nome, il logo e gli altri segni distintivi nella classe nella quale è stata chiesta la registrazione. La disciplina delle indicazioni geografiche estende la protezione anche avverso l’uso commerciale diretto o indiretto del nome per prodotti non coperti dalla protezione239.

L’associazione del nome con indicazioni quali “tipo”, “modo”, “specie” o la traduzione dello stesso, vietate dalla legislazione comunitaria e internazionale in riferimento alle indicazioni geografiche, non trovano una tutela simile per quanto riguarda il marchio, il quale è soggetto al rischio ulteriore di divenire generico, perché divenuto di uso comune nelle pratiche commerciali e, di conseguenza, idoneo a perdere il proprio diritto di esclusiva (art. 7/1/d)240.

La prospettiva si capovolge se si considera la molteplicità di interessi, non da ultimi quelli economici, ma anche socio-culturali che le indicazioni geografiche si promuovo di tutelare, qualificandosi come bene oggetto di uno specifico interesse pubblico241.

La dottrina segnala un “arretramento della protezione accordata alle

denominazioni di origine e alle indicazioni geografiche, rispetto alla precedente disciplina”242.

L’utilizzo dell’indicazione geografica, comune agli imprenditori aderenti al disciplinare ed appartenenti ad una determinata area geografica, non esclude che questi cerchino di differenziare i propri vini attraverso lo sfruttamento dei rispettivi marchi individuali. Il legislatore ha posto alcune limitazioni alla composizione del marchio: questo non può “contenere parole

o parti di parole, contrassegni o illustrazioni che siano di natura tale da causare confusione o indurre in errore” (punto 1, lettera F, allegato VII, reg. 1493/99).

238 SARTI D., op. cit., 331. 239 IPR2, op. et loc. ult. cit.

240 Regolamento n. 40/94/CE del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario, GU n. L 11, 14/01/1994.

241 IPR2, op. et loc. ult. cit. 242 ALBISSINI, op. cit., 439.

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Tuttavia se il marchio è stato registrato prima del 31 dicembre 1985 ed è stato effettivamente utilizzato, il titolare ha il diritto di usare tale marchio che coincide con il “nome di un’unità geografica più piccola di una regione

determinata utilizzato per la designazione di un v.q.p.r.d., […] di un vino da tavola recante un’indicazione geografica, di un vino importato designato mediante un’indicazione geografica” fino al 31 dicembre 2002 (punto 2, lettera F,

allegato VII, reg. 1493/99). Lo sfruttamento del marchio che soddisfi le condizioni indicate nel regolamento trova come limite l’impossibilità, per il titolare, di opporsi all’utilizzo del nome dell’unità geografica per la designazione di un v.q.p.r.d. o di un vino da tavola (punto 2, 2° comma). Segnatamente si evidenzia una predominanza dell’indicazione geografica sul marchio commerciale243.

Un’inversione di tendenza si manifesta nell’art. 43 del reg. 479/2008 riguardo i motivi di rigetto della protezione di un nome in quanto denominazione d’origine o indicazione geografica quando queste siano idonee ad indurre in errore il consumatore a causa della notorietà e della reputazione di un marchio commerciale (art. 43/2). La prevalenza del marchio commerciale sull’indicazione geografica riprende la disciplina dettata per gli altri prodotti alimentari DOP e IGP dal reg. 510/2006244. La

coesistenza di un marchio commerciale e di un’indicazione geografica è assicurato anche dalla nuova OCM vino quando il primo “sia stato

depositato, registrato o […] acquisito con l’uso sul territorio comunitario anteriormente alla data di presentazione alla Commissione della domanda di protezione della denominazione di origine o dell’indicazione geografica” (art. 45/2), purché non

sussistano motivi di nullità o decadenza del marchio.

Una richiesta di registrazione di un marchio commerciale postuma alla data della domanda di protezione della denominazione o dell’indicazione è respinta se questa ottiene effettivamente e successivamente protezione dalla Commissione (art. 45/1).

243 Ibid.

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CAPITOLO III