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Rapporto tra teoria e prassi nella prospettiva della formazione permanente e per il

Capitolo 3 – L’educatore professionale

3.6. Rapporto tra teoria e prassi nella prospettiva della formazione permanente e per il

Un aspetto importante nel dibattito sulla formazione degli educatori riguarda il rapporto tra la pratica e la teoria. L’idea che per anni si è affermata del primato della formazione pratica su quella teorica, nasceva dalla convinzione storica che non si potesse acquisire sapere se non facendo prassi. Così facendo però si manifestava il rischio che si sottovalutasse la padronanza della teoria, la quale era invece indispensabile. Oggi ci si trova nella consapevolezza che teoria e pratica sono altrettanto indispensabili. In sostanza, gli elementi formativi teorici e pratici devono essere integrati e pertanto è necessario che vi sia una pertinenza e un grado di conformità tra i programmi di formazione e i problemi sociali e sanitari della popolazione, tenuto conto ovviamente delle risorse disponibili511. L’educazione infatti è sia elemento costitutivo dell’operatività dell’educatore, sia lo specifico oggetto d’indagine della pedagogia. L’educazione è quindi il nesso inscindibile che lega la teoria e la prassi educativa, un legame biunivoco tra interpretazione e applicazione: come afferma Gadamer se non ci fosse l’educatore non ci sarebbe esplicitazione dell’educazione e contemporaneamente se non fosse l’operatività sul campo non ci sarebbe applicazione della teoria. È possibile affermare che l’essenza dell’educazione sta in questo nesso, nel quale si manifesta il valore pratico quindi come suo fondamento epistemologico512. In questa prospettiva l’importanza della pratica educativa è una fonte per la teorizzazione pedagogica, la quale si arricchisce grazie all’educatore, che esprime se stesso e la sua volontà di essere un soggetto creativo, nel senso di partecipare alla creazione di nuove ipotesi educative e di nuove forme di educazione, partecipando così a costruire quello che Braccini, Funaro, Latella e Seghizzi chiamano la grammatica dell’educare513. Si mette qui in risalto

510 È attiva una petizione per l’istituzione di un albo professionale dei pedagogisti e degli educatori composto da due

sezioni: sezione A per chi è in possesso della laurea di primo livello in Scienze dell’Educazione (classe L-19) ed equipollenti o di educatore professionale (classe SNT/02) ed equipollenti; sezione B per chi è in possesso della laurea Magistrale in Scienze dell’Educazione LM-57 o scienze Pedagogiche LM-85. Si veda http://firmiamo.it/albo- pedagogisti-ed-educatori#petition/

511 Il gruppo di ricerca ha elaborato il core competence dell’educatore professionale: per costruire un programma

educativo pertinente è necessario partire dalle caratteristiche e dai problemi della comunità nella quale si intende operare. Dopo averli individuati è necessario stabilire le priorità, sulle quali impostare il programma educativo formativo. Gli autori, per esempio propongono di concentrarsi sui principali problemi socio sanitari della popolazione italiana. Crisafulli F., Molteni L., Paoletti L, Scarpa P.N., Sambugaro L., Giuliodoro S., Il “Core competence” dell’educatore professionale, Milano, Edizioni Unicopli.

512 Gadamer H. G., op. cit., p. 311.

513Braccini A., Funaro S., Latella R., Seghizzi S., Fermarsi per costruire una grammatica dell’educare in “Animazione

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quanto il lavoro educativo sia un’attività tesa a rispondere ad esigenze pratiche: l’educatore deve fronteggiare situazioni concrete nelle quali, al di là della conoscenza dei fatti, deve rivolgere la propria attenzione alla ricerca di soluzioni. Egli deve fare ricorso costantemente all’esperienza oltre che alla formazione, tenendo bene presente il caso specifico e unico che ha di fronte. Nel processo educativo l’educatore decorre dal caso per interrogare sia le conoscenze teoriche sia le sue esperienze quotidiane (non solo le esperienze proprie ma anche ciò che deriva dalle buone prassi e dalle linee guida definite dalla comunità degli educatori) per trovare in esse gli stimoli e le risposte, per poi tornare al caso. L’esperienza di altri educatori diventa esperienza collettiva da cui attingere. In questo procedimento circolare si raggiunge l’equilibrio solo quando le esigenze sollevate dal caso si compongono nel modo più soddisfacente possibile con le conoscenze. Questo processo, che seppure possa apparire scontato, in realtà è un processo molto complesso, il cui utilizzo viene perfezionato attraverso un approfondimento delle conoscenze teoriche per mezzo della formazione continua.

L’indispensabilità della formazione continua è dovuta anche al fatto che l’educatore professionale è da sempre una figura impegnata nella società e in tutti i fenomeni che la attraversano. Tra questi, oggi, le attuali crisi sociale ed economica e del welfare che sono tra loro interrelate, richiedono risposte integrate, aggiornate e concrete da parte più soggetti. Tale crisi genera nuove forme di disagio e di precarietà, con le quali la figura dell’educatore deve fare i conti e intervenire professionalmente fornendo delle risposte tangibili, le quali non possono discendere solamente dalla formazione accademica. Da queste considerazioni risulta quindi comprensibile l’importanza della duplice formazione: esperienziale e permanente. Come mette in evidenza Oggionni l’esperienza introduce nel corso della vita nuovi apprendimenti e se ben incanalata risulta essere una spinta propulsiva per il ripensamento dei luoghi e dei tempi dell’educare, per potenziare valori, estendere norme dei gruppi sociali di appartenenza. Insieme alla formazione esperienziale acquisita sul campo, risulta di grande aiuto all’operatività la formazione permanente, l’insieme di tutte quelle attività intraprese dal professionista (in modo formale e informale) al fine tanto di promuovere la crescita e la valorizzazione del suo patrimonio culturale e professionale acquisito nella sua storia di vita, di studio e di lavoro quanto di migliorare le conoscenze e le competenze514. A prescindere dagli apprendimenti certificati, quindi, sono molto importanti gli apprendimenti situati e invisibili, ovvero gli apprendimenti non riconducibili a luoghi specifici, ma che invece riportano a dimensioni

514 D. Lgs. 16 gennaio 2013, n. 13, Definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni per

l'individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e informali e degli standard minimi di servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze, a norma dell'articolo 4, commi 58 e 68, della legge 28 giugno 2012, n. 92.

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di significato esistenziali, individuali e collettive. L’educatore, lavorando a fianco con l’utente e condividendo con lui la sua quotidianità, osservando e ascoltando le diverse storie di vita frammentate e multiproblematiche concorre alla riscrittura e alla risignificazione delle trame esistenziali.

Ogni esperienza vissuta come significativa lascia una traccia e produce quindi apprendimento, così da risultare doppiamente educativa, per il professionista e per l’educando. A questo proposito, Latella, Funaro e Seghizzi mettono in evidenza che l’educatore proprio per apprendere dall’esperienza, deve imparare a mantenere uno sguardo ampio e multifocalizzato, non limitandosi ad inquadrare il soggetto e ad analizzarlo in dettaglio al punto di frammentarne l’identità in caratteristiche che possono essere comprese solo in relazione al contesto sociale e territoriale di vita515. Quanto detto finora rafforza la tesi secondo cui l’educatore deve alimentare quotidianamente l’apprendimento sul campo, attraverso la successiva riflessione di quanto è accaduto, anche perché così facendo riesce ad allenarsi fino a fare propria la competenza del riuscire a recuperare le storie delle persone, per riconoscerne la loro centralità nel percorso educativo.