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le relazioni con il contesto per un nuovo approccio alla tettonica

Nel documento SCUOLe DI DOTTORATO 37 (pagine 179-185)

L’utilizzo del termine involucro riferito all’architettura è piut-tosto recente e nasce come evoluzione del concetto di “chiusura”

che identificava, come unità distinte tra loro, i tamponamenti ester-ni verticali ed orizzontali. Nel costruire contemporaneo l’involucro edilizio, che indica l’intero sistema di chiusura esterno dell’edificio,

“si libera del suo ruolo storico di barriera difensiva dagli agenti climatici e si configura come pelle, qualcosa che respira e che regola – nel senso più ampio della parola – le dinamiche di comunicazione con l’esterno nell’ottica di un organismo edilizio che, al pari di un essere animato, vive degli scambi, diretti o figurati, con il proprio contesto”.2L’attuale concezione dell’involucro edilizio trae origine dall’opera di Reyner Bahnam che già nel 1969 introduceva il concetto di “ambiente ben temperato”3e

riconosce-1 Università degli Studi di Camerino – Scuola di Architettura e Design

“Eduardo Vittoria” di Ascoli Piceno.

Hanno partecipato ai lavori preparatori e alla stesura del contributo: Sonia Calvelli e Federica Ottone (in qualità di tutor) con i dottorandi Maria Teresa Cusanno, Matteo Iommi, Angela Leuzzi, Laura Ridolfi, Irene Virgili, Luca Frattari, Nazzareno Viviani.

2Peguiron G., Prefazione in Altomonte S., L’involucro architettonico come inter-faccia dinamica. Strumenti e criteri per un’architettura sostenibile, Alinea, Firenze, 2005.

3Bahnam R., The Architecture of the Well–Tempered Environment, Architectural Press, London, 1969 (tr.it di Morabito G., Ambiente e tecnica nell’architettura moderna, Laterza Roma–Bari, 1995).

Massimo Lauria (edited by) Produzione dell’Architettura tra tecniche e progetto. Ricerca e innovazione per il territorio = Architectural Planning between build and design techniques. Glocal oriented research and innovation, ISBN 978-88-8453-988-5 (online) ISBN 978-88-8453-990-8 (print) © 2010 Firenze University Press

va all’involucro un ruolo fondamentale nel determinare tale condi-zione. Analizzando la storia dell’architettura, Bahnam individua tre modelli principali di controllo ambientale, a ciascuno dei quali può essere associata una tipologia di involucro edilizio con delle speci-fiche caratteristiche: conservativo, selettivo e rigenerativo.

Il modello conservativo è caratterizzato da un tipo di control-lo ambientale che utilizza grandi masse murarie con poche aper-ture per ridurre le dispersioni termiche nei climi freddi e, allo stesso tempo, per attenuare gli effetti di riscaldamento dovuti alla radiazione solare diretta nei climi (o periodi) caldi.

Il secondo modello, definito come selettivo, è particolarmente adatto ai climi caldo–umidi ed è caratterizzato da principi generali analoghi a quello precedente, ma “adopera la struttura non solamente per conservare le condizioni ambientali desiderate, ma per far entrare dall’e-sterno queste condizioni”.4A tale scopo possono essere previste gran-di pareti trasparenti per l’illuminazione ed il riscaldamento passivo.

Il terzo modello, quello rigenerativo, caratterizza quegli edifici privi di pareti massicce in cui il controllo ambientale è affidato totalmente ai sistemi impiantistici, definiti appunto come instal-lazioni rigenerative, mentre l’involucro è inteso solo come una bar-riera in grado di limitare le interazioni tra interno ed esterno.

Le più recenti ricerche tecnologiche delineano una visione inno-vativa dell’involucro edilizio, concepito non più solo come il “bigliet-to da visita dell’architettura”,5ma come un “complesso sistema–filtro selettivo polivalente”6che, oltre a separare due ambiti, è in grado di controllare e modulare le interazioni e gli scambi materiali ed imma-teriali tra interno ed esterno, reagendo in maniera flessibile alla varia-bilità delle condizioni ambientali, minimizzando le dispersioni termi-che nel periodo invernale e limitando l’innalzamento della tempera-tura in quello estivo, con il conseguente miglioramento del comfort abitativo e della qualità di vita dell’utente, ottenuti senza l’utilizzo di fonti energetiche non rinnovabili.

4Ivi p.14.

5 Schittich C., “Involucro, pelle, materiale”, in Schittich C. (a cura di), Gebäudehüllen, Birkhäuser, Basel, 2001 (tr. it. di Mombelli R.L., Involucri edilizi, Birkhäuser, Basel, 2003).

6Tucci F., Involucro ben temperato. Efficienza energetica ed ecologica in architettura attra-verso la pelle degli edifici, Alinea, Firenze, 2006.

181 L’involucro come interfaccia architettonica

Al fine di soddisfare tali esigenze, nel costruire contempora-neo l’involucro edilizio ha progressivamente perduto la sua condi-zione di elemento mono–materico, trasformandosi in un com-plesso sistema funzionale, articolato in diversi strati e materiali dotati di precise prestazioni, che richiede, nelle fasi di processo progettuale e realizzativo, il concorso di competenze e conoscen-ze specifiche unitamente ad una sempre maggiore capacità dell’ar-chitetto di governare le relazioni con gli altri sistemi (strutturale, impiantistico, funzionale…) che definiscono l’organismo edilizio nel suo complesso.

Muovendo dal ruolo di primaria importanza riconosciuto all’involucro edilizio, non solo nella definizione formale ed espressiva del manufatto architettonico, ma soprattutto nella determinazione del fabbisogno energetico di un edificio (reso ancor più necessario dall’emanazione di normative sempre più cogenti sul risparmio energetico), molte ricerche in campo tecno-logico e fisico–tecnico, spesso condotte in stretta relazione tra Architettura come interfaccia in grado di alleviare lo stress della vita.

Schizzi tratti dal libro: Fitch J.M., American Building 2: The Environmental Forces that shape it, Houghton Mifflin, Boston, 1972 (tr. it. a cura di Mancuso G., La progettazione ambientale. Analisi interdisciplinare dei sistemi di controllo dell’ambiente, Franco Muzzio & C. editore, Padova, 1980).

Dalle attuali ricerche e sperimentazioni nel campo della proget-tazione tecnologica ed ambientale sembrano emergere due grandi categorie di involucro, basate su due atteggiamenti culturali, prima ancora che tecnici: i sistemi di “involucro massivo” e i sistemi di

“involucro stratificato a secco”. I primi affidano il controllo delle condizioni climatiche interne al peso e allo spessore elevato di uno o due materiali omogenei ad elevata densità; gli altri, realizzati median-te l’assemblaggio di elementi leggeri, affidano le loro prestazioni energetiche alle caratteristiche fisiche dei singoli strati che li compon-gono. In questo secondo caso, la progettazione del sistema di involu-cro richiede una conoscenza approfondita del comportamento pre-stazionale dei diversi materiali e dei componenti utilizzati, in quanto è possibile ottenere prestazioni elevate solo ottimizzando e specializ-zando gli strati che costituiscono il “sistema involucro”.

loro, hanno indirizzato il proprio campo di azione verso lo svi-luppo di sistemi di involucro ad elevate prestazioni energetiche in grado di garantire buoni livelli di benessere termo–igrometrico, visivo e acustico.

A sinistra: Herzog & Partners, Soka–Bau, Wiesbaden, Germania.

A destra: Schizzi di studio dell’involucro, Foster & Partners, Solar City, Linz, Austria.

Oltre a rimarcare la tradizionale dicotomia “pesante/leggero”, i due approcci evidenziano importanti differenze, sia nella relazio-ne tra sostenibilità complessiva dell’intervento edilizio e innovazio-ne tecnologica, sia dal punto di vista di una rinnovata accezioinnovazio-ne del concetto di “contesto”.7I sistemi di involucro stratificati a secco sono infatti progettati come “un’interfaccia dinamica”8e le condi-zioni ambientali esterne sono considerate come una risorsa e non una forza contro cui lottare: l’involucro dell’edificio acquista così la valen-za di “pelle reattiva che protegge l’interno dagli agenti atmosferici ma che allo stesso tempo ne sfrutta in modo funzionale la potenza, una pelle sensibile che evoca molte possibilità di cambiamento”.9

La gran parte degli studi sulle nuove tipologie di involucro fanno riferimento ad una letteratura scientifica, a ricerche, a casi–studio e a sperimentazioni maturati negli ultimi decenni prevalentemente nel-l’ambito della cultura centro–europea (Germania, Francia, sud–Tirolo…); ancora pochi però sono gli studi che si propongono di affrontare con lo stesso rigore scientifico e metodologico le que-stioni poste dal rapporto tra involucro edilizio e contesto (fisico, geo-grafico, culturale, tecnico…) alle latitudini del Mediterraneo, con l’o-biettivo di formulare nuovi parametri prestazionali e di definire nuove strumenti di verifica coerenti con le particolari condizioni ambientali che questi contesti propongono. La messa a punto e la verifica delle prestazioni energetiche di involucri “stratificati a secco”

costituisce il campo di interesse di un numero sempre maggiore di ricerche dottorali che, spingendosi verso settori di studio di carattere specialistico ma sempre più complementari al progetto di architettu-ra (fisica–tecnica, acustica, scienza dei materiali…), hanno architettu-raggiunto interessanti risultati sotto il profilo scientifico; tali ricerche pongono all’attenzione della comunità scientifica importanti questioni riguar-danti la creazione di nuove figure di specialisti (come il clima–desi-gner), in grado di controllare con estrema competenza gli aspetti di funzionamento energetico–ambientale di un edificio.

183 L’involucro come interfaccia architettonica

7Dierna S., Orlandi F., Buone pratiche per il quartiere ecologico. Linee guida di pro-gettazione sostenibile nella città della trasformazione, Alinea, Firenze, 2005.

8Altomonte S., L’involucro architettonico come interfaccia dinamica. Strumenti e crite-ri per un’architettura sostenibile, Alinea, Firenze, 2005.

9Ivi, p.88.

Ma al tempo stesso non può essere trascurata la natura “olistica”

del progetto che non consente di tralasciare o ignorare gli effetti che un sistema di involucro progettato autonomamente, può indurre sul funzionamento complessivo del manufatto architettonico.

Come d’altro canto non è possibile ignorare le ricadute sul piano della qualità formale ed espressiva di scelte tecniche che, per quanto corrette e coerenti con i dati scientifici del problema, dovrebbero essere sempre considerate come risultati parziali e fun-zionali al raggiungimento di livelli sempre più elevati di qualità architettonica. L’involucro inteso come interfaccia architettonica,

“confine” sensibile all’innovazione, e non solo “frontiera” tra interno ed esterno, può diventare il “luogo” di incontro tra qualità differenti (spaziali, ambientali, funzionali, tecnologiche, costrutti-ve, formali) che non solo devono essere misurabili e verificabili sulla base di parametri prestazionali, ma dovrebbero anche torna-re a far parte delle riflessioni sulla tettonica e sul significato dell’ar-chitettura contemporanea.

A sinistra: Test–room VERU, Istituto di Fisica del Fraunhofer Institut, Holzkirchen, Germania. Monitoraggio delle prestazioni in uso di due fac-ciate realizzate con vetri dalle prestazioni termiche differenti.

A destra: Sistema di involucro tralucente con PCM. Appartamenti per anziani a Domat/Ems, Svizzera. Progetto di Dietrich Schwarz.

MONICAROSSI1

Nel documento SCUOLe DI DOTTORATO 37 (pagine 179-185)

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