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tecnologie per la definizione della frontiera

Nel documento SCUOLe DI DOTTORATO 37 (pagine 123-128)

Gli allievi del dottorato in Tecnologia dell’Architettura delle Università consorziate di Ferrara, IUAV di Venezia e Bologna, si sono proposti di offrire un contributo per la discussione su tematiche riguardanti le tecniche, i materiali ed il progetto (Tavolo I), concentrando l’attenzione sul progetto dell’interfac-cia architettonica e valorizzando, nel confronto che ha precedu-to il seminario, il carattere segnatamente interdisciplinare del corso.

In particolare, grazie alla compresenza di diversi settori scien-tifico disciplinari all’interno della collegiale di dottorato, che si riflettono nella pluralità di orientamenti individuati dalle ricerche condotte nel corso dei diversi cicli (dall’innovazione di prodotto, all’innovazione di processo, dalla riqualificazione edilizia, alla progettazione architettonica, finanche allo studio di materiali e tecniche costruttive con finalità conservative), è stato possibile concentrare l’attenzione sul tema, affrontandolo da molteplici punti di vista.

1Università di Ferrara.

Hanno partecipato ai lavori preparatori e alla stesura del contributo: Enrico Arbizzani, Giovanni Avosani, Luca Belatti, Edoardo Bit, Elena Giacomello, Maria Veronica Giordano, Luca Magarotto, Andrea Pasquato, Fabiana Raco, Cristina Vanucci, Marco Zuppiroli.

Massimo Lauria (edited by) Produzione dell’Architettura tra tecniche e progetto. Ricerca e innovazione per il territorio = Architectural Planning between build and design techniques. Glocal oriented research and innovation, ISBN 978-88-8453-988-5 (online) ISBN 978-88-8453-990-8 (print) © 2010 Firenze University Press

Un rapporto di collaborazione interdisciplinare che è diven-tato occasione per consolidare convergenze metodologiche in materia di innovazione tecnologica per la definizione dell’inter-faccia architettonica, spaziando tra ambiti strettamente tecnolo-gici legati alla componentistica, alle tecniche ed ai materiali, e problematiche legate alla comunicazione di massa ed al flusso di informazioni.

Nella contemporaneità, per quanto riguarda le architetture di nuova realizzazione, si assiste alla riproposizione di codici grafici, scritte e simboli, quali elementi caratterizzanti la finitura superficia-le e la decorazione degli involucri. Come fa notare Ibelings, questo fenomeno ha visto la propria comparsa in un periodo nel quale vi è stata una progressiva semplificazione stilistica, una perdita di contenuto attribuita all’impoverimento di alcuni caratteri formali e spaziali dell’architettura.

D’altra parte la superficie esterna dell’involucro, quale compo-nente che si relaziona maggiormente con lo spazio pubblico, ha acquisito sempre più rilevanza in relazione all’intenzione comuni-cativa del progetto.

L’involucro oggi, attraverso l’uso di standard fortemente codificati, presi a prestito dai mass media, tenta quindi di inse-rirsi a pieno titolo tra i mezzi di comunicazione stessi. Questa prassi ha accresciuto la capacità di veicolare messaggi, sia per la facilità con la quale queste architetture sono diventate icone, sia per l’accesso a tecnologie informatiche che, riportate nell’ambi-to architetnell’ambi-tonico, hanno contribuinell’ambi-to ad un incremennell’ambi-to del flus-so di informazioni.

“Tutte le superfici di rivestimento degli edifici diventano superfici program-mabili, membrane fotosensibili che narrano, progettano e pervadono l’organiz-zazione spaziale dei volumi, interpretando la loro funzione. Sono muri intes-suti di informazioni seducenti”.2

La conseguenza principale di questo cambio nel paradigma progettuale è stata la nascita di nuove forme di interazione tra l’u-tente e le superfici mediatiche degli edifici.

2Colafranceschi D., Architettura in superficie, Gangemi editore, Roma, 1995.

125 Il progetto dell’interfaccia architettonica

In questo senso stiamo assistendo alla nascita di nuovi modi di fruire l’architettura, non solo come insieme di elementi spaziali o di contenitori, ma anche, e soprattutto, come portatori di informa-zioni. L’impossibilità di definire con i termini propri dell’architet-tura e della Tecnologia dell’Architetdell’architet-tura queste nuove relazioni, spinge a traslarle dal gergo informatico:3interfaccia, come spazio di interazione tra sistemi ambientali diversi al fine di generare una comunicazione tra questi ultimi. L’interfaccia architettonica è lo spazio di relazione4che rende disponibile talvolta il solo funziona-mento e, talvolta, messaggi, informazioni, più o meno espliciti e più o meno coerenti con la funzione svolta dall’edificio stesso. Nel progetto della frontiera architettonica intesa come interfaccia, l’at-tenzione si sposta quindi sullo spazio dell’interazione, dove le com-ponenti prestazionali dell’involucro diventano fruibili.

L’analisi di numerosi casi studio – tra cui ricordiamo la fac-ciata della Certosa di Pavia, la facfac-ciata del Duomo di Modena, la facciata della Biblioteca Sainte–Geneviène di Parigi (Francia), la Biblioteca della scuola tecnica di Eberswalde (Germania) realiz-zata dagli architetti Herzog & de Meuron, la Torre dei Venti di Yokohama (Giappone) realizzata dall’architetto Toyo Ito, la KPN Telecom Office Tower di Rotterdam (Paesi Bassi) realizzata dal-l’architetto Renzo Piano – ha previsto la selezione di quelle solu-zioni che definiscono nuove forme di relazione tra sistema edili-zio e utente.

Situazioni in cui la progettazione non si limita alla predisposi-zione dei supporti tecnologici ma amplia le proprie competenze proponendo di spingersi al design delle informazioni stesse. Sono state quindi individuate le possibilità di interazione tra utenza, ambiente immediato5 e involucro architettonico. Queste possono essere distinte in statica o dinamica,6in base alle differenti modalità di rappresentazione del significato nello spazio del supporto – cioè sulla superficie della chiusura – rispetto al tempo.

3Cfr. Bonsiepe G., Dall’oggetto all’interfaccia, Feltrinelli, Milano, 1995.

4Cfr. Virilio P., Lo spazio critico, Dedalo, Bari, 1998.

5Cfr. Ciribini G., Introduzione alla tecnologia del design, Franco Angeli, Milano, 1979.

6Cfr.Gasparini K., Design in superficie, Franco Angeli, Milano, 2009.

L’interazione comunicativa statica di una chiusura edilizia è la capa-cità di questa di esprimere un messaggio palese in virtù delle pro-prie forme architettoniche o della propria finitura superficiale.

Finitura superficiale fissa, quindi non mutevole nel tempo.7 L’interazione comunicativa di tipo statico si affida a strategie infor-mative invariabili e a tecnologie atte a disegnare, incidere, far ade-rire alle superfici edilizie icone portatrici di senso in modo perma-nente, come ad esempio la serigrafia, le pellicole adesive applicabi-li su superfici ediapplicabi-lizie trasparenti od opache, le facciate scolpite o affrescate dell’antichità, ecc.

L’interazione comunicativa dinamica di un involucro architettonico è una forma di trasmissione di segni che usa espedienti tecnici

pro-7Si sottolinea che, comunque, la percezione di un edificio varia infinite volte nell’arco del tempo, con il trascorrere della giornata o l’avvicendarsi delle stagio-ni. Ma il messaggio espresso, in questo caso, rimane sempre lo stesso, costante ed inalterato.

A sinistra: Duomo di Modena, facciata.

A destra: Renzo Piano, KPN Telecom Office Tower, Rotterdam.

127 Il progetto dell’interfaccia architettonica

grammaticamente mutevoli e percepibili come tali dagli utenti del-l’ambiente immediato in un determinato intervallo di tempo. Le superfici che trasmettono immagini in forma dinamica si avvalgo-no per lo più dell’applicazione in facciata di strumenti illumiavvalgo-notec- illuminotec-nici regolati da sistemi elettroilluminotec-nici, e frequentemente esulano dall’u-tilizzo di parti mobili o particolari cinematismi integrati all’involu-cro che permettano, in virtù della loro possibilità di movimentazio-ne, di mutare il messaggio in modo meccanico.

Le tecnologie per realizzare interfacce comunicative variano a seconda del supporto e del tipo di materiale impiegato.

Prendendo come esempio le superfici trasparenti, si possono ottenere effetti grafici con diverse tecniche fra cui, da una parte la sabbiatura e la serigrafia (interfaccia statica), dall’altra tecnologie e componenti elettronici quali pannelli elettronici, lampade al neon, LED o schermi LCD, per la maggior parte assemblati a secco, indi-pendenti dalla struttura e svincolati da qualsiasi funzione portante (interfaccia dinamica).

La breve analisi sin qui presentata vuol essere uno spunto, una chiave di lettura per una possibile e scientifica classificazione delle tecnologie per la progettazione di interfacce architettoniche, lette come “un insieme strutturato di parti solidali (ossia correlate ed interdipen-denti), comportantesi come un tutto, di tipo complesso, che si relaziona con l’ambiente e con l’uomo come un medium”.8

8McLuhan M., Gli strumenti del comunicare, Net, Milano, 2002.

THEOZAFFAGNINI1

Nel documento SCUOLe DI DOTTORATO 37 (pagine 123-128)

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