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6.7.2) La “Responsivity” di un fotorivelatore: una possibile spiegazione fisica

La responsivity può essere vista come un parametro macroscopico, ovvero determinabile sperimentalmente, strettamente legato al concetto di “spettro di assorbimento” esaminato nel paragrafo 5.3.1. La forma di R(λ) è legata a quella della Line Shape g(ν) (o meglio g(λ)) che caratterizza il semiconduttore utilizzato per realizzare il fotorivelatore. Il fatto che lo spettro della responsivity R(λ), riportato qualitativamente in figura 100, non sia ben approssimabile con la Line Shape visualizzata in figura 35, ovvero con una funzione di distribuzione gaussiana, è dovuto al fatto che tale approssimazione è accettabile solo per materiali ben riconducibili a strutture energetiche a due livelli, mentre un qualunque semiconduttore è modellizzabile correttamente con strutture energetiche a bande E – k, o al più con sistemi a quattro livelli di energia. Dunque è evidente che la forma di g(λ), e quindi di R(λ), si complica.

Per capire meglio il motivo per cui una potenza ottica incidente viene convertita in una fotocorrente la cui ampiezza è diversa a seconda della frequenza della radiazione, è utile affidarsi nuovamente al diagramma dell’energia totale E degli elettroni in funzione del vettore d’onda k.

Fig. 101

Diagramma qualitativo E – k di un generico semiconduttore a gap indiretto, con il quale è costruito un fotorivelatore. Mediante questo modello è possibile spiegare, intuitivamente, il motivo per cui a diverse frequenze della radiazione luminosa incidente corrispondono ampiezze diverse della risposta elettrica in uscita dal dispositivo.

Supponiamo di illuminare l’APD con una radiazione monocromatica di potenza pari ad 1 watt, avente lunghezza d’onda λ2. Uno qualunque dei fotoni di energia hν2,che costituiscono questa radiazione, deve trovare, da un

punto di vista energetico, una situazione favorevole per poter cedere la sua energia e stimolare un elettrone a

compiere il salto del gap. Innanzi tutto il livello energetico Ev (il massimo della BV) deve essere occupato almeno

da un elettrone; infatti se Ev è vuoto la probabilità di assorbimento dei fotoni, cioè la QE, diminuisce, causando

quindi una diminuzione di R. Per di più il livello energetico Ec (minimo della BC) deve essere vuoto, ad esempio

svuotato dall’energia termica kT, o magari da un campo ε applicato dall’esterno, in virtù della polarizzazione

inversa. Se infatti Ec è pieno la QE, e conseguentemente la R, sono ulteriormente ridotte. In più, come già spiegato,

affinchè il fotone λ2 provochi la generazione della coppia è necessario l’intervento del fonone, per cui se il

reticolo cristallino del semiconduttore non vibra in modo tale da spostare l’elettrone dallo stato k = 0 (Γ) allo stato k = , la QE è ancora più bassa. Dunque, a causa di questi tre fattori, la percentuale di fotoni λ2 che

effettivamente viene assorbita è bassa, per cui R(λ2) è bassa. Per λ ancora più alte (cioè per frequenze ancora più

basse), per esempio λ = λcutoffMAX (= 1150 nm, per un APD realizzato in silicio), nessun fotone ha energia tale da

consentire il superamento del gap ad un elettrone (hν* < Egap, con ν* < νcutoffMAX) e quindi nessun fotone viene

assorbito, QE = 0, R = 0 e l’APD non risponde. Adesso illuminiamo il rivelatore con una radiazione avente λ = λ1.

Statisticamente il fotone λ1 permette ad un elettrone il salto colorato di verde nel disegno di figura 101 (salto più

grande, dato che ν1 > ν2). La probabilità che il livello energetico inferiore, corrispondente al salto verde, sia

occupato da un elettrone è alta, come pure la probabilità che il livello a cui arriva tale salto sia vuoto. Quest’ultima probabilit{ non è unitaria poiché gli elettroni localizzati sul fondo della BC, se soggetti ad energia termica, ovvero pochi kT, saltano su livelli superiori assai poco distanti da Ec. Per giunta qui non c’è alcun

bisogno dell’intervento del fonone, dato che Δk = kf – ki = 0. Dunque la percentuale di fotoni assorbiti è maggiore

rispetto al caso di λ= λ2 e pertanto la QE è più alta e la R è più alta. Inoltre un elettrone che, saltato il gap, arriva in

quel punto, possiede una massa efficace per la mobilità data da (assumendo che la dispersione E(k), nelle

vicinanze di Ec, sia approssimabile con una parabola):

m

e1

* =

In quel punto me* è quasi minima (comunque abbastanza piccola). Definendo la mobilità degli elettroni come:

µ

n

=

si conclude che la mobilità degli elettroni che compiono il salto verde è molto alta (T è la durata del cammino libero medio). Si ha quindi un motivo in più per ritenere che una fotocorrente di portatori, generati da una

radiazione luminosa avente λ = λ1, sia maggiore che nel caso di λ2. Se la luce, che incide sull’APD, possiede una

lunghezza d’onda λ3 < λ1 (e quindi una frequenza ν3 > ν1), allora il numero di fotoni che costituiscono la potenza

ottica incidente (numero pari a 1 joule/hν3) è minore che nel caso precedente, pertanto il numero di portatori

che contribuiscono alla fotocorrente è minore. In più ciascun elettrone, dopo aver compiuto il salto colorato di rosa in figura 100, ha una massa efficace per la mobilità maggiore, a causa della forma di E(k).

m

e2

* > m

e1

*

Quindi la mobilità degli elettroni è minore e dunque il fotorivelatore risponde con una fotocorrente minore: in

altre parole R è più bassa. Il limite inferiore della banda, vale a dire λcutoffmin, rappresenta il valore di lunghezza

d’onda sotto il quale la radiazione luminosa, incidente sullo strato antiriflesso, viene in gran parte assorbita da quest’ultimo, non arrivando ad interagire col semiconduttore (in quel caso è logico che l’APD non possa rispondere). Se come finestra antiriflettente utilizziamo un layer di silice (SiO2, Egap 9 eV), λcutoffmin è circa 138

nm (λcutoffmin rientra pertanto nel range della luce ultravioletta).

Occorre sottolineare che la definizione appena utilizzata di massa efficace me* degli elettroni per la mobilità è

conseguenza di un’analisi monodimensionale dei dispositivi a semiconduttore, da noi adottata per ragioni di semplificazione analitica. In realtà un elettrone, quando si trova in banda di conduzione, interagisce con un

campo elettrico periodico εpx lungo la direzione x, prodotto da un potenziale periodico, lungo x, approssimabile

con la forma spaziale semplificata UKPx(x) del modello di Kronig – Penney, con un campo periodico εpy prodotto

da un potenziale periodico UKPy(y) e con un campo εpz, prodotto da un potenziale UKPz(z). I tre campi periodici,

così come i corrispondenti potenziali, sono diversi fra loro, poiché su ciascuna dimensione il cristallo

semiconduttore presenta, in generale, una periodicità reticolare diversa. Pertanto i tre diagrammi a bande Ej – kj

(con j = x, y, z) sono diversi fra loro, per cui la massa che ci consente di trattare l’elettrone come una particella

massiva soggetta, lungo l’asse x, esclusivamente ad un campo elettrico esterno, ossia mex*, è diversa dalle masse

mey* ed mez*. La massa efficace me* è, come noto, un tensore in funzione di kx, ky e kz (anche se noi la trattiamo in

qualità di grandezza scalare), così come lo è l’indice di rifrazione nr dello stesso cristallo, in funzione di x, y, z.

7) I fotodiodi SAM (“Separate Absorption and Multiplication” APDs)

7.1.1) Il fotodiodo a valanga SAM n

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/p/π/p

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al silicio: struttura di base, grafici spaziali delle

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