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Business and Human Rights: un approccio innovativo

3. La Corporate Responsibility to respect

4.2 Rimedi di tipo stragiudiziale

I Guiding Principles, oltre a incoraggiare lo sviluppo di strumenti giurisdizionali per permettere alle vittime delle violazioni commesse dalle imprese di ottenere giustizia, sollecitano anche lo sviluppo di meccanismi di tipo stragiudiziale messi in atto dalle stesse imprese ad esempio attraverso accordi con i vari attori coinvolti o attraverso il ricorso a esperti esterni di mediazione prima di giungere davanti a un giudice.

Questa categoria è ulteriormente divisibile in due altre sotto categorie costituite dai rimedi stragiudiziali a carattere statale e a carattere privato. Con il Principio n.31, si individuano una

513 District court of The Hague, Friday Alfred Akpam v. Royal Dutch Shell, C/09/337050 / HA ZA 09-1580 del 30 gennaio 2013. Per comment v. N. Jagers, The future of corporate liability for extraterritorial human rights abuses: the Dutch case against Shell, Agora: reflection on Kiobel, in American Journal of International Law, unbound, 3-36 e ss. Va segnalato che la decisione di promo grado è stata impugnata ed è attualmente al vaglio del giudice di appello olandese.

serie di criteri attraverso cui i meccanismi di risoluzione stragiudiziale delle controversie, sia statali che non statali, devono essere regolati515.

Sulla base di tali criteri si può osservare come nella categoria dei rimedi stragiudiziali statali, per le controversie derivanti dalla violazione dei diritti umani da parte delle imprese, rientrano certamente i NCPs istituiti dagli Stati in ottemperanza a quanto previsto dalle Linee Guida OCSE516, così come le istituzioni nazionali per i diritti umani presenti sul territorio di ciascuno Stato517. Per quanto riguarda questi ultimi, ogni Stato dovrebbe costituire, tramite un atto legislativo, un’autorità che dotata di adeguati poteri per lo svolgimento delle proprie competenze, e i cui membri devono essere indipendenti. Il fine è quello di attuare i diritti umani a un livello nazionale e di operare così un coordinamento tra diritto interno e diritto internazionale e tra attori statali e non statali518. Si tratta di autorità con la funzione di monitorare e l’effettiva compatibilità delle norme nazionali con il diritto internazionale dei diritti umani, di rendicontare alle autorità statali competenti e di promuovere i diritti umani. Tuttavia bisogna considerare che le stesse hanno un ruolo e un’autorevolezza che varia in ogni Stato e inoltre, nonostante le spinte in tal senso da parte delle Nazioni Unite, non tutti gli Stati li hanno istituiti519.

515 Guiding Principles, principio n. 31: «In order to ensure their effectiveness, non-judicial grievance mechanisms, both State-based and non-State-based, should be: (a) Legitimate: enabling trust from the stakeholder groups for whose use they are intended, and being accountable for the fair conduct of grievance processes; (b) Accessible: being known to all stakeholder groups for whose use they are intended, and providing adequate assistance for those who may face particular barriers to access; (c) Predictable: providing a clear and known procedure with an indicative time frame for each stage, and clarity on the types of process and outcome available and means of monitoring implementation;(d) Equitable: seeking to ensure that aggrieved parties have reasonable access to sources of information, advice and expertise necessary to engage in a grievance process on fair, informed and respectful terms; ( e) Transparent: keeping parties to a grievance informed about

its progress, and providing sufficient information about the mechanism’s performance to build confidence in its effectiveness and meet any public interest at stake (f) Rights-compatible: ensuring that outcomes and remedies accord with internationally recognized human rights; (g) A source of continuous learning: drawing on relevant measures to identify lessons for improving the mechanism and preventing

future grievances and harms; Operational-level mechanisms should also be: (h) Based on engagement and dialogue: consulting the stakeholder groups for whose use they are intended on their design and performance, and focusing on dialogue as the means to address and resolve grievances».

516 Per il dettaglio vedi Capitolo II, par. 3

517 Tali istituzioni sono state previste già nel 1946 ma regolate definitivamente solo nel 1991 dai c.d. Principi di Parigi, Principles relating to the status and functioning of national institutions for the protection and the promotion of human rights, fatti propri dalla Commissione sui diritti umani con la risoluzione n. 1992/54 e poi dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la risoluzione n. 48/134 del 20 dicembre 1993 che ne disciplinano composizione e funzioni.

518 G. de Beco, Networks of European national human rights institutions, in European Law Journal, vol. 14, n. 6, novembre 2008, 860-877.

519 In Europa ad esempio sono presenti in 12 Paesi Membri dell’UE. L’Italia, poiché resta uno dei Paesi che non hanno un’istituzione nazionale dei diritti umani, nel Piano di sviluppo Nazionale dei Guiding Principles ha previsto la creazione dell’istituzione nazionale per i diritti umani in un’ottica di coordinamento con l’accesso ai rimedi di

Ai meccanismi stragiudiziali di risoluzione delle controversie in tema di business e diritti umani di carattere statale, si aggiungono poi anche i c.d. grievance mechanisms messi a punto dalle stesse imprese che svolgono un ruolo complementare e, talvolta, prodromico rispetto ai tradizionali meccanismi giudiziali520. Per le imprese essi rappresentano una possibilità di rilevare i problemi al loro stadio iniziale e risolverli prima che gli abusi si espandano e diano luogo a controversie giudiziarie521.

Nonostante una certa, tradizionale, diffidenza da parte dei sostenitori dei diritti umani nei confronti dei meccanismi di ADR in generale e della mediazione in particolare quale metodo di risoluzione delle controversie determinate dalla violazione dei diritti da parte delle imprese522, i Guiding Principles hanno espresso un certo favore nei confronti questo metodo di risoluzione delle controversie. Probabilmente, ciò è dovuto al fatto che la mediazione si presenta come un procedimento particolarmente adatto a contribuire a un avanzamento in materia di business and human rights, per la sua flessibilità oltre per la capacità di favorire l’inclusione, la partecipazione e l’attenzione agli individui maggiormente vulnerabili e ai gruppi523.

Tuttavia, gli sviluppi futuri sono ancora al vaglio del Working Group che ha seguito il Mandato del Rappresentante Speciale su business and human rights e che ha il compito di promuoverne e monitorarne l’attuazione524.

carattere stragiudiziale previsto dal pilastro n. 3 dei Guiding Principles, v. infra Capitolo IV. Si segnala inoltre che un disegno di legge presentato al Senato il 21 giugno 2013 contiene la “proposta per l’istituzione di una Commissione nazionale per la promozione e tutela dei diritti umani”.

520 « Litigation has become an inevitable stage in the life cycle - slightly beyond adolescence but before maturity. It is virtually impossible to survive litigation and remain solvent, but it is occasionally possible to endure it and remain sane. As a modern ordeal by torture, litigation excels. It is exorbitantly expensive, agonizingly slow and exquisitely designed to avoid any resemblance to fairness or justice. Yet, in strange and devious ways, it does settle disputes - to everyone’s dissatisfaction.’» J.S. Auerbach, Welcome to litigation, New Republic, 1981

521 Inoltre questo tipo di meccanismi sono utili alla società sotto diversi punti di vista: la natura vincolante, la flessibilità, il controllo e la possibilità di adattarsi ad un diverso numero di controversie. Sultemadegli operational – level grievance mechanisms vedianche J. Ejisbouts, Mediation conflict management and corporate governance, in A. Ingen-Housz (Ed.), ADR in Business, practice and issues across countries and cultures (2^ ed.), The Hague, Kluwer Law International, The Hague, pp. 67-80).

522 C. Rees, Mediation in Business-related human rights disputes: objections, opportunities and challenges, in Harvard Kennedy School Working Papers n. 56, febbraio 2010, 6. Vedi anche O. Fiss, Against Settlement, in Yale Law Journal 1073, 1984.

523 C. Rees, Mediation in Business related human rights disputes, cit., 22. V. anche J. Eijsbouts, Mediation conflict management, cit.,

524 Con la Risoluzione n. 17/4 del 6 luglio 2011 il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha istituito un Working group con lo scopo di promuovere l’attuazione dei Guiding Principles e diffonderne la conoscenza tra gli Stati membri.

5. Considerazioni conclusive

Come si è visto, il quadro disegnato dai Principi Guida è complesso ed estremamente variegato. Essi hanno cercato di conferire uniformità e coerenza a una materia che coinvolge necessità e interessi diversi e confliggenti tra loro.

In questa visione assume un ruolo fondamentale la struttura tripartita in cui i Principi Guida sono costituiti, la quale sottolinea che l’obbligo di rispettare i diritti umani da parte delle imprese esiste indipendentemente dalla volontà o dalla capacità degli Stati di esercitare il proprio “duty to protect”. Quest’ultimo a sua volte esiste indipendentemente dall’influenza che le imprese possono esercitare sullo Stato. Allo stesso modo si sottolinea quanto sia importante la distinzione tra misure preventive e rimedi e, tra questi, tra rimedi di tipo giudiziale e stragiudiziale. Offrire alle vittime degli abusi rimedi di tipo giudiziale è un dovere dello Stato, mentre gli Stati, le imprese e la società civile possono giocare un ruolo fondamentale nel campo delle misure preventive e dei rimedi di tipo stragiudiziale. Perciò, in sostanza, i Guiding Principles si compongono di pilastri che sono, tra loro, complementari e distinti, utili a fornire una piattaforma d’azione integrata e coerente.

Questa struttura composita e integrata è a sua volta costitutiva anche del primo pilastro relativo al dovere dello Stato di proteggere i diritti umani, sul quale ci si è soffermati più lungo nel corso del presente capitolo. In particolare, si è avuto modo di analizzare dettagliatamente alcuni settori in cui l’intervento dello Stato risulta fondamentale per una efficace e concreta attuazione dei Principi Guida e per la tutela dei diritti umani nei confronti di condotte lesive messe in atto dalle imprese. Di particolare rilevanza, in tal senso, il raccordo tra le norme di diritto societario e la tutela dei diritti umani e l’integrazione di quest’ultima in misura significativa nell’organizzazione della società, ad esempio attraverso l’imposizione alle imprese di obblighi di comunicazione e trasparenza con riferimento agli impatti delle proprie attività sui diritti umani o di obblighi di due diligence circa la propria catena di produzione per le società quotate. Ancora, si è evidenziata la necessità che, nella disciplina degli investimenti esteri, la tutela dei diritti umani divenga un parametro di riferimento, sia attraverso la specifica previsione di clausole da inserire nei trattati, sia attraverso l’obbligo, per le agenzie di credito all’esportazione, di tenere in considerazione gli impatti sui diritti umani degli investimenti finanziati. Infine, un ruolo fondamentale dello Stato nell’adempimento al proprio dovere di proteggere i diritti umani, consiste nella previsione di specifiche istruzioni e linee guida per le

proprie imprese che operano in territori di conflitto o in cui il governo è debole, nei quali le violazioni dei diritti umani sono frequenti e spesso rimangono senza conseguenze.

John Ruggie ha affermato a più riprese che «Council endorsment of Guiding Principles will mark the end of the beginning»525, chiarendo come i Guiding Principles rappresentino solo l’inizio di un processo e che sarà necessario un ulteriore lavoro di attuazione che li trasformi in regole e discipline specifiche.

In generale, si può ritenere che gli stessi, pur necessitando di ulteriori sviluppi e precisazioni, nonché di specifici interventi di attuazione da parte degli Stati e delle imprese dei quali si avrà modo di parlare nel capitolo che segue, costituiscano senza dubbio un importante avanzamento nello sforzo internazionale di formulare strumenti efficaci di prevenzione e riparazione degli abusi delle imprese nei confronti dei diritti umani. Si tratta ora di verificare se tale avanzamento ha già avuto riflessi concreti sulle normative e politiche statali che disciplinano il complesso rapporto tra imprese e diritti umani, con particolare riferimento all’Unione europea e ai suoi Stati membri.

525 J. Ruggie, Business and Human rights the next Chapter, in The Dovenschimdt quarterly, International Review on Transition in Corporate Life, Law and Governance, n. 4, dicembre 2013, 168-170.

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