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Guida: alcune riflessioni sulle esperienze europee

3. I Piani di azione nazionali

3.1 Struttura ed elaborazione dei Piani di azione Nazionali

Il processo di elaborazione dei Piani di azione nazionali, per essere considerato efficace e conforme ai Principi Guida, deve rispondere ad alcuni requisiti necessari, i quali verranno analizzati di seguito con riferimento a tutti i Piani di azione considerati.

A tal fine, è necessario, in via preliminare, che il Piano di azione nazionale venga elaborato sulla base di accurate analisi e ricerche condotte da ciascuno Stato membro sul proprio territorio in merito alle politiche e alle norme già esistenti in materia di business e diritti umani. Tale analisi ha lo scopo di identificare in modo chiaro quali misure lo Stato deve adottare o migliorare per poter meglio dare attuazione ai Principi Guida593 ed è quindi fondamentale per poter verificare l’adeguatezza delle misure proposte nel Piano di azione nazionale rispetto alle esigenze della situazione corrente. Da un lato, quindi, lo Stato ha l’onere di procedere ad un’analisi preliminare all’elaborazione del Piano che gli consenta di strutturare quest’ultimo in

590 V. Capitolo III

591 Anche altri Stati al di fuori dell’Unione stanno valutando la possibilità di adottare un Piano sull’attuazione degli Guiding Principles, tra questi l’Australia, la Nuova Zelanda e gli Stati Uniti.

592 J. Ruggie, Global Governance and “New Governance Theory”: lessons from business and human rights, cit.

593 Il principio 3a dei Guiding Principles fa implicitamente riferimento a un’analisi di questo tipo. Sulla condotta di un’analisi dettagliata preliminare all’adozione del NAP anche ICAR, ECCJ, CORE e CNCA nella lettera congiunta ai governi on the developement and implementation of National Action plans on business and human rights, 1 maggio 2014, disponibile all’indirizzo internet http://accountabilityroundtable.org/wp-

content/uploads/2014/05/Global-Civil-Society-Letter-to-Governments-on-the-Development-and-Implementation-of-National-Action-Plans-NAPs-on-Business-and-Human-Rights.pdf.par 1. Anche il Working Group delle Nazioni Unite che ha ricevuto l’incarico di monitorare e diffondere l’attuazione dei Principi Guida, nel report del marzo 2013 (U.N. doc. A/NRC/23/32) sottolinea la necessitá che gli Stati, nel processo di attuazione dei Guiding Principles, conducano delle analisi volte a «review the current situtation and legal and regulatory framework [...] and identifying gaps in protection and access to remedy». Par X, B(b). Si veda da ultimo il report pubblicato da Danish institute of Human rights (DIHR) e dalla International Corporate Accuntability Roundtable (ICAR) dal titolo “National Action Plans On Business And Human Rights: a Toolkit for the Development, Implementation, and Review of State Commitments to Business and Human Rights Frameworks, cit.

maniera chiara, evidenziando le disposizioni esistenti e le lacune da colmare alla luce dei Principi Guida. Questa struttura di tipo schematico, tesa ad evidenziare le misure dirette a colmare le lacune esistenti nelle norme volte alla tutela dei diritti umani a fronte delle condotte delle imprese viene compresa solo in alcuni dei Piani considerati.

Un esempio significativo in tal senso è rappresentato dal Piano di azione britannico, esso riprende la struttura tripartita dei Guiding Principles594 e fa esplicito riferimento, nel paragrafo titolato: “The existing UK legal and policy framework”, alle norme e politiche attualmente vigenti a tutela dei diritti umani con riferimento alle attività delle imprese, anche se esso si sofferma solo su quelle concernenti il primo pilastro, relativo allo State duty to protect595. In particolare, il Piano fa riferimento alla ratifica dei trattati internazionali sui diritti umani, tra cui le Convenzioni ILO, il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e quello sui diritti civili e politici, nonché alla Convenzione europea dei diritti dell´uomo ratificata attraverso lo Human Rights Act del 1998596, specificando che tali norme si applicano a tutti gli attori pubblici e privati. Vi è poi riferimento a disposizioni normative specificatamente volte a tutelare i diritti umani sul lavoro quali il Safety Work Act del 1974597 e il Data Protection Act del 1998598 o ancora il Gangmasters Act del 2004, che ha creato un´agenzia di prevenzione per lo sfruttamento di alcune categorie di lavoratori599. Inoltre il Piano di azione nazionale riporta anche gli strumenti normativi adottati con riguardo al rapporto tra la condotta societaria e i diritti umani come lo UK Bribery Act del 2010 in attuazione della Convenzione OCSE sulla

594 Regno Unito, Good Business: implementing the UN Principi Guida on Business and Human rights, del settembre 2013, disponibile all’indirizzo internet

https://www.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/236901/BHR_Action_Plan_-_final_online_version_1_.pdf

595 Secondo il Working Group invece il NAP dovrebbe “review the current situation of business and human rights focusing on all three pillars of the Guiding Principles”.

596 The Human Rights Act, 1998 Chapter 42, 9 novembre 1998.

597 The Health and Safety Work Act, 1974 Chapter 37, che disciplina i diritti fondamentali dei lavoratori e in particolare la sicurezza sul lavoro.

598 The Data Protection Act, 1998 Chapter 29 sulla protezione e tutela dei dati personali dei cittadini anche nei confronti delle società.

599The Gangmaster (licensing) Authority Act, 2004 Chapter 11 si rivolge in particolare ai lavoratori del settore agricolo e della pesca. La legge istituisce un’autorità di controllo delle agenzie che impiegano questa categorie di lavoratori stagionali per evitarne lo sfruttamento. La norma vede la luce a seguito della tragedia occorsa nel 2004 a Morecambebay, a nord ovest dell’Inghilterra, in cui morirono più di 20 raccoglitori di conchiglie cinesi, immigranti irregolari, sottopagati e sfruttati, a causa di una marea improvvisa. V. anche F. Lawrence, Victims of the sand and the snakeheads,in The Guardian, 7 febbraio 2004

corruzione600 e la Sezione n. 172 dello UK Company Act sui doveri degli amministratori601. Infine, si sottolinea il ruolo attivo dello UK National Contact Point nell´attuazione delle linee guida OCSE per le imprese multinazionali602. Apprezzabile, nell’esempio del Piano britannico, la chiarezza espositiva e la struttura in paragrafi ed elenchi che focalizzano l´attenzione sulle misure legislative senza che le stesse debbano essere espunte dal lettore perché inserite in una narrazione, come ad esempio avviene nel Piano di azione nazionale olandese. Se però dal punto di vista della struttura il Piano britannico costituisce un esempio particolarmente riuscito, la pur schematica e chiara analisi britannica non fa alcun riferimento a indagini o studi condotti in via preliminare alla stesura del National Plan e evidence based. Se tali studi sono stati effettuati sarebbe stato opportuno, da parte del governo britannico, indicarne i relativi estremi.

La struttura schematica è anche la caratteristica del Piano di azione danese, l’ultimo in ordine di tempo a vedere la luce603, il quale appare anche più completo e preciso di quello britannico. Anche il Piano di azione nazionale danese riprende la struttura tripartita dei Guiding Principles e per ogni pilastro indica le misure già attuate e quelle che si intende attuare. Per quanto riguarda l’aspetto che si sta qui esaminando, ossia l’analisi del quadro giuridico vigente e delle lacune presenti ai fini dell’attuazione dei Guiding Principles, si sottolinea come il Piano danese si basi in gran parte sulle Raccomandazioni fatte dallo CSR Council in merito allo stato di attuazione dei tre pilastri previsti dai Guiding Principles in Danimarca604. Si deve precisare che il CSR Council é un organo creato dal Ministro per gli affari e la crescita danese con lo scopo di fornire consulenza e supporto sia al governo che agli attori privati in materia di corporate social responsibility, in risposta a quanto previso dalla nuova strategia europea in materia di CSR contenuta nella Comunicazione 2011\2014 di cui sopra605. La composizione del Council é variegata e vede la partecipazione sia di esponenti del mondo industriale che di rappresentanti della societá civile e delle Ong. Le raccomandazioni del CSR Council al governo danese,

600 La Convenzione OCSE sulla corruzione internazionale, OECD, Convention on Combating Bribery of Foreign Public Officials in International Business Transactions, del dicembre 1997 è entrata in vigore il 15 febbraio 1999. Il Regno Unito ne ha dato attuazione sul piano interno all’interno del Bribery Act, 2010 Chapter 23 adottato l’8 aprile 2010 ed entrato in vigore nel luglio 2011.

601Vedi supra capitolo III

602 Uk National Action Plan, cit.,cap. 2.

603 The Danish Government, Danish National Action Plan – implementation of UN Principi Guida on business and human rights, Marzo 2014 disponibile all’indirizzo internet

http://www.ohchr.org/Documents/Issues/Business/NationalPlans/Denmark_NationalPlanBHR.pdf

604 The Danish Council for Corporate Social Responsibility, Promotion of responsible growth, Reccommendations from the CSR Council, 12 novembre 2010, disponibile all’indirizzo internet:

http://csrcouncil.dk/file/311022/promotion_responsible_growth_recommendations.pdf

quindi, vanno considerate come un’analisi del quadro giuridico attuale e delle lacune presenti nell’attuazione dei Guiding Principles secondo quanto previsto dalle già citate raccomandazioni del Working Group606. Si segnala, tuttavia, che mentre le specifiche raccomandazioni in materia di mediazione e rimedi di carattere non giurisdizionale sono state pubblicate dal CSR Council nel 2011607, le uniche raccomandazioni di carattere generale fatte al governo dal Council sono quelle risalenti al 2010 che riguardano la corporate social responsibility nel suo complesso e non, quindi, specificamente rivolte all’attuazione dei Guiding Principles. Si ritiene, quindi, che, essendo il Piano di azione nazionale stato adottato nel 2014, sarebbe stata opportuna un’analisi più recente, unicamente concentrata sul livello di attuazione dei Guiding Principles in Danimarca, in maniera analoga a quanto é stato fatto per i rimedi di carattere non giurisdizionale.

Più superficiale, invece, risulta Il National Plan elaborato dai Paesi Bassi608 che non reca riferimenti a una specifica analisi preparatoria. Tuttavia, il Governo olandese aveva già predisposto una pagina web sulla CSR per fornire direttamente alle imprese informazioni utili a elaborare politiche interne in materia di CSR609. Inoltre, occorre ricordare che il Global Compact network dei Paesi Bassi è uno dei network più attivi e ha svolto numerose iniziative anche in tema di monitoraggio della situazione corrente del Paese sulla questione del rapporto tra business e human rights610. Tuttavia il Global Compact network comprende le imprese che hanno aderito al Global Compact (vedi capitolo II) e non ha, quindi, una matrice governativa. Il Piano di azione nazionale olandese, inoltre, richiama alcune iniziative in materia di CSR e di ricognizione e analisi della situazione con riferimento a specifici settori611. Nonostante tali iniziative abbiano l’indubbia funzione di fotografare il quadro giuridico e politico in materia di business e diritti umani non si può non considerare come le stesse non facciano parte di uno

606Vedi supra nota n. 593

607CSR Council, Reccomandations for a mediation and a grievancemechanism, disponibili all’indirizzo internet: http://csrcouncil.dk/file/311019/recommendations_mediation_grievance_mechanism_october_2011.pdf

608 The Netherlands, Dutch National Action Plan on business and human rights, del dicembre 2013, disponibile all’indirizzo internet: http://business-humanrights.org/media/documents/dutch-national-action-plan-dec-2013.pdf

609 Si veda l’indirizzo web http://www.government.nl/issues/corporate-social-responsibility-csr/news

610 In particolare il sito internet del Global Compact risulta ben strutturato e ricco di riferimenti documentali, tra cui va sottolineata la pubblicazione del volume: How to do business with respect for human rights a guidance tool for companies, del 2010. V. http://www.gcnetherlands.nl/publications.htm. Si tratta di una guida che fornisce delle indicazioni sui passaggi che una società deve rispettare per valutare l’impatto delle proprie attività sui diritti umani. In particolare la guida contiene precise indicazioni in tema di human rights due diligence che vengono successivamente riprese anche dal National Action Plan dei Paesi Bassi.

611 Tra esse la lettera “CSR pays off”, il report Sustainable developement and policy, House of representative, 196, n.33, maggio 2008.

studio integrato e funzionale all’elaborazione del Piano di azione nazionale e soffrano dunque di una certa disomogeneità. Di conseguenza, nonostante i Paesi Bassi siano particolarmente attivi e sensibili alla questione della responsabilità delle imprese multinazionali per le violazioni dei diritti umani (come testimonia anche l’attività delle corti nazionali ricordata al Capitolo III), sembra mancare un’accurata analisi che riassuma l’attuale quadro giuridico del Paese e ne evidenzi le eventuali lacune.

Se dunque il Piano olandese, pur in assenza di un’analisi preparatoria e di una struttura schematica, interviene comunque in un contesto di generale impegno governativo a favore della tutela dei diritti umani nei confronti delle condotte delle imprese, diverso è l’esempio del Piano italiano. Questo non solo non presenta una struttura schematica e chiaramente suddivisa, in ciascun pilastro, tra situazione presente e azioni da intraprendere, ma nemmeno si inserisce in un quadro composito di iniziative omogenee volte a favorire il rispetto degli standard internazionali da parte delle imprese. Il Piano è organizzato in due pilastri, a loro volta costituiti da diversi paragrafi riferiti alle diverse politiche messe in atto dalla Pubblica amministrazione, ognuno compilato dal Ministero competente. Il documento sembra fare riferimento, per quanto riguarda l’analisi del quadro giuridico esistente, a un prospetto elaborato dalla Scuola Superiore Sant’ Anna di Pisa su incarico del PCN italiano e del Ministero dello Sviluppo economico612. Tuttavia, non si fa che qualche sporadico cenno alle indicazioni ivi contenute, anche se ogni Ministero, nel paragrafo di propria competenza, si riferisce ad uno specifico studio sulla situazione esistente limitatamente alla materia di cui si occupa. Questa modalità di compilazione del Piano non consente di ottenere una visione di insieme relativa al quadro vigente in Italia sulla questione business e diritti umani e alle lacune da colmare con le future attività.

Un ulteriore strumento utile alla valutazione dei Piani di azione nazionali e dello svolgimento di analisi preparatorie è contenuto nel già menzionato National Action Plan toolkit di DIHR e ICAR, il quale ha elaborato un National Baseline Assessment (NBA) template, in altri termini, un formulario, volto a fornire agli Stati un’utile guida per lo svolgimento dell’analisi preparatoria al Piano di azione nazionale613. Tale modello individua, per ogni Principio, una serie di indicatori quali: legislative or contractual protections; awareness raising; screening;

612 Scuola Superiore Sant’Anna, Imprese e diritti umani: il caso Italia, rapporto del Novembre 2013

613 Documento elaborato da: The Danish institute of Human rights (DIHR) e International Corporate Accuntability Roundtable (ICAR), “National Action Plans On Business And Human Rights: a Toolkit for the Development, Implementation, and Review of State Commitments to Business and Human Rights Frameworks, cit., p. 32 e ss.

monitoring and oversight; other measures. Per ciascuno di essi vengono formulate specifiche domande alle quali lo Stato interessato deve rispondere al fine di individuare il livello di attuazione del Principio considerato con riferimento a ogni indicatore e le eventuali lacune. Per quanto riguarda, quindi, gli studi preparatori e l’identificazione del quadro vigente e delle lacune presenti, anche alla luce di quanto appena detto, si devono sottolineare numerose discrepanze tra i Piani qui esaminati. Atteso che nessun Piano si presenta perfettamente conforme alle raccomandazioni del Working Group e del toolkit ICAR-DIHR, è tuttavia possibile ritenere che gli approcci del Piano britannico e di quello danese siano quelli che offrono un quadro chiaro della situazione vigente. I due Piani adottati da Danimarca e Regno Unito, infatti, prevedono, anche graficamente, una struttura schematica che descrive lo status della regolamentazione dei rapporti tra business e diritti umani prima dell’approvazione dei Guiding Principles e le misure che si intendono adottare per migliorarlo. In tal modo, risulta agevole individuare il livello di efficacia che i rispettivi Piani di azione nazionali intendono conferire ai Principi Guida e il ruolo che questi ultimi assumono nello specifico contesto di ciascun Paese. In particolare il Piano danese, prevedendo una struttura suddivisa in tutti i Principi che compongono gli Guiding Principless, si avvicina molto al NBA template sopra descritto614, anche se la trattazione appare estremamente sintetica e poco organica.

Consultazioni pubbliche: strettamente correlata all’analisi di cui sopra è anche la necessità che l’elaborazione del Piano di azione nazionale coinvolga il maggior numero di attori possibile. I Guiding Principles, come si è visto, sono stati caratterizzati da un approccio multistakeholders incentrato sulla larga partecipazione di tutti gli attori coinvolti e sulle procedure di consultazione, nella consapevolezza che proprio la partecipazione all’attività di lawmaking rappresentava un elemento fondamentale per l’efficacia degli stessi615. Di conseguenza, sulla base della convinzione che solo il coinvolgimento di tutti gli attori porti all’accettazione e dunque all’efficacia delle misure in tema di business and human rights, tale partecipazione è fortemente incoraggiata anche nella stesura dei Piano di azione nazionale616.

614 Si sottolinea che il NBA template è stato elaborato in collaborazione con il Danish Institute on Human Rights, il quale ha preso parte attiva alla stesura del National Action Plan danese. Questo spiega anche perché il piano danese è l’unico che sembra rispondere alle indicazione del template.

615 Vedi capitolo I

616 V. U.N. Working Group, Report 2013, cit., Sez. X. B. (c). Secondo lo European Group of NHRIs tale partecipazione dovrebbe coinvolgere soprattutto i gruppi maggiormente vulnerabili ed esclusi, sulla base di quanto affermato nella risoluzione del Consiglio europeo del 30 novembre 1998.

In linea generale, si rileva come la maggior parte dei governi, nell’elaborazione dei Piani di azione nazionali, abbia recepito l’indicazione del Working Group e abbia fatto proprio l’approccio multi-stakeholders già utilizzato nell’elaborazione dei Guiding Principles. Il più delle volte manca, tuttavia, un’adeguata indicazione delle audizioni e delle consultazioni svolte e non è possibile dunque verificarne l’effettiva partecipazione617.

Il Piano di azione nazionale britannico, quello olandese e quello italiano, infatti, fanno riferimento a consultazioni avvenute con gli stakeholders coinvolti618. Tuttavia, il testo di tali consultazioni non è in alcun modo reperibile né consultabile da parte del pubblico. Non è inoltre disponibile nemmeno l’elenco di coloro che vi hanno partecipato, così che non è possibile verificare se sia stato effettivamente rispettato il requisito di ampiezza della consultazione previsto dal Working Group e dai Principi Guida né se tali consultazioni abbiano effettivamente incluso gli individui o i gruppi di individui particolarmente vulnerabili e maggiormente esposti alle violazioni dei diritti umani da parte delle imprese multinazionali.

Per quanto riguarda, invece, il Piano di azione nazionale danese non viene segnalata alcuna attività di consultazione, tuttavia occorre ricordare che esso si basa per lo più sulle raccomandazioni del CSR Council il quale è già un organo rappresentativo di tutte le parti sociali coinvolte. Tali raccomandazioni, quindi, possono essere considerate in qualche misura espressione degli stakeholders. Tuttavia, il CSR Council é un organo a composizione ristretta, mentre sarebbe stato auspicabile che il governo, nell’elaborazione del Piano di azione nazionale si fosse basato su consultazioni più ampie con gli stakeholders tenendo conto della necessità, già ricordata dal Working Group, di prestare particolare attenzione agli individui e gruppi di individui più vulnerabili.

Coerenza politica: il Principio n. 8 dei Principi Guida chiarisce, come si è visto in precedenza619, la necessità di una coerenza e uniformità nelle scelte politiche e negli sforzi messi in atto dal governo per attuare i Guiding Principles. Proprio la frammentarietà e l’incoerenza tra le politiche delle varie agenzie e dipartimenti della Pubblica amministrazione sono infatti ritenute uno dei fattori determinati della scarsa efficacia della tutela degli individui

617 Anche secondo il documento DIHR-ICAR, già citato, è necessario che tutte le procedure consultative e gli studi posti a base del NAP siano resi disponibili a tutti gli stakeholders. The Danish institute of Human rights (DIHR), International Corporate Accuntability Roundtable (ICAR), “National Action Plans On Business And Human Rights: a Toolkit for the Development, Implementation, and Review of State Commitments to Business and Human Rights Frameworks, cit.,. pp. 40 e ss.

618 Ch. 3 NAP Olandese e pag. 89 del Piano italiano.

dagli abusi commessi dalle imprese, da parte dello Stato. In questa prospettiva, risulta quindi di fondamentale importanza che il Piano di azione nazionale sia espressione di un'unica autorità pubblica capace di monitorane l’attuazione620.

Il National Action Plan olandese dedica, ad esempio, un intero paragrafo a questo aspetto621. Nel paragrafo introduttivo esso chiarisce che il processo di formazione dello stesso è frutto del