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Riservatezza sociale: informazioni segrete e mascheramento dei dati sensibili.

società controllate

5. Limiti all’esercizio del diritto di controllo

5.3 Riservatezza sociale: informazioni segrete e mascheramento dei dati sensibili.

Nella ricerca di limiti oggettivi al diritto di controllo, deve prendersi atto che l’opinione prevalente in giurisprudenza e dottrina nega che al quotista possa opporsi alcuna istanza di riservatezza della società113.

Ciò, anzitutto, in ragione della posizione centrale riconosciuta dalla riforma del 2003 al socio di S.r.l., che non giustificherebbe alcun limite intrinseco del diritto di controllo, ma, appunto, solo di carattere estrinseco e concreto114.

Tuttavia, altra dottrina si è mostrata non appagata dalla limitazione del diritto di controllo unicamente al rispetto, da parte del socio, del dovere di correttezza e buona fede e, pertanto, ha cercato di fissare dei limiti di tipo oggettivo115.

In particolare, questa dottrina ha tracciato un’area di non disclosure, a tutela della riservatezza della società o della privacy dei terzi (esigenze di quest’ultimo tipo potrebbero derivare dalla particolarità dell’oggetto sociale)116.

113 Cfr. N. ABRIANI, Controllo individuale del socio e autonomia contrattuale nella società a

responsabilità limitata cit., p. 160; G.M. BUTA, I diritti di controllo del socio di s.r.l. ne Il nuovo

diritto delle società cit., p. 610, secondo cui: «non sussiste alcun segreto tra la società e i suoi soci;

e chi entra in contatto con la società deve sapere che anche i soci possono conseguire notizie sulle trattative e sugli affari»; O. CAGNASSO, La società a responsabilità limitata, Padova, Cedam, 2014, vol. 5, p. 255; C. MONTAGNANI, Informazione e controlli nelle nuove società a responsabiliità

limitata cit., p. 240; M. PERRINO, Il controllo individuale del socio di società di capitali: fra funzione

e diritto cit., p. 660; Trib. Roma, 4 dicembre 2007, cit.; Trib. Napoli, 17 marzo 2016, cit.; Trib.

Palermo, 9 agosto 2016, cit.

114 In questi termini Trib. Milano, 30 novembre 2004, cit.; si veda anche Trib. Napoli, 17 marzo 2016, cit.; G.M. BUTA, I diritti di controllo del socio di s.r.l. ne Il nuovo diritto delle società cit., p. 610.

115 Così G. PRESTI, sub art. 2476, 2 co., c.c., Comm. s.r.l. cit., p. 656; R. GUIDOTTI, I diritti di

controllo del socio nella s.r.l. cit., p. 152 ss.; ID., Ancora sui limiti all’esercizio dei diritti di controllo

nella s.r.l. e sul (preteso) diritto di ottenere copia dei documenti consultati cit., p. 216 ss.; M. RICCI,

I controlli individuali del socio non amministratore di società a responsabilità limitata cit., p. 136

ss.; G. ZANARONE, sub art. 2476 c.c., Della società a responsabilità limitata cit., il quale riconosce che gli amministratori possano rifiutare l’accesso dei soci a informazioni riservate, così come possono, ai sensi dell’art. 2403-bis, ult. co., c.c., nei confronti dell’organo sindacale.

116 Un caso particolare riguardante informazioni non accessibili al socio per ragioni di privacy dei terzi, presentato da C. IBBA, Consorzi fidi, diritti di controllo dei soci e segreto bancario, in Riv.

ODC, 2018, I, p. 94 ss., ha ad oggetto la richiesta informativa del socio di un Consorzio fidi costituito

in forma di società cooperativa a responsabilità limitata. In particolare, si ritiene che al Consorzio fidi debba applicarsi il c.d. segreto bancario, inteso quale «l’insieme delle notizie relative al cliente che la banca non può rivelare se non in presenza di particolari circostanze […] a meno che non intervenga il consenso del cliente stesso» [virgolettato in R. COSTI, L’ordinamento bancario, Bologna, il Mulino, 2012, p. 445, richiamato da C. IBBA, p. 101-102]. Quindi, le informazioni contenenti dati economici, finanziari e personali dei soci-clienti del Consorzio possono elencarsi fra i documenti appartenenti all’area di “non consultabilità”, per il dovere di riserbo gravante sul Consorzio a tutela della privacy dei clienti.

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Secondo taluni117 fanno parte di quest’area, anzitutto, le informazioni

segrete, le quali, ai sensi dell’art. 1 del Codice della proprietà industriale (di seguito anche “c.p.i.”), costituiscono diritti di proprietà industriale non titolati118.

Queste sono ascrivibili all’ampio concetto di know-how aziendale, senza però coincidere con quello.

Infatti, mentre per know-how aziendale s’intende quel «complesso di conoscenze, esperienze, cognizioni attinenti sia ai processi di produzione industriale costituente oggetto dell’attività di impresa (know-how tecnico), sia agli aspetti relativi all’organizzazione ed alla gestione dell’impresa (know-how commerciale)» 119, l’ambito delle informazioni segrete è più ristretto.

In particolare, le informazioni protette dal c.p.i., ai sensi dell’art. 98, sono solo quelle aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, che presentino congiuntamente le seguenti caratteristiche: « a) siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore; b) abbiano valore economico in quanto segrete;

c) siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette,

a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete».

Innanzitutto, sono tutelate solo le informazioni segrete: quelle che, seppur note a più operatori del settore, hanno un grado di diffusione comunque basso, al punto da poterle considerare difficilmente accessibili a terzi esperti del settore.

Poi, è necessario che il carattere segreto si traduca in un valore economico per l’impresa detentrice, la quale, grazie alla segretezza delle informazioni, può conseguire una posizione di vantaggio rispetto alle concorrenti.

117 R. GUIDOTTI, I diritti di controllo del socio nella s.r.l. cit., p. 159 ss.; M. RICCI, I controlli

individuali del socio non amministratore di società a responsabilità limitata cit., p. 136 ss.

118 Vedi B. FRANCHINI STUFLER, Studi sull’evoluzione economica e giuridica del know-how e della

sua tutela, in Riv. dir. ind., 2005, II, p. 407 ss., la quale evidenzia la maggiore tutela acquisita da

queste informazioni rispetto alla disciplina precedente all’entrata in vigore del c.p.i. In particolare, precedentemente, queste erano tutelate esclusivamente dalla legge sulle invenzioni industriali (R.d. 29 giugno 1939, n. 1127) che, all’art. 6-bis, estendeva a queste la tutela derivante da atti di concorrenza sleale. Le informazioni segrete, allora, venivano tutelate in quanto la rivelazione a terzi oppure l’acquisizione o l’utilizzazione da parti di terzi delle stesse costituisse atto di concorrenza sleale. Con l’entrata in vigore del c.p.i., invece, queste godono di tutela reale, assoluta e generale, perché, ai sensi dell’art. 1 del c.p.i., costituiscono a tutti gli effetti diritti di proprietà industriale. 119 Descrizione di B. FRANCHINI STUFLER, Studi sull’evoluzione economica e giuridica del know- how e della sua tutela, cit., p. 413.

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Infine, il terzo requisito attiene all’atteggiamento soggettivo del legittimo detentore delle conoscenze (l’impresa): non è sufficiente che queste siano attualmente segrete, è altresì necessario che la società – in persona degli amministratori – adotti misure idonee a conservare quel carattere nel tempo. E, quindi, da un lato, dovrà impedire che terzi si impossessino di quelle informazioni, dall’altro, dovrà manifestare a dipendenti e collaboratori di volerle mantenere segrete120.

Di estrema rilevanza è quest’ultimo requisito, che delimita in concreto l’oggetto della tutela121.

In tale prospettiva, l’art. 99 c.p.i. legittima il detentore di tali informazioni a vietarne a terzi l’acquisizione, la rivelazione e l’utilizzazione in modo abusivo, ovverosia in mancanza di un espresso consenso a riguardo.

Allora, per il brocardo lex specialis derogat generali gli amministratori possono (e devono) rifiutare richieste informative o di consultazione attinenti alle informazioni segrete, le quali restano escluse dall’ambito del diritto di controllo del socio di S.r.l. 122. Quest’ultimo, quindi, è da qualificarsi come un soggetto terzo

rispetto al legittimo detentore delle conoscenze, alle quali non può accedere, ad eccezione di quelle con riflessi diretti sull’amministrazione, accessibili, invece, al socio previo mascheramento delle parti coperte dal segreto123.

120 I tre requisiti sono specificati in questo modo da B. FRANCHINI STUFLER, Studi sull’evoluzione

economica e giuridica del know-how e della sua tutela, cit., p. 412 ss.

121 In questo senso D. SCARPA, Valore industriale dell'informazione societaria nel mercato, in Riv.

dir. ind., 2015, II, p. 82.

122 In tale direzione R. GUIDOTTI, I diritti di controllo del socio nella s.r.l. cit., p. 159 ss.; M. RICCI,

I controlli individuali del socio non amministratore di società a responsabilità limitata cit., p. 136

ss. Contra P. BUTTURINI, I diritti del socio di s.r.l. e l’autonomia statutaria cit., p. 102 ss., perché la qualificazione di informazioni segrete (e quindi l’applicazione degli artt. 98-99 c.p.i.) viene comunque a dipendere dalla volontà dell’amministratore, legittimo detentore delle informazioni, che potrebbe adottare o meno misure adeguate a mantenerle segrete, da ciò deriverebbe una difficoltà nel delimitare l’oggetto del diritto di proprietà industriale. A questo potrebbe replicarsi che, in realtà, gli amministratori non hanno alcuna discrezionalità nel proteggere le informazioni riservate, essendo questo, più che altro, un loro diritto-dovere, data la responsabilità alla quale possono andar incontro nel caso in cui quelle si diffondano.

123 Esattamente in questi termini R. GUIDOTTI, I diritti di controllo del socio nella s.r.l. cit., p. 159 ss., il quale, a tal proposito, fornisce l’esempio di un contratto commerciale “segreto” che, però, potrebbe comunque essere necessario al socio per valutare aspetti di gestione, p.e., per valutarne il corrispettivo. In tal caso, gli amministratori dovranno esibire il documento previa segretazione delle parti riservate; si veda anche G. PRESTI, sub art. 2476, 2 co., c.c., Comm. s.r.l. cit., p. 657, per un esempio specifico: un contratto di licenza di alcune ricette chimiche segrete.

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In verità, la disciplina speciale ricordata sembra confliggere solo in parte col testo dell’art. 2476, 2 co., c.c.

Infatti, deve osservarsi che, mentre il diritto di informazione riguarda tout

court «gli affari sociali», il diritto di consultazione concerne – oltre i libri sociali –

solo «i documenti relativi all’amministrazione».

Con la conseguenza che le informazioni segrete, attinenti al know-how aziendale, piuttosto che all’amministrazione della società, sarebbero già – il più delle volte – estranee all’oggetto della consultazione124.

Potrebbe darsi il caso che alcune informazioni, pur estranee al perimetro entro cui si annoverano quelle segrete, siano comunque suscettibili di arrecare un danno alla società se utilizzate dal socio a fini concorrenziali. Si pensi, ad esempio, alle fatture di vendita o di acquisto.

Questi sono sicuramente documenti relativi all’amministrazione – perciò consultabili dal socio – al tempo stesso, però, contengono particolari dati, quali l’entità di clienti e fornitori, che potrebbero avvantaggiare il socio nella propria o altrui impresa concorrente. Anche in questo caso, quindi, si pone – nuovamente – la necessità di contemperare interesse del singolo socio con l’interesse sociale.

La recente giurisprudenza, in casi analoghi, ha trovato un giusto bilanciamento dei due interessi nel mascheramento dei dati riservati. E quindi, ha riconosciuto il diritto di ispezione del socio, ma – per ragioni di protezione della riservatezza aziendale – lo ha limitato tramite l’accorgimento del mascheramento dei dati riservati presenti nella documentazione da consultare, ciò anche a

124 Così M. RICCI, I controlli individuali del socio non amministratore di società a responsabilità

limitata cit., p. 136 ss.; in una direzione simile G. PRESTI, sub art. 2476, 2 co., c.c., Comm. s.r.l. cit., p. 657, il quale descrive in negativo i documenti relativi all’amministrazione, escludendo da questi, anzitutto, la documentazione direttamente inerente allo svolgimento dell’attività d’impresa. Ad esempio, l’Autore sostiene che «in una società di concia e tintura delle pelli, il socio non può pretendere di avere accesso alle ricette chimiche così come in una società produttrice di dolci non potrà consultare i documenti che indicano le modalità di preparazione dei prodotti». Così come «non sono relativi all’amministrazione i documenti che costituiscono il risultato della gestione dell’impresa (p.e. in una società di progettazione i disegni e le tavole predisposte per il cliente)». Al socio residua sicuramente la consultazione di tutti i documenti funzionali a controllare l’esattezza dei conti annuali e della contabilità sociale anche in via di formazione (p.e. contratti, fatture, pagamenti ricevuti ed effettuati, corrispondenza, atti giudiziali e stragiudiziali). Per tutto ciò che il socio non può consultare – continua l’Autore – permane, però, il diritto di informazione che attiene, invece, allo svolgimento degli affari sociali tout court. Quest’ultima impostazione è condivisa da C. IBBA, Consorzi fidi, diritti di controllo dei soci e segreto bancario cit., p. 101.

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prescindere dalla configurabilità di un rapporto di concorrenza tra la società e il socio125.

Tale soluzione è senza dubbio interessante: al socio è assicurato l’esercizio del diritto di controllo per le finalità ad esso preposte; la società, invece, può proteggere in concreto propri dati riservati.

Solo a prima vista l’esclusione delle informazioni segrete dalla possibilità di disclosure pare sacrificare l’interesse del socio.

Infatti, il know-how di un’impresa è uno degli elementi determinanti nel gioco competitivo con le imprese concorrenti, potendone costituire il quid pluris.

Proteggerlo, mettere a riparo le informazioni che lo compongono è – soprattutto – nell’interesse del socio di veder valorizzata la propria partecipazione sociale.

Questo, d’altra parte, riduce il rischio che ad essere premiati siano interessi

patologici del socio. A tal proposito, deve rammentarsi che questo non è più –

sempre e solo – un soggetto interno e centrale nella struttura delle S.r.l., considerato che la stragrande maggioranza di queste oggi può aprirsi al mercato. Ciò vuol dire che – in una compagine sociale allargata – le informazioni rilevanti potrebbero circolare verso una platea tendenzialmente indefinita, con la conseguente difficoltà, per la società, di identificare tutti i soci potenzialmente in conflitto d’interesse e negare solo a quelli l’accesso a tali conoscenze.

Si è già ricordato che nella disciplina sulle S.r.l. è assente un obbligo di non concorrenza in capo al socio (analogo a quello di cui all’art. 2301 c.c., per il socio

125 Si veda Trib. Milano, 28 novembre 2016, in Le Società, 5/2017, p. 544 ss., con nota di F. ATTANASIO, Sul bilanciamento tra il diritto di accesso del socio di S.r.l. e le esigenze di riservatezza

della società, che ha concesso al socio la consultazione di fatture di acquisto e di vendita previo

mascheramento dei dati dei “sensibili” contenuti nella documentazione, e segnatamente: nominativi di clienti e fornitori; Trib. Torino, 7 aprile 2017, con nota di O. CAGNASSO cit.; Trib. Milano, 13 maggio 2017, www.ilsocietario.it, con nota di L. MARTINO, Il diritto del socio di consultare i libri

sociali e le esigenze di riservatezza delle società, che ha statuito come compatibile con il diritto di

ispezione l’accesso a determinati documenti (contratti attivi con clienti e le elaborazioni di un

software da cui emergeva la distribuzione sui vari progetti delle ore di lavoro) con oscuramento dei

dati sensibili; non ritenendo altrimenti sufficientemente tutelata l’esigenza di riservatezza della società, poiché i dati attenevano al know-how aziendale e il socio istante era un potenziale futuro concorrente; Trib. Bologna, primo settembre 2018, cit., sembra ugualmente ammettere questa possibilità.

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di s.n.c.), il che significa che questo potrebbe già svolgere un’attività concorrenziale, o potrebbe essere intenzionato a farlo.

In questi ultimi casi, la legittima facoltà di estrazione in copia dei documenti – utilizzata a fini abusivi – può danneggiare la società in maniera potenzialmente irreversibile, se ai documenti consultabili non si sottraggono quelli contenenti informazioni segrete (si pensi, ad esempio, ad un documento nel quale è rappresentata graficamente un’invenzione non brevettata).

Infine, quanto sopra risulta coerente con la funzione del diritto di controllo: tutelare la posizione e l’interesse del singolo socio all’interno della società, assicurando una completa conoscenza sull’andamento della gestione e la reale situazione economica, finanziaria e patrimoniale della società.

Negare al socio l’accesso alle informazioni segrete – nei termini visti – comunque non confligge con quella specifica ratio.

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C

APITOLO

T

ERZO

AUTONOMIASTATUTARIAEDIRITTIDI

INFORMAZIONE

ECONTROLLO

SOMMARIO: 1. Sull’incertezza della formulazione legislativa: una porta “socchiusa”. Presentazione del problema e premessa metodologica. – 2. Ripartizione dell’indagine su due piani distinti: S.r.l. effettivamente aperte vs S.r.l. chiuse. – 3. Il classico dibattito nella S.r.l. chiusa: critica di alcune tesi sull’inderogabilità della norma. – 4. (Segue) A favore dell’inderogabilità della norma: il socio di S.r.l. è un socio informato. – 4.1 Contro la derogabilità. Prime conclusioni. – 5. Il nuovo dibattito: i diritti di controllo nella S.r.l. aperta. – 5.1 Una possibile soluzione. – 5.2 Alcune clausole statutarie integrative della tutela minima. – 5.3 Ipotetiche conseguenze sulla disciplina legale delle S.r.l.