• Non ci sono risultati.

I diritti di informazione e controllo del socio nella vecchia e nella nuova S.r.l.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "I diritti di informazione e controllo del socio nella vecchia e nella nuova S.r.l."

Copied!
142
0
0

Testo completo

(1)

U

N IVE R SIT À

DI P

ISA

D

IPARTIMENTODI

G

IURISPRUDENZA CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN GIURISPRUDENZA

I diritti di informazione e controllo del socio

nella vecchia e nella nuova S.r.l.

Candidato

Luigipaolo Marino

Relatore

Ch.mo Prof. Francesco Barachini

(2)
(3)

INTRODUZIONE 1

CAPITOLO PRIMO 5

LA TUTELA DEL SOCIO E DELLE MINORANZE TRAMITE DIRITTI

INFORMATIVI E DI CONTROLLO NEI VARI TIPI SOCIETARI 5

1.Tutela del socio e delle minoranze: i diritti di informazione e controllo. 5 1.1. Sulla funzione del diritto di informazione e di ispezione 8 2.S.p.a. chiusa: il diritto dell’azionista di informarsi (sulla) e controllare

(la gestione sociale) 11

2.1 Quel che resta del controllo del socio. 13

2.2 Il diritto all’informazione 16

3.Il diritto di informarsi nella società azionaria quotata 23 4. Il diritto di controllo del socio nelle società personali 26

4.1 Il rendiconto. 28

4.2 La ratio del diritto. 29

4.3 Sulla disponibilità del diritto. 30

4.4 Il controllo del socio accomandante. 31

CAPITOLO SECONDO 35

TUTELA DEL SOCIO NELLE SOCIETÀ A RESPONSABILITÀ LIMITATA:

I DIRITTI DI INFORMAZIONE E CONTROLLO 35

1.La S.r.l. dalla riforma del 2003 ad oggi: il modello capitalistico attenuato, la rilevanza centrale del socio e del rapporto contrattuale tra i soci. 35 1.1 Deroghe al diritto societario per le P.M.I. costituite in forma di S.r.l. 39 1.2 Il d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14: nuovo assetto dei controlli. 40

2.Il diritto di controllo del socio 43

2.1 Funzione e natura del diritto. 45

2.2 I soggetti coinvolti: legittimati attivi e passivi. 47

2.3 (Segue) Alcuni casi particolari. 52

2.4 Il contenuto del diritto. 55

3. Un caso particolare: il controllo del socio sulla gestione delle società

controllate 59

4. Modalità di esercizio del diritto e tutela processuale 64

5.Limiti all’esercizio del diritto di controllo 71

5.1 Disponibilità giuridica dei documenti. 72 5.2 Il rispetto dei principi di correttezza e buona fede. 73

(4)

5.3 Riservatezza sociale: informazioni segrete e mascheramento dei dati sensibili 80

CAPITOLO TERZO 86

AUTONOMIA STATUTARIA E DIRITTI DI INFORMAZIONE E CONTROLLO 86 1. Sull’incertezza della formulazione legislativa: una porta “socchiusa”.

Presentazione del problema e premessa metodologica. 86 2.Ripartizione dell’indagine su due piani distinti: S.r.l. effettivamente aperte vs

S.r.l. chiuse. 91

3.Il classico dibattito nella S.r.l. chiusa: critica di alcune tesi sull’inderogabilità

della norma. 94

4.(Segue) A favore dell’indisponibilità dei diritti di controllo: il socio di S.r.l.

è un socio informato. 102

4.1 Contro la derogabilità della norma. Prime conclusioni. 109 5. Il nuovo dibattito: i diritti di controllo nella S.r.l. aperta 113

5.1 Una possibile soluzione. 116

5.2 Alcune clausole statutarie integrative della tutela minima 118 5.3 Ipotetiche conseguenze sulla disciplina legale delle S.r.l. 119

CONCLUSIONI 122

BIBLIOGRAFIA 126

(5)

1

I

NTRODUZIONE

I diritti di informazione e controllo del socio, nel contesto societario, svolgono un importante ruolo di bilanciamento fra i vari centri di potere.

In particolare, tendono alla tutela dei partecipanti al contratto sociale che sono meno coinvolti nella gestione dell’investimento, in quanto lo affidano nelle mani di altri soggetti. Parlando in termini estremamente generali, il potere degli amministratori di prendere le più rilevanti decisioni di governo societario incontra l’esigenza del socio che non partecipa alla gestione, differentemente graduata e differentemente tutelata a seconda del tipo societario, di far sentire la propria voce al fine di difendere i propri interessi. Fra le varie prerogative del socio c.d. di voice si possono sicuramente annoverare i diritti di informazione e controllo che, anzi, costituiscono altresì il presupposto per l’esercizio di altri diritti. Grazie all’esercizio del controllo e, soprattutto, grazie all’acquisizione di determinate informazioni, il socio è infatti messo in condizione di valutare l’operato dei soggetti preposti alla gestione della società e, eventualmente, di adottare delle misure di carattere reattivo volte alla difesa del proprio interesse, secondo il paradigma conoscere – valutare –

agire.

Pertanto, l’argomento che sarà esaminato ha come sfondo un tema di più ampio respiro, quello della tutela del socio e delle minoranze all’interno del diritto societario – in generale – e – in particolare – all’interno della società a responsabilità limitata, terreno davvero fertile, quest’ultimo, per le riflessioni in materia, data la rilevanza centrale conferita al socio dal legislatore nel 2003. Ebbene, è proprio in questa cornice che si colloca il cuore del problema e l’oggetto dell’indagine.

Senza aver alcuna pretesa di completezza, nel primo capitolo, dopo essersi soffermati sulle funzioni del diritto di informazione, si tenterà di passare in rassegna alcune delle principali previsioni normative che riconoscono al socio diritti di informazione e di controllo in diversi tipi societari, segnatamente S.p.a. e società di persone, nello sforzo di far emergere le fondamentali differenze sul punto fra il tipo capitalistico e quello personalistico.

(6)

2

Nel secondo capitolo, l’attenzione verrà catalizzata sulla disciplina della S.r.l., partendo dalla disamina dell’art. 2476, 2 co., c.c., per finire ad analizzare i limiti principali che si possono opporre all’esercizio del diritto, in ottica di tutela della società e della concorrenza.

Il terzo ed ultimo capitolo ruoterà attorno ad un oggetto più specifico, dai contorni, però, non ancora ben delineati: il rapporto tra autonomia statutaria e il diritto, previsto all’art. 2476, 2 co., c.c., dei soci che non partecipano all’amministrazione «di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociale e di consultare, anche tramite professionisti di loro fiducia, i libri sociali e i documenti relativi all’amministrazione».

Sul punto, ci sono vari quesiti ancora aperti che necessitano di una risposta. È dubbio se il diritto di controllo attribuito al socio di S.r.l. sia o no derogabile; se questo possa essere del tutto compresso dall’autonomia statutaria; e, in tal caso, quali possano essere alcune ricadute sul piano della disciplina della società a responsabilità limitata.

Come può intuirsi, il testo dell’art. 2476, 2 co., c.c., non contribuisce a sgomberare completamente il campo da perplessità, soprattutto per quanto riguarda lo spazio lasciato all’autonomia statutaria.

Sicuramente, qualsiasi tentativo di rispondere ai precedenti quesiti non può non tener conto di almeno tre elementi: le intenzioni del legislatore del 2003, e, ancor prima, della legge delega 3 ottobre del 2001, n. 366; le recenti novità legislative in tema di P.M.I. (d.l. n. 179/2012 e d.l. n. 50/2017), che vanno ad impattare necessariamente sulla governance delle S.r.l. qualificabili come piccole-medie imprese (la stragrande maggioranza delle società a responsabilità limitata); infine, le modifiche apportate alla disciplina codicistica della S.r.l. dal d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14.

Per concludere, lo studio sarà di particolare interesse per due ulteriori motivi.

Per un verso, il diritto di controllo del socio consente di guardare da un angolo privilegiato alle differenze fra S.p.a. ed S.r.l.: riesce ad evidenziare perfettamente il modo in cui, a partire dalla riforma del 2003, la S.r.l. si allontana

(7)

3

dal modello pensato per la Grande Impresa per avvicinarsi al modello personalistico.

Per altro verso, e a seguito della prima delle due più recenti novità legislative citate, la stessa S.r.l., dall’impronta personalistica conferita nel 2003, viene ora attratta da una nuova vocazione ad aprirsi al mercato, apparendo come un modello elastico, ora vicino alle società personali ora vicino alle società per azioni quotate. Come si accennava, ciò porterà notevoli conseguenze su aspetti di governance – e quindi anche sul diritto di controllo – che necessiteranno, di volta in volta, degli opportuni adeguamenti, vegliando affinché questo modello elastico non si spezzi.

(8)
(9)

5

C

APITOLO

P

RIMO

LA

TUTELA

DEL

SOCIO

E

DELLE

MINORANZE

TRAMITE

DIRITTI

INFORMATIVI

E

DI

CONTROLLO

NEI

VARI

TIPI

SOCIETARI

SOMMARIO. 1. Tutela del socio e delle minoranze: i diritti di informazione e controllo. – 1.1 Sulla funzione del diritto di informazione e di ispezione. – 2. S.p.a. chiusa: il diritto dell’azionista di informarsi (sulla) e controllare (la gestione sociale) – 2.1 Quel che resta del controllo del socio. – 2.2 Il diritto all’informazione. – 3. Il diritto di informarsi nella società azionaria quotata. – 4. Il diritto di controllo del socio nelle società di persone. – 4.1 Il rendiconto. – 4.2 La ratio del diritto. – 4.3 Sulla disponibilità del diritto. – 4.4 Controllo del socio accomandante.

1. Tutela del socio e delle minoranze: i diritti di informazione e

controllo.

La funzione gestoria è veicolata da un sistema di pesi e contrappesi, teso ad assicurare che nell’esercizio delle prerogative amministrative non trovino spazio interessi altri rispetto all’interesse sociale1, inteso quale interesse dei soci –

unitariamente considerati – alla valorizzazione della partecipazione2. Si è parlato a tal proposito di “neutralizzazione” della funzione gestoria3, nel senso di voler

assicurare la genuinità4 di intenti dei gestori nel perseguire esclusivamente l’interesse sociale, senza deviazioni in altre direzioni, che possano essere interessi propri, di singoli soci o di terzi. Gli strumenti di tutela del socio e delle minoranze si collocano in questo sistema, fungendo anch’essi da contrappesi al potere

1 Per una recente ricostruzione dell’interesse sociale vedi C. ANGELICI, Note minime sull’interesse

sociale, in Banca bors, tit. cred., 2014, I, p. 255 ss.

2 Interesse che gli amministratori devono perseguire tenendo conto della diversa composizione degli investimenti, secondo l’avviso di P. MONTALENTI, Tutela delle minoranze e sistema dei controlli ne La tutela del socio e delle minoranze. Studi in onore di Alberto Mazzoni a cura di F. Barachini,

Torino, Giappichelli, 2018, p. 57.

3 Così C. ANGELICI, La società per azioni, I, Principi e problemi, in Tratt. Cicu-Messineo, Milano, Giuffrè, 2012, p. 353 ss.

4 Sostantivo presentato come sinonimo di “neutralità” in questo contesto da F. BARACHINI, Tutela

(10)

6

dell’organo amministrativo e, altresì, vigilando sullo scorrere naturale di questo potere negli argini rappresentati dai limiti legali e statutari.

Approcciarsi al tema della tutela del socio e delle minoranze5 necessita una precisazione di carattere preliminare: l’esigenza di una tale tutela è avvertita nei diversi tipi societari, seppur con diverse sfumature. Infatti, se nelle società chiuse, o comunque a base sociale ristretta, una dialettica conflittuale potrà instaurarsi tra soci – e segnatamente fra soci di maggioranza e soci di minoranza (oppure, nelle società personali, fra soci amministratori e soci non amministratori) – nelle società aperte, ovvero a base sociale frazionata, un eventuale conflitto si instaurerà tra gli amministratori e i soci6. In altri termini, nel primo contesto il rischio è rappresentato

da possibili abusi dei soci di maggioranza (o dei soci amministratori) a danno dei soci minoritari (o soci non amministratori), nel secondo, invece, il rischio è che gli amministratori, venendo meno a quella “genuinità” di intenti, perseguano propri interessi a danno di tutti i soci.

Ciò premesso, questo tema assume un maggiore rilievo pratico all’interno di società che, tipologicamente, sono pensate per una compagine larga o frazionata, in cui il singolo socio è tradizionalmente poco (o nulla) coinvolto nel governo dell’investimento e più in balìa della gestione altrui. È nel modello capitalistico della società per azioni, ed in particolar modo di quella quotata, che il socio è, spesso e volentieri, un socio passivo perché apatico o perché non in grado di seguire le scelte gestorie7.

Proprio in questo modello, allora, minore è l’incisività di un controllo dei soci sulla gestione, maggiore è il rischio di possibili abusi della maggioranza, o di chi ne è espressione, in danno del socio di minoranza.

5 Per un recente approfondimento e vari spunti sul tema vedi F. BARACHINI (a cura di) La tutela del

socio e delle minoranze: Studi in onore di Alberto Mazzoni cit.

6 Distinzione di fondo rappresentata da F. BARACHINI, Tutela delle minoranze e funzione gestoria cit., pag. 92 ss.

7 Per una conferma vedi D. LATELLA, Informazione societaria e tutela delle minoranze nelle società

quotate in Società, banche e crisi d’impresa. Liber Amicorum Pietro Abadessa, diretto da M.

Campobasso, V. Cariello, V. Di Cataldo, F. Guerrera, A. Sciarrone Alibrandi, 1, Torino, UTET, 2014, p. 778, il quale precisa che nelle «imprese societarie ad elevata frantumazione della proprietà azionaria […] il monitoraggio sull’attività dei managers risulta particolarmente complesso per azionisti fra loro molto distanti e con ridotte potenzialità aggregative».

Anche per tali ragioni «la tutela del socio e delle minoranze è sicuramente uno dei temi «classici»,

se non il più «classico», fra quelli che una valutazione d’insieme del diritto delle società per azioni impone d’affrontare», A. CERRAI – A. MAZZONI, La tutela del socio e delle minoranze in Riv. soc., 1993, I, p. 1.

(11)

7

Quando si parla di tutela del socio e delle minoranze si fa riferimento a due diverse tecniche, quella dell’auto-tutela, consistente in strumenti che appartengono all’organizzazione interna della società, e quella dell’etero-tutela, caratterizzata dall’intervento di soggetti esterni con riflessi all’interno dell’organizzazione (intervento esterno che può essere anche invocato dall’interno, come avviene ad esempio nel caso del controllo giudiziario ex art. 2409 c.c.).

Dovendo perimetrare maggiormente il campo d’azione, è il momento di fare un’ulteriore precisazione di carattere terminologico: parlando di tutela nel prosieguo del discorso, ci si riferirà a strumenti di auto-tutela del socio, accennando solo più avanti – e per via incidentale – ad alcune tecniche di etero-tutela.

Volendo utilizzare a scopo esemplificativo una summa divisio tracciata in dottrina8, è possibile distinguere gli strumenti di auto-tutela in due sotto-categorie: quelli che si pongono rispetto al potere maggioritario come limiti esterni e quelli, invece, che ne costituiscono limiti intriseci. Mentre i primi sono diritti azionabili dai soci nei confronti della società o degli amministratori, i secondi sono, più che altro, degli obblighi della Società stessa (rectius di amministratori e/o sindaci) nei confronti dei soci. Nel primo caso vi è un obbligo degli amministratori di tollerare l’esercizio di alcuni diritti dei soci ed eventualmente contribuire alla loro soddisfazione, nel secondo, invece, quello di conformarsi a delle prescrizioni dettate dalla legge9.

Questa distinzione ha una valenza per lo più esemplificativa, dato che di frequente i due limiti costituiscono due facce della stessa medaglia. Basti pensare al diritto riconosciuto all’azionista dall’art. 2422 c.c. di esaminare alcuni libri sociali, e segnatamente: il libro dei soci e il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea. Se da un lato, infatti, v’è il diritto d’ispezione azionabile dal socio, dall’altro v’è l’obbligo per gli amministratori di rendere disponibili questi libri e di non ostare al regolare svolgimento delle attività ispettive.

Ebbene, quest’ultimo esempio introduce il nucleo centrale del primo capitolo, ovverosia i diritti di carattere informativo e ispettivo riconosciuti: (i)

8 A. A. CERRAI – A. MAZZONI, La tutela del socio e delle minoranze cit., pag. 29

9 Si potrebbe parlare anche di «situazioni giuridiche di vantaggio per i soci ma passive», definite così da L. DELLA TOMMASINA, Informazione preassembleare e tutela dell’investimento, Milano, 2018, p. 13.

(12)

8

all’azionista (quelli esplicitamente riconosciuti dal legislatore e quelli che implicitamente si vogliono ricavare), (ii) al socio di società di persone. Tali diritti si collocano fra i mezzi di auto-tutela a disposizione del socio e, quindi, all’interno dei limiti alla funzione gestoria.

Prima di addentrarsi nel contenuto della disciplina legale, rispettivamente della S.p.a. e delle società di persone, è opportuno – e non solo ai fini di questo capitolo – prendere in considerazione le funzioni di questi diritti: ciò servirà anche oltre, nella ricerca di risposte alle domande formulate nell’introduzione.

1.1. Sulla funzione del diritto di informazione e di ispezione. Al diritto di

informazione possono essere associate due distinte funzioni: (i) la prima consente al socio di richiedere informazioni al fine di esercitare al meglio i propri diritti, e soprattutto il diritto di voto; (ii) la seconda, invece, gli permette di svolgere forme di controllo sulla gestione della società10. Nel primo caso il diritto di informazione

è strumentale all’esercizio dei diritti sociali; ad esempio, il socio, acquisendo informazioni sulle materie poste all’ordine del giorno, è in grado di formare in maniera piena la propria volontà e, conseguentemente, esprimere consapevolmente il suo voto in assemblea. Nel secondo caso, invece, il diritto di informazione ha valenza autonoma, non necessitando alcun fine, bensì essendo un mezzo per operare un controllo sull’attività degli amministratori in primis e, in generale, sull’andamento della società.

In questa seconda accezione, insomma, il diritto di informazione confluisce, assieme al diritto di ispezione, nel più ampio diritto di controllo, ponendosi con quest’ultimo in un rapporto di species a genus. In altri termini, il diritto di informazione e il diritto di ispezione sono entrambi strumenti di controllo, non esistendo tra di essi «alcuna differenza causale»11.

10 Così R. COSTI, Note sul diritto di informazione e di ispezione del socio, in Riv. soc., 1963, I, p. 65 ss.

11 Insiste su questo punto R. COSTI, Note sul diritto di informazione e di ispezione del socio cit., p. 67. Contra M. FOSCHINI, Il diritto dell’azionista all’informazione, Milano, 1959, p. 43, per cui «nessun accostamento di funzioni è […] possibile tra diritto d’informazione e diritto di controllo in senso stretto, inteso come diritto del socio a compiere atti di ispezione e di sorveglianza sull’amministrazione sociale, concretamente considerata».

(13)

9

Ça va sans dire che queste funzioni si intrecciano fra loro: il socio che

controlla si informa (anche al fine dell’esercizio del diritto di voto) e il socio che si informa (al fine assembleare) controlla.

Ovviamente il controllo che spetta ai soci è un controllo ridotto – di rilievo minimo nelle S.p.a. – neanche minimamente paragonabile, nel contenuto, al controllo affidato al collegio sindacale, ma rispondente allo stesso significato di fondo12.

In effetti, il controllo che figura quale nucleo comune agli artt. 2261, 1 co., e 2476, 2 co., c.c., consta nell’«avere dagli amministratori notizia dello svolgimento degli affari sociali» e nel «consultare i documenti relativi all’amministrazione»; non diversamente, l’art. 2403-bis c.c., dedicato al collegio sindacale di S.p.a., prevede per i sindaci la possibilità in qualsiasi momento di «procedere, anche individualmente, ad atti di ispezione e di controllo» e di «chiedere agli amministratori notizie […] sull’andamento delle operazioni sociali»13. In entrambi

i casi il legislatore sembra utilizzare lo stesso concetto di controllo, vale a dire «un’attività esterna alla fase decisionale di un atto, finalizzata a valutare l’atto in relazione a un parametro dato»14.

Passando ora ad un altro importante aspetto, il diritto di controllo è riconosciuto al socio a tutela del proprio interesse nella società, e non a tutela di altri interessi, come l’interesse sociale o quello dei terzi creditori15; del resto, se si

inserisce il diritto in parola fra le tecniche di auto-tutela del socio, non può

12 R. COSTI, Note sul diritto di informazione e di ispezione del socio cit., p. 67 ss.

13 Ancora R. COSTI, Note sul diritto di informazione e di ispezione del socio cit., p. 67 ss., che, proseguendo nella critica delle tesi esposte da M. FOSCHINI, [Il diritto dell’azionista

all’informazione cit.] rigetta la collocazione di Foschini del diritto di informazione «in un concetto

generico e non tecnico di controllo in senso lato» ed espone come, in realtà, la nozione di controllo utilizzata dal legislatore negli articoli 2261, 2320 e 2489 c.c. rientri proprio nella nozione tecnica di controllo richiamata all’art. 2403 c.c.

14 In generale per controllo societario si intende «un’attività esterna alla fase decisionale di un atto, finalizzata a valutare l’atto in relazione a un parametro dato. Non riguarda, invece, le ipotesi in cui i soggetti o gli organi sono coinvolti nella fase di decisione dell’atto o alle operazioni di esecuzione dello stesso», definizione proposta da M. BIANCHINI - C. DI NOIA ne Il reticolo dei controlli

societari: lo stato dell’arte in AA. VV.. I controlli societari. Molte regole nessun sistema, a cura di M. Bianchini – C. Di Noia, Milano, Egea, 2010, p. 14.

15 Cfr. M. GHIDINI, Società personali, Padova, 1972, p. 449.; R. COSTI, Note sul diritto di

(14)

10

concludersi diversamente. A conferma di ciò: il socio non è obbligato a controllare, potrebbe astrattamente decidere di non avvalersi di questo diritto.

«La tutela dell’interesse sociale, che può anche incidentalmente realizzarsi coll’esercizio dei poteri di controllo del socio, non è perciò un fine cui siano rivolti istituzionalmente i diritti d’informazione e d’ispezione, bensì un limite al loro esercizio»16. In altre parole, il socio che si cura di controllare se l’andamento degli affari sociali e l’operato degli amministratori sono rispettosi dei limiti legali e convenzionali loro imposti agisce, in primo luogo, nel suo interesse. Egli, incidentalmente, può tutelare anche l’interesse della società allo svolgimento corretto ed ordinato della propria attività. E, ancora, fra i soggetti che possono trarre benefici dal controllo del socio possono annoverarsi gli stessi amministratori, i quali finiscono per esser tutelati «dal deterrente a comportamenti illeciti rappresentato dal più elevato rischio che siano scoperti»17. Anche in quest’ultimo senso il controllo, sempre per via incidentale, può conseguire un interesse diverso rispetto a quello del singolo socio che lo esercita, e segnatamente: l’interesse sociale ad avere amministratori accorti ad osservare i doveri loro imposti dalla legge e dallo statuto.

Fatta questa anticipazione sull’interesse perseguito dai soci, si può accennare ad una prima considerazione circa la natura giuridica del controllo del socio.

Tale diritto è da ascriversi nella categoria dei diritti soggettivi e non dei poteri in senso stretto, dal momento che «diritto soggettivo è ogni potere spettante al titolare per la tutela di interessi propri, mentre potere in senso stretto è ogni facoltà concessa ad un soggetto per proteggere interessi che non gli appartengono interamente»18. Al più si potrà parlare di poteri che derivano da questo diritto, cioè

16 Virgolettato in R. COSTI, Note sul diritto di informazione e di ispezione del socio cit., p. 72. 17 In questi termini C. MONTAGNANI, Davvero il diritto di informazione danneggia gravemente chi

lo esercita e chi gli sta intorno?, in Scritti in onore di Giancarlo Laurini, a cura di D. Falconio, F.

Fimmanò e P. Guida, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 2015, tomo II, p. 1281, a difesa del diritto di informazione e contro pretestuose petizioni a limitarne la portata, perché ostacolo all’efficiente gestione della società; vedi anche M. GHIDINI, Società personali cit., p. 449, secondo cui l’esercizio dei diritti di controllo da parte dei soci «concorre ad assicurare l’osservanza, da parte degli amministratori, dei doveri che ad essi incombono, nell’interesse generale della società». 18 Ricostruisce così R. COSTI, Note sul diritto di informazione e di ispezione del socio cit., p. 73, il quale richiama, alla nota n. 30, A. THON, Norma giuridica e diritto soggettivo (tr. it.), Padova, 1938, p. 206; S. ROMANO, Frammenti di un dizionario giuridico. Poteri e potestà, Milano, 1947. Vedi anche A. CERRAI – A. MAZZONI, La tutela del socio e delle minoranze cit., pag. 52., i quali pur

(15)

11

delle prerogative a disposizione del socio nell’esercizio del diritto di informazione e di ispezione.

Ricostruito il quadro generale, si può tracciare una linea di fondo dalla quale partire nell’analisi dei diritti di controllo spettanti al socio nei diversi tipi societari. Occorre ribadire alcune considerazioni già proposte. Quando si parlerà del diritto di controllo del socio in senso stretto ci si riferirà nello specifico: (i) al diritto di ispezione (o consultazione), (ii) al diritto di informazione “autonomo”, nella seconda accezione sopra vista, inteso come il diritto a richiedere all’organo sociale e ottenere una «specifica prestazione di assistenza informativa»19. Il controllo così inteso è un diritto soggettivo, individuale del socio, il quale lo esercita nel suo interesse personale e non nell’interesse collettivo dei soci componenti la società.

Prese – e riprese – le misure, si proverà a ricostruire il quadro generale entro il quale si colloca il diritto dell’azionista ad informarsi sulla (e a controllare la) gestione sociale; si partirà dalla società azionaria, modello nel quale la disamina dei diritti di informazione e controllo richiede uno sforzo ermeneutico, almeno in uno dei due sottotipi.

2. S.p.a. chiusa: il diritto dell’azionista di informarsi (sulla) e

controllare (la gestione sociale)

Il concetto di controllo individuale del socio in senso stretto – delineato nel precedente paragrafo e basato sui diritti di controllo riconosciuti al socio nella società semplice e nella S.r.l. – non si presta ad essere calato nel contesto della società per azioni. Il controllo in senso stretto sullo svolgimento degli affari sociali e sull’amministrazione è qui esercitato da un organo interno alla società, specificamente investito dalla legge di questa funzione20.

qualificando i diritti d’informazione nella categoria dei diritti individuali aggiungono, altresì, che – nel contesto della società per azioni – non meritano «un’enfasi eccessiva (…) perché per lo più trattasi di situazioni soggettive e strumentali funzionalmente collegate all’esercizio di altre (essenzialmente al diritto di voto o di impugnazione), sia perché, e soprattutto, la loro violazione non può avere talora una autonoma rilevanza».

19 Espressione di L. DELLA TOMMASINA, Informazione preassembleare e tutela dell’investimento cit., p. 9.

20 La legge intesta questa funzione al: (i) collegio sindacale nel sistema tradizionale di governance; (ii) consiglio di sorveglianza nel sistema dualistico; (iii) comitato di controllo sulla gestione nel

(16)

12

Per precisione, va anche detto che nella S.p.a. il collegio sindacale non è il solo ad avere funzioni di controllo in senso stretto, spettando queste anche al revisore legale o alla società di revisione21 e, altresì, al CdA qualora si sia avvalso di deleghe gestorie22.

Tornando ad occuparsi di ciò che più inerisce al tema dell’indagine, ovverosia i diritti piuttosto che i doveri di controllo, occorre subito puntualizzare che non esistono, nella disciplina delle S.p.a., previsioni simili a quelle degli artt. 2261, 1 co., e 2476, 2 co., c.c., che riconoscano all’azionista un espresso diritto di controllo, fatta eccezione per il già menzionato art. 2422, c.c., il quale prevede il diritto di ispezionare solamente: il libro dei soci e il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea23.

sistema monistico. Per alcuni contributi in merito all’organo di controllo si vedano F. BONELLI,

L’amministrazione delle s.p.a. nella riforma, in Giur. comm., 2003, I, p. 700 ss.; V. CALANDRA BUONAURA, I modelli di amministrazione e controllo nella riforma del diritto societario, in Giur.

comm., 2003, I, 308 ss.; P. MONTALENTI, Corporate governance, consiglio di amministrazione,

sistemi di controllo interno: spunti per una riflessione, in Riv. soc., 2002, IV, p. 803 ss.; ID.,

Amministrazione e controllo nella società per azioni: riflessioni sistematiche e proposte di riforma,

in Riv. soc., 2013, I, p. 42 ss; AA. VV. I controlli societari. Molte regole nessun sistema, a cura di M. Bianchini – C. Di Noia, Milano, Egea, 2010.

21 È l’occasione di precisare che la funzione di controllo si compendia in due attività: (i) controllo di legalità; (ii) controllo contabile. La prima spetta sempre e comunque al collegio sindacale e consta nel vigilare sull’osservanza della legge e dello statuto (art. 2403 c.c.). La seconda, invece, tendenzialmente esternalizzata, affidata ad un revisore legale dei conti o ad una società di revisione legale (art. 2409-bis, 1 co., c.c.), può sintetizzarsi come controllo sulla corretta tenuta delle scritture contabili e sulla corrispondenza fra queste e il bilancio. Lo statuto potrebbe riportare all’interno questa funzione, intestandola al collegio sindacale, sempreché la S.p.a.: (i) non sia obbligata alla redazione del bilancio consolidato; (ii) non abbia optato per un sistema alternativo di gestione; in questi ultimi casi il controllo contabile spetta necessariamente ad un revisore esterno.

22 Il consiglio di amministrazione può ripartire internamente le proprie competenze gestorie, delegando alcune di esse a singoli consiglieri (art. 2381, 2 co., c.c.). Questa ripartizione interna, però, non ha natura abdicativa della competenza gestoria specifica, rimanendo quale titolare ultimo di quella il CdA. Quest’ultimo organo – come plenum – assume un dovere generale di controllo sulla gestione individuato dall’art. 2381, 3 co., c.c., e così tripartito: (i) valutazione sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società; (ii) esame dei piani strategici, industriali e finanziari della società; (iii) valutazione del generale andamento della società. È bene sottolineare che questo controllo sottintende un continuo scambio di informazioni fra delegante e delegato. Tanto che gli organi delegati sono tenuti periodicamente (almeno ogni sei mesi) a riferire al consiglio di amministrazione «sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate» (art. 2381, 5 co., c.c.) e, in ogni caso, a ciascun amministratore spetta il potere di richiedere ai delegati che in consiglio siano fornite informazioni sulla gestione (art. 2381, 6 co., c.c.).

23 Per R. COSTI, Note sul diritto di informazione e di ispezione del socio cit., p. 108 ss., questi rappresentano «angusti confini» entro i quali è ristretto il diritto di ispezione, confini che risultano evidenti «qualora si consideri che il socio può solo ispezionare il libro dei soci e il libro delle adunanze e delle delibere assembleari (2422 c.c.), fosse egli pure il presidente della società»; per D. LATELLA, Informazione societaria e tutela delle minoranze nelle società quotate cit., p. 785, questo diritto si colloca in uno «stretto recinto normativo».

(17)

13

Va subito detto che il diritto di ispezione dei libri suindicati non fornisce al socio la possibilità di controllare la gestione sociale, tant’è vero che a questo si associa «una portata essenzialmente autoreferenziale e retrospettiva, venendo a cadere su profili – l’identità della compagine sociale e le decisioni che questa ha già assunto – che tagliano fuori l’operato dell’organo amministrativo e le scelte di gestione dell’investimento»24.

Per un verso, allora, è inevitabile accantonare momentaneamente quella nozione di controllo che – repetita iuvant – nella società per azioni spetta di diritto (ma soprattutto di dovere) all’organo di controllo e non al socio.

Per altro verso, agli azionisti residuano, da un canto, alcune prerogative di controllo in senso lato e, dall’altro, alcuni diritti informativi, perlopiù funzionali all’esercizio del diritto di voto25.

2.1 Quel che resta del controllo del socio. Per quanto riguarda le prerogative di

controllo in senso lato, si possono ricondurre ai soci i poteri: (i) di denunzia al collegio sindacale o al tribunale regolati dagli artt. 2408 e 2409 c.c.; (ii) di «controllo di merito» sulla gestione26.

i) L’art. 2409 c.c. prevede la possibilità per una minoranza qualificata di

soci – che rappresentano il 10% del capitale sociale nelle società chiuse o il 5% nelle società aperte – di denunziare al Tribunale fatti dai quali emerga un «fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla società o a una o più società controllate» (primo comma). Il Tribunale, sentiti gli organi sociali, al fine di valutare e giudicare i fatti censurati, «può ordinare l’ispezione della amministrazione della società» (secondo comma). Nel caso in cui il sospetto dei

24 Così L. DELLA TOMMASINA, Informazione preassembleare e tutela dell’investimento cit., p. 10; si veda anche M. PERRINO, Il controllo individuale del socio di società di capitali: fra funzione e diritto, in Giur. comm., 2006, IV, p. 649, secondo cui «l’informazione attingibile a mezzo [del diritto di ispezione] non può […] considerarsi funzionale all’esercizio di alcun controllo diretto ed individuale del socio sulla amministrazione».

25 R. COSTI, Note sul diritto di informazione e di ispezione del socio cit. p. 112, riteneva «che, in mancanza di un espresso riconoscimento del diritto di informazione (…) all’azionista spetti solo quel particolare diritto d’informazione, cui, in ogni società, per necessità logica prima che giuridica, e indipendentemente da riconoscimenti espressi dal legislatore, ha diritto il socio per poter esprimere validamente il proprio voto».

26 Cfr. P. MONTALENTI, Amministrazione e controllo nella società per azioni: riflessioni

(18)

14

soci sia giudicato fondato, perché le violazioni sussistono, il controllo c.d. giudiziario può portare all’adozione da parte del Tribunale di misure reattive che impattano sulla società in maniera particolarmente penetrante, fra cui la convocazione dell’assemblea dei soci, affinché prenda opportuni provvedimenti, e addirittura – nei casi più gravi – la revoca degli amministratori e eventualmente dei sindaci con la seguente nomina di un amministratore giudiziario27.

Il socio – sprovvisto dei requisiti prescritti dalla legge per rivolgersi al Tribunale (anche perché, ad esempio, sospetti “solo” il compimento di lievi irregolarità) o che non voglia ricorrervi immediatamente – può denunziare al collegio sindacale i fatti che ritiene censurabili, ai sensi dell’art. 2408 c.c.

Il collegio sindacale dovrà dare conto della denunzia nella relazione all’assemblea, ovviamente se riscontrerà la sussistenza di irregolarità potrà (e dovrà) attivare i poteri reattivi a sua disposizione. Se, però, la denunzia proviene da minoranze qualificate – più basse rispetto a quelle previste dall’art. 2409 c.c. (soci che rappresentano il 5% del capitale sociale nelle società chiuse o il 2% nelle società aperte) – il collegio sindacale «deve indagare senza ritardo sui fatti denunziati e presentare le sue conclusioni ed eventuali proposte all’assemblea»28.

In entrambi i casi, allora, al socio non spetta un potere di controllo in senso

stretto, bensì spetta il potere di invocare un controllo sull’amministrazione,

chiamando in soccorso il Tribunale o il collegio sindacale.

Grazie a queste previsioni il socio può cercare e trovare tutela, anche se, come ricordato, questo potere non appartiene a qualunque socio, ma ad un socio qualificato; ad eccezione della possibilità per il socio sotto-soglia di presentare denunzia non qualificata al collegio sindacale, ai sensi dell’art. 2408, 1 co, c.c., della quale l’organo di controllo dovrà semplicemente tener conto nella relazione annuale all’assemblea.

ii) Passando alla seconda prerogativa, di controllo in senso lato, un

sindacato di merito, che abbia ad oggetto «l’opportunità e la convenienza

27 Si veda F. MAINETTI sub Art. 2409 c.c. ne Il nuovo diritto societario, Commentario diretto da G. Cottino, G. Bonfante, O. Cagnasso, P. Montalenti, Bologna, Zanichelli, 2004, tomo I, p. 925 ss. 28 Vedi F. MAINETTI sub Art. 2408 c.c. ne Il nuovo diritto societario, Commentario ult. cit., p. 917 ss.

(19)

15

economica dell’attività (più che dei singoli atti) di gestione, spetta ai soci nei confronti del consiglio di amministrazione», ma solo nella «forma di potere di indirizzo, di condizionamento e anche di contrapposizione antagonistica, con la revoca dell’amministratore»29. Qualora, poi, i soci ritengano che la gestione – oltre

che economicamente inopportuna – sia stata anche lesiva del patrimonio sociale potranno, allora, esercitare nei confronti dell’amministratore un’azione di responsabilità.

Questo controllo ex post avviene almeno in occasione dell’approvazione del bilancio, documento di carattere organizzativo-contabile utile ai soci per verificare annualmente l’andamento della società30.

Va subito rilevato, però, che questa prerogativa ha poco a che vedere con i soci di minoranza, essendo, invece, una delle dirette manifestazioni del principio maggioritario. A tal proposito, si consideri solo che la revoca dell’amministratore, di competenza dell’assemblea ordinaria (ai sensi dell’art. 2364, 1 co., n. 2, c.c.), è tendenzialmente appannaggio del gruppo di comando, salvo il caso della c.d. revoca automatica. Quest’ipotesi si realizza a seguito di una deliberazione assembleare sull’azione di responsabilità dell’amministratore adottata con il voto favorevole del 20 % del capitale sociale. La promozione dell’azione di responsabilità da parte dei soci, invece, richiede una maggioranza fortemente facilitativa, ma, in ogni caso, consistente perlomeno nel 20% del capitale sociale31.

Si intuisce, allora, che nella società azionaria non quotata l’attività di

monitoraggio dei managers, quando spetta ai soci, raramente si manifesta nella

forma di diritto individuale, ma, piuttosto in quella di diritto minoritario. Insomma,

29 Il Virgolettato è di P. MONTALENTI, Amministrazione e controllo nella società per azioni:

riflessioni sistematiche e proposte di riforma cit., p. 50 ss., il quale riconosce ai soci il controllo di

merito posto che «il merito della gestione, e cioè il contenuto delle scelte manageriali è assistito – il punto è pacifico anche nel nostro ordinamento – dalla c.d. business judgement rule: le operazioni gestorie degli amministratori non sono sindacabili, né dal collegio sindacale né dal comitato audit né dai revisori né dal giudice, se non in caso di manifesta irrazionalità».

30 All’approvazione del bilancio sono tradizionalmente ricondotte due funzioni, infatti, consente ai soci di: (i) registrare, alla fine di ogni esercizio, la situazione patrimoniale e finanziaria della società, «nonché il risultato economico dell’esercizio stesso (cioè, gli utili conseguiti o le perdite subite)»; (ii) svolgere un controllo sull’operato complessivo degli amministratori nell’arco dell’esercizio concluso. Virgolettato in G. F. CAMPOBASSO, Manuale di diritto commerciale, a cura di M. Campobasso, Torino, UTET, 2015, ottava edizione, II, p. 461 ss.

31 Infatti, l’azione di responsabilità può essere promossa dai soci: (i) a seguito di una delibera assembleare (art. 2393, 1 co., c.c.); (ii) in assenza di delibera assembleare autorizzativa, da tanti di quelli che rappresentino almeno il 20% del capitale sociale (art. 2393-bis c.c.).

(20)

16

il piccolo azionista, da solo, “non va molto lontano”, essendo condizionato dal possesso di una partecipazione sociale poco rilevante. Ad egli non resta altro «genuino strumento di controllo individuale»32 se non quello di presentare una denunzia al collegio sindacale, ai sensi dell’art. 2408, 1 co., c.c., pur con i limit i che, come visto, caratterizzano tale istituto.

Orbene, viste le prerogative di controllo in senso lato dell’azionista, ci si dedica ora ai diritti informativi, posto che anche in quest’ambito non v’è un formale e pieno riconoscimento del legislatore.

2.2 Il diritto all’informazione. Vi sono varie previsioni codicistiche che lasciano

desumere l’esistenza di un diritto dell’azionista all’informazione33, alcune delle

quali riguardano il procedimento assembleare, ed è a quest’ultime che si dedicherà più attenzione.

Riprendendo la distinzione proposta fra le funzioni dell’informazione, nel contesto della S.p.a. il diritto d’informazione vede minimizzarsi la funzione di controllo e conserva la funzione servente rispetto l’esercizio del diritto di voto34.

Per illustrare i modelli di tutela informativa che in astratto l’ordinamento può riconoscere al socio, si utilizzerà una tripartizione recentemente proposta35.

Per un primo modello il socio ha il potere «di chiedere (all’organo sociale preposto) e ottenere (da quello) una specifica prestazione di assistenza informativa»36.

Come già detto, non esiste nel diritto azionario alcun dato di diritto positivo istitutivo di un tale potere a contenuto generale, che, allora, in questo contesto è circoscritto perlopiù al procedimento assembleare. Il socio con diritto di voto,

32 Così M. PERRINO, Il controllo individuale del socio di società di capitali: fra funzione e diritto cit., p. 654.

33 M. FOSCHINI, Il diritto dell’azionista all’informazione cit., cap. III, desumeva l’esistenza di questo diritto, in particolare, da alcuni articoli del codice civile: 2366, 2377, 2408, 2409, 2429, 2621.

Contra R. COSTI in Note sul diritto di informazione e di ispezione del socio cit. p. 109 ss.

34 In riferimento al diritto dell’azionista all’informazione R. COSTI scriveva che «egli ha solo il diritto ad ottenere le notizie necessarie per raggiungere una conoscenza sufficiente ad esercitare, validamente, il diritto di voto sulle materie poste all’ordine del giorno, mentre non dispone del diritto d’informazione come strumento di mero controllo» in Note sul diritto di informazione e di ispezione

del socio cit. p. 109.

35 Questa tripartizione e la descrizione dei tre modelli relativi si prendono in prestito da L. DELLA TOMMASINA, Informazione preassembleare e tutela dell’investimento cit., p. 9 ss.

(21)

17

intervenuto in assemblea, può porre agli organi sociali domande inerenti alle materie poste nell’ordine del giorno, al fine di acquisire le informazioni utili per esercitare il diritto di voto. Allora, si può dire che questo potere è stretto fra due limiti: (i) uno di carattere spazio-temporale, essendo relegato alla riunione assembleare, (ii) uno di carattere qualitativo, essendo un potere da esercitare in modo inerente alle materie sulle quali l’assemblea dovrà deliberare37.

Un secondo modello «include situazioni giuridiche di potere – a esercizio individuale o collettivo – che consentono al socio o ai soci interessati di provocare un certo comportamento degli organi sociali solo indirettamente strumentale all’acquisizione di informazioni»38.

Nelle ipotesi rispondenti al suindicato modello, i soci non chiedono direttamente un’assistenza di prestazione informativa, ma, di fatto, sollecitano una forma di integrazione informativa per superare un’impasse da loro provocata.

Su questo terreno il socio di minoranza può trovare una tutela, seppur minima, perché emerge esplicitamente un diritto informativo a suo vantaggio.

I principali esempi offerti dalla disciplina delle S.p.a. dai quali emerge questo modello sono: (i) il potere – spettante ad una minoranza qualificata – di rinviare l’assemblea (previsto dall’art. 2374 c.c.); (ii) il potere – spettante al singolo socio – di «opporsi alla discussione di argomenti sui quali non si ritenga

37 Per una conferma vedi C. PECORARO, Procedimento assembleare e tutela dei soci di minoranza, in Giur. comm. 2004, IV, p. 458, secondo cui «riguardo al diritto di informazione, non è revocabile in dubbio che gli intervenuti possano richiedere informazioni o chiarimenti in ordine alle materie poste nell’ordine del giorno, rivolgendosi normalmente agli amministratori, o allo stesso presidente qualora siano richieste informazioni su circostanze diverse dai fatti di gestione».

Peraltro, il diritto di intervenire in assemblea delle società quotate è stato recentemente preso di mira da parte della dottrina – perché fonte di «folcloristici interventi degli “azionisti minimi”, difficilmente arginabili, non agevolmente riconducibili all’ordine del giorno, in ogni caso del tutto inutili se non dannosi per una migliore corporate governance» - che propone, con una norma espressa, «di introdurre clausole statutarie che consentano di subordinare il diritto di intervento ad un possesso azionario minimo e di regolarlo, sopra la soglia, a scaglioni attraverso il regolamento assembleare», così P. MONTALENTI, Il diritto societario a dieci anni dalla riforma: bilanci,

prospettive, proposte di restyling, in Giur. comm., VI, 2014, p. 1068 ss. Contra M. S. SPOLIDORO,

Tersite in assemblea? in Riv. soc., I, 2016, p. 171 ss., il quale rigetta le soluzioni proposte e, di

contro, ritiene che la soluzione sia da ricercarsi in una valorizzazione della figura del Presidente d’assemblea, a lui spetta «tenere il polso» dell’assemblea evitando di dare eccessivo spazio a interventi poco pertinenti.

(22)

18

sufficientemente informato», in caso di assemblea c.d. totalitaria (art. 2366, 4 co., c.c.).

Nel primo caso, in sede assembleare la legge attribuisce ad una minoranza qualificata di soci intervenuti (che rappresentano un terzo del capitale sociale lì presente) di chiedere il rinvio dell’adunanza, non oltre i cinque giorni successivi, qualora essa non si ritenga sufficientemente informata sugli oggetti posti in deliberazione; diritto di cui si può avvalere solo una volta per lo stesso oggetto.

Questa norma è frutto del contemperamento di due esigenze contrapposte: quella efficientista della società e quella informativa del socio. Da un lato, l’esigenza informativa del socio qualificato è tutelata con la richiesta di rinvio, che gli consente di arrivare informato alla riunione successiva (grazie ad una integrazione informativa somministrata dagli amministratori o acquisita autonomamente). Dall’altro, è tutelato l’interesse della società a deliberare sugli argomenti per i quali «è stata regolarmente convocata, senza ulteriori formalità e ritardi»39.

In verità, come è stato osservato, questa minoranza «doppiamente

qualificata – tanto sul piano della forza deliberativa (attestata dal possesso di una

percentuale non irrilevante del capitale sociale) quanto sul piano dell’effettivo interesse al procedimento e al suo risultato (ciò che si manifesta attraverso la partecipazione all’adunanza) – sembra indicativa della volontà di utilizzare l’informazione in funzione di obiettivi che trascendono la protezione individuale dell’azionista»40. Forse, la ratio del potere di rinvio sarebbe da ricercarsi, più che

altro, nella volontà del legislatore di comporre internamente eventuali discordie sull’ordine del giorno, anche al fine di evitare impugnazioni41.

Nel secondo caso, in relazione al diritto di opposizione nell’assemblea totalitaria, invece, sono premiate in misura maggiore queste istanze di protezione individuale, perché v’è maggiore esigenza di tutelare il socio, data la singolarità della situazione.

39 Così A. SERRA, L’assemblea: procedimento in Trattato delle società per azioni, diretto da G. E. Colombo e G. B. Portale, Torino, UTET, 1993, p. 166.

40 Virgolettato in L. DELLA TOMMASINA, in Informazione preassembleare e tutela dell’investimento cit., p. 12.

(23)

19

In effetti, l’ipotesi in questione parte da una convocazione impropria dell’assemblea, per il mancato rispetto delle formalità prescritte dalla legge. Tuttavia, nonostante questa «mancanza», l’assemblea «si reputa regolarmente costituita» – ai sensi dell’art. 2366, 3 co., c.c. – perché è presente in assemblea l’intero capitale sociale e almeno la maggioranza degli organi amministrativi e di controllo42. Però, ad un deficit informativo derivante dal mancato rispetto delle formalità della convocazione, il legislatore prevede una salvaguardia per il socio che, intervenuto in assemblea, non si ritenga informato a sufficienza sugli argomenti per i quali è chiamato a votare e, a ragion di ciò, voglia opporsi alla discussione di tali argomenti43. Il socio, allora, ha diritto ad opporsi e,

così facendo, impedisce che si arrivi ad una deliberazione su quell’argomento, che dovrà essere necessariamente trattato in una successiva assemblea regolarmente convocata44.

In questa ipotesi appare nitida l’esigenza di protezione informativa dell’azionista, per un semplice motivo: in questo caso è stata inficiata la regolarità dell’iter precedente la deliberazione assembleare, e previsto a garanzia di istanze informative e partecipative del socio. L’irregolarità è allora bilanciata con la possibilità per il socio di porre un veto alla competenza decisionale di un’assemblea convocata in modo improprio.

42 La figura dell’assemblea totalitaria assolve non solo alla funzione di regolarizzare la costituzione dell’adunanza (nonostante sia impropriamente convocata), ma, in più, consente di deliberare su qualsiasi argomento anche se non previsto nell’ordine del giorno, cfr. G.F. CAMPOBASSO, Manuale

di diritto commerciale cit., p. 321; V.R.DRAGANI – F. PRENESTINI, Convocazione impropria e

formazione del consenso nella società per azioni in Riv. soc. II, 2018, p. 653 ss. Per un doppio

motivo, allora, si pongono ragioni di tutela del socio.

43 Per R. COSTI questa norma non avrebbe alcuna funzione di tutela informativa del socio, l’Autore sostiene che «se così fosse infatti, egli potrebbe integrare immediatamente le proprie imperfette cognizioni sull’argomento trattato, rendendo inutile un rinvio ad una successiva riunione. In verità, la norma è posta solo per garantire al socio la possibilità di veder discusso un certo argomento in una assemblea convocata in modo ordinario» in Note sul diritto di informazione e di ispezione del

socio cit. p. 110. Si potrebbe aggiungere, però, che per il socio ottenere una regolare convocazione

è già un risultato in termini di integrazione informativa, posta la riconosciuta funzione informativa delle formalità prescritte per la convocazione.

44 A riguardo occorre segnalare il seguente dubbio presente in dottrina: non è chiaro se in presenza di singole opposizioni da parte di una minoranza qualificata, sia possibile rinviare l’adunanza, ai sensi dell’art. 2374 c.c. – entro e non oltre, i cinque giorni successivi – ovvero se sia necessaria comunque una riconvocazione. A favore del diverso trattamento sta la differenza di fondo tra i due casi. Mentre nel caso del rinvio si suppone che i soci abbiano avuto una preventiva conoscenza dell’ordine del giorno, nel caso dell’opposizione quella preventiva informazione può mancare. A tal proposito vedi M. GUARINI sub Art. 2366 in Codice commentato delle società, a cura di N. Abriani – M.S. Richter, con la collaborazione di C. Bavetta, UTET, Torino, 2010, p. 871.

(24)

20

Infine, il terzo modello di tutela informativa comprende «tutte quelle situazioni giuridiche che corrispondono a specifici doveri di informazione documentale autonomamente gravanti sugli organi di amministrazione e controllo: in questo senso – potrebbe dirsi – situazioni giuridiche di vantaggio per i soci ma

passive»45.

Sono ricomprese in questo paradigma situazioni differenti tra loro, alcune finalizzate all’esercizio del diritto di voto ed altre, invece, che, pur collocandosi in un disegno assembleare, non lo sono necessariamente.

Infatti, alcune disposizioni prevedono obblighi di informazione documentale in capo ad amministratori e sindaci nei confronti dei soci – tutti – e non solo dei soci con diritto di voto46, a prescindere, dunque, dalla strumentalità dell’informazione all’espressione del voto in assemblea.

Un esempio è dato dall’art. 2429 c.c., che prevede la possibilità per i soci di prendere visione del bilancio e di altri documenti (almeno relazioni degli amministratori e relazione dei sindaci) in vista della approvazione del bilancio47.

Forse, a partire da simili previsioni, emerge il diritto di informazione inteso in senso autonomo, come controllo non collegato all’espressione del diritto di voto, perché spettante anche al socio che n’è sprovvisto.

Prima di passare oltre, è opportuno spendere qualche considerazione su un argomento più volte sfiorato nel corso della trattazione, volutamente lasciato alla fine perché attinente al terzo modello di cui sopra: quello delle formalità prescritte

45 L. DELLA TOMMASINA, Informazione preassembleare e tutela dell’investimento cit., (nt. 31). 46 Questo accade tutte le volte in cui la legge prevede un diritto dei soci – senza precisare con diritto di voto – di prendere visione dei documenti che – di volta in volta – gli organi di amministrazione e controllo hanno l’obbligo di depositare e di mettere a disposizione dei soci, come è nel caso degli artt. 2422 c.c. e 2429 c.c.

47 Altri esempi possono essere: art. 2358 c.c. (negozi di assistenza finanziaria), 2343-bis c.c. (acquisiti c.d. pericolosi). In entrambi i casi vi è un obbligo di depositare presso la sede sociale la documentazione richiesta dalla legge per consentirne la consultazione ai soci, i quali saranno chiamati, in sede di assemblea (straordinaria nel primo caso e ordinaria nel secondo), ad autorizzare il compimento di tali atti. Il disegno assembleare c’è, ma la prerogativa di prendere visione della documentazione spetta a tutti i soci, anche a coloro i quali non possono votare.

Per un elenco più completo delle disposizioni che prevedono un obbligo di deposito degli amministratori si rinvia a F. BARACHINI, La tutela delle minoranze ed il diritto di informazione

dell’azionista nella disciplina dell’art. 130 T.U.F., ne La tutela delle minoranze nelle società quotate. Studi in memoria di Alessandro Cerrai, a cura di A. Piras, Pisa, 2004, p. 168.

(25)

21

per la convocazione di una riunione assembleare. Un tema questo, che, come si è detto, è strettamente connesso a principi di tutela informativa e partecipativa del socio.

Si accennerà solo alle disposizioni che rispondono al come convocare e non a quelle che rispondono al chi deve o può farlo, nell’intento di valutare la consistenza degli obblighi informativi ai quali l’organo amministrativo deve adempiere, con particolare riferimento all’avviso di convocazione che precede l’assemblea48.

L’art. 2366 c.c., al primo comma, prevede, fra le formalità prescritte per la convocazione, l’invio dell’avviso di convocazione contenente «l’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo dell’adunanza e l’elenco delle materie da trattare».

Almeno quindici giorni prima dell’assemblea, l’avviso deve essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale della Repubblica o su un quotidiano previsto dallo statuto, fatta salva la possibilità per lo statuto di avvalersi di altri mezzi di comunicazione «che garantiscano la prova dell’avvenuto ricevimento almeno otto giorni prima dell’assemblea» (secondo e terzo comma).

Insomma, la tutela informativa del socio si sviluppa in due direzioni: (i) rendere il socio edotto dell’adunanza, attraverso mezzi idonei e quanto prima, affinché possa parteciparvi; (ii) dare notizia di quelle che saranno le materie su cui l’assemblea è chiamata a discutere, affinché possa informarsi in vista dell’adunanza.

48 Queste regole si collocano nella disciplina generale dell’iter assembleare, fase che privilegia le istanze partecipative e informative dei singoli soci. In questa fase, meglio che altrove, emerge la compenetrazione fra maggioranza e minoranza in una dialettica democratica. La tutela delle minoranze è qui garantita da alcune previsioni: «1) la costruzione di un procedimento deliberativo, la cui struttura è intimamente ricollegabile ad esigenze di ordine democratico; 2) la previsione di una serie di garanzie endo-procedimentali, a difesa della posizione partecipativa del socio; 3) la creazione di un organo tutore del modello democratico, cioè il presidente; 4) e infine, in quanto compatibili col modello democratico, la legittimità dell’ostruzionismo assembleare. [A queste regole se ne aggiunge una quinta:] cioè la partecipazione della minoranza accanto alla maggioranza nei collegi di amministrazione», così C. PECORARO, Procedimento assembleare e tutela dei soci di

minoranza cit., p. 452 ss. L’Autore espone alcune tecniche di auto-tutela partecipativa del socio di

particolare efficacia, riconducibili all’ostruzionismo: «sopravvenuta defezione del numero legale procurata dall’allontanamento dall’aula dei soci dissenzienti, e discorso defatigatorio». Quanto alla prima tecnica, la dottrina non è concorde nell’affermare il potere dei soci di provocare la defezione – durante la discussione e dopo la costituzione dell’assemblea grazie al raggiungimento del quorum costitutivo – impedendo la continuazione del procedimento assembleare. L’Autore rinviene, però, la soluzione positiva nella ratio della prescrizione del numero legale per la costituzione dell’assemblea, ovverosia: «la volontà legislativa di assicurare che la trattazione delle materie oggetto dell’ordine del giorno sia quanto più possibile allargata».

(26)

22

L’ordine del giorno assolve alla duplice funzione – quella «positiva» – di indicare le materia che verranno discusse e – quella «negativa» – di impedire che si deliberi su altri argomenti, delimitando così la competenza dell’assemblea49.

In questa maniera viene tutelata l’esigenza informativa del socio presente in assemblea, che nutrirà l’aspettativa legittima di veder discussi gli argomenti indicati, e, altresì, del socio assente, che confiderà nel fatto di non vedersi vincolato ad una delibera a sorpresa.

Per concludere, può dirsi che nella S.p.a., l’interesse informativo del socio non è appagato con il riconoscimento di un diritto pieno, che consenta di informarsi autonomamente sulla gestione sociale. Al contrario, le notizie ad essa inerenti sono perlopiù somministrate dagli organi di amministrazione e controllo, e principalmente su di un piano preassembleare.

Del resto, questa scelta sembra coerente con i principi di sistema che governano la società per azioni. La struttura capitalistica corporativa che implica una netta separazione delle competenze degli organi sociali; la rilevanza del socio come mero soggetto conferente; il principio di libera trasferibilità delle azioni; la vocazione naturalmente aperta della S.p.a. sono alcuni dei principi caratterizzanti il tipo, dai quali si desume l’incompatibilità di questo contesto con un diritto di controllo individuale come quello riconosciuto al socio non amministratore di S.r.l.50.

49 Dottrina e giurisprudenza sono concordi nell’attribuire questa duplice funzione all’ordine del giorno, con la precisazione che la competenza dell’assemblea si estende anche a deliberazioni strettamente accessorie o consequenziali alle deliberazioni sulle materie in ordine del giorno. Sul contenuto dell’ordine del giorno, in assenza di indicazioni specifiche del legislatore, dottrina e giurisprudenza ne hanno, altresì, precisato il grado di specificità. Questo deve contenere una indicazione sintetica, purché chiara e non ambigua, specifica e non generica delle materie da trattarsi, in modo da adempiere alla funzione informativa. A titolo esemplificativo si danno alcuni casi di indicazioni che non sono ritenute idonee: l’indicazione generica all’art. 2364 c.c. (e non ad una specifica competenza dell’assemblea fra quelle elencate), l’indicazione “varie ed eventuali”, l’indicazione “modifiche statutarie”. Vedi M. GUARINI sub art. 2366 in Codice commentato delle società, a cura di N. Abriani – M.S. Richter cit., p. 846 ss.; Trib. Monza, 15 gennaio 2004, con nota

di G. CIAMPOLI, in Giur. comm., V, 2004, 551 ss.

50 Cfr. M. PERRINO, Il controllo individuale del socio di società di capitali: fra funzione e diritto cit., p. 647.

(27)

23

3. Il diritto di informarsi nella società azionaria quotata

Nella disciplina delle società azionarie quotate il legislatore guarda al diritto di informazione con più interesse, conferendo a quest’ultimo una rilevanza centrale, sia dal punto di vista formale che sostanziale e cercando, altresì, di spostare la tutela informativa su un piano individuale, a prescindere da un possesso capitalistico qualificato.

Almeno questa sembra la strada intrapresa in quest’ambito, col riconoscimento, per via dell’art. 130 T.U.F., di un diritto individuale dell’azionista «di prendere visione di tutti gli atti depositati presso la sede sociale per assemblee già convocate e di ottenere copia a proprie spese». Strada che il legislatore ha dimostrato di proseguire – sulla scorta di sollecitazioni europee – con le modifiche apportate, anche sul piano terminologico, alla legge Draghi dal d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 27 51.

Infatti, è soprattutto a seguito di questo intervento che il diritto all’informazione del socio viene notevolmente tonificato grazie all’introduzione degli artt. 125-bis («avviso di convocazione dell’assemblea»), 125-ter («relazioni sulle materie all’ordine del giorno»), 125-quater («sito internet») e 127-ter («diritto di porre domande prima dell’assemblea») del T.U.F.

Quest’elenco, da solo, riesce a rappresentare il differente grado di puntualità e specificità adottato dal legislatore nel disciplinare il diritto di informazione nei due sottotipi di S.p.a.

Solo a titolo esemplificativo, si pensi al diritto di porre domande in assemblea, ricavato implicitamente dalla disciplina delle S.p.a. non quotate e,

51 Infatti, il d.lgs. 27/2010, che ha attuato la direttiva 2007/36/CE (Shareholders Rights Directive), ha modificato la rubrica della seconda sezione della legge contenente l’art. 130 T.U.F. passata dall’essere «Tutela delle minoranze» a «Diritti dei soci».

(28)

24

invece, riconosciuto in modo pieno nella disciplina delle quotate che regola modalità e tempi delle domande e delle risposte52.

Come se non bastasse, la direttiva 2017/828/UE (Shareholders Rights

Directive II), in fase di attuazione in Italia, sembra voler rinvigorire ancor più

l’utilizzo dei diritti amministrativi dell’azionista di società quotate, al fine di garantirgli un maggiore e migliore coinvolgimento nella corporate governance53.

Come accennato, al di là della forma, la differenza di trattamento si coglie anche nel contenuto delle tutele. Basti pensare al diritto riconosciuto dall’art. 130 T.U.F., il quale non lega l’esercizio del diritto ad alcun termine, contrariamente a quanto avviene negli articoli dedicati alla S.p.a. chiusa che, come l’art. 2429, 3 co., c.c., prevedono un obbligo di deposito in capo agli organi sociali (nel caso ricordato i soci possono prendere visione della documentazione depositata nei quindici giorni precedenti l’assemblea). Questa circostanza non è del tutto irrilevante, in quanto «potrebbe allora ritenersi che – limitatamente alle società quotate – i soci possano fare uso del diritto di informazione in ogni momento: e, cioè, sia prima, sia durante, sia dopo lo svolgimento della riunione assembleare. Con la conseguenza che il diritto di informazione regolato dall’art. 130 T.U.F. non avrebbe carattere

preassembleare quanto piuttosto extrassembleare»54.

Per giunta, come anticipato, l’ulteriore elemento sostanziale che traspare è la centralità dell’azionista uti singulus, le cui esigenze informative rilevano per il semplice fatto di essere egli titolare di una partecipazione sociale, a prescindere dall’entità di questa.

Allora, ciò che al fine del presente lavoro più interessa è comprendere quali siano le ragioni che spingono il legislatore a questo trattamento differenziato.

Queste sono da ricercarsi almeno su tre piani.

52 Vedi R. GUIDOTTI - F. PASQUARIELLO, sub Art. 127-ter, in Commentario T.U.F. decreto

legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e successive modificazioni, a cura di Francesco Vella, II, Torino,

Giappichelli, 2012, p. 1396 ss.

Peraltro, su questo articolo pare interverrà il decreto legislativo attuativo della Shareholders Rights

Directive II, al fine di migliorare le condizioni di esercizio del diritto di porre domande degli

azionisti. Per lo schema di decreto legislativo, in attuazione della direttiva 2017/828/UE, presentato il giorno 8 febbraio 2019 vedi https://documenti.camera.it/Leg18/Dossier/Pdf/FI0086.Pdf. 53 Per una prima analisi della direttiva vedi L. MULA, La revisione della Direttiva sui Diritti degli

Azionisti: un nuovo approccio dell’UE alla corporate governance delle società quotate, 12 giugno

2017, in Approfondimenti sul sito www.dirittobancario.it.

54 In questi termini F. BARACHINI, La tutela delle minoranze ed il diritto di informazione

Riferimenti

Documenti correlati

previsto ai sensi del II comma dell’art. 42 in data 28.02.2005, esecutiva a tutti gli effetti, il Comune ha adottato il Programma Integrato di Riqualificazione Urbanistica

Fiorenzuola 1972 Green Basket Palermo Omnia Basket Pavia Fidelia Torrenova Bologna Basket 2016 Virtus Kleb

CONVENZIONE TRA L’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI E L’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI PER L'ATTIVAZIONE DEL CORSO DI DOTTORATO DI RICERCA IN SCIENZE

L’area assume la destinazione che aveva con l'adozione della Variante in esame (delibera CC n.. La sistemazione definitiva delle diverse condizioni di degrado, come

La Posizione Finanziaria Netta consolidata al 31 dicembre 2020 è positiva per € 22,1 milioni, rispetto a € 41,4 milioni al 31 dicembre 2019, con una riduzione di € 19,3 milioni,

In ultima analisi, l’obiettivo imprescindibile sia nella visione strategica (PAT) sia nelle modalità operative (P.I) è quello che i C.S. sono patrimonio della collettività,

69/2015 – è delimitata alle società “quotate” (ed alle società ad esse “equiparate”) e così dispone: “gli amministratori, i direttori generali, i

Nelle sue storie, Gianni Rodari, per esempio, parla spesso di case: “case di pietra o tela, o in movimento, case a prova di ladro, o con regali, case di carta, e col tetto al