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Il rispetto dei principi di correttezza e buona fede Nel diritto societario non è

società controllate

5. Limiti all’esercizio del diritto di controllo

5.2 Il rispetto dei principi di correttezza e buona fede Nel diritto societario non è

presente alcuna disposizione che espliciti il dovere di comportarsi secondo correttezza (art. 1175 c.c.) e buona fede (art. 1375 c.c.) nei rapporti societari. Ciò non significa, però, che questi canoni generali non si applichino anche in quel

100 Ci si riferisce alla possibilità – concessa al socio di S.r.l. da una parte della giurisprudenza – di consultare alcuni documenti riferibili alla società controllata e, perfino, a quella indirettamente controllata dalla S.r.l. (supra § 3). Si consideri la decisione del Trib. Bologna, 12 ottobre 2017, con nota di G. CARLETTI, cit., p. 1035 ss., (supra § 3, nt. 71), di accordare al socio la consultazione di un documento che, pur al di fuori della immediata disponibilità (perché riferibile ad una società indirettamente partecipata), era nel diritto della S.r.l. conoscere. Sulla stessa scia si veda, da ultimo, Trib. Torino, 20 febbraio 2019, cit., (supra § 3, sub ii), che ha ordinato all’organo amministrativo della S.r.l. di esibire alcuni documenti delle società direttamente e indirettamente controllate, attinenti a scelte gestionali rilevanti di quelle, che l’organo gestorio della S.r.l. holding non poteva non conoscere. Sicuramente, in questi casi la documentazione è redatta e detenuta da soggetti terzi, non è nella immediata disponibilità materiale della società, ma non per questo è ritenuta inaccessibile. In realtà, anche a prescindere da questi ultimi sviluppi, la giurisprudenza prevalente ammette già la possibilità di visionare i documenti relativi all’amministrazione «anche se presenti presso terzi», così, p.e., Trib. Napoli, 17 marzo 2016, cit., (un’ipotesi può essere quella di documenti della società depositati presso commercialisti o altri consulenti). Ancora, giurisprudenza e dottrina ammettono quasi pacificamente l’esibizione degli estratti del conto corrente sociale: anche questo è un documento redatto e detenuto da soggetti terzi – ma che può essere agilmente acquisito in qualsiasi momento dall’organo gestorio della società – nonostante ciò, il socio può chiederne l’esibizione; si veda Trib. Milano, 8 giugno 2017, (ord.), De Jure; in dottrina, ex multis, N. ABRIANI,

Controllo individuale del socio e autonomia contrattuale nella società a responsabilità limitata cit.,

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contesto, essendo essi riferibili all’esecuzione di qualsiasi contratto e, più in generale, «all’agire tout court nei rapporti civili e, quindi, anche in materia societaria», perché qualificabili come principi generali dell’ordinamento101.

Nei rapporti societari e, nello specifico, in riferimento ai soci, i principi di correttezza e buona fede hanno natura integrativa di diritti e obblighi previsti a loro carico e, complessivamente, richiedono che i rapporti societari si svolgano secondo leale collaborazione.

Inoltre, questi principi assurgono ad un’ulteriore funzione: consentire una valutazione ex post delle condotte dei soci, i quali, nell’adempiere ai propri obblighi e nell’esercitare i propri diritti, devono sempre comportarsi secondo correttezza, avendo cura di non sacrificare l’interesse della società attraverso condotte abusive.

Dottrina e giurisprudenza, al fine di specificare i comportamenti lesivi dei principi richiamati, hanno coniato la figura dell’abuso del diritto che, in generale, viene a configurarsi «quando il titolare di un diritto soggettivo, pur in assenza di divieti formali, lo eserciti con modalità non necessarie ed irrispettose del dovere di correttezza e buona fede, causando uno sproporzionato ed ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale, ed al fine di conseguire risultati diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri o facoltà furono attribuiti»102.

Allora, il socio, per evitare di abusare delle proprie prerogative, deve necessariamente operare un contemperamento fra il suo interesse e quello della società, tramite l’applicazione dei principi di correttezza e buona fede.

In particolare, nell’esercizio del diritto che si sta esaminando, gli interessi in gioco da contemperare sono, da un lato, l’interesse informativo del socio, dall’altro, l’interesse della società a: (i) non essere ostacolata nelle sue attività

101 Così F. DI SABATO, Il principio di correttezza nei rapporti societari, in Il nuovo diritto delle

società. Liber amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da P. Abadessa e G.B. Portale, vol. I,

Torino, Utet, 2007, p. 140, il quale, pur consapevole che tali principi sono desumibili dal sistema in generale, manifestava l’opportunità di esprimerli in maniera esplicita come principi generali applicabili ai rapporti societari.

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(esigenza di efficienza dell’azione sociale); (ii) mantenere riservate determinate informazioni (esigenza di riservatezza)103.

Anche l’esercizio, da parte del socio, del diritto individuale di controllo deve ispirarsi al rispetto del dovere di correttezza e buona fede e, di conseguenza, deve avvenire secondo modalità che non siano lesive dell’interesse della società e che non sfocino in abuso del diritto. Invero, nel caso specifico, lo standard descritto si declina almeno in due rules specifiche per il socio: (i) non ostacolare l’attività sociale e l’attività di gestione degli amministratori; (ii) non divulgare le informazioni acquisite né utilizzarle per fini antisociali (c.d. obbligo di segretezza).

Con la conseguenza che, qualora il socio contravvenga a suddetti obblighi, l’esercizio del diritto di controllo sfocia in abuso.

Si tratta ora di vedere da vicino queste due regole di condotta.

i) Innanzitutto, il socio deve esercitare il diritto di controllo avendo cura di

non ostacolare la gestione sociale o l’attività della società. Ad esempio, deve astenersi da comportamenti meramente ostruzionistici dell’attività amministrativa, ingerendosi continuamente negli atti di gestione o reiterando eccessivamente richieste di informazioni o di consultazione, le quali non devono tradursi in turbativa dell’attività amministrativa104. Né, tanto meno, può disturbare lo

103 Una chiara descrizione delle due diverse esigenze è tratteggiata da M. PERRINO, Il controllo del

socio di società di capitali: fra funzione e diritto cit., p. 645: da un lato vi sono «istanze di protezione

dell’efficienza e fluidità dell’azione sociale, rispetto ai rischi di squilibrio od intralcio derivanti da iniziative individuali non sufficientemente ponderate, o peggio irresponsabili e ricattatorie [dall’altro, invece, vi sono] esigenze di protezione della riservatezza degli affari sociali – il cosiddetto segreto aziendale – rispetto al rischio di una fuga e propagazione indebita ed indiscriminata di notizie all’esterno, per il tramite di un socio poco accorto o poco avvertito nell’uso di informazioni sociali attinte, con relativo pericolo di compromissione di affari, trattative, linee strategiche, politiche concorrenziali».

104 Cfr. Trib. Bologna, 6 dicembre 2006, in Giur. comm., 2008, I, p. 216, con nota di R. GUIDOTTI,

Ancora sui limiti all’esercizio dei diritti di controllo nella s.r.l. e sul (preteso) diritto di ottenere copia dei documenti consultati, secondo cui il limite che incontra il diritto di controllo è

«esclusivamente quello derivante dal canone di buona fede [con la conseguenza che] non possono essere formulate richieste che manifestino un carattere ingiustificatamente ripetitivo, vessatorio, ostruzionistico od emulativo mentre nessuna limitazione all’esercizio del diritto può derivare da esigenze di riservatezza aziendale e tutela della concorrenza»; Trib. Palermo, sez. Impresa, 9 agosto 2016, www.ilsocietario.it 2016, secondo cui è necessario «un contemperamento tra i diritti dei soci con le esigenze di ordinata e serena gestione dell’attività»; Trib. Roma, 4 luglio 2017, cit.; Trib. Bologna, 12 ottobre 2017, con nota di G. CARLETTI, cit., p. 1035 ss.; M. PERRINO, Il controllo del

socio di società di capitali: fra funzione e diritto cit., p. 660; infine, si veda V. SANGIOVANNI, Il

diritto di controllo del socio di s.r.l. a confronto con la disciplina tedesca cit., p. 1550, il quale,

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svolgimento delle attività produttive, ad esempio, inoltrando richieste informative al personale della società.

Ancorché il legislatore non vincoli l’esercizio del diritto di controllo a modalità o periodicità determinate (supra § 4) è il dovere di correttezza e buona fede a guidare il socio nell’attuare le proprie prerogative di controllo105.

ii) In secondo luogo, il dovere di correttezza e buona fede si specifica

nell’obbligo di segretezza, alla luce del quale il socio non deve divulgare le informazioni acquisite né utilizzarle per fini antisociali, favorendo imprese concorrenti106. Anzi, quest’obbligo si concretizza nell’impegno di conservare e

proteggere la sfera di riservatezza della società, evitando che le informazioni acquisite – tramite le notizie ricevute dagli amministratori o i documenti consultati – circolino verso soggetti terzi ed estranei rispetto alla società107.

Taluno ha ritenuto che, qualora vi sia il pericolo che il socio – noncurante dei principi e delle regole sopra viste – voglia esercitare i propri diritti di controllo in maniera abusiva, gli amministratori – al fine di salvaguardare l’interesse della società – sono legittimati a respingere le richieste informative e di consultazione108.

Questo, però, solo nel caso in cui il pericolo sia reale e concreto, cioè laddove sia certo che il socio voglia avvalersi del controllo per fini dannosi alla società, quali:

correttezza e buona fede: quella di avere dagli amministratori notizie già fornite dagli stessi in sede di assemblea, alla quale il socio richiedente ha partecipato.

105 Quindi, teoricamente il socio può esercitare in ogni tempo i propri diritti di controllo, tuttavia, concretamente, la scelta dei tempi deve «essere ragionevole, avuto riguardo agli interessi della società. Una domanda di consultare la documentazione di notte o nel fine-settimana potrebbe, per esempio, essere ritenuta illegittima», secondo V. SANGIOVANNI, Il diritto di controllo del socio di

s.r.l. a confronto con la disciplina tedesca cit., p. 1549.

106 A titolo esemplificativo, sull’affermazione di questa seconda rule in giurisprudenza si vedano Trib. Milano, 29 settembre 2015, cit.; Trib. Roma, 4 luglio 2017, cit.

107 Così G.M. BUTA, I diritti di controllo del socio di s.r.l., ne Il nuovo diritto delle società cit., p. 610; Trib. Milano, 12 marzo 2018, www.giurisprudenzadelleimprese.it.

108 In tale direzione G.M. BUTA, I diritti di controllo del socio di s.r.l. ne Il nuovo diritto delle società cit., p. 608; V. SANGIOVANNI, I diritti di controllo del socio di s.r.l. a confronto con la disciplina

tedesca cit., p. 1548; Trib. Roma, 9 luglio 2009, cit.; Trib. Bologna, primo settembre 2018, www.giurisprudenzadelleimprese.it. Contra Trib. Biella, 18 maggio 2005, in Società, 2005, I, p. 50,

secondo cui le uniche contestazioni che possono essere opposte a chi richiede informazioni sono quelle relative alla titolarità del diritto; N. ABRIANI, Controllo individuale del socio e autonomia

contrattuale nella società a responsabilità limitata cit., p. 160, secondo cui l’unico limite opponibile

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(i) ostacolare le attività sociali; (ii) avvantaggiarsi delle informazioni acquisite nella propria o altrui impresa concorrente109.

Il problema, però, risiede nella difficoltà di individuare in concreto – e in maniera oggettiva – le richieste informative “pericolose”, attualmente o potenzialmente abusive. Invero, tale difficoltà si lega soprattutto all’identificazione del secondo pericolo segnalato, sicuramente quello di maggior intensità, cioè: l’utilizzo dei dati societari a fini extra-sociali. Questo perché, invece, l’abuso del diritto di controllo, a finalità di mero disturbo, è quasi sempre ravvisabile da fattori esteriori ed oggettivamente accertabili, quali, ad esempio: la ripetizione continua delle richieste, l’irrilevanza delle informazioni desiderate o, ancora, la circostanza che quelle sono state già fornite dagli amministratori.

Al contrario, l’esistenza del pericolo che il socio, dopo aver acquisito informazioni riservate, le usi per conseguire fini antisociali è accertabile solo con un giudizio prognostico da parte degli amministratori, i quali potrebbero non disporre di dati concreti sui quali basare la loro valutazione.

Una soluzione proposta in dottrina legittima il rifiuto degli amministratori, di fornire notizie o di consultare documenti, qualora vi sia una «sufficiente probabilità» che i quotisti utilizzino le informazioni per scopi extra-sociali e che, da quell’utilizzo, possa derivarne un danno non irrilevante alla società. Ipotesi che si verificherebbe, ad esempio, nel caso in cui il socio svolga un’attività in concorrenza con quella della società110.

Legittimare il rifiuto degli amministratori, in caso di potenziale abuso del diritto, è spiegato anche in ragione della responsabilità di questi per i danni alla

109 Secondo G.M. BUTA, I diritti di controllo del socio di s.r.l. ne Il nuovo diritto delle società cit., p. 611, che fornisce un esempio di richiesta “sospetta”: il caso in cui questa provenga da un socio «di pochi scrupoli» e sia relativa alla configurazione dei prezzi e all’organizzazione della distribuzione.

110 In questi termini V. SANGIOVANNI Il diritto di controllo del socio di s.r.l. a confronto con la

disciplina tedesca cit., p. 1553, il quale prende spunto dalla disciplina tedesca, che limita

espressamente i diritti di informazione e consultazione dei soci (§ 51a, comma 2, GmbHG) e, in particolare, legittima un rifiuto di dati e notizie da parte degli amministratori laddove ricorrano due circostanze: (i) il rischio di utilizzo per scopi estranei all’oggetto sociale; (ii) rischio di un danno non irrilevante per la società. La disciplina tedesca, allora, ancora la legittimità del rifiuto ad un doppio timore (“besorgnis”). L’Autore traduce il termine tedesco con «sufficiente probabilità» che quei rischi vengano a verificarsi. In Italia, invece, (precisa l’Autore) il dato normativo che legittimerebbe un rifiuto degli amministratori è da rinvenirsi, come visto, nell’art. 1375 c.c.

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società derivanti dall’utilizzazione antisociale, da parte del socio, delle informazioni riservate. D’altra parte, però, l’amministratore che non consente la soddisfazione del diritto di controllo, senza valide ragioni, rischia di incorrere ugualmente nella responsabilità derivante dalla negazione dei diritti sociali.

Perciò, nell’ipotesi in cui gli amministratori intendano respingere le richieste informative del socio, si è suggerito di rimettere la decisione alla collettività dei soci, ai sensi dell’art. 2479, 1 co., c.c., la quale deciderà se, nel caso concreto, i dati ai quali il socio vuole accedere siano o meno inaccessibili, al fine di tutelare l’interesse sociale111.

Questo meccanismo può rilevarsi senz’altro utile per gli amministratori, ma cambia poco per il socio istante. Va subito rilevato, infatti, che la maggioranza dei soci – investita della decisione – difficilmente si discosterà dalla posizione presa dagli amministratori, loro espressione. Con la conseguenza che, di fatto, la decisione assembleare coinciderà comunque con quella assunta dagli amministratori.

A dir il vero, la tesi esposta non convince pienamente, per le seguenti ragioni.

Innanzitutto, una generale legittimazione a negare il diritto di controllo, sulla base di una valutazione soggettiva e prognostica degli amministratori, si presta facilmente ad abusi in danno del socio di minoranza e, a maggior ragione, se essa si lega alla sufficiente probabilità di una condotta scorretta e dannosa del socio. La stessa circostanza che il socio istante svolga un’attività d’impresa concorrente a quella della società non significa in tutti i casi pericolo d’abuso.

111 Ancora secondo V. SANGIOVANNI, Il diritto di controllo del socio di s.r.l. a confronto con la

disciplina tedesca cit., p. 1554, il quale prende nuovamente spunto dalla disciplina tedesca, la quale,

nel caso in cui gli amministratori vogliano negare l’accesso a determinate informazioni, impone ad essi di convocare un’assemblea e sottoporre la decisione ai soci (§ 51a, comma 2, GmbHG). Contra C. MONTAGNANI, Informazione e controlli nelle nuove società a responsabilità limitata cit., p. 240 ss., secondo cui rimettere la decisione ai soci rappresenta «il sistema migliore per sacrificare ogni istanza di riservatezza [poiché:] per decidere se è giustificata la posizione degli amministratori è, infatti, necessario…svelare il segreto». Per le soluzioni adottate da altri ordinamenti si veda G. PRESTI, sub art. 2476, 2 co., c.c., nel Comm. s.r.l. cit., p. 655.

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In secondo luogo, una tale soluzione comunque non pone al riparo la società da atti di concorrenza germogliati all’interno dell’organizzazione sociale, poiché questi potrebbero derivare da soci – non attualmente concorrenti, ma – solo intenzionati a diventare competitor.

Per tali ragioni, si ritiene inammissibile il rifiuto degli amministratori laddove ritengano solo sufficientemente probabile l’utilizzo, da parte del socio, dei dati acquisiti per fini estranei a quelli sociali e dannosi per la società.

Semmai esso può ritenersi legittimo nelle ipotesi in cui – sulla base di circostanze oggettive – vi sia il concreto pericolo che la richiesta di informazioni o di consultazione si trasformi in abuso. Si pensi, ad esempio, al caso di un socio in conflitto di interessi con la società e, per di più, che ha già commesso vari atti concorrenziali a danno di quella.

Posta in questi termini la soluzione pare maggiormente condivisibile, comportando un minor sacrificio dei diritti sociali.

Tuttavia, essa comunque non risolve adeguatamente i problemi legati ad un utilizzo patologico delle informazioni acquisite. Né può sostenersi che la soluzione a tale problema sia riposta – in via esclusiva – nell’obbligo di segretezza del socio112.

Allora, la tutela della riservatezza sociale va spostata su un piano differente. Risulta utile ancorare il rifiuto degli amministratori a parametri oggettivi, riferibili al contenuto delle informazioni.

È opportuno chiedersi se esista o meno un limite interno al diritto di controllo, cioè, una sfera di riservatezza della società inaccessibile al socio o accessibile solo previa adozione di alcuni accorgimenti, come il mascheramento dei dati riservati.

112 È vero che, qualora si concretizzi l’abuso, il socio comunque risponde a titolo risarcitorio dei danni derivanti alla società, per aver violato il dovere di correttezza e buona fede e, nello specifico, l’obbligo di segretezza [Cfr. G. PRESTI, sub art. 2476, 2 co., c.c., Comm. s.r.l. cit., p. 656]. Tuttavia, una tutela di tipo esclusivamente risarcitorio – anche quando conseguita – difficilmente ristora la società dai danni subiti.

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