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I soggetti coinvolti: legittimati attivi e passivi Il secondo comma dell’art 2476,

capitalistico attenuato, la rilevanza centrale del socio e del rapporto contrattuale tra i soci.

2. Il diritto di controllo del socio

2.2 I soggetti coinvolti: legittimati attivi e passivi Il secondo comma dell’art 2476,

c.c., conferisce il diritto di controllo ai «soci che non partecipano all’amministrazione».

Come già rilevato a proposito dell’art. 2261 c.c., la norma non va intesa come escludente il controllo del socio amministratore. Il legislatore ha inteso

29 Così, ad esempio, Cass. Penale, sez. VI, 27 settembre 2016, www.dirittoegiustizia.it; Trib. Biella, 18 maggio 2005, in Le Società, 2006, p. 50; Trib. Ivrea, 4 luglio 2005, il civilista, I, p. 90; Trib. Roma, 4 luglio 2017, in www.giurisprudenzadelleimprese.it; Trib. Bologna, 12 ottobre 2017,

www.ilsocietario.it; Trib. Venezia, 20 giugno 2018, in www.ilcaso.it.; Contra Trib. Genova, 28

aprile 2017, in www.giurisprudenzadelleimprese.it., che, invece, lo qualifica come un diritto di credito.

30 In tal senso R. GUIDOTTI, I diritti di controllo del socio nella s.r.l. cit., p. 69.

31 Trib. Roma, 9 luglio 2009, Foro it. 2010, p. 1972 ss.; Trib. Bologna, primo settembre 2018,

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proteggere il socio che non partecipa alla gestione, in quanto quello che amministra ha già il diritto-dovere di farlo in maniera informata per svolgere con diligenza la propria funzione e, qualora l’amministrazione sia pluripersonale, di controllare l’operato degli altri amministratori32.

A tal proposito, la Corte di Cassazione ha recentemente ribadito che anche al socio amministratore spetta «il diritto, previsto dall'art. 2476, comma 2, c.c. di ricevere notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare i libri e i documenti relativi alla gestione societaria compiuta dagli altri amministratori, cui egli non abbia in tutto o in parte partecipato»33. Quindi, anche il socio amministratore beneficia di diritti di controllo che, in realtà, sono anche più ampi rispetto a quelli previsti dall’art. 2476 c.c., in virtù della carica sociale ricoperta.

Ciò, tuttavia, non esclude che – in concreto – anche a questo socio sia precluso l’esercizio del controllo da altri amministratori o da altri consiglieri (nel caso di amministrazione collegiale). In tale ipotesi (segnala la Suprema Corte) il socio amministratore potrà avvalersi della stessa tutela riconosciuta al socio non amministratore, soprattutto al fine di non incorrere in responsabilità per vicende sociali delle quale sia lasciato all’oscuro.

Infatti, l’art. 2476, 1 co., c.c., prevede una responsabilità solidale dei gestori per i «danni derivanti dall’inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società». È possibile, però, sottrarsi alla responsabilità provando di essere esenti da colpa e, essendo a cognizione che l’atto si stava per compiere, se si è fatto constare il proprio dissenso. Da ciò, dunque, deriva il diritto-dovere di vigilanza di ciascun amministratore sull’operato degli altri 34, il quale consente di conoscere tutti gli atti di gestione, anche nel caso in cui

32 In questo senso G. PRESTI sub art. 2476, 2 co., c.c., nel Comm. s.r.l. cit, p. 652; si veda anche G.M. BUTA, I diritti di controllo del socio di s.r.l. ne Il nuovo diritto delle società cit., p. 593, secondo cui «il diritto all’informazione, benché stabilito solo a favore dei soci non amministratori, spetta a majori, anche ai soci amministratori …[una disposizione analoga all’art. 2476, 2 co., c.c.] appare inutile con riguardo ai soci amministratori, trovando già fondamento nella disciplina dettata per l’esercizio delle loro funzioni e in particolare nelle regole relative alla loro responsabilità». 33 Così C. Cass. Civ., sez. I, 26 gennaio 2018, n. 2038, in Giust. Civ. Massimario 2018. La Suprema Corte precisa che il diritto di controllo, concesso al socio di S.r.l., «dà per scontata l’appartenenza

in iure a chi amministra la società di simili, ed ancor più intensi, diritti, in quanto diretti artefici di

quegli affari, nonché redattori e custodi di quei libri e documenti [in definitiva, il diritto di informazione e ispezione dei soci amministratori rappresenta un] diritto-dovere costituente implicito portato delle prerogative della carica».

34 Così V. SANGIOVANNI Il diritto di controllo del socio di s.r.l. a confronto con la disciplina tedesca cit., p. 1549.

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le varie competenze amministrative siano distribuite internamente all’organo amministrativo, tramite un sistema di amministrazione disgiuntiva o tramite deleghe gestorie35.

Si può dire, allora, che al socio-amministratore di S.r.l. è riferibile un diritto di controllo di duplice matrice, cioè: la carica sociale ricoperta e lo status di socio36.

35 A tal proposito, deve segnalarsi che l’art. 377, n. 5, del d.lgs. n. 14 del 2019 ha esteso l’applicazione dell’art. 2381 c.c., «in quanto compatibile», anche alla disciplina sulle S.r.l. (all’art. 2475 c.c.), quindi, nell’ipotesi in cui questa si doti di un sistema collegiale d’amministrazione, è riconosciuta la possibilità del CdA di ripartire internamente – tramite il sistema delle deleghe – le competenze amministrative. Allora, nel caso in cui l’organo gestorio abbia concretizzato questa possibilità, il dovere di vigilanza di ciascun amministratore di S.r.l. ha un secondo appiglio normativo: l’art. 2381 c.c. (supra cap. I, § 2, nt. 22).

36 Preme rilevare che l’orientamento degli Ermellini viene a scontrarsi con la disciplina dei c.d. flussi informativi, cioè dello scambio di informazioni endo-consiliare fra amministratori deleganti e delegati. La dottrina [si veda, per tutti, F. BARACHINI, Delega gestoria e disciplina dei “flussi

informativi”: poteri, doveri e responsabilità, consultabile sul sito www.lalegislazionepenale.eu, p.

7 ss.], in riferimento al contesto azionario, ha specificato che il potere di ciascun amministratore delegante di chiedere informazioni ai delegati (art. 2381, ult. co., c.c.), attivato con la richiesta all’organo delegato, viene a realizzarsi con la risposta del delegato resa nell’ambito della riunione del CdA e ciò, chiaramente, per assicurare una parità di trattamento sul piano informativo degli amministratori. È stato altresì precisato che tale potere-dovere è di carattere mediato: l’amministratore non delegato, al fine di soddisfare il proprio interesse informativo, non può autonomamente compiere atti d’ispezione o chiedere informazioni al personale della società, necessitando sempre la mediazione degli organi delegati. È giusto sottolineare i suddetti elementi perché, se si affida anche ai soci amministratori il diritto ex 2476, 2 co., c.c., l’applicazione dell’art. 2381 c.c., nelle S.r.l., sarebbe parzialmente difforme a quanto accade nella S.p.a., nel caso in cui all’interno del CdA vi siano anche soci. E, infatti, in tal caso il socio amministratore si troverebbe in una “posizione informativa” privilegiata rispetto agli altri amministratori non delegati, perché, in base all’art. 2476, 2 co., c.c., potrebbe: (i) autonomamente consultare i documenti relativi all’amministrazione del delegato (rectius all’esecuzione della delega); (ii) ricevere individualmente risposte alle richieste informative, anche al di fuori delle riunioni consiliari. Ma, in realtà, il problema si pone – in maniera addirittura più evidente – anche nel caso in cui all’interno del CdA non vi siano soci, dal momento che, il socio ha sempre a disposizione un potere individuale di informarsi (sulla gestione in generale e, quindi) sull’esecuzione della delega che, invece, non ha l’amministratore delegante. Allora, si capisce bene che un esito del genere non è condivisibile. Non può giustificarsi una asimmetria informativa fra i vari consiglieri, ma, allo stesso modo, pare ingiusto affidare all’amministratore un potere di informazione meno efficace rispetto a quello riconosciuto al socio dall’art. 2476, 2 co., c.c. Insomma, probabilmente, occorre adattare la disciplina dei flussi informativi alle specificità della società a r.l., legittimando tutti i consiglieri ad esercitare il diritto di controllo configurato all’art. 2476, 2 co., c.c. E, quindi, ove la S.r.l. sia amministrata da un organo collegiale, l’ult. comma dell’art. 2381 c.c. andrebbe letto come attributivo di un potere di controllo speculare a quello del socio, con la differenza, però, che il potere dell’amministratore è anche un dovere. Una lettura del genere potrebbe giustificarsi atteso che l’art. 2381 c.c. si applica alle S.r.l., «in quanto compatibile». Non può tacersi, invece, sul fatto che tale soluzione sicuramente forza la lettera dell’art. 2476, 2 co., c.c. Se, infatti, la norma consente una lettura sostanziale dell’espressione «soci che non partecipano all’amministrazione», idonea a ricomprendere fra i legittimati attivi anche i soci che – pur formalmente amministratori – non hanno partecipato ad una determinata gestione, non sembra ammettere, invece, una lettura che vi comprenda tutti gli amministratori tout court. Tuttavia, non pare vi siano valide alternative che riescano a razionalizzare il sistema allo stesso modo.

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Tornando all’espressione «soci che non partecipano all’amministrazione», questa non è da interpretarsi, allora, in senso formale. La tutela informativa, infatti, segue il dato sostanziale della mancata partecipazione effettiva ad una specifica gestione, a prescindere dal dato formale della carica sociale ricoperta. Anche il socio che, pur investito della funzione amministrativa, non abbia preso parte a determinati atti di gestione ha tutto l’interesse a conoscere lo svolgimento di quegli atti e, al tempo stesso, quello è un interesse che merita (e necessita) la stessa tutela riconosciuta al socio che all’amministrazione non partecipi di default 37.

Bisogna, però, domandarsi se questo discorso possa valere anche all’inverso, cioè se il socio, non investito formalmente della carica di amministratore, a seguito del compimento di atti gestori, resti sprovvisto del diritto di controllo, ovviamente solo in relazione a quegli atti gestori specifici cui ha concorso.

Il riferimento è al c.d. amministratore di fatto, ovverosia al soggetto che «a) in assenza di una specifica deliberazione assembleare di nomina [ha] esercitato, b) in modo continuativo, c) funzioni gestorie riservate dalla legge agli amministratori di diritto della società, d) in una posizione di autonomia decisionale, in funzione sostitutiva o anche meramente cooperativa (ma non subordinata) rispetto a questi ultimi»38. Ebbene, c’è chi ha ritenuto che questo soggetto – in relazione agli atti

gestori compiuti – rimarrebbe privo del diritto di controllo39 e, addirittura – sempre

37 Cfr. V. SANGIOVANNI, Il diritto di controllo del socio di s.r.l. a confronto con la disciplina tedesca cit., p. 1549, il quale riscontra un’indicazione in tal senso nella terminologia adottata dal legislatore, il quale fa riferimento ai «soci che non partecipano all’amministrazione» e non ai soci non amministratori. Tale scelta terminologica «induce a pensare che sia decisivo non il dato formale, bensì quello sostanziale [e, quindi, che] le informazioni possono dunque essere richieste anche dal socio che, pur essendo amministratore, non partecipa all’amministrazione, nel senso di una certa area di amministrazione oppure di una certa operazione». In verità, c’è chi ritiene, invece, che il

discrimen sia da ricercarsi nella non partecipazione attuale all’amministrazione – piuttosto che nella

mancata partecipazione effettiva – nel senso che: legittimato attivo del diritto di controllo è anche il socio ex amministratore, ma non il socio attualmente amministratore che non abbia partecipato a determinati atti gestori. Praticamente, lo status di socio amministratore, secondo questo orientamento, sarebbe incompatibile con l’esercizio del diritto di controllo ex 2476, 2 co., c.c.; vedi, a tal proposito, Trib. Roma, 7 agosto 2017, con nota di A. GINEX, Diritto di controllo anche per il

socio ex amministratore di s.r.l., ne ilsocietario.it, 19 marzo 2018.

38 Virgolettato in N. ABRIANI, Gli amministratori di fatto nelle società di capitali, Giuffrè, Milano, 1998, p. 223, richiamato da R. GUIDOTTI, I diritti di controllo del socio di s.r.l. cit., p. 193.

39 Cfr. V. SANGIOVANNI Il diritto di controllo del socio di s.r.l. a confronto con la disciplina tedesca cit., p. 1549.

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in relazione a quegli atti – passerebbe dall’essere controllore a controllato, assumendo, quindi, un dovere di informazione40.

Questa soluzione pare condivisibile, seppur con un accorgimento.

Infatti, è ammissibile ritenere che l’amministratore di fatto resti sprovvisto del diritto di controllo in relazione agli atti che ha compiuto, dal momento che è già informato su quegli atti e, altresì, che in tanto può parlarsi di controllo in quanto sia effettuato da un soggetto esterno alla formazione dell’atto che vuole controllarsi.

Poi, può sostenersi anche che l’amministratore di fatto assuma un dovere di informazione per i suoi atti di gestione41. Conferma di ciò potrebbe rinvenirsi nella previsione all’art. 2476, 7 co., c.c., la quale contempla la responsabilità – in solido con gli amministratori – dei soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi. E dunque, dato che l’amministratore di fatto è responsabile degli eventuali danni causati dalla propria gestione, può ritenersi che – in relazione a quella gestione – egli assuma anche il dovere di rispondere alle richieste informative e di consultazione dei soci.

Tuttavia, questo non può esimere gli amministratori (di diritto) dall’obbligo di rispondere alle richieste di informazioni e consultazione provenienti dai soci, proprio alla luce della carica sociale che hanno scelto di ricoprire. Gli amministratori, congiuntamente agli amministratori di fatto, saranno obbligati a consentire la soddisfazione del diritto di controllo dei soci42.

40 Secondo R. GUIDOTTI, I diritti di controllo del socio di s.r.l. cit., p. 193 ss., che privilegia un’interpretazione sostanziale del secondo comma dell’art. 2476 c.c., «un’interpretazione che veda l’amministratore di fatto […] quale soggetto passivo dell’esercizio dei diritti in esame e non quale soggetto attivo degli stessi (ove ovviamente rivesta anche la qualità di socio)»; M. PERRINO, Il

controllo del socio di società di capitali: fra funzione e diritto cit., p. 660, ritiene i soci

amministratori di fatto al di fuori dei legittimati attivi del diritto di controllo.

41 Anche perché, talvolta, «può essere l’unico soggetto a conoscenza di determinate notizie cosicché escluderlo dal dovere di informare o far consultare solo perché non è stato (o non è stato regolarmente) investito della sua funzione appare incongruo», così R. GUIDOTTI, I diritti di controllo

del socio di s.r.l. cit., p. 194.

42 Potrebbe chiedersi se – al pari dell’amministratore di fatto – possa ritenersi escluso dai legittimati attivi anche il socio al quale, in virtù dell’art. 2468, 3 co., c.c., siano stati attribuiti particolari diritti riguardanti l’amministrazione. Sicuramente, in questo caso, la soluzione dipende dai «particolari diritti» riguardanti l’amministrazione attribuiti in concreto al socio, potenzialmente molto diversi tra loro. Ad esempio, un particolare diritto, ai sensi dell’art. 2468 c.c., ch’è pacifico possa attribuirsi in via statutaria al socio è quello di nominare uno o più amministratori. All’attribuzione di questo diritto, però, non può conseguire la negazione del diritto di controllo, perché il socio, pur potendo nominare componenti dell’organo amministrativo, non diventa così intestatario della funzione gestoria. Quindi, è preferibile sostenere che, in riferimento ai particolari diritti riguardanti l’amministrazione, non vi sia una soluzione univoca, ma questa sia da ricercarsi di volta in volta, valutando il contenuto effettivo degli stessi. In tale senso R. GUIDOTTI, I diritti di controllo del socio

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Allora, anche in questo senso la tutela informativa segue il dato sostanziale della partecipazione effettiva ad atti di gestione: è legittimato passivo del diritto di controllo il soggetto (amministratore; socio-amministratore; socio amministratore di fatto) detentore delle informazioni richieste o che ha partecipato alla formazione di quelle. Viceversa, è legittimato attivo del diritto di controllo – oltre il socio non amministratore – anche il socio amministratore per gli atti gestori ai quali non ha partecipato.

In definitiva, può dirsi che il socio che non partecipa all’amministrazione, individuato dall’art. 2476 c.c. come legittimato attivo del diritto di controllo, può essere meglio identificato come il socio non gerente: inteso quale il socio (amministratore o non) che non abbia partecipato in tutto o in parte a determinati atti di gestione dei quali chiede conto a chi, invece, vi ha partecipato.

Per esigenze di fluidità della trattazione, nel prosieguo si farà riferimento anche semplicemente al “socio” o “quotista” da intendersi, appunto, quale socio di S.r.l. non gerente così come sopra identificato (legittimato attivo del diritto di controllo).

2.3 (Segue) Alcuni casi particolari. Oltre ai legittimati attivi che sono stati appena

individuali, possono elencarsi ulteriori soggetti che hanno il diritto di controllare la gestione sociale pur senza essere formalmente soci.

Un primo caso è quello del rappresentante comune dei comproprietari di una quota. L’art. 2468 c.c., al quinto comma, dispone che «i diritti dei comproprietari devono essere esercitati da un rappresentante comune», nominato secondo le modalità previste dalle norme sulla comunione in generale. Fra quei «diritti» deve includersi il diritto di controllo che, in caso di comproprietà della quota, allora, sarà esercitato dal rappresentante comune nominato.

A tal proposito, si fa presente un recente orientamento giurisprudenziale che, nell’ipotesi di comproprietà della quota, riconosce il diritto di controllo – oltre che al rappresentante comune – anche ai singoli soci comunisti, poiché tale diritto

di s.r.l. cit., p. 195 ss.; M. PERRINO, Il controllo del socio di società di capitali: fra funzione e diritto cit., p. 660.

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è individuale, afferente allo status di socio, necessario per l’esercizio di tutte le prerogative sociali43.

Altre ipotesi singolari riguardano: (i) l’usufruttuario e il creditore pignoratizio di una quota; (ii) il custode di una quota sequestrata.

Quanto al primo caso, in virtù del rinvio che l’art. 2371-bis c.c. fa all’art. 2352 c.c., anche questi possano controllare la gestione sociale, insieme al socio rispettivamente nudo proprietario e debitore44. Infatti, l’art. 2352, ult. co., c.c., prevede che «Salvo che dal titolo o dal provvedimento del giudice risulti diversamente, i diritti amministrativi diversi da quelli previsti nel presente articolo spettano, nel caso di pegno o di usufrutto, sia al socio sia al creditore pignoratizio o all’usufruttuario». Il diritto di controllo in esame pare essere riconducibile ai diritti amministrativi diversi dal diritto di voto, a cui fa riferimento l’ultimo comma dell’art. 2352 c.c.45.

43 Cfr. Trib. Milano, 19 gennaio 2017, in Riv. dott. comm., 2017, II, p. 275: «La disciplina ex art. 2468, ultimo comma, c.c., che prescrive, per il caso di comproprietà di una partecipazione, l'esercizio dei diritti dei comproprietari da parte del loro rappresentante comune, non contrasta con il diritto di controllo ex art. 2476, comma 2, c.c., che configura un diritto prettamente individuale e lo struttura in guisa di per sé incompatibile con una legittimazione esclusiva del rappresentante comune»; Trib. Salerno, 10 gennaio 2018, consultabile sulla banca dati De Jure, secondo cui il diritto di controllo spetta – oltre che al rappresentante comune – anche ai soci comunisti singolarmente, «essendo, quello di controllo, un diritto prettamente individuale, senza l'esercizio del quale il comunista non potrebbe fornire consapevoli indicazioni al rappresentante comune in merito all'esercizio dei diritti conseguenti al potere di controllo, quali, per esempio, il diritto di voto ovvero il diritto di esercitare l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, non sembra che l'esercizio di tale potere ed in particolare, il diritto di consultazione dei libri sociali, debba essere necessariamente mediato dal rappresentante comune»; Trib. Venezia, 20 giugno 2018, in www.ilcaso.it.

44 Cfr. G.M. BUTA, I diritti di controllo del socio di s.r.l. ne Il nuovo diritto delle società cit., p. 599; R. GUIDOTTI, I diritti di controllo del socio nella s.r.l. cit, p. 191 ss.; G. ZANARONE sub art. 2476, 2

co, c.c., Della società a responsabilità limitata cit., p. 1115.

45 Contra C. MONTAGNANI, Informazione e controlli nelle nuove società a responsabilità limitata cit., p. 195 ss., la quale ritiene che il solo rinvio menzionato non sia bastevole a sostenere che il diritto di controllo in esame spetti anche a usufruttuario e creditore pignoratizio. Questo perché l’art. 2352, ult. co., c.c., estende a questi ultimi solo l’esercizio dei diritti amministrativi (oltre al diritto di voto), ma non dei diritti di controllo, categoria propria del diritto di cui all’art. 2476, 2 co., c.c. Ferma restando la qualificazione dei diritti di cui all’art. 2476, 2 co., c.c., nella categoria dei diritti di controllo, va ricordato, però, che, come visto (supra cap. I, § 2), nella disciplina della società azionaria (nella quale si colloca l’art. 2352 c.c.) non esiste un diritto di controllo in senso stretto dell’azionista. Quindi, la circostanza che l’art. 2352 c.c. menziona espressamente i soli diritti amministrativi e non anche i diritti di controllo nulla può suggerire, in realtà, circa l’applicazione dell’art. 2352 c.c. anche ai diritti di cui all’art. 2476, 2 co., c.c.

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Diversa è l’ipotesi del custode di una quota sequestrata. Quest’ultimo, sempre ai sensi dell’art. 2352, ult. co., c.c., esercita in via esclusiva i diritti amministrativi relativi alla quota sequestrata, ivi compreso il diritto di controllo.

Vi sono, poi, ulteriori casi in cui la particolarità non afferisce ai legittimati attivi del diritto di controllo, bensì all’ampiezza del diritto in sé e per sé o ai legittimati passivi.

Ad esempio, singolare è il caso attinente al socio che abbia manifestato la propria volontà di recedere dalla società.

In tal caso, il socio potrebbe ancora avere la necessità di avvalersi del diritto riconosciuto all’art. 2476, 2 co., c.c., soprattutto al fine di soddisfare il proprio diritto patrimoniale legato al rimborso della quota (ai sensi dell’art. 2473 c.c.), e segnatamente ad un’equa determinazione della stessa.

In realtà, l’esercizio del diritto di controllo – come degli altri diritti sociali – è legato alla sussistenza dello status di socio, quindi, è fondamentale stabilire quale momento ne segna la cessazione. Sul punto, però, vi sono posizioni discordi46.

La dottrina che si è occupata del tema in riferimento al diritto di controllo ritiene, in prevalenza, che questo possa esser esercitato dal socio fino all’effettivo rimborso della quota47. Il punto non è pacifico neanche in giurisprudenza48;