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Il ruolo della CRC nella giurisprudenza della Corte di giustizia

La rilevanza della CRC nella giurisprudenza della Corte di giustizia emerge, da un lato, ai fini dell’individuazione dei principi generali, dall’altro,

34 Una sorta di inventario delle diverse aree di competenza dell’Unione interessate dai diritti

dei minori è svolto dalla Commissione nel documento nella comunicazione del 2006 sopra citata.

35 Sarebbe perciò soddisfatto uno dei criteri di competenza previsti dall’art. 3, par. 2, TFUE. 36 È invece aperta all’adesione dell’UE la Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei

minori, al momento in vigore solo per 15 Stati membri dell’Unione.

37 Cfr. la decisione 2010/48/CE del 26 novembre 2009 sulla conclusione da parte della Co-

munità europea della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità. La Convenzione è entrata in vigore il 22 gennaio 2011.

38 Si veda, in questo volume, il contributo di S. De viDo. Cfr. la decisione 2017/865 dell’11

maggio 2017 relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, della Convenzione del Con- siglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale. La Convenzione è stata firmata il 13 giugno 2017. In relazione alla competenza dell’Unione cfr. S. peers, Violence against women: what will be the impact of the EU signing the Istanbul

Convention?, EU Law Analysis, 4 marzo 2016 (http://eulawanalysis.blogspot.com/2016/03/

nell’interpretazione delle fonti (in particolare, la Carta e gli atti derivati) che, in base alle tecniche sopra riferite, tutelano i diritti del minore o comunque incidono rispetto ad essi, spesso ricalcando – talora con richiami espliciti – i principi enunciati dalla Convenzione.

Per il primo profilo, è noto che la Corte di giustizia ha elaborato una tu- tela dei diritti fondamentali, ben prima che questi venissero enunciati nella Carta, qualificandoli come fonte non scritta dell’ordinamento comunitario (poi dell’Unione) in quanto principi generali. È altrettanto noto che nella costruzione di tali principi la Corte esercita un significativo potere discrezio- nale pur richiamandosi, da un lato, alla Convenzione europea dei diritti uma- ni e, dall’altro, alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri. Tale metodo è ora codificato dall’art. 6, par. 3, TUE che – con una formulazione, invero, non perfettamente coincidente con l’approccio seguito dalla Corte39

– precisa, tra l’altro, che i diritti garantiti dalla CEDU “fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali”.

Benché la costruzione dei principi generali sia prevalentemente ispirata alla CEDU, non mancano nella giurisprudenza della Corte di giustizia dei ri- chiami ad altre convenzioni di tutela dei diritti umani, quale appunto la CRC. Una sentenza del 2006, emessa in base al ricorso con cui il Parlamento euro- peo contestava la legittimità della direttiva 2003/86/CE relativa al diritto al ricongiungimento familiare,40 esprime con chiarezza l’orientamento accolto

dalla Corte; ivi si afferma che “il patto internazionale sui diritti civili e po- litici si annovera tra gli strumenti internazionali relativi alla tutela dei diritti dell’uomo di cui la Corte tiene conto per l’applicazione dei principi generali del diritto comunitario” e si aggiunge che “ciò vale parimenti per la menzio- nata Convenzione relativa ai diritti del fanciullo che, al pari del patto citato

supra, è vincolante nei confronti di ogni singolo Stato membro” (par. 37).

Tale schema interpretativo chiarisce, quindi, come la CRC sia parte dei para- metri alla luce dei quali la Corte individua il contenuto dei principi generali di cui essa, secondo una consolidata giurisprudenza, garantisce l’osservanza. Fondandosi sulla CRC, la Corte ha dichiarato, nella stessa pronuncia, che tale Convenzione “riconosce parimenti il principio del rispetto della vita familia- re” e che la direttiva “è fondata sul riconoscimento, espresso nel suo sesto

39 Mi permetto di rinviare in proposito a “La Corte di giustizia dinanzi ai principi genera-

li codificati”, in La codificazione nell’ordinamento internazionale e dell’Unione europea, a cura di A. Annoni, S. Forlati, F. Salerno, Napoli, 2019, p. 558 ss.

‘considerando’, che il minore deve poter crescere, ai fini di un armonioso sviluppo della propria personalità, nell’ambiente familiare”.

Un ruolo di particolare rilevanza è stato svolto dalla CRC in una sentenza del 2008,41 resa in risposta ad una domanda in via pregiudiziale concernente

i limiti alla libertà di circolazione delle merci nelle vendite online; il giudice nazionale doveva valutare la compatibilità con il diritto comunitario di una normativa nazionale che vietava la vendita per corrispondenza di supporti video non sottoposti al controllo e alla classificazione ai fini della tutela dei minori. Si afferma anzitutto nella pronuncia che “la tutela dei diritti del mi- nore è sancita da svariati atti internazionali ai quali gli Stati membri hanno cooperato o aderito”, tra i quali, oltre al Patto internazionale sui diritti civili e politici, si menziona la CRC; la Corte di giustizia ribadisce che “tali atti internazionali si annoverano tra quelli relativi alla tutela dei diritti umani di cui essa tiene conto per l’applicazione dei principi generali del diritto co- munitario”. Nel caso di specie, la Corte si fonda espressamente sull’art. 17 della Convenzione, in base al quale gli Stati riconoscono “l’importanza della funzione svolta dai media, e vigilano affinché i minori possano accedere ad informazioni e materiali provenienti da fonti nazionali ed internazionali di- verse, in particolare quelle dirette a promuovere il loro benessere sociale, spi- rituale e morale, nonché la loro salute fisica e psichica”. La costruzione della norma convenzionale assume quindi nel contesto della pronuncia un’impor- tanza determinante perché, in virtù della tutela dei minori, si dichiara che può essere consentita, se ricorrono le condizioni richieste dalla Corte,42 una

limitazione alla libertà fondamentale di circolazione delle merci: la tutela del minore rappresenta, infatti, “un interesse legittimo che giustifica, in linea di principio, una limitazione ad una libertà fondamentale garantita dal Trattato CE, quale la libera circolazione delle merci” (par. 42).

Ai fini della formazione dei principi generali rilevano altresì le conclusio- ni di avvocati generali nelle quali la Convenzione è stata spesso richiamata;43

41 Sentenza 4 febbraio 2008, Dynamic Medien Vertriebs c. Avides Media, causa C-244/06. 42 Le limitazioni possono essere giustificate solo se sono idonee a garantire la realizzazione

dell’obiettivo perseguito e se non eccedono quanto necessario per conseguirlo.

43 Cfr., tra le altre, le conclusioni dell’avvocato generale Kokott dell’8 settembre 2005, nella

causa C-540/03, nelle quali la CRC è ampiamente menzionata riguardo sia al ricongiungi- mento familiare (ricordando come l’art. 9 della Convenzione stabilisca che il fanciullo non possa essere separato dai suoi genitori contro la sua volontà) sia per il principio dei best inte-

rests. Nelle conclusioni del 12 aprile 2018 rese nella causa C-550/16 il principio dell’interesse

si può perciò ritenere che la CRC sia stata talora presa in considerazione dalla Corte anche quando la sentenza non presenta una traccia esplicita dell’impat- to che essa potrebbe avere avuto nel contribuire a determinare la soluzione accolta.44

Un’analoga osservazione può svolgersi riguardo all’attività interpretativa posta in essere dai comitati sui diritti umani e, in particolare, dal comitato previsto dalla CRC;45 benché gli orientamenti da essi manifestati non risul-

tino espressamente dalle sentenze della Corte, a questi è talora rivolta atten- zione nelle conclusioni; così, in particolare, l’avvocato generale Bot richia- Stato terzo o un apolide “che aveva un’età inferiore ai diciotto anni al momento del suo ingresso nel territorio di uno Stato membro e della presentazione della sua domanda di asilo in tale Stato, ma che, nel corso della procedura di asilo, raggiunge la maggiore età e ottiene in seguito il riconoscimento dello status di rifugiato”. Nelle conclusioni del 27 giugno 2018 nella causa C-380/17, KB, l’avvocato generale Mengozzi ricorda come, secondo la giurisprudenza della Corte, “la Convenzione internazionale relativa ai diritti del fanciullo vincola, al pari degli altri strumenti internazionali citati, tutti gli Stati membri”. Nelle conclu- sioni del 12 aprile 2018 causa C-335/17, Valcheva, l’avvocato generale Szpunar, nel chiarire se il diritto di visita concerna anche i nonni in base al regolamento 2201/2003, cita la Con- venzione ricordando che essa “si annovera tra gli strumenti internazionali relativi alla tutela dei diritti dell’uomo di cui la Corte tiene conto per l’applicazione dei principi generali del diritto dell’Unione”.

44 Talora la Corte può seguire un diverso approccio, che porta a non considerare neppure

in modo implicito la Convenzione; così, ad esempio, mentre nelle conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nel caso Eind (causa C-291/05) la CRC è richiamata in relazione al ri- congiungimento quale espressione del rispetto della vita familiare, la Corte, invece, affronta la questione nella prospettiva della libertà di circolazione delle persone fondando il diritto al ricongiungimento sulla realizzazione del mercato comune piuttosto che su un dritto fonda- mentale. Analogamente nel caso Grunkin Paul, causa 535/06, sentenza 14 ottobre 2008. Nella sentenza 8 novembre 2012, causa C-40/11, Iida, la Corte ritiene che la situazione non sia tale da configurarsi come attuazione del diritto dell’Unione, non giustificando perciò l’applicazio- ne della Carta; l’avvocato generale Trstenjak, invece, aveva ritenuto che l’art. 24 della Carta potesse giustificare un’interpretazione ampia degli articoli 20 e 21 TFUE così da consentire al genitore cittadino di Stato terzo di risiedere nello Stato membro di residenza del figlio minore per poter intrattenere con esso relazioni regolari e stabili (conclusioni del 15 maggio 2012). Si veda anche la sentenza M.A., causa C-661/17, del 23 gennaio 2019, sulla quale cfr. m. Ferri,

“Il rapporto tra clausola di sovranitò e diritti fondamentali”, in Osservatorio sulle fonti, 2019, n. 1.

45 Il Comitato sui diritti dell’infanzia svolge non solo una funzione di revisione dei rapporti

che gli Stati devono periodicamente sottoporre, ma anche per i pareri interpretativi resi su particolari aspetti della Convenzione, quali il parere sui minori disabili, sul diritto all’ascolto, sui minori nel mondo digitale; https://www.ohchr.org/EN/HRBodies/CRC/Pages/CRCIndex. aspx. Un ruolo più significativo è conferito al comitato dal terzo protocollo facoltativo alla Convenzione (Optional Protocol on a communications procedure, su cui si vedano, in questo volume, i contributi di F. poCar ed E. D’alessanDro).

ma, nelle sue conclusioni del 16 aprile 2015 nella causa C-184/14, quanto affermato dal Comitato sui diritti dell’infanzia istituito presso l’alto Com- missariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) ritenuto “parti- colarmente pertinente” ai fini di chiarire che l’interesse superiore del minore “è un criterio, un obiettivo, una linea di condotta, una nozione-guida, che deve ispirare, improntare e permeare tutte le norme, le politiche e le decisioni interne, nonché gli stanziamenti di bilancio relativi ai minori”. La Corte nella sentenza non richiama direttamente la CRC, ma si fonda sulla corrispondente disposizione della Carta dandone un’interpretazione estesa anche all’indivi- duazione dei criteri relativi alla competenza giurisdizionale: in base a tale criterio, la Corte afferma “la necessità di tenere conto, nell’interpretazione delle regole di competenza previste all’articolo 3, lettere c) e d), del rego- lamento n. 4/2009, dell’interesse superiore del minore” e aggiunge che ciò vale a maggior ragione ove si consideri che l’attuazione del regolamento n. 4/2009 deve avvenire conformemente all’articolo 24, paragrafo 2, della Car- ta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, secondo cui, in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente.

Nella giurisprudenza più recente, i richiami ai principi generali risultano spesso “assorbiti” da quelli alla Carta dei diritti fondamentali ovvero sono riferiti in modo simultaneo alle due fonti, mantenendo comunque un atteggiamento di continuità con gli orientamenti in precedenza accolti.46

Nella protezione dei diritti dei minori il parametro di riferimento è quindi ormai generalmente fornito dall’art. 24 della Carta, che è utilizzato nell’interpretazione di vari atti normativi. Così, ad esempio, nella sentenza

Aguirre Zarraga47 la Corte dichiara che il regolamento 2201/2003 “non può

essere contrario alla Carta” e perciò occorre interpretarne le disposizioni (nella specie l’art. 42 sul diritto del minore ad essere ascoltato) “alla luce dell’articolo 24”. Nella sentenza McB si precisa che le disposizioni del medesimo regolamento non possono essere interpretate in modo tale da portare ad una violazione del diritto fondamentale del minore di intrattenere

46 Cfr. in argomento N. laZZerini, La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea,

Milano, 2018, p. 56 ss. Rinvio anche a quanto ho osservato in “La Corte di giustizia dinanzi ai principi generali codificati”, cit., p. 569 ss. e in “Qualche riflessione sulla rilevanza nell’U- nione europea dei trattati sui diritti umani diversi dalla CEDU”, in Temi e questioni di diritto

dell’Unione europea. Scritti offerti a Claudia Morviducci, Bari, 2019, p. 153 ss. 47 Sentenza 22 dicembre 2010, causa C-491/10 PPU.

regolarmente relazioni personali e contatti diretti con entrambi i genitori, diritto che coincide con il principio dell’interesse superiore del minore; la Corte ne deduce che occorre perciò verificare se l’articolo 24 della Carta osti ad un’interpretazione del regolamento n. 2201/2003 per il quale l’illiceità del trasferimento di un minore “dipenda esclusivamente dall’esistenza di un diritto di affidamento, conferito dal diritto nazionale applicabile, in violazione del quale tale trasferimento ha avuto luogo”.48 Lo stesso principio

porta la Corte ad affermare l’esigenza, nel caso Maahanmuuttovirasto,49 che

il requisito di risorse stabili e sufficienti previsto ai fini del ricongiungimento sia inteso alla luce dell’interesse del minore e, quindi, interpretato in modo favorevole a garantire la vita familiare.50

Anche il principio dei best interests of the child, che influenza una varietà di decisioni, è ormai richiamato come espresso dalla Carta, e bilanciato con le altre disposizioni che possono concernere il minore; così nella sentenza

Rendón Marín51 si afferma che la direttiva 2004/38 sul diritto di circolazione

e soggiorno dei cittadini dell’Unione deve essere intesa “in combinato disposto con l’obbligo di prendere in considerazione l’interesse superiore del minore, riconosciuto dall’art. 24, paragrafo 2, della Carta”.52

Se, quindi, la CRC esplica ormai la sua incidenza indirettamente, per il tramite dell’art. 24 della Carta, si riscontrano tuttavia anche alcuni richiami espressi alla Convenzione, al fine soprattutto di evidenziare come essa sia la fonte sulla quale tale articolo è fondato.

48 Sentenza 5 ottobre 2010, causa C-400/10 PPU.

49 Sentenza 6 dicembre 2012, cause riunite C-356/11 e 357/11.

50 Nell’esaminare le domande di ricongiungimento sulla base della direttiva 2003/86, la

Corte dichiara che “le disposizioni di detta direttiva devono essere interpretate e applicate alla luce degli articoli 7 e 24, paragrafi 2 e 3, della Carta, come risulta del resto dal tenore letterale del considerando 2 e dall’articolo 5, paragrafo 5, di tale direttiva, i quali impongono agli Stati membri di esaminare le domande di ricongiungimento in questione nell’interesse dei minori di cui trattasi e nell’ottica di favorire la vita familiare”.

51 Sentenza 13 settembre 2016, causa C-165/14.

52 V. anche la già ricordata sentenza McB: “Occorre ricordare altresì che l’art. 7 della Carta,

citato dal giudice del rinvio nella sua questione, deve essere letto in correlazione con l’ob- bligo di tener conto del superiore interesse del minore, sancito all’art. 24, n. 2, della Carta medesima, e segnatamente del diritto fondamentale del bambino di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con entrambi i genitori, quale enunciato all’art. 24, n. 3”. Cfr. anche la sentenza 23 dicembre 2009, causa C-403/09 PPU, Detiček nella quale la Corte si fonda sull’art. 24 della Carta per affermare che “è possibile derogare al diritto fondamentale del bambino di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genito- ri qualora tale interesse superiore si riveli contrario a un altro interesse del minore” (par. 58).

In questa prospettiva diventa particolarmente rilevante, nella giurispru- denza, il raffronto tra il contenuto della Carta e quello della Convenzione.

Così, ad esempio, nella già ricordata sentenza 6 giugno 2013 nella causa C-648/11, MA, la Corte evidenzia che l’art. 24 della Carta, “come emerge dalle spiegazioni relative a tale disposizione, si fonda sulla Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata da tutti gli Stati membri”, e ricorda come questa richiede che “in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminen- te”. Muovendo da tale presupposto, la Corte dichiara che il principio dell’in- teresse preminente del minore deve essere considerato nell’applicazione di tutte le disposizioni del regolamento n. 343/2003 relativa ai criteri e ai meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo, anche quando tale principio non sia esplicitamente menzionato.53

Un puntuale raffronto è stato effettuato nelle conclusioni presenta- te dall’avvocato generale Cruz Villalón il 20 ottobre 2011,54 nella causa

C-507/10, esaminando una domanda in via pregiudiziale relativa alla deci- sione-quadro 2001/220/GAI sulla posizione della vittima nel procedimento penale. Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze chiedeva se la decisione-quadro attribuisse alla vittima minorenne il diritto di ricorrere contro la decisione motivata con la quale il pubblico ministero ave- va rigettato la sua domanda volta ad ottenere l’esecuzione dell’incidente pro- batorio. L’avvocato generale svolge un confronto tra l’art. 24 della Carta e la CRC, dopo aver premesso che “il testo della norma si ispira, secondo quanto specificato dalle Spiegazioni relative alle disposizioni della Carta, all’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, ratificata da tutti gli

53 “Benché l’interesse del minore sia menzionato esplicitamente solo al primo comma

dell’articolo 6 del regolamento n. 343/2003, l’articolo 24, paragrafo 2, della Carta, letto in combinato disposto con l’articolo 51, paragrafo 1, di quest’ultima, produce l’effetto che, in tutte le decisioni che adottano gli Stati membri sul fondamento del secondo comma del citato articolo 6, l’interesse superiore del minore deve parimenti essere considerato preminente” (par. 59). Da tale principio la Corte trae la conseguenza che, al fine di evitare il trasferimento di un minore non accompagnato, deve essere privilegiato, come Stato membro competente ad esaminare una domanda di protezione internazionale, quello in cui il minore non accompa- gnato si trova dopo avervi presentato la domanda, quello in cui il minore si trova.

54 Conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón del 20 ottobre 2011, nella causa

Stati membri, il cui enunciato è praticamente uguale a quello della norma dell’Unione che sancisce detto diritto”. L’avvocato generale rileva poi che la principale differenza “compare al n. 2 dell’art. 12 della Convenzione, che aggiunge, dopo aver sancito il diritto del fanciullo ad esprimere la propria opinione e ad essere sentito, che “si darà in particolare al fanciullo la possibi- lità di essere ascoltato in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo concerne, sia direttamente, sia tramite un rappresentante o un organo appro- priato, in maniera compatibile con le regole di procedura della legislazione nazionale”. Valorizzando la CRC, l’avvocato generale ritiene che l’art. 24, n. 1, della Carta debba essere inteso nel senso di imporre che l’opinione del bambino sia tenuta in considerazione in conformità alle sue particolari cir- costanze, anche nello svolgimento del processo; infatti dalla “interpretazione alla luce della Convenzione di New York si deduce che gli Stati membri hanno l’obbligo di tener conto delle necessità delle vittime minorenni quando esse siano chiamate a comparire dinanzi a un giudice”. Tuttavia, “né la Carta né la Convenzione impongono agli Stati membri modalità precise di inter- vento”, lasciando perciò discrezionalità agli Stati membri. La Corte accoglie l’interpretazione suggerita dall’avvocato generale55 senza che, tuttavia, sia

menzionata la Convenzione ai fini di giustificare l’orientamento seguito. In tale contesto, la Convenzione può altresì contribuire a definire dei li- miti all’interno degli spazi discrezionali che il diritto dell’Unione lascia agli Stati membri nell’applicazione di atti normativi, in particolare di direttive. Ciò si può evidenziare con chiarezza riguardo al diritto del minore di essere ascoltato nei procedimenti che lo concernono; benché la Corte abbia rico- nosciuto che tale principio deve essere rispettato in qualsiasi procedimento

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