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La scelta dell’emigrazione

ecuadoriana a Genova: l’integrazione sociale sul territorio, la scelta dell’emigrazione, la condizione sociale ed il

6.5.1 La scelta dell’emigrazione

Secondo le stime di Paolo Arvati 196, nel 2005 a Genova le seconde generazioni d’immigrazione sono presenti nel territorio in un numero pari a 6.127 persone197: circa un terzo dei ragazzi presenti sul territorio fa parte di agenzie educative e questo rappresenta un segnale positivo ed importante per notificare se a Genova esiste la presenza di strutture che possano agevolare l’inserimento nella società italiana di un minore straniero.

L’Ecuador a Genova rappresenta la nazionalità più presente nel territorio con una percentuale del 32% di presenze rispetto ad altri popoli. Seguono Albania (12%), Marocco (9%), Perù (6%) .

La scelta dell’immigrazione per un ragazzo ecuadoriano, ma anche di altre nazionalità, a volte può essere frutto di un progetto di vita e di prospettive per il futuro, un motivo di riscatto per la propria esistenza in termini d’investimento in preparazione scolastica e d’ingresso in una società più moderna e tecnologicizzata: altre volte i ragazzi vivono l’esperienza migratoria come una costrizione di uno o entrambe i genitori, un momento di disgregazione familiare, e i comportamenti ostili accentuati dalle situazioni di disagio che si creano nella società d’arrivo portano problemi d’inserimento al minore, così come possono essere problematiche le situazioni in cui il ragazzo, benché nato nel territorio italiano, possa essere oggetto di discriminazione o di sottovalutazione a priori per via dei tratti somatici, del colore, della pelle, della doppia appartenenza culturale non solo alla società italiana, ma anche a quella d’origine.

6.5.2 La condizione sociale ed il possibile disagio dei ragazzi arrivati dall’Ecuador, il loro inserimento nell’ambito scolastico.198

Osservando il fenomeno della migrazione ecuadoriana a Genova, è possibile individuare diverse situazioni che sfociano in momenti di disagio familiare o di conflitto per un giovane figlio d’immigrati: queste stesse circostanze di stabilità precaria possono compromettere il rendimento scolastico del ragazzo o l’

inserimento nella società .

196 P. Arvati “Stranieri a Genova” inchiesta statistica Aprile 2005.

197 Considerando maschi e femmine in una fascia d’età tra gli zero e i diciannove anni.

198 L. Q. Palmas, op. cit.

Questo tipo di condizione si rileva in particolar modo in minori non nati precisamente sul territorio della società d’arrivo ma arrivati dopo, durante l’infanzia o l’inizio dell’adolescenza.

Le situazioni a rischio hanno origine nella temporaneità del lavoro dei genitori, circostanza particolarmente diffusa nel gruppo ecuadoriano: bassa qualificazione, lavoro nero, sfruttamenti all’interno dello stesso gruppo migrante, presenza di un mercato estremamente poco redditizio e non favorevole all’integrazione in società, i tempi di lavoro estesi durante il giorno, e durante la notte nel caso di donne badanti, comprimono il tempo disponibile per esprimere la funzione genitoriale. L’educazione e la stabilità affettiva dei ragazzi ne risentono in termini negativi: essi si sentono abbandonati e soli, la poca comunicazione in famiglia non interviene da stimolo per la pianificazione di progetti di vita. Avviene così la responsabilizzazione precoce del giovane e la perdita di potere controllo da parte dei genitori, nonché il rifiuto di riconoscimento delle persone adulte come punti di riferimento e un accentuato scarso rendimento nell’attività scolastica.

I ragazzi ecuadoriani inoltre si trovano a dover affrontare l’impatto con la scuola, dove non sempre sono forniti gli strumenti giusti per l’integrazione, ma si tende ad etnicizzare i gruppi, isolandoli dal resto della classe per la differenza di rendimento, per la vivacità dei comportamenti.

Accade spesso che le strutture scolastiche o parascolastiche non abbiano l’appoggio in termini di personale docente per favorire l’avvicinamento dei ragazzi non italiani alla scuola: la condizione di diversità culturale tra un giovane italiano ed un giovane sudamericano è normale, ma questo non deve essere elemento d’allontanamento tra due individui.

Da ricerche effettuate sul territorio199, si nota come, durante l’orario scolastico, i ragazzi di cittadinanza non italiana di origine ecuadoriana, ma non solo, tendano ad isolarsi tra loro, distraendosi dalla lezione in corso con elementi di gioco, e facendo in modo che il loro disagio, che ha origine in diversi stati di tensione provocati tra le altre cose da fattori di tensione come la mancanza di punti riferimento domestici e da diverse abitudini di vita ormai consolidate, può emergere rumorosamente nell’ambito di una classe, facendo in modo che questo crei un focus d’attenzione su di loro e sulle loro problematiche. L’isolamento

199 Cfr. L. QUEirolo Palmas “Prove di seconde generazioni”, ed. Franco Angeli , Milano, cap. 4 .

stesso dei ragazzi e la loro propensione a frequentare solo connazionali esibisce il desiderio di ricreare una sorta di “colonia all’estero”200: questo è una maniera molto efficace per darsi l’illusione di ricostruire in altra sede un gruppo sociale, una sorta di “socialità etnica” 201 efficace per gestire il desiderio del ritorno a casa, o per dare una giustificazione all’isolamento tra connazionali.202

“I genitori fanno quello che possono perché lavorare è difficile oppure quando lavorano, lavorano troppo. Una persona di 17 anni, in un paese sconosciuto, con un’altra lingua.. ti trovi con il problema che non sai cosa fare. I giovani si vedono per gruppi della stessa nazionalità (ragazza di 20 anni, Ecuador, studentessa universitaria da 4 anni in Italia) “.203

“Prima nell’altra scuola stavo di più con gli italiani. Adesso non più. Sto con i latini perché mi conoscono meglio. Con gli italiani non riesco a farmi capire(W./M, 15 anni , Ecuador, da 4 anni in Italia) ”.204

“Io credo che la gente si stia chiudendo. Formano il proprio circolo e si chiudono. Vogliono arrivare e dicono “io sono così e mi accetti così”. Io non credo che sia così, bisogna essere aperti a capire e conoscere una nuova cultura.. se arrivi e dici che hai il sangue latino e che sei così.. non è il modo di farsi conoscere (S/F, Ecuador , 20 anni, studentessa universitaria da 4 anni in Italia.) ”.

Queste testimonianze di vita reale da parte di ragazzi ed adolescenti dell’

Ecuador, esemplificano la situazione attuale a Genova, le mancanze che la città possiede in relazione agli ambienti multiculturali che ospita, e che non riguardano solo la popolazione ecuadoriana, anche se è il gruppo maggiormente presente sul territorio.

Le cifre statistiche inoltre, denotano un contrasto nella società genovese in termini di confronto con i ragazzi ecuadoriani: essi non si sentono particolarmente inseriti nel contesto urbano, sociale e scolastico, ma allo stesso

200 Ibidem.

201 Ibidem.

202 Ibidem.

203 Ibidem.

204 Ibidem.

tempo sono una rappresentanza molto forte della loro popolazione nel territorio ligure.

Studi effettuati da centri di studio nella zona di Genova205 rilevano una presenza di ecuadoriani imponente nel sistema scolastico di ogni ordine e grado della città, e questi dovrebbero essere tra i gruppi maggiormente integrati nell’ambito del capoluogo, anche se a situazione subisce molti contrasti, anche per effetto di iniziative di auto- esclusione messe in atto dagli stesi ragazzi ecuadoriani rispetto alla società in cui vivono.

Per quanto riguarda la frequenza delle strutture scolastiche, le statistiche sostengono la presenza preponderante della popolazione ecuadoriana in ogni ordine e grado scolastico persino nei corsi di formazione professionale.

Nella scuola dell’infanzia la presenza di bambini di origine ecuadoriana è di circa 603 bambini, con un incidenza sulla popolazione totale straniera immigrata del 46%.

Nella scuola primaria invece notiamo come l’Ecuador si configura ancora al primo posto con 1.206 presenze per un’incidenza totale sugli alunni immigrati del 45.6%.

La scuola secondaria di primo grado comporta un registro di iscrizioni di ragazzi ecuadoriani di circa 900 alunni , e duna conseguente ripercussione percentuale sulla popolazione immigrata di circa il 48.6% .

Tra gli studenti iscritti alla scuola superiore di secondo grado è necessario compiere una differenziazione tra la frequenza dei licei e degli istituti tecnici:

sebbene non sia da fare distinzione tra i ragazzi ecuadoriani che perseguono un percorso scolastico piuttosto che l’altro (il numero totale di ecuadoriani che frequentano gli istituti scolastici di secondo grado a Genova infatti è di 747 unità, con un’incidenza del 44% sul totale dei ragazzi immigrati), è significativo il fatto che la formazione di tipo professionale sia un percorso prediletto da una grande maggioranza di ragazzi provenienti dall’Ecuador e non solo in questo caso, ma si presenta come una caratteristica generale degli alunni immigrati che, per una serie di problematiche legate sia alle lacune nelle competenze linguistiche, sia ad una necessità maggiore di inserirsi nel mondo del lavoro,

205 Il Centro Medì , è uno fra questi, ed il “Terzo rapporto sull’immigrazione a Genova” (op. cit.) è uno degli studi recentemente compilati sul territorio.

prendono in considerazione il fatto di frequentare corsi che propongano una formazione più consona all’inserimento nel mondo del lavoro.

Le strutture volte all’introduzione dei ragazzi alla vita sociale dei loro coetanei in città sono poco presenti e, secondo anche l’opinione del personale docente delle scuole, osservatori privilegiati delle seconde generazioni d’immigrazione, si creano comportamenti di tipo deviante o problematico in generale, che sfociano in gravidanze precoci delle ragazze, alimentazione scorretta, comportamenti ribelli fino all’eccesso o addirittura violenti o di rifiuto di comunicazione con altre persone.

Gli adolescenti immigrati inoltre, come del resto molti loro coetanei italiani, vivono situazioni in casa di tensione, di cui a volte sono vittime o si sentono colpevoli e fautori, come ad esempio nei casi di comportamenti violenti del capofamiglia, che si realizzano con maltrattamenti nei confronti della madre o verso loro stessi, di nostalgia del luogo di provenienza e percezione della società italiana come piena di restrizioni e divieti che agli occhi della maggior parte di adolescenti incomprensibili regole :

“Qui è tutto diverso, se vuoi fare sport devi pagare o aspettare. Tutto è organizzato. Non è come in Ecuador, dove in qualsiasi parco tu vai puoi stare tranquillo e senza problemi. Li si può ascoltare musica, bere birra.

Questo qui dà fastidio e la gente chiama subito la polizia” (P./M, Ecuador, 23 anni).206

Questa visione negativa della società italiana si scontra però nel giovane con il fatto che un titolo di studio guadagnato in Italia rappresenta un’ancora di salvezza: esso può essere un elemento decisivo per il riscatto di un ragazzo, poiché le qualifiche scolastiche ecuadoriane non sono ritenute valide in Italia, e molte persone si sono trovate a dover compiere lavori le cui mansioni dequalificavano completamente le capacità acquisite grazie alle mansione svolte prima in Ecuador.

206 L. Queirolo Palmas, op. cit.

La scuola quindi è vista anche in termini d’importante opportunità, ed i ragazzi stessi comprendono, in particolare quelli più grandi, l’importanza di svolgere un percorso scolastico quanto più regolare, per avere la possibilità di riscattare se stessi e la propria famiglia, in termini di miglior tenore di vita non solo economico, ma anche sociale.

Per facilitare il percorso d’inserimento dei ragazzi ecuadoriani la scuola deve collaborare con processi di comunicazione e di dialogo con i minori: la mancanza d’ascolto delle problematiche tipiche dell’adolescenza, accentuate dalla condizione d’immigrato o di diversità culturale che inevitabilmente la società fa percepire alle seconde generazioni d’immigrazione, crea problematiche forti ma risolvibili in un clima di maggior tolleranza, di relazioni di fiducia e di stima reciproca tra alunni e professori, elementi importanti per chi viene “accolto” in una nuova società, dove mancano i punti di riferimento abituali, e la cultura scolastica con la quale si cresce nel Paese di origine, non rappresenta più un elemento di aiuto nel momento in cui un giovane immigrato tenta di proporsi nella scuola italiana, ma a volte il bagaglio personale di una diversità culturale di formazione della propria persona può risultare un ostacolo nell’ambito sociale.

Il raggiungimento del titolo di studio inoltre è una delle argomentazioni principali che emergono nel momento in cui il giovane pensa o no di tornare al Paese d’origine.

Tutti soffrono la separazione dalla terra di nascita, le relazioni e le amicizie interrotte, e l’abbandono delle proprie abitudini: realisticamente però percepiscono la loro permanenza in Italia, accompagnata da un titolo di studio italiano, come una possibilità molto grande, offerta in gran parte dai genitori (o anche solo dal padre o dalla madre), di potersi costruire un futuro solido in un altro Paese.

L’osservazione dei giovani immigrati nel contesto genovese da parte di diversi studiosi207 ha permesso di cogliere i diversi punti di vista dei giovani di seconda generazione, osservando che esistono delle vere e proprie polarità di punti di vista degli stessi giovani, ovvero prese di coscienza della loro integrazione limitata nei confronti della società italiana, ma allo stesso tempo una

207 L. Queirolo Palmas è uno degli studiosi maggiormente dediti alla ricerca su questi temi riguardanti l’Ecuador e la sua popolazione.

rappresentazione delle “pratiche” sociali abituali che riflette uno stato di isolamento a tratti volontario nella gestione dei propri spazi urbani, del tempo libero, della scuola.

Tra i giovani, infatti, è frequente sentir parlare di razzismo, esclusione, forme di discriminazione effettuate nei loro confronti nella città, soprattutto per quanto riguarda il giudizio delle persone anziane e degli abitanti di quartieri ad alta concentrazione d’immigrati (Sampierdarena e Cornigliano ad esempio); allo stesso tempo gli stessi giovani ammettono di essere i fautori di una sorta di razzismo al contrario, ovvero di una forma di auto-esclusione ed isolamento nei confronti della società, da cui si sentono poco presi in considerazione.

L’adeguamento alla società d’arrivo è in continuo conflitto con il principio di non tradimento delle proprie origini: i ragazzi vivono come un affronto alle proprie radici la ricerca di un’integrazione forte con la realtà italiana o genovese, e non è possibile per loro tenere in considerazione il fatto che integrarsi non vuol dire “annullare il proprio passato”, ma arricchire il presente e poter porre basi per il proprio futuro.

I rischi educativi per questi ragazzi sono presenti nel momento in cui manca la vigilanza dei genitori o addirittura la presenza simultanea nella stessa abitazione di più di un nucleo familiare rende troppo oppressiva la sorveglianza fisica e educativa nei confronti del giovane adolescente, il quale si sente in una situazione di disagio, così come all’esterno del nucleo familiare la presenza di una “socialità etnicizzata”208 tende a non favorire forme di ibridazione e di metissàge che potrebbero provvedere a maggiore inclusione del ragazzo immigrato nell’ambito sociale.

La scuola è vista dai ragazzi immigrati come un luogo di incontro e di opportunità per il futuro, ma allo stesso tempo come un obbligo al quale non è possibile sottrarsi e un luogo in cui non sempre si vive serenamente la situazione di “alunno arrivato da poco”, per via della poca preparazione di alunni ed insegnanti all’accoglienza, ma spesso anche perché alcuni genitori di alunni immigrati non sono presenti nella giusta misura nella vita scolastica dei propri figli, per motivazioni di lavoro, che rendono difficile la cura di questo aspetto

208 Cfr. L. Queirolo Palmas, op. cit.

della crescita dei figli, senza tralasciare il fatto che esistono differenze molto rilevanti nella visione del sistema scolastico nei vari Paesi del mondo da cui arrivano gli immigrati, e che non sempre i genitori arrivano a comprendere ed accettare completamente la diversità del sistema educativo nella società di arrivo, limitandone così anche involontariamente la partecipazione a discapito dei figli. In Italia i genitori possono avere molta libertà di parola in ambito scolastico, e gli insegnanti incitano questo atteggiamento visto che è un modo per coinvolgere il genitore nel percorso scolastico del figlio: allo stesso tempo però per alcuni gruppi la figura del maestro è incontestabile, e possiede un’autorità accompagnata dal timore, il quale, secondo alcuni genitori intervistati, sembra essere l’unica maniera per apprendere .209

Infine, il cosiddetto “mito del ritorno” è un elemento di carattere fluttuante che arriva a far parte della visione della società di arrivo di un giovane immigrato:

da una parte il desiderio forte è quello di tornare alle abitudini di sempre, come già è stato detto, dall’altro lato, l’idea di sentirsi “straniero nella propria terra”, e non più appartenente a certi meccanismi sociali d’origine latino-americana, porta il giovane a non voler più tornare in Ecuador, ma a stabilirsi in Italia, o tentare la fortuna altrove, cercando di mantenere però lo stesso tenore di vita acquisito e la possibilità di rimanere nell’ambito del territorio europeo o in alcuni casi, statunitense.

209 Nel libro di Q. Palmas (cfr. op. cit. pag. 88), vi è infatti la testimonianza di una donna marocchina la quale, parlando del sistema scolastico in Marocco, sosteneva la diversità fra il sistema scolastico in cui lei è cresciuta, ed il sistema educativo italiano, positivo per certi aspetti ma negativo in quanto il rapporto alunno/maestro è troppo familiare, mancante di quella paura che, a suo dire, facilita l’apprendimento delle materie.

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