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3 «Difesa della poesia»

9. Scuola, ragazzi e poesia

Nell’attività giornalistica del poeta c’è anche uno spazio per rivendica- re alcune prese di posizione in merito a quello che fu il mestiere di una vita intera, ovvero il maestro elementare.318 Gli articoli non sono mol-

ti,319 ma tornano con una certa costanza su alcuni temi cari all’autore,

317 Noi quasi quarantenni, «Mondo operaio», 26 febbraio 1949, ivi, pp. 353-5. 318 Cfr. MARCELLA BACIGALUPI, PIERO FOSSATI, Giorgio Caproni maestro, introduzio-

ne di L. Surdich, Genova, Il melangolo, 2010.

319 Si possono annoverare in questa piccola sezione gli articoli: La «Carta della

scuola», «Augustea», XIV, 8, 28 febbraio 1939; La poesia e i ragazzi, «Mondo

operaio», 14 maggio 1949; La scuola primaria, «Il Caffé», III, 7-8 agosto 1955; e

come il pregiudizio intellettuale nutrito spesso in maniera gratuita ver- so quelli che lui definisce onesti artigiani della cultura, aggiornati sui temi generali e sulle nuove tecniche pedagogiche a discapito della scar- sa attenzione e degli scarsi mezzi di cui dispongono. La cultura della più umile classe intellettuale viene poi sistematicamente contrapposta alla falange dei “dottori” che secondo l’autore intasano le alte sfere della burocrazia italiana:

Il giudizio, o pregiudizio, che egli, il maestro elementare, sia sempre un igno- rante (un reietto o un fallito) ha trovato troppe eccezioni nella mia diretta esperienza perché io possa accettarlo per definitivo. E assolutamente non pos- so accettare per definitiva la prerogativa d’ignoranza che al maestro si attribui- sce, quando ho conosciuto in altri ambienti ben più elevati della burocrazia (fra gli innumerevoli ‘dottori’ di cui pullulano gli uffici statali e parastatali) un ‘analfabetismo’ culturale tanto più grosso, quanto meno dotato di quella onesta e chiara coscienza dei propri limiti, e di quel desiderio spesso così vivo di co- noscere, quasi sempre presente, invece, nei ‘maestrini’.320

Nominando alcune testate professionali meritevoli del giusto rispetto come «I diritti della scuola» o «L’educatore italiano», Caproni passa poi a stabilire quali siano gli estremi della preparazione media del mae- stro elementare, spingendo molto sull’inesauribile curiosità che anima questa categoria. La curiosità, unitamente alla consapevolezza dei pro- pri limiti, offre la più importante delle caratteristiche nel lavoro cultu- rale, ovvero l’umiltà. Altra cosa notevole è il riferimento autobiografi-

se, pp. 95-8; 363-5; 619-22 e 1377-9.

co, del tutto evidente, con cui Caproni dipinge il lavoro del maestro, cercando di difenderne la dedizione e la professionalità:

Ma sempre sia lode dei maestrini (lire – senza tanti discorsi – 55 mila mensili con 17 anni di anzianità di ruolo e 3 persone a carico: il che costringe il mae- stro capofamiglia a fare il merciaio, il correttore di bozze, il galoppino ‘per ar- rotondare lo stipendio’, con capriole giornaliere che gli succhiano il midollo spinale e gli fa passare l’appetito, anche culturale), sempre a loro lode vi assi- curo che essi sono tutti, professionalmente, ‘attrezzati’, mentre così non sem- pre accade nella più evoluta […] scuola media superiore […]. (p. 622)

Il breve “autoritratto del maestrino” posto fra parentesi descrive collate- ralmente l’attività giornalistico-editoriale dell’autore, offrendo un auto- scatto decisamente significativo. La presenza dei ragazzi, cioè dei suoi

alunni, nell’opera e nel carteggio è una costante al solito abbastanza di- screta ma decisamente significativa. Li vediamo ad es. in alcune lettere a Betocchi, che l’autore scrive dalla sua cattedra di maestro, li conosciamo compagni di lettura del poeta in occasione di alcune uscite per lui parti- colarmente significative, ad es. La capanna indiana di Bertolucci, e li scorgiamo dietro la presenza del maestro quando si tratta di presentare le proprie imbarazzate condoglianze per la morte della madre di Luzi.321

Ma c’è almeno un altro luogo in cui Caproni affronta la questione della poesia fra i ragazzi provando a trovare una spiegazione all’affermazione abbastanza disarmante che i bambini non subiscono quasi per niente il fascino della poesia. La spiegazione che propone l’autore è articolata e fa aggio sul tempo di natura dinamica del ragazzo, implicando anche una delle funzioni più originali elaborate rispetto al valore ed alla funzione della poesia, quella delle cosiddette armoniche:

La poesia è, come ognun sa, per più di tre quarti memoria, cioè esperienza ac- quisita. O meglio, è un mezzo atto a risvegliare l’emozione degli oggetti, dei sentimenti, delle passioni di cui anche il lettore ha memoria o, appunto, espe- rienza acquisita. E non soltanto degli oggetti nominati, bensì anche e direi so- prattutto dei loro armonici, avendo in poesia i vocaboli significati plurivalenti (trascendendo cioè essi il loro significato letterale per esprimere rapporti e as- sumere significati altrimenti indicibili), i quali significati tanto più saranno sentiti dal lettore dotato di sensibilità quanto maggiore sarà la sua esperienza

321 Così si chiude la lettera del 13 maggio 1959: «Se certe pietose insanie possono

essere di conforto, oggi farò vivere tra i miei scolari la tua impareggiabile (così pura, così luminosa nel mesto presagio) poesia alla madre. Sono ragazzi piccoli ma sensibilissimi», CAPRONI, MARIO LUZI, Carissimo Giorgio, carissimo Mario.

Lettere 1942-1989, a cura di S. Verdino, con uno scritto di M. Luzi, Milano,

vissuta, anche in senso di educazione e di cultura. […] Nel ragazzo sono ap- punto queste corde (questa esperienza) quelle che mancano, e proprio perché la memoria o esperienza del ragazzo, e quindi la sua cultura, sono limitate o comunque divise in confronto con quelle su cui il poeta, scrivendo, ha fatto as- segnamento. (p. 364)

La teoria di una poesia statica da contrapporre all’animo dinamico dei giovani è interessante perché la definisce precisamente nella sua parte fondamentale di evocazione delle passate esperienze, stimolazione del ricordo attraverso la nominazione affastellata delle referenze, nel dise- gno generale di musica e ritmo. Ma l’azione della poesia non si limita a questo, sviluppando lo strano fine di «[…] presupporre un’abitudine proprio per rompere il guscio di tale abitudine»: (p. 365)

Ma oggi il togliere di frodo il ragazzo dalla realtà (da una realtà ancora dina- mica per lui) è proprio un farlo entrare nel territorio della poesia? Io direi pre- cisamente il contrario: è un allontanarlo ancor di più dalla poesia, la quale ha

sempre avuto lo scopo opposto: quello di riscattare dal cimitero dell’abitudi- ne, e far comprendere e amare oltre la superficie, in tutte le sue possibili cor- rispondenze, il reale, cioè appunto la vita veramente vissuta.322

Alla poesia si accredita dunque, da quello che si evince da queste paro- le, una corrispondenza inscindibile e virtuosa con la vita, che potrebbe ricordare l’affermazione di Carlo Bo, sceverata da ogni implicazione esistenziale per agire, se così ci possiamo esprimere, da ancella privile- giata. Queste parole hanno poi un significato ancora più profondo al-

lorché messe in correlazione con l’opera poetica di Caproni, che sull’e- vocazione straniante (il treno, l’osteria, e tutti i luoghi estremamente normali portati ad altra dimensione) ha fondato buona parte dei suoi ef- fetti poetici. La chiave di quel modo che dal Congedo in avanti, con un importantissimo e prezioso precedente nel Seme, avrà corso fino alle estreme conseguenze della raccolta postuma, potrebbe essere proprio quella di un’ “abitudine che rompe il guscio di tale abitudine”, il modo di decrittazione della squallida quotidianità del reale, in favore di una realtà più profonda, fatto di sogno, ma soprattutto di ricordi.

10. I viaggi

Per mettere ordine negli scritti di viaggio di Giorgio Caproni323 è utile

fare riferimento innanzi tutto ai due volumi postumi che ne raccolgono un’importante selezione, Aeroporto delle rondini324 e La valigia delle

Indie.325 Gli scritti di viaggio compilati dall’autore in diverse occasioni

ma sempre destinati alla stampa periodica si possono riferire principal- mente alla collaborazione con il giornale del Partito Socialista Demo- cratico Italiano «La Giustizia»:

A questo giornale, infatti Caproni, collaborò negli anni 1960-1963 pubblicando, o meglio ripubblicando con più o meno consistenti varianti, la gran parte dei suoi rac- conti, più altre prose di vario genere per un totale di settanta “puntate” e dunque di settanta titoli […].326

323 Cfr. per un approfondimento del tema SURDICH, Caproni i viaggi, il viaggio, in

Frammenti di un diario, cit., pp. 13-39, e DEI, Caproni: i viaggi, la caccia, in

«Studi italiani», I, 2, luglio-dicembre 1989.

324 Introduzione di D. Valli, Lecce, Manni, 2000. 325 A cura di A. Dei, Pistoia, Via del vento, 1998.

Naturalmente, di queste settanta puntate solo alcune sono resoconti di viaggio, i quali, come ricordato, si mescolano prevalentemente a rac- conti, recensioni e prose di divagazione. Fra queste sono anche da in- cludere i resoconti dalla Polonia in occasione della conferenza sulla pace cui l’autore partecipa nel 1948 e su cui sarà bene tornare. Vanno poi annoverati gli articoli usciti su «Prospettive meridionali» tra il 1955 e il 1958, oltre a quelli su «L’Espresso» nel 1982, in cui si propone una visita letteraria ad alcuni luoghi cari al poeta, né sarà deleterio aggiun- gere i due pezzi frutto della collaborazione con «Civiltà delle macchi- ne»,327 da cui cominceremo. Pubblicati nel 1953, questi due pezzi bril-

lano nel cielo degli scritti giornalistici caproniani come un piccolo uni-

cum su cui tra l’altro non si è mai posta l’attenzione. In questo caso bi-

sogna ammettere che il viaggio è più una visita, un’esplorazione, un’e- scursione in territori sconosciuti, costituzionalmente lontani dalla pre- parazione e dalla visione del mondo di un poeta-umanista, e del resto la commistione dei saperi è ciò che soggiace agli intenti della rivista diretta, non a caso, da uno dei più originali scienziati-letterati del seco- lo XX, Leonardo Sinisgalli. Caproni è chiamato a rendere conto di due visite, una al cantiere navale dell’Ansaldo, a Genova, durante la costru- zione dell’Andrea Doria, e la seconda alla centrale idroelettrica di Monte Argento, in provincia di Terni. Messo a contatto con una realtà ignota, il visitatore è indotto ad alzare il livello linguistico, con uno sti-

cit., p. 5.

327 Un poeta e un pittore in visita ai cantieri dell’Ansaldo e La centrale di Monte

Argento, rispettivamente nei numeri I, 1, gennaio, e I, 6, novembre 1953. Prose,

le che evoca lo smarrimento di fronte ai massimi sistemi della tecnica e della matematica («in principio – proprio così – era dunque il Numero», p. 525), la sintassi si fa ancora più ipotattica del solito ren- dendo il senso che si prova fra le strutture del cantiere navale, o calati nei pozzi che conducono alle turbine della centrale. Per comprendere l’articolata realtà di cui è chiamato ad essere testimone, la metafora che viene elaborata è quella del linguaggio: il poeta non può fare a meno di considerare in termini architettonici, e dunque di linguaggio, il prodi- gio della matematica che nell’uno e nell’altro caso è intuito (lessico compreso) più che introiettato in termini pratici:

Non lo posso dire; ma mi par peraltro d’esser finalmente giunto a poter defini- re, una buona volta, come quella poderosa macchina ch’è un cantiere navale sia in sé un’opera talmente perfetta di architettura, e perciò di linguaggio, da superare la necessità di qualsiasi metafora: una macchina per tradurre in nave i numeri e che trova tutta la propria bellezza, appunto, così come trova tutta la propria espressione, nell’essere quella macchina, la quale definitivamente ha sconfitto il complesso di inferiorità delle prime macchine che – vedi le prime automobili – facevano pietosi sforzi per sembrare il preesistente, voglio dir per sembrare – stando sempre nell’ambito delle prime automobili – carrozze a cavalli. Proprio come quei poemi successivi (riuscendo per fortuna tutt’altro) facevano il possibile per sembrare poemi omerici. (p. 526)

I reportages di viaggio di Caproni si devono far risalire ad esperienza diverse, non sempre vicine alla pubblicazione dell’articolo in sé. Un importante tema per quanto riguarda queste cartoline è quello del Sud, visitato e descritto in maniera approfondita, dalla Sicilia alla Sardegna,

dalla Calabria alla Puglia, cominciando in realtà dalle porte di Roma; il meridione rappresenta per Caproni uno scenario interessante per vari motivi, il primo dei quali è la verifica dell’avanzamento della civilizza- zione nella parte più povera d’Italia. Caproni è coinvolto in vari pro- getti proprio su questo tema, da cui trarrà diversi articoli di impressio- ne. Scrive Donato Valli:

[…] si può supporre che Un minuzzolo di Sardegna sia il frutto o il ricordo di un viaggio compiuto da Caproni in quell’isola nel settembre 1955 con Unga- retti, Bo, Angioletti; Ingresso a Nicastro, Il vecchio prete, Il Cavaliere sono certamente il risultato di un viaggio compiuto in Calabria nell’ottobre del 1961 per una serie di “reportages” giornalistici su commissione; la prosa Bi-

glietti ferroviari riporta impressioni di un viaggio a Lecce a fine estate del

1962 su insistenti pressioni del gruppo di letterati e poeti salentini fra cui Comi, Bodini, Tommaso Santoro e, soprattutto, Vittorio Pagano; e anche le re- stanti prose di questo gruppo non dovrebbero scostarsi da un periodo di tempo compreso tra la fine degli anni Cinquanta e gli inizi degli anni Sessanta.328

Caproni visita il Sud. Le tappe del suo cammino possono essere indivi- duate con le regioni che di volta in volta si trova ad attraversare, comin- ciando idealmente dall’estrema plaga settentrionale del Mezzogiorno, come lui stesso definisce la provincia di Frosinone, visitata per constata- re l’avanzamento di un acquedotto che ha il compito di risolvere il pro- blema della siccità in una terra che si trova a pochi chilometri dalla capi- tale. L’attraversamento di Caproni è sempre caratterizzato, come in que- sto caso, da una cauta fiducia nei confronti delle possibilità che le terre