2. I negozi aventi ad oggetto la potenzialità edificatoria Ipotesi dubbie
2.7. Segue: la circolazione mortis causa
È interessante analizzare se la disciplina della circolazione dei ‹‹diritti edificatori›› sia applicabile
anche alla trasmissione degli stessi mediante successione legittima o testamentaria.
Prima di analizzare nello specifico le problematiche legate alla compatibilità della disciplina mortis
causa con il fenomeno in oggetto, è bene precisare quali siano e come operino le diverse modalità di
accettazione dell’eredità al fine di poterle analizzare sotto il profilo pubblicitario.
Con riferimento all’accettazione espressa dell’eredità non sorgono particolari problemi in quanto ai
sensi dell’art. 475 c.c., essa si realizza mediante una dichiarazione espressa di volontà, riprodotta in un
atto pubblico o in una scrittura privata, volta ad ottenere l’acquisto dell’eredità
492.
L’accettazione tacita invece, disciplinata dall’art. 476 c.c., si sostanzia nel compimento di un atto
concludente che presuppone necessariamente la volontà di accettare e che il soggetto non avrebbe il
diritto di porre in essere se non nella sua qualità di erede
493.
Negli artt. 477 e 478 c.c. il legislatore indica ipotesi tipiche di accettazione tacita dell’eredità come la
donazione, la vendita , la rinuncia e la cessione di diritti di successione dietro corrispettivo o solo in
favore di alcuni chiamati
494o anche mediante la disposizione di singoli beni o la realizzazione di
determinati comportamenti, come per esempio l’esperimento di azioni legate in qualche modo al
patrimonio del de cuius.
Pertanto, pur mancando un’espressa manifestazione di volontà, l’accettazione discende da un
comportamento inequivocabile dell’accettante.
Da un punto di vista pubblicitario l’art. 2648 co. 1 c.c. statuisce che deve essere trascritta
l’accettazione dell’eredità che comporti ‹‹(…) l’acquisto dei diritti enunciati ai numeri 1), 2), e 4) dell’art.
2643 c.c. o liberazione dai medesimi e l’acquisto del legato che abbia lo stesso oggetto››, al comma 3
statuisce che ‹‹Se il chiamato ha compiuto uno degli atti che importano accettazione tacita dell’eredità si
può chiedere la trascrizione sulla base di quell’atto (…)››.
La norma codicistica distingue la trascrizione dell’accettazione espressa da quella tacita.
La prima va effettuata sulla base della dichiarazione del chiamato contenuta in un atto pubblico
ovvero in una scrittura privata con sottoscrizione autentica o accertata giudizialmente, la seconda invece
è disciplinata dal terzo comma, dal quale sembra trasparire la facoltatività della trascrizione.
492 Si tratta di un negozio giuridico definito ‹‹negozio di adesione›› o anche ‹‹complementare›› che presuppone l’esistenza
di una determinata situazione giuridica intesa come offerta in senso generale, la quale per divenire attuale necessita di un atto di accettazione. Più precisamente, poiché nelle successioni mortis causa l’offerta è costituita dalla delazione, l’accettazione rappresenta il negozio conclusivo e perfezionativo, unilaterale e non recettizio, da intendersi come actus legitimus e formale, di una ‹‹fattispecie a formazione progressiva››. Cfr. in tal senso anche A.FERRUCCI e C.FERRENTINO, Le società di capitali, le società cooperative e le mutue assicuratrici, cit., p. 233.
493 Così riportato in A.FERRUCCI eC.FERRENTINO, Le società di capitali, le società cooperative e le mutue assicuratrici, cit., p. 238. 494 È ancora oggi dibattuta la natura giuridica di tale forma di accettazione. Parte della dottrina ritiene si tratti di un
negozio giuridico, altra parte, di un atto non negoziale che prescinde dall’effettiva volontà di accettare l’eredità. Per maggiori approfondimenti si rinvia a A.FERRUCCI eC.FERRENTINO, Le società di capitali, le società cooperative e le mutue assicuratrici, cit., p. 238 ss. Più in generale sull’istituzione di erede sia consentito rinviare a A.GENOVESE, La istituzione di erede, in AA.VV., Le disposizioni testamentarie, a cura di G. Bonilini e V. Barba, Torino, 2012, p. 17 ss.
144
Il comma terzo della norma stabilisce infatti che colui che abbia compiuto uno degli atti che
importino accettazione tacita ‹‹può›› richiederne la trascrizione utilizzando l’atto posto in essere
495.
Sono pertanto due i problemi che si pongono nell’accettazione dell’eredità con riferimento ai diritti
edificatori: in primis è necessario verificare se il mancato richiamo del n. 2-bis all’interno dell’art. 2648
c.c. sia voluto o se si tratti invece di un semplice difetto di coordinamento, in secundis se l’accettazione
tacita dell’eredità possa essere applicata ai diritti edificatori stante la contrarietà dell’art. 2648 co. 3 c.c. al
dettato della novella che non lascia alcuna ‹‹facoltà›› alle parti, imponendo piuttosto l’adempimento della
formalità pubblicitaria della trascrizione.
È opportuno a tal proposito sottolineare che la portata applicativa dell’art. 2648 c.c. è molto
discussa, si pensi ad esempio al fatto che nonostante il rinvio testuale, essa non si applica all’usufrutto
che si estingue per morte, né al diritto di uso o di abitazione che pure sono menzionati al suo interno.
Per tali ragioni si ritiene che i riferimenti redazionali non siano del tutto stringenti e che dunque, a
seguito dell’entrata in vigore della novella, sia piuttosto ipotizzabile un difetto di coordinamento, a
fronte del quale, nell’ipotesi del terzo comma dell’art. 2648 c.c., l’accettazione tacita che importa
l’acquisto di diritti edificatori o la liberazione dai medesimi ‹‹deve›› (e non ‹‹può››) essere trascritta
496.
D’altra parte basti pensare che se non si rispettassero le formalità pubblicitarie previste dall’art. 2650
c.c., le trascrizioni successive degli atti aventi ad oggetto il trasferimento dei diritti edificatori non
potrebbero produrre effetti fino all’adempimento delle relative formalità
497.
È necessario infine appurare se la disciplina dei diritti edificatori possa applicarsi all’acquisto del
legato stante l’assenza di qualunque richiamo da parte dell’art. 2648 c.c. all’art. 2643 n. 2 –bis
498.
495 Invero è bene precisare che nel leggere il terzo comma dell’art. 2648 c.c. il termine ‹‹può›› deve essere letto in
collegamento con l’art. 2671 c.c. cosicché è il notaio o altro pubblico ufficiale che ha ricevuto l’atto soggetto a sua volta a trascrizione, a curare l’accettazione tacita dell’eredità nel più breve tempo possibile. La modalità di trascrizione è la seguente: l’atto concludente compiuto dal chiamato (si pensi ad esempio ad una vendita) viene utilizzato sia per accettare l’eredità ai sensi dell’art. 2650 c.c., sia per la trascrizione dell’atto inter vivos, ai sensi dell’art. 2643 c.c., per dirimere le controversie tra le parti e, ai sensi dell’art. 2650 c.c., nel rispetto del principio della continuità delle trascrizioni.
496F.GAZZONI,La trascrizione degli atti e delle sentenze, cit., p. 238. Si ricorda inoltre che il medesimo ragionamento inerente
al mancato coordinamento può essere applicato con riferimento alla trascrizione dei contratti preliminari e dell’usucapione aventi ad oggetti di diritti edificatori.
497 È bene inoltre precisare, con riferimento a quanto può evincersi chiamando a supporto il canone logico che, alla base
della trascrizione degli atti mortis causa, vi è certamente una ratio differente rispetto a quelli inter vivos. Infatti negli atti tra vivi, come già si è avuto modo di approfondire, si richiede la trascrizione dell’acquisto principalmente per garantire il principio di priorità delle trascrizioni ai sensi dell’art. 2648 c.c. e per assicurare la continuità della pubblicità ai sensi dell’art. 2650 c.c. Ovviamente, nel caso di circolazione per causa di morte, la trascrizione deve essere effettuata solo ai sensi dell’art. 2650 c.c. in quanto mai potrebbe verificarsi l’ipotesi di più acquirenti dal medesimo venditore stante il fatto che lo stesso è deceduto. G.CAPOZZI, Successioni e donazioni, cit., p. 257. Non potrebbe configurarsi alcun conflitto tra due acquirenti mortis causa dal medesimo de cuius, giacché uno dei due ha necessariamente un titolo invalido o inefficace che lo costringa a soccombere di fronte all’altro munito di titolo valido. Ne deriva che l’effetto sostanziale della trascrizione degli acquisti mortis causa non può coincidere con l’opponibilità ai terzi, di cui all’art. 2644 c.c., ma risiede nell’efficacia delle successive trascrizioni o iscrizioni eseguite a carico dell’erede o del legatario e relative ai beni dell’eredità. In conclusione, l’esecuzione della formalità trascrittiva dell’acquisto ai sensi dell’art. 2648 c.c. non assume rilievo tanto nella fase statica della successione, quanto piuttosto nella successiva fase dinamica della circolazione dei diritti edificatori. Così si esprime E.GABRIELLI eF.GAZZONI, La trascrizione degli atti e delle sentenze, cit., p. 414.
145
Non si riscontra nessun ostacolo nella qualificazione dei ‹‹diritti edificatori›› come credito (in quanto
si applica l’art. 658 c.c.), come bene immateriale o come diritto reale
499.
Si ritiene inoltre che assimilando la potenzialità volumetrica ad un diritto reale, sia possibile
predisporre tanto legati di trasferimento di volumetria, quanto legati che la costituiscano ex novo.
Tale ricostruzione dell’istituto consente infatti di sostenere l’ammissibilità di entrambe le tipologie di
diposizione a titolo particolare.
Si avrà un legato costitutivo ogni volta che il titolare di un terreno disponga per la prima volta della
volumetria assegnata al proprio fondo, mentre si avrà un legato di trasferimento di volumetria ogni
volta che la potenzialità edificatoria, già in circolazione, venga trasmessa ad altri soggetti mediante atto
mortis causa
500.
Con riferimento alla durata dei legati, generalmente essi possono anche essere commisurati alla vita
del beneficiario, fissati in un periodo determinato o subordinati a specifici oneri.
Seppure tale principio è astrattamente applicabile anche ai diritti edificatori, lo è solo con una
precisazione.
Nel momento in cui il beneficiario del legato disponga della potenzialità edificatoria su un
determinato fondo, la volumetria utilizzata non può più venire meno perché si è trasformata in un
edificio.
In caso contrario si giungerebbe al paradossale risultato di dover abbattere una costruzione per
effetto della risoluzione del legato dovuto ad esempio al trascorrere del tempo indicato dal testatore o
all’inadempimento di un onere testamentario
501.
Si ritiene quindi che l’unica ipotesi immaginabile sia quella di prevedere un legato avente ad oggetto i
diritti edificatori con possibile risoluzione dello stesso per il caso in cui il beneficiario, entro un
498 È opportuno sottolineare che, affinché il legato sia valido ed abbia efficacia immediata, è necessario che il testatore sia
titolare del diritto al momento dell’apertura della successione. Al riguardo cfr. M. IEVA, Manuale di tecnica testamentaria, Padova, 2009, p. 56 ss.
499 Altra questione di grande rilevanza è quella che attiene alla derogabilità del principio di efficacia diretta del legato. La
dottrina si è più volte interrogata sulla possibilità che il testatore possa scegliere o meno di imporre all’erede l’obbligo di porre in essere un comportamento per far sorgere il diritto edificatorio in capo al legatario con successivo atto inter vivos, disponendo così un legato ad effetti meramente obbligatori. Alcuni propendono per una soluzione negativa stante l’inderogabilità dell’art. 649 c.c. Più precisamente G.GROSSO nel suo scritto, Efficacia diretta ed efficacia obbligatoria del legato, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1954, 3, p. 7, sostiene che la ‹‹traduzione dell’intento empirico del testatore (di procurare il bene al legatario) in effetti giuridici reali (più in generale diretti) o meramente obbligatori non è quaestio voluntatis, né può essere sottoposta ad una generale riserva di contraria volontà del testatore. Si tratta dell’adeguazione dei mezzi tecnici del diritto allo scopo concreto del testatore in rapporto ai presupposti, adeguazione che è operata dall’ordinamento giuridico››. Altri autori considerano invece l’art. 649 co. 2 c.c. una norma meramente dispositiva, cosicché il testatore può scegliere di raggiungere il risultato finale sia attraverso una disposizione ad effetti reali che obbligatori. In tal senso cfr. C. GANGI, La successione testamentaria, Milano, 1952, II, pp.127- 128.
500 In senso contrario si veda G.TRAPANI, I diritti edificatori, cit., p. 531 ss. il quale sostiene che i diritti edificatori non
possano essere costituiti dai privati, in quanto la fonte deve necessariamente rivenirsi nelle prescrizioni di piano o nell’autonomia dei Comuni. Ciò implica che mai il testatore potrebbe, mediante legato, costituire diritti edificatori a favore di un determinato fondo, trovando questi ultimi la loro origine solo in un provvedimento pubblico o urbanistico.
501 Le regole della circolazione inter vivos non subiscono invero particolari variazioni nelle vicende di tipo successorio. Per
approfondimenti inerenti a casi pratici, con riferimento all’inadempimento dei legati gravati da oneri si veda M.PROTO, Inadempimento del legato modale e risoluzione, in Famiglia, persone e successioni, 2005, p. 50 ss.
146
determinato termine o per tutta la durata della sua vita, non abbia sfruttato la cubatura a lui assegnata.
Ciò significa che, in caso di avvenuto impiego, la disposizione non potrà venire meno stante l’utilizzo
concreto del diritto.
Una volta accertate le caratteristiche strutturali del legato avente ad oggetto i diritti edificatori, non vi
sono ostacoli ad ammettere altre forme di legato previste dall’ordinamento come quello di cosa altrui o
parzialmente altrui, di legato di cosa non esistente nell’asse, o ancora quello di cosa del legatario ma
anche il legato di genere nel caso in cui oggetto dell’attribuzione siano diritti perequativi, compensativi
o di incentivazione.
Deve invece essere esclusa l’ammissibilità del legato avente ad oggetto la costituzione di ipoteca dei
diritti edificatori.
Detto divieto non attiene soltanto all’impossibilità attuale di ricomprendere i diritti edificatori
nell’art. 2810 c.c. per le ragioni già evidenziate nei paragrafi precedenti, ma affonda le proprie radici in
un principio di portata generale sancito dall’art. 2821 co. 2 c.c. in virtù del quale non è consentito al
testatore di prevedere disposizioni testamentarie che possano alterare la pars conditio creditorum
502.
Con riferimento poi alle modalità di trascrizione del legato, si pongono gli stessi problemi
concernenti l’accettazione tacita dell’eredità.
Nonostante non vi sia un riferimento normativo che si riferisca espressamente al legato di diritti
edificatori (come pure è mancante per le altre ipotesi mortis causa), si ritiene di essere in presenza, ancora
una volta, di un mancato coordinamento normativo, con la conseguente possibilità di eseguire tutte le
formalità pubblicitarie presso i registri immobiliari, utilizzando l’estratto autentico del testamento
contente il legato.
502 Più genericamente, con riferimento alla possibilità di costituire ipoteca per atto mortis causa, parte della dottrina
sostiene che, come per il pegno, ciò possa essere fatto mediante l’utilizzo di un legato indiretto con cui il legatario possa pretendere dall’onerato la costituzione del peso su un determinato bene. In questo modo, secondo detta dottrina il fondamento dell’ipoteca non si potrebbe rinvenire in un testamento bensì in un atto inter vivos. Cfr. G.BONILINI, Autonomia testamentaria e legato, Milano, 1990, pp. 132-135. È opportuno inoltre sottolineare che si ritiene come il divieto imposto dall’art. 2821 c.c. sia estendibile al pegno testamentario per analogia e perché il pegno per il suo perfezionamento richiede la consegna della cosa che in realtà può avvenire solo per atto inter vivos. Anche in questo caso esiste dottrina contraria che ne sostiene l’inapplicabilità stante la natura di norma eccezionale dell’art. 2821 c.c. non suscettibile di analogia. Tuttavia proprio per la necessità della consegna materiale del bene si tende ad ammettere esclusivamente la costituzione di un pegno indiretto mediante adempimento dell’obbligo da parte dell’onerato. Cfr. anche A.FERRUZZI eC.FERRENTINO, Successioni e donazioni, Milano, 2009, p. 1244 ss.
147
CAPITOLO IV
I requisiti del contratto e le sue clausole
Sommario: 1. Necessità di definire lo schema contrattuale dei trasferimenti di volumetria. – 2.
L’accordo e la c. d. «autonomia privata» nei contratti aventi ad oggetto la potenzialità volumetrica. – 3.
La causa. – 4. L’identificazione dell’oggetto e la forma del contratto. – 5. Il ruolo del provvedimento
della pubblica amministrazione e meccanismi condizionali. – 6. La sorte del provvedimento
amministrativo per invalidità del contratto. – 7. Menzioni urbanistiche e conformità catastale. – 8.
Profili fiscali.
1. Necessità di definire lo schema contrattuale dei trasferimenti di volumetria.
Dall’esame delle diverse vicende negoziali effettuato nel precedente capitolo si possono trarre due
importanti considerazioni, utili per l’approfondimento che si intende fare in questa sede.
In primo luogo si ritiene di poter affermare che il legislatore abbia introdotto la novella sotto la
spinta delle pressioni locali
503, principalmente per assicurare un regime pubblicitario ad una prassi
contrattuale ormai ampiamente diffusa.
L’intento è stato dunque quello di garantire certezza alle parti nella circolazione dei ‹‹diritti
edificatori››, senza che si possa rinvenire un esplicito contributo sulla natura giuridica.
Con l’introduzione della norma sulla trascrizione, il dibattito ha in parte perduto di rilievo in quanto,
prima della novella, la querelle sulla natura giuridica della volumetria si basava principalmente sulla
necessità di rinvenire una qualificazione che permettesse l’accesso ai registri immobiliari.
Ciononostante si ritiene che l’analisi effettuata nel capitolo precedente, dimostri come la scelta della
natura giuridica produca ancora effetti rilevanti per l’applicazione dell’istituto.
A seconda della natura riconosciuta ai diritti di sviluppo si addiviene infatti a soluzioni
profondamente diverse circa la riconducibilità degli stessi alle figure esaminate con importanti riflessi
sull’efficienza del mercato
504.
Infatti laddove l’applicabilità dei diritti è scarsa, è altresì minore la possibilità di commerciarli, con il
rischio di inficiare uno dei più ambiziosi risultati che la novella del 2011 si è proposta di realizzare.
503 Il regime di pubblicità ed opponibilità delle vicende traslative della potenzialità volumetrica non avrebbe potuto essere
dettato dalla legislazione regionale stante la riserva a favore dello Stato della legislazione sull’ordinamento civile (art. 117 comma 2 lett. l) Cost.) in cui rientra anche la materia della trascrizione in termini di disciplina generale. Tuttavia l’intera vicenda dei trasferimenti di volumetria origina e muove dal basso, nel senso che la novella è derivata dalle forti pressioni delle amministrazioni locali ed anche il recente disegno di legge si è limitato a fornire indicazioni di massima del tutto incapaci di incidere concretamente sulle modalità operative dell’istituto, rimettendo ancora una volta l’applicazione concreta alle autonomia locali. Cfr. E. MICELLI, La perequazione urbanistica, cit., p. 1 ss. Sul punto prima della novella si veda P.URBANI, Ancora sui principi perequativi e sulle modalità di attuazione nei piani urbanistici, cit., p. 513.
504 È opportuno sottolineare come l’«interpretazione» non rappresenti unicamente lo strumento volto a chiarire il
significato di specifiche norme poiché, in un ordinamento complesso, essa assume piuttosto la funzione di individuare la normativa da applicare al caso concreto «(…) combinando e collegando disposizioni, le più varie anche di rango e provenienza diversi per riuscire a trarre dal caos legislativo la soluzione più congrua, nel rispetto dei valori e degli interessi considerati normativamente prevalenti non ché nei canoni della proporzionalità e della ragionevolezza», così P. PERLINGIERI, Complessità ed unitarietà dell’ordinamento giuridico vigente, in Rass. dir. civ., 2005, 1, p. 214.
148
Inoltre dalla scelta sulla qualificazione giuridica derivano importanti conseguenze in relazione allo
schema contrattuale da utilizzare, riconducibile ora ad un contratto tipizzato di cessione di cubatura o
ad una compravendita ora ad una vendita di bene futuro
505ovvero ad una cessione del credito
506.
505Alla luce di quanto esposto nei capitoli precedenti e pur tenendo presenti le obiezioni di cui si è dato conto, si ritiene
che, laddove si volesse identificare la capacità edificatoria in un ‹‹bene›› si dovrebbe piuttosto richiamare la figura del ‹‹bene futuro››. Pur non volendo entrare nel merito del dibattito giuridico sui contratti interenti i beni futuri, si ritiene che astrattamente sembra che vi siano delle somiglianze tali da permettere di ricondurre i ‹‹diritti edificatori›› alla ‹‹vendita di cosa futura›› ai sensi dell’art. 1472 c.c. La principale affinità si rinviene nel fatto che anche la volumetria non è un quid da subito esistente ed utilizzabile, facendo parte delle facoltà di godimento del fondo.D.RUBINO, La compravendita, in Tratt. dir. civ. comm. Cicu e Messineo, XVI, Milano, 1971, p. 174; nello stesso senso A.LUMINOSO,I contratti tipici ed atipici, in Tratt. dir. priv. Iudica e Zatti, Milano, 1995, p.46 per il quale possono essere oggetto di questa figura negoziale sia cose che ancora non esistono in natura, sia quelle che sono esistenti ma non sono ancora di porprietà di nessuno. Per G.FALZONE, La vendita di cosa futura, in M.BIN (a cura di), La vendita, III, II, Padova, 1995, p. 594, il concetto di ‹‹inesistenza giuridica›› non equivale a quello di ‹‹inesistenza come autonomo oggetto di diritti››. Accogliendo la prima definizione il concetto di futurità si riferisce ad una cosa cui il mondo giuridico non dà alcuna rilevanza, mentre accogliendo la seconda definizione, si fa riferimento non solo alla cosa giuridicamente irrilevante ma anche alla cosa che, pur esistente e rilevante per il mondo del diritto, attualmente non può formare oggetto di diritti. Tuttavia se è vero che la ‹‹futurità›› si deve riferire alla rilevanza giuridica di un bene, allora i due concetti non possono che coincidere, non rilevando invero quale sia la motivazione dogmatica per la quale il bene non può attualmente formare oggetto di diritti. In aggiunta si ricorda che la distinzione non trova