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Segue: il fondo patrimoniale

Nel documento La cessione di cubatura (pagine 137-140)

2. I negozi aventi ad oggetto la potenzialità edificatoria Ipotesi dubbie

2.5. Segue: il fondo patrimoniale

L’art. 167 c.c. statuisce che possono essere costituiti in fondo patrimoniale ‹‹determinati beni (…)

immobili o mobili iscritti nei pubblici registri, o titoli di credito››

478

.

Verificare l’adeguatezza dei diritti edificatori ad essere vincolati ai bisogni della famiglia

479

, è quindi

interessante soprattutto per i risvolti pratici e teorici che la scelta comporta.

477 L. GENGHINI eP.SIMONETTI, Le società di capitali e le cooperative, III, I, Padova, 2012, pp. 93-94. Gli Autori affermano

che non possono costituire oggetto di conferimento né le cose future, né altrui, o generiche né il nome o un diritto di contenuto negativo. L’ipotesi richiama alla mente quella relativa al conferimento di beni immateriali quali il marchio, il brevetto o le invenzioni industriali, ammissibili solo laddove il bene sia suscettibile di una valutazione economica certa sia perché altrimenti si contravverrebbe alla ratio poc’anzi descritta, sia perché nelle s.r.l. si avrebbe la violazione del divieto di conferimento d’opera da parte del socio. Sarebbe molto difficile effettuare una valutazione in termini di misura, né d’altra parte il bene immateriale potrebbe essere oggetto di iscrizione al bilancio.

478 Come è noto i beni vincolati ai sensi dell’art. 167 c.c. non posso essere oggetto di più fondi patrimoniali in quanto il

vincolo di destinazione attiene unicamente ai bisogni di un’unica famiglia.

479 È altresì interessante accertare se i diritti edificatori possano essere oggetto di comunione legale. A tal proposito si

deve accertare se lo siano i diritti reali, i crediti e i beni immateriali. Mentre con riferimento all’ultima ipotesi non sorgono particolari problemi per la riconduzione degli stessi al regime della comunione legale, maggiori difficoltà si hanno nelle prime due ipotesi. Con riferimento al credito è bene precisare che la giurisprudenza è divisa. In alcune pronunce si evince che non ricadrebbe nella comunione per la sua natura ‹‹relativa››, Cass. Civ. Sez. I, 12439 del 1993 in Giust. civ. Mass., 1997, p. 2350.

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Secondo altra giurisprudenza invece ciò dipende dalla natura patrimoniale o meno del credito in quanto solo nel primo caso esso cadrebbe in comunione. cfr. Cass. Civ., Sez. II, 16305 del 2011; Cass. Civ. Sez. II, 1548 del 2008. Con riferimento al diritto reale è opportuno fare alcuni approfondimenti. L’art. 177 co.1 lett. a) stabilisce che ricadono nella comunione ‹‹gli acquisti compiuti dai coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio››. Come già sottolineato nel precedente capitolo la dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel ritenere che tale definizione comprenda anche i diritti reali e, d’altra parte, tale conclusione è avallata a contrario anche dall’art. 179 lett. a) c.c. che, sia pure al fine di escluderli dalla comunione, fa riferimento ai ‹‹beni di cui prima del matrimonio il coniuge era proprietario o rispetto ai quali era titolare di un diritto reale di godimento››. Tuttavia, proprio come avviene per gli altri diritti reali di godimento, è necessario verificare la compatibilità di tale regime con le caratteristiche peculiari dei diritti edificatori. Come più volte messo in luce i diritti di sviluppo rappresentano la potenzialità volumetrica esistente su un determinato fondo che, fino al distacco dallo stesso, incarna una delle ‹‹facoltà›› del diritto di proprietà, mentre, al momento della sua circolazione assume autonoma rilevanza per poi inerire nuovamente ad un fondo al momento della sua concreta utilizzazione. Tutti questi caratteri, nel loro insieme, non escludono che tale diritto, possa essere oggetto di comunione legale, a differenza del diritto di uso e di abitazione, che hanno invece natura strettamente personale. La norma ha indotto parte della dottrina a considerare tali diritti acquisiti alla comunione unicamente nell’ambito del rapporto interno tra i coniugi, se non addirittura ad escluderli completamente. Cfr. A.GALASSO, Del regime patrimoniale della famiglia, in Comm. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 2003, p. 197 ss. Con riferimento poi alle concrete e specifiche vicende di cui i diritti edificatori possono essere oggetto, potrebbe per esempio accadere che uno dei due coniugi acquisti la volumetria di altro fondo come bene personale per edificare sul terreno in comunione, o che la potenzialità edificatoria sia acquistata da entrambi i coniugi ma la costruzione venga eseguita sul terreno di uno solo dei due. È lecito domandarsi a chi debba essere attribuita la titolarità della costruzione scaturita dall’utilizzo della potenzialità edificatoria sul fondo e se, quindi, anche con riferimento ai diritti edificatori venga ad operare la figura dell’accessione in virtù della quale l’edificio diverrebbe di proprietà del titolare del fondo ai sensi dell’art. 934 c.c., come accade per il diritto di superficie o se, invero, debba giungersi ad altra soluzione. La prevalenza dell’accessione sulla comunione legale è stata accolta dalla Corte di Cassazione in ben tre pronunce che hanno ribaltato il diverso precedente orientamento. Si tratta delle sentenze Cfr. Cass., Sez. I, 11 giugno 1991, n. 6622, in Vita not., 1991, p. 1027; Cass., Sez. I, 14 marzo 1992, n. 3141, in Dir. fam., 1992, p. 614; Cass., Sez. II, 16 febbraio 1993, n. 1921, in Giust. civ., 1993, I, p. 2735; Cass. Sez. Un., 27 gennaio 1996 n. 651, in Corr. giur., 1996, p. 558 ss. Per rispondere compiutamente al quesito è opportuno operare un’indagine parallela a quella già svolta da dottrina e giurisprudenza con riferimento all’art. 952 c.c., con cui, non a caso, i diritti edificatori condividono alcuni aspetti. È necessario analizzare il rapporto sussistente tra accessione e acquisti, a titolo originario e regime di comunione legale. L’art. 177 c.c. ha carattere generale, quindi è privo di un valore precettivo tale da porsi in contrasto o da poter derogare all’art. 934 c.c. A ben vedere poi l’art. 177 c.c. non sembrerebbe comprendere gli acquisti compiuti dai coniugi congiuntamente o separatamente a titolo originario. Inoltre la disciplina dell’accessione stabilisce che il proprietario del suolo acquista le costruzioni effettuate sopra o sotto lo stesso salvo che non sia diversamente stabilito dalla legge o dal titolo. I diritti edificatori trovano il loro fondamento in un provvedimento di legge in quanto le volumetrie sono assegnate ai singoli terreni per effetto di disposizioni del Piano Regolatore Generale. Sembrerebbe quindi potersi dire che la costituzione di tali diritti avviene ex lege, così da farli prevalere sulla disciplina dell’accessione. Tuttavia, il termine ‹‹costituiscono›› inserito nell’art. 2643 n. 2-bis c.c. si riferisce non al provvedimento di legge, bensì ai contratti che sono invece negozi scaturenti dall’autonomia delle parti e non invece da un provvedimento di legge. Con il termine costituzione, pertanto, la norma non si riferisce al momento in cui i diritti edificatori vengono attribuiti ai fondi secondo le prescrizioni del piano regolatore generale ma, piuttosto, al momento in cui la volumetria, per effetto della contrattazione tra privati, cessa di essere una ‹‹facoltà›› del diritto di proprietà e, distaccandosi da essa, forma e costituisce una situazione giuridica autonoma. Ciò d’altro canto avviene in modo non dissimile da quanto accade con gli altri diritti ‹‹immobiliari›› come l’usufrutto, l’uso, l’abitazione, l’enfiteusi e il diritto di superficie. Inoltre è bene sottolineare anche che lo stesso articolo 177 c.c. non fa menzione dell’eventuale costituzione di tali diritti reali ex lege.

Il dettato della norma sembra infatti escludere tali acquisti, in quanto dal dato letterale emerge che l’utilizzo del termine ‹‹acquisti›› sembrerebbe piuttosto far pensare ad una pregressa attività negoziale, ossia ad un acquisto a titolo derivativo.

In sostanza per determinare la prevalenza della disciplina dell’accessione su quella della comunione, così da stabilire a chi debba essere attribuita la proprietà dell’immobile scaturito dall’utilizzo dei diritti edificatori, è necessario accertare se l’immobile possa essere considerato un nuovo bene distinto dal terreno ‹‹acquistato›› ex novo, oppure se debba piuttosto essere considerato un’estensione del diritto di proprietà con conseguente inapplicabilità dell’art. 177 lett a) c.c. La sentenza Cass. Sez. Un., 27 gennaio 1996, n. 651, in Giust. civ., 1996, II, p. 342, con riferimento al ragionamento condotto in merito alla prevalenza dell’accessione sul diritto di superficie ha sottolineato che il bene che si ottiene per accessione può dirsi ‹‹acquistato›› (termine che si riferirebbe chiaramente all’art. 177 c.c.), in quanto l’immobile che scaturisce dall’edificazione rappresenta una modifica del diritto di proprietà. Ciò che rileva per la Corte è infatti non tanto l’acquisto a titolo originario fondato sul fenomeno dell’attrazione personale (come l’usucapione) ma quello fondato su fenomeni di attrazione reale (come l’accessione). In quest’ultima figura l’acquisto non si determinerebbe per effetto dell’attività di un soggetto, quanto piuttosto per il particolare rapporto intercorrente tra il bene scaturito dall’utilizzo concreto dei diritti edificatori (l’immobile) e la res ossia il suolo, già appartenente ad uno dei coniugi. Applicando lo stesso ragionamento condotto dalla Corte ai diritti edificatori, una volta che essi siano stati sfruttati fino a dar vita ad un bene immobile, quest’ultimo tornerebbe ad inerire al fondo costituendo un’estensione del diritto di proprietà del suolo, dovendo dunque appartenere al titolare del fondo e non un nuovo bene. Cfr. M. L.MATTIA, Comunione legale dei beni e diritti reali limitati, in Studio C.N.N n. 524 del 2011/C. Approvato

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La lettera della norma esclude dal vincolo sia i ‹‹beni mobili›› che le ‹‹universalità di beni››, pertanto

può immediatamente evincersi che (ancora una volta), laddove si aderisse alla reificazione dei ‹‹diritti

edificatori››, essi non potrebbero essere ricompresi in un fondo patrimoniale dal momento che non

rientrano in nessuna delle categorie previste dall’art. 167 c.c., le uniche oggetto di tale destinazione.

Ove invece si aderisca all’impostazione secondo cui i diritti edificatori hanno natura reale

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è

pacifico che essi possano essere vincolati in fondo patrimoniale.

Infatti, attualmente, si riconosce la perseguibilità dell’interesse a tutela della famiglia anche solo

parzialmente e per periodi di tempo limitati

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.

Con riferimento ai diritti reali di godimento vincolati è bene porre l’attenzione alla particolare ipotesi

in cui i diritti edificatori scaturiscono da un terreno vincolato ai sensi dell’art. 168 c.c.

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In tal caso, applicando la disciplina generale prevista per l’istituto, è necessario rispettare gli artt. 168

e 169 c.c. che determinano un’estensione automatica del fondo patrimoniale ai frutti e tendenzialmente

alle ‹‹facoltà›› inerenti al bene principale e conseguentemente anche ai diritti edificatori.

Si è infatti già sottolineato come questi ultimi, fino alla loro effettiva circolazione o fruizione,

rappresentino una ‹‹facoltà›› strettamente collegata al vincolo di proprietà e, come tale sottoposta alla

medesima disciplina.

dalla Commissione, in Studi Civilistici, 14 giugno 2012, p. 5. L’Autrice riprende il ragionamento delle Corti e il pensiero di A. RUOTOLO , Comunione legale – Acquisti a titolo originario, in C.FALZONE eA.ALIBRANDI (a cura di), Dizionario enciclopedico del notariato, V, Roma, 2002, p. 71 ss. I diritti edificatori, possono inoltre costituire oggetto di una convenzione matrimoniale ai sensi dell’art. 210 c.c., nel rispetto dei principi inderogabili della comunione legale. Si ritiene infatti, che il mancato richiamo all’art. 2 –bis sia dovuto ad un mero difetto di coordinamento tra le due norme e che pertanto, la convenzione avente ad oggetto tali diritti possa essere validamente trascritta.

Con riferimento poi agli adempimenti necessari per l’ottenimento del titolo abilitativo maggiorato, è necessario immaginare il regime in cui i coniugi si trovino, per verificare chi debba eseguirli. Potrebbe infatti accedere che solo uno dei coniugi sia titolare dei diritti edificatori mentre il terreno si trovi in comunione legale o viceversa. Nel primo caso invero dovrebbe adempiere il solo titolare della potenzialità volumetrica, mentre nel secondo potrebbe adempiere indifferentemente ciascuno dei coniugi tenendo ovviamente presente le regole inerenti al compimento degli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione previste dall’art. 180 c.c.

480 Cfr. A.MINERVA, La cessione di cubatura alla luce dell’art. 2643 n. bis c.c., in Riv. not., 2013, 1, p. 112.

481 La dottrina che invece afferma l’inconciliabilità dei diritti edificatori con la disciplina del fondo patrimoniale, per la

presenza implicita di un termine apposto al fondo, basa la sua opinione principalmente sul fatto che tali diritti sono temporanei mentre la funzione del fondo patrimoniale è quella di far fronte ai bisogni della famiglia per tutta la durata del matrimonio o, in certi casi, con il raggiungimento della maggiore età dell’ultimo dei figli (art. 171 commi 1 e 2 c.c.). Cfr.V. DE PAOLA e A.MACRÌ, Il nuovo regime patrimoniale della famiglia, Milano, 1978, p. 239 ss. L’orientamento non può essere condiviso, sia perché è ammessa la possibilità per i coniugi di far venir meno il fondo patrimoniale, anche in presenza dei figli senza richiesta al giudice o per mutuo consenso o attraverso una previsione ab origine nell’atto costitutivo del fondo, sia perché è consentito ai coniugi perseguire gli interessi della famiglia mediante il fondo patrimoniale anche in modo temporaneo e parziale. Si veda al riguardo la sentenza del Tribunale di Milano, 6 marzo 2013, decr. 8725, in www.e-glossa.it, Il Tribunale, con una pronuncia innovativa, ha stabilito che i coniugi all’atto pubblico di modifica o di risoluzione dell’atto costitutivo del fondo patrimoniale, possano addivenire liberamente, senza la necessaria autorizzazione dell’autorità giudiziaria, nonostante la presenza di figli minori, allo scioglimento del fondo patrimoniale. L’autorizzazione deve invece essere richiesta ai sensi dell’art. 169 c.c. soltanto ove i coniugi vogliano alienare i beni facenti parte del fondo ovvero per darli in pegno, o ancora ipotecarli o infine nei casi di evidente utilità. Secondo il Tribunale alla revocabilità per mutuo consenso del fondo patrimoniale non può porsi un controllo giudiziario perché lo stesso non è previsto da alcuna norma di legge oltre al fatto che ciò si porrebbe in contrasto con l’esigenza di salvaguardia della autonomia privata dei coniugi.

482Si pensi al caso in cui si pretenda di utilizzare la volumetria scaturente da un terreno già vincolato a fondo

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Da ciò si evince chiaramente che se il fondo è vincolato ai sensi dell’art. 168 c.c. lo è anche la

volumetria su di esso esistente.

D’altra parte, se si ragionasse in modo diverso, si violerebbe il dato normativo dando vita ad un

escamotage elusivo del vincolo imposto a tutela dell’interesse e dei bisogni della famiglia.

Non può inoltre tacersi come la disciplina del fondo patrimoniale sia altresì compatibile con

l’impostazione che identifica i diritti edificatori in ‹‹crediti edilizi›› assimilabili alla circolazione dei titoli

di credito.

La ratio della deroga prevista dall’art. 167 c.c. risiede nella garanzia di pubblicità del vincolo che detti

titoli sono in grado di offrire a tutela degli interessi non solo della famiglia ma anche dei creditori

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Nel documento La cessione di cubatura (pagine 137-140)