Una volta individuate quali siano potenzialmente le modalità con cui il permesso amministrativo può
incidere sul contratto, è interessante
analizzare altresì quale possa essere la sorte di tale provvedimento
nel caso di invalidità del negozio che ha trasferito la volumetria, pur nella consapevolezza della
complessità del tema e senza la pretesa di completezza.
Per farlo si è ritenuto opportuno prendere in esame alcune specifiche vicende, al fine di mettere in
luce le possibili soluzioni operative
613.
Secondo la dottrina che sostiene la natura discrezionale dei provvedimenti edilizi la sfera
dell’autonomia delle parti e quella amministrativa sono distinte e tendenzialmente indipendenti
614.
Ne consegue che le vicende contrattuali non possono riverberarsi sull’operato della p. a. e viceversa.
Secondo tale dottrina il principio esposto assume una portata generale salvo il caso in cui sia lo
stesso legislatore a tipizzare la tangenza tra le due materie cosicché l’inefficacia del contratto possa
determinare l’annullamento del provvedimento (e viceversa), o qualora ‹‹(…) si riconosca alla pronuncia
del giudice una forza caducante così forte da travolgere anche il provvedimento od il contratto››
615.
Laddove però il permesso di costruire si riconduca ad un atto vincolato, è opportuno analizzare
almeno teoricamente, se le vicende civilistiche dei diritti edificatori possano astrattamente ripercuotersi
sui provvedimenti emessi dall’ente territorialmente competente, in virtù del fatto che l’invalidità del
presa in considerazione da entrambi i contraenti come fatto oggettivo e sia stata determinante per la stipulazione del contratto. L’ipotesi presa in considerazione esamina solo il caso in cui il contratto non sia stato ancora sottoscritto perché, in caso contrario, l’acquirente assume su di sé l’intero rischio e non può vantare pretese nei confronti dell’altra parte, salvo quanto meglio precisato nel paragrafo 6.
613 Come rilevato da un attento Autore, nella dottrina e nella giurisprudenza amministrativa il fenomeno è analizzato da
una diversa angolazione, come sorte del contratto a seguito dell’annullamento giurisdizionale del provvedimento amministrativo. Tuttavia come si rinviene in taluna letteratura, la problematica di fondo è la stessa, poiché mutatis mutandis e per il principio della logica aristotelica secondo cui se A è uguale a B, allora anche B è uguale ad A, le problematiche inerenti alla sorte del contratto, possono essere estese alla sorte del provvedimento a seguito di annullamento del contratto. In tal senso A.BARTOLINI,Circolazione dei diritti edificatori fra tecniche perequative e compensative, in Politiche urbanistiche e gestione del territorio tra esigenze del mercato e coesione sociale. Atti del Convegno di Pescara, 18-19 giugno 2014, p. 8.
614 Se infatti la separazione fosse netta ed assoluta si avrebbe la conseguenza che il vizio del provvedimento non
potrebbe determinare l’invalidità del contratto, né il vizio del contratto potrebbe annullare il provvedimento.
615 In tal senso A.BARTOLINI,Circolazione dei diritti edificatori fra tecniche perequative e compensative, cit., p. 9. L’Autore ritiene
che nessuna delle due eccezioni possa essere applicata al caso di specie. Non la prima perché manca una disciplina ad hoc che disciplini tale possibilità, non la seconda perché anche in via generale, la possibilità che la sentenza del g. a. determini un effetto caducante è molto discussa in dottrina ed in giurisprudenza. Per l’Autore l’invalidità che colpisce il contratto con cui si è trasferita la volumetria sembra dunque essere res inter alios acta tale da non poter incidere in alcun modo sul provvedimento pubblico, determinando solo un eventuale risarcimento del danno. In senso contrario non si può non rilevare che seppure è vero che la sentenza fa stato tra le parti, essa assume anche valore erga omnes cosicché non si può escludere che l’invalidità del contratto, seppure indirettamente, possa riverberarsi sul provvedimento amministrativo. In tal senso si veda G.TRAPANI,I diritti edificatori, cit., p. 439, che ritiene necessario un ripensamento di tali posizioni per il fatto che la novella del 2011 ha enfatizzato ‹‹il legame tra l’accordo tra i privati e l’intervento della Pubblica amministrazione in un ottica di migliore realizzazione della congerie di interessi pubblici in gioco››.
181
contratto determina il venir meno di uno dei presupposti tecnici necessari per il rilascio del titolo
abilitativo maggiorato
616.
Tenendo a mente tali osservazioni è possibile individuare tre ipotesi in cui, a fronte di un contratto
dichiarato invalido, si possono avanzare più ipotesi con riferimento alla sorte del permesso di
costruire
617.
La prima è certamente la più pacifica e riguarda il caso in cui la nullità del contratto sia rilevata prima
della richiesta del titolo abilitativo. In tal caso, anche qualora il cessionario presentasse la domanda
presso lo sportello preposto, la p. a., in mancanza di un titolo idoneo al rilascio del provvedimento
(ossia il contratto trascritto), negherà certamente il permesso di costruire.
Più complessa è l’ipotesi in cui l’Amministrazione abbia invece già rilasciato il permesso ma il
cessionario non abbia ancora iniziato la costruzione.
Al riguardo è opportuno osservare come la p. a., per stabilire se rilasciare o meno il permesso di
costruire, si basa esclusivamente sui dati esistenti al momento della presentazione della domanda,
effettuando una valutazione volta ad accertare che esistano tutti i requisiti richiesti dalla legge per
realizzare la costruzione.
616 L’ipotesi in esame invero è particolarmente complessa tanto da non poter essere esaurita in poche pagine. In estrema
sintesi si può affermare che a seconda dell’impostazione seguita le soluzioni prospettabili potrebbero essere quelle dell’annullamento di ufficio (conseguente a una presunta illegittimità dell'atto per sopravvenuta carenza di un presupposto) oppure della revoca (che prescinde dalla illegittimità dell'atto e presuppone una mutazione della situazione di fatto che aveva giustificato l'adozione di quel certo provvedimento).
617 Il riferimento riguarda non solo le ipotesi di micropianificazione urbanistica ma anche quelle di perequazione,
compensazione ed incentivazione ed infine il caso più generico della mera preesistenza di atti di asservimento sull’area oggetto di un intervento edificatorio. È interessante verificare ad esempio che cosa accada nel caso in cui lo strumento urbanistico muti durante la circolazione della volumetria. In passato la giurisprudenza riteneva che le variazioni introdotte dallo strumento urbanistico incidessero sull’area asservita, cosicché la cubatura sviluppata doveva essere adeguata alla nuova previsione. Più recentemente è invece intervenuto il Consiglio di Stato con la pronuncia del 9 luglio 2011, n. 4134 in Urb. app., 2013, 4, p. 383. La Corte ha statuito che le modifiche comportanti un nuovo indice edificatorio riguardano solo le aree libere e non invece quelle già edificate o vincolate in tal senso. «Le previsioni di piano (...) servono a conformare l’edificazione futura e non anche le costruzioni esistenti al momento dell’entrata in vigore del Piano o di una sua variante (...) ciò facendo con prescrizioni tendenzialmente a tempo indeterminato, in quanto conformative della destinazione dei suoli». Cfr. A.SAVATTERI, La cessione di cubatura alla luce delle ultime pronunce del Consiglio di Stato e delle norme in materia di trascrizione, cit., pp. 383- 384. Altro problema riguarda il caso in cui a seguito dell’alienazione di cubatura e prima del suo atterraggio intervenga una modifica del Piano Regolatore che appone un vincolo sul fondo cedente. Ci si è interrogati se tale vincolo coinvolga anche la cubatura del fondo cedente formalmente non ancora atterrata sul altro suolo o se invece riguardi il fondo cessionario. Poiché la p. a. non viene a conoscenza del trasferimento della volumetria fino a che non è presentata presso lo sportello unico dell’edilizia la richiesta del permesso di costruire da parte del cessionario, si ritiene che fino a quel momento per l’Amministrazione la volumetria rimane attribuita al fondo cedente con l’effetto che il cessionario si accollerebbe il rischio di un’eventuale perimento della cubatura prima del suo atterraggio. A tal riguardo deve sottolinearsi però che il contratto di trasferimento sottoscritto dalle parti è perfetto da subito cosicché la volumetria seppure non ancora atterrata non deve considerarsi già staccata dal fondo cedente. Se dunque il vincolo riguarda l’area dell’alienante, l’acquisto effettuato dal cessionario dovrebbe essere considerato salvo. D’altro canto la p. a. avrebbe raggiunto il suo obiettivo indirettamente in quanto l’intento di impedire l’edificazione in una certa area si sarebbe comunque verificato per effetto della cessione della volumetria, mentre il vincolo negativo della p. a. avrebbe solo un valore profuturo. Ciò ovviamente dipende dal tipo di condizione, sospensiva o risolutiva, che le parti avranno deciso di inserire nel contratto e che muterà inevitabilmente le conseguenze della vicenda descritta. Il problema non si pone invece laddove la volumetria sia già atterrata alla data dell’introduzione delle modifiche del Piano Regolatore. In tal caso infatti è già intervenuto il provvedimento di autorizzazione a costruire a favore del cessionario da parte della p. a. cosicché la posizione del fondo cessionario nulla può avere più a che fare con il fondo cedente.
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Ciò significa che la p.a. non è in grado di conoscere, né di valutare le vicende successive
all’emissione del titolo avente ad oggetto la capacità edificatoria.
Ne consegue che il provvedimento rilasciato non viene meno automaticamente, in caso di invalidità
del contratto, perché conforme al piano regolatore ed all’accordo privatistico presentato al momento
della domanda e preso in esame dal Comune
618.
Tuttavia, richiamando le regole generali dettate in materia di nullità, emerge che nel contratto
dichiarato nullo, le prestazioni già eseguite costituiscono un indebito perché prive di titolo e, in quanto
tali, restituibili ai sensi dell’art. 2033 c.c.
Pertanto teoricamente nell’ipotesi di nullità del contratto di trasferimento di volumetria, le parti
potrebbero chiedere indietro le prestazioni già eseguite, con l’effetto che il cedente avrebbe il diritto di
pretendere la cubatura alienata ed il cessionario la somma pagata.
Laddove il cedente abbia ottenuto dal g. o. (contestualmente o successivamente all’azione per far
valere la nullità del contratto) una pronuncia che riconosca la ripetizione dell’indebito, egli potrebbe
sollecitare la pubblica amministrazione alla rimozione del permesso di costruire su cui ha inciso la
sentenza, in modo che sia impedito al cessionario di edificare
619.
Inoltre basterebbe far leva sull’effetto retroattivo della nullità nei confronti delle parti e dei terzi, per
concludere che l’invalidità del negozio sarebbe in grado di travolgere anche il titolo in virtù del quale il
cessionario ha ottenuto il permesso di costruire che, conseguentemente, secondo una dottrina, sarebbe
esposto ad annullamento
620.
Pur non potendosi negare che nei trasferimenti di volumetria il legame esistente tra accordo
privatistico ed intervento della p. a. sia enfatizzato in un’ottica di migliore realizzazione degli interessi in
gioco, si ritiene che alcuni passaggi della ricostruzione appena effettuata siano discutibili.
618 Come già accennato nel capitolo I, le vicende di diritto privato e di diritto pubblico procederebbero lungo due binari
paralleli ‹‹(…) pur conducendo ad un unico risultato unitario (l’incremento della cubatura edificabile), non si incrociano, per cui le vicende del negozio concluso fra i privati e quelle del rapporto di diritto pubblico rimangono nettamente distinte ed in parte reciprocamente irrilevanti››. Cfr. N.A.CIMMINO, La cessione di cubatura nel diritto civile, cit., p. 1121.
619 In tal senso A.GAMBARO,Compensazione urbanistica e mercato dei diritti edificatori, in Riv. giur. edil., 1, II, 2010, p. 6; F.
GAZZONI,Cessione di cubatura, “volo e trascrizione”, cit., p. 6. I soggetti lesi possono avvalersi di una ‹‹doppia tutela›› che consiste nel poter esperire davanti al giudice ordinario le azioni ordinarie per ottenere tutela secondo le regole dettate dal codice civile e nel poter altresì impugnare davanti al giudice amministrativo il provvedimento illegittimo. Lo stesso tipo di tutela si può riscontrare anche per i soggetti terzi lesi. Si tratta di una tutela concorrente ma separata in quanto il privato è titolare di due diverse posizioni, di diritto soggettivo ed interesse legittimo. Si pensi al caso in cui un soggetto terzo sia stato leso dal permesso di costruire rilasciato dal Comune che viola le distanze minime tra edifici previste dal codice civile. In questo caso il soggetto terso potrà adire al giudice ordinario per la demolizione dell’edificio per violazione delle norme in materia di distanza e potrà poi impugnare davanti al giudice amministrativo il titolo abilitativo illegittimo. In tal senso Cons. Stato, Sez. VI, 13 giugno 2008, n. 2954, TAR Puglia, Bari, Sez. II, 9 giugno 2011, n. 847 in Foro amm. Tar, 2011, 6, p. 2090;
620 In tal senso sia consentito rinviare a M.LIBERTINI, Sui ‹‹trasferimenti di cubatura››, cit., pp. 681-682. Si veda anche A.
CANDIAN, Il contratto di trasferimento di volumetria di fronte ai rimedi sinallagmatici e al recesso, cit., p. 217. L’Autrice conduce lo stesso ragionamento, in tono critico, con riferimento alla risoluzione per inadempimento del contratto a fronte del quale la p. a. rilascia il permesso di costruire.
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Se da un lato è certo che l’invalidità del negozio determina l’estinzione delle situazioni giuridiche
costituite o scambiate nel contratto
621, è dubbio che tale effetto possa travolgere anche la validità del
permesso di costruire rilasciato antecedentemente alla sentenza dichiarativa di nullità.
Il dubbio deriva principalmente dalla netta separazione esistente tra gli interessi privati e quelli
pubblici che gravitano attorno al provvedimento amministrativo.
Tale distinzione sembra avere un riscontro normativo nell’art. 11 del d.P.R. 380 del 2001 che, al
secondo comma, stabilisce sia l’irrevocabilità del permesso di costruire, sia il fatto che detto permesso
‹‹non incide sulla titolarità della proprietà o di altri diritti reali relativi agli immobili realizzati per effetto
del suo rilascio››.
Dalla disposizione possono trarsi due importanti considerazioni per il ragionamento che si sta
conducendo.
La prima, è che la possibilità dei privati di agire con un’azione volta ad una riduzione in pristino, è
limitata alle sole ipotesi in cui è la stessa disciplina urbanistica ad ammettere l’annullamento del
permesso di costruire.
La separazione tra i due sistemi, pubblicistico e privatistico, impedirebbe alla retroattività del
contratto di ripercuotersi sul provvedimento amministrativo, che può essere oggetto di valutazione solo
in relazione agli interessi pubblici
622.
La seconda, attiene al fatto che, poiché il rilascio dell’autorizzazione non può incidere sulle posizioni
di diritto privato, l’eventuale annullamento del provvedimento dipende esclusivamente dal contrasto
con un interesse pubblico piuttosto che privato (che potrà invece essere fatto valere secondo i rimedi
del diritto civile).
Pertanto, nel caso in cui la p. a. abbia rilasciato il permesso di costruire a fronte di un contratto
dichiaro solo successivamente nullo, essa non sarà vincolata all’annullamento del titolo, per il fatto che,
quando l’autorizzazione è stata emessa, sussistevano tutti i requisiti tecnici richiesti dalla legge
623.
Ancor più complessa è infine l’ipotesi in cui il contratto venga dichiarato nullo dopo l’emissione del
permesso di costruire e la realizzazione del fabbricato.
621 A.BELFIORE, Risoluzione per inadempimento, in Enc. dir., XL, Milano, 1989, pp. 1307-1328.
622 Cfr. CANDIAN, Il contratto di trasferimento di volumetria di fronte ai rimedi sinallagmatici e al recesso, cit., p. 218. L’autrice rileva
per contro che il principio della separazione tra vicende privatistiche e pubblicistiche lascerebbe altresì intatti tutti i rimedi di cui dispone il cedente a prescindere dall’annullamento del provvedimento amministrativo. L’ostacolo sarebbe invero rappresentato dall’art. 2933 co. 2 c.c. che recita ‹‹Non può essere ordinata la distruzione della cosa e l’avente diritto può conseguire solo il risarcimento dei danni, se la distruzione della cosa è di pregiudizio all’economia nazionale››. La norma opera dunque in caso di conflitto di interessi tra privati, limitando il ripristino dello status quo ante.
623 Solo nel caso in cui la p. a. ritenesse illegittimo il provvedimento per contrasto con la normativa che lo regola, allora
potrebbe verificare altresì l’interesse pubblico alla sua rimozione riconoscendo più rispondente alle esigenze della collettività l’annullamento dell’autorizzazione, con la conseguenza che al cessionario non sarà più permesso di costruire stante l’avvenuto mutamento degli interessi in gioco. Nell’ipotesi così descritta il vizio di invalidità del contratto potrebbe dunque incidere sul provvedimento amministrativo, seppure solo in modo indiretto ed unicamente previa valutazione del caso specifico da parte dell’Amministrazione.
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Anche in tal caso vale quanto indicato nell’ipotesi precedente, con l’effetto che la caducazione del
contratto non comporta né un’immediata riespansione della volumetria come originariamente
appartenente al terreno cessionario, né l’automatica rimozione del provvedimento.
È tuttavia innegabile come l’invalidità del negozio determini, da un punto di vista urbanistico ed
edilizio, un danno ancor più grave di quello descritto nell’ipotesi precedente, in quanto, venendo a
mancare uno dei requisiti necessari per il rilascio del permesso di costruire e dunque per la realizzazione
della costruzione, l’immobile già edificato deve necessariamente ritenersi abusivo ex post
624.
In base al ragionamento condotto nel caso precedente, anche in tal caso il soggetto interessato
potrebbe far valere nei confronti della p. a. la sentenza con cui il giudice ordinario abbia accordato la
ripetizione dell’indebito.
Più precisamente, una volta comunicati allo Sportello Unico dell’edilizia la risoluzione del contratto e
la sentenza emessa dal g. o., l’Amministrazione potrebbe intraprendere una procedura di annullamento,
con effetto retroattivo, del titolo abilitativo maggiorato già emesso
625.
Tale possibilità sarebbe giustificata dal venir meno del contratto validamente trascritto che
costituisce, proprio ai sensi dell’art. 11 co. 1 del T. U. E., uno dei presupposti di legittimità per il
suddetto rilascio.
Ai fini dell’annullamento non è peraltro sufficiente la sopravvenuta illegittimità del titolo rilasciato
dovendosi invece dimostrare l’interesse pubblico alla rimozione della costruzione fino a quel momento
realizzata.
Ciò impone un’adeguata motivazione del provvedimento di ritiro, compiuta nell’ottica di un
bilanciamento degli interessi pubblici e privati, a sfavore del cessionario che, per effetto della
risoluzione del contratto, non è più titolare di alcuna posizione giuridicamente tutelata
626.
In sostanza l’annullamento potrebbe aversi solo se sussistesse anche un interesse pubblico attuale
tale da giustificare la lesione del privato.
Dunque se la p. a. ritenesse la suddetta decisione rispondente ad un interesse collettivo generale
potrebbe acconsentire alla soppressione della costruzione con l’effetto dell’automatica riespansione
della cubatura come era in origine (fatta eccezione per il caso di diverse pattuizioni previste dalle
parti)
627.
624 La ricostituzione della cubatura sul terreno su cui essa era originariamente sorta non può verificarsi fino a che sia
esistente la costruzione realizzata su altro suolo. Una dottrina ritiene a tal proposito i siano gli estremi per l’esercizio dell’azione di arricchimento senza causa. Si veda a tal proposito M.LIBERTINI, Sui ‹‹trasferimenti di cubatura››, cit., p. 82 ss.
625 Cfr. Cfr. CANDIAN, Il contratto di trasferimento di volumetria di fronte ai rimedi sinallagmatici e al recesso, cit., p. 218 ss.
626 È evidente che laddove vi sia un inadempimento contrattuale la posizione vantata dal soggetto non può mai
considerarsi legittima. È bene sottolineare che la giurisprudenza amministrativa si è espressa con una recente sentenza stabilendo che, nel caso in cui l’opera edilizia sia già iniziata e il soggetto non sia in buona fede, non è necessario dimostrare l’esistenza di un preminente interesse pubblico per ottenere l’annullamento del provvedimento. Cfr. Cons. Stato, 12 ottobre 2004, n. 6554 in www.giustizia-amministrativa.it.
627A.BARTOLINI,Circolazione dei diritti edificatori fra tecniche perequative e compensative, cit., p. 10. Potrebbe verificarsi che due