4. Tipizzazione di un nuovo diritto reale
4.1. Segue: i profili della tipicità e del numerus clausus
È necessario verificare quale sia il fondamento storico e giuridico del numerus clausus e della tipicità
per accertare se rappresentino l’eredità di una tradizione da considerarsi ancora attuale o se piuttosto
debbano essere reinterpretati alla luce delle nuove e diverse esigenze sociali.
Il principio del numerus clausus si è imposto con forza successivamente all’emanazione del Codice
Civile francese che ha disciplinato in modo espresso, oltre alla proprietà, solo sei dei diritti reali minori
che ancora oggi conosciamo, al fine di eliminare la tradizione consolidatasi nell’ancien regime, che
ammetteva un eccessivo numero di vincoli reali e personali tali da oscurare l’importanza giuridica e
sociale del diritto dominicale
294.
L’obiettivo di tale codificazione è stato pertanto quello di precludere la proliferazione di ulteriori
limiti (atipici) che potessero svuotare la proprietà del suo contenuto, così da garantire ‹‹una più
efficiente produzione agricola nel quadro del sistema generale e borghese››
295.
Se queste sono le principali ragioni storiche che hanno contribuito alla creazione di un nucleo
ristretto e predeterminato di diritti reali esse, a dire il vero, non rispecchiano da tempo le esigenze
dell’economia moderna
296.
294 Durante l’ancien regime la proprietà utile del gestore del fondo, veniva differenziata da quella eminente del clero e
dell’aristocrazia, così con la finalità di tramandare interi patrimoni, ed assicurare rendite fondiarie a ceti non più produttivi, impedendo conseguentemente l’alienazione di beni per molte generazioni ed indebolendo in tal modo la libertà commerciale. Pertanto, la lotta alla ‹‹mano morta ecclesiastica›› e alle ‹‹frodi pie›› (strumenti di accumulo delle ricchezze nelle casse del clero) è stata particolarmente forte durante tutto l’Ottocento ed ha portato alla creazione di una serie di regole che stabilivano limiti notevoli al divieto di alienazione e alle tecniche di consolidamento nella proprietà dei beni, come ad esempio agli usufrutti successivi.
295 In tal senso U.MORELLO, Tipicità e numerus clausus dei diritti reali, in Tratt. dir. reali. Prop. Poss. I Gambaro e Morello,
Milano, 2010, p. 69. Morello approfondisce le ragioni storiche che si trovano alla base del numerus clausus. L’impostazione si è potuta ripercuotere nell’Europa del XIX sec. in cui la frammentazione delle utilità, originate dal diritto dominicale ed attribuite a soggetti diversi dal titolare del fondo si è posta in contrasto con il principio della tipicità e del controllo delle limitazioni negoziali volti a garantire l’individuazione di ogni diritto soggettivo e la certezza deii traffici giuridici. Si veda a tal riguardo anche R.SACCO, Circolazione giuridica, in Enc. dir., VII, Milano 1960, p. 11 ss.
296Invero le opinioni della dottrina più risalente avrebbero fortemente influenzato gli orientamenti più moderni che solo
con difficoltà si stanno liberando dai condizionamenti del passato. In tal senso si veda G.VETTORI, Opponibilità, XXI, in Enc. giur., Roma, 1999, p. 6 ss. Le metamorfosi del sistema tradizionale sono numerose. Il più importante cambiamento è consistito nell’introduzione del sistema della pubblicità dichiarativa degli atti di trasferimento della proprietà e degli altri diritti reali mediante la c.d. trascrizione; in secondo luogo si sono diffusi contratti preliminari e di opzioni, diritti di prelazioni e vendite obbligatorie che hanno imposto una fase obbligatoria e una successiva fase reale (ravvicinando il sistema francese e tedesco a quello di common law ). Altro mutamento è consistito nell’affermazione di nuove figure estranee al nostro ordinamento, riconducibili ai diritti reali come il supercondominio o la multiproprietà. Si è assistito inoltre l’espansione dei vincoli contrattuali circa l’utilizzo dei beni e ad un notevole aumento di limiti alla proprietà tradizionalmente intesa, connessi soprattutto alle nuove esigenze di pianificazione urbana o di edilizia ma soprattutto legati ad un migliore utilizzo delle risorse, tanto da condurre ad un’idea di proprietà basata su un insieme di diritti di godimento e di disposizioni conformabili in cui il contenuto del diritto di proprietà cambia a seconda del suo oggetto o dei suoi limiti. Per maggiori approfondimenti si veda U.MORELLO, Tipicità e numerus clausus dei diritti reali, cit., p.71 ss.
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Negli ultimi trent’anni infatti si sono sviluppate da un lato numerose figure che, pur collocandosi al
di fuori dei diritti reali, presentano molti elementi di realità, basti pensare alla multiproprietà, al
supercondominio, alle servitù reciproche ed alle convenzioni urbanistiche, dall’altro si è altresì assistito
all’espansione dei vincoli contrattuali in grado di incidere sulla gestione e sulla destinazione dei beni,
attraverso figure come il trust o il vincolo di destinazione disciplinato dall’art. 2645-ter c.c.
297Parte della dottrina ritiene invero che numerus clausus e tipicità incarnino due limiti che, pur attenendo
ad aspetti differenti, sono profondamente collegati e complementari l’uno all’altro.
297 Altra ricostruzione assimila la cessione di cubatura dapprima al divieto di alienazione e poi al ‹‹vincolo di
destinazione›› in cui il titolare della volumetria impone al suo fondo ‹‹(…) una regolamentazione fatta di limiti e obblighi per raggiungere lo scopo cui era destinato››. Cfr. P. CALABRITTO, Applicabilità dei limiti del divieto di alienazione ai vincoli di destinazione, in Not., Milano, 2000, pp. 413-420. La cessione di cubatura tuttavia viola almeno due dei presupposti previsti per il vincolo di destinazione, essendo costituita con durata perpetua e producendo effetti verso i terzi stante la trascrivibilità dell’istituto mediante l’utilizzo del diritto di servitù o di superificie. L’art. 1379 c.c. impone invece un vincolo temporaneo che risponde ad un interesse apprezzabile di una delle parti, oltre ad avere efficacia solo tra esse non essendo opponibile ai terzi. Tali argomentazioni hanno indotto a ritenere che si potesse parlare di vincolo di non destinazione atipico, soprattutto per la preminenza dell’interesse pubblico che trova attuazione nelle norme del piano regolatore, la cui portata è tale da determinare una modifica della disciplina civilistica in ossequio al principio in virtù del quale il Comune ha il potere di ridistribuire la cubatura nelle singole zone previste dal piano. L’inidoneità del vincolo destinatorio di tipo obbligatorio, circoscritto ‹‹entro convenienti limiti di tempo››, ai sensi art. 1379 c.c. (così Cass., Sez. I, 27 settembre 1997, n. 9508, in Urb. app., 1998, p. 263), spinge la dottrina a prospettare l’utilizzo dello schema di cui all’art. 2645 –ter c.c., così da assicurarne anche la trascrivibilità al vincolo. In tal senso cfr. G.VIOTTI, Vincoli di destinazione convenzionali e loro efficacia nei confronti degli enti pubblici, in Vita not., 2001, p. 148. Questa ricostruzione è stata salutata con particolare favore perché garantisce alla cessione di cubatura l’opponibilità ai terzi stante il dettato dell’art. 2645 -ter c.c., sia per il fatto che, la norma, prevede un espresso riferimento alla ‹‹pubblica amministrazione››. A.FUSARO, Gli atti di impegno in materia edilizia e la loro trascrivibilità, cit., p. 922 . Tuttavia, siffatto tentativo si mostra fallimentare dinanzi alla considerazione che nella cessione di cubatura il fondo non viene destinato ad alcuno scopo, bensì viene privato sic et sempliciter della sua capacità edificatoria. Per contro si sottolinea che la cessione di cubatura non può essere assimilata all’art. 2645-ter c.c. in quanto la norma non può essere utilizzata per la trascrizione di vincoli urbanistici o di atti d’obbligo unilaterali soprattutto a seguito dell’emanazione dell’art. 2645 -quater c.c. che, in materia di circolazione ed opponibilità, fornisce soluzioni per i casi di conflitti tra titoli incompatibili stabilendo la trascrivibilità di tutti i ‹‹contratti o altri atti di diritto privato, anche unilaterali›› con cui si costituiscono vincoli attinenti alla pianificazione territoriale a favore dello Stato, delle regioni, di enti pubblici territoriali o di enti che svolgono attività di interesse pubblico, cosicché la trascrizione degli atti d’obbligo unilaterali e delle convenzioni urbanistiche non può essere ricondotta nell’art. 2645 ter c.c. Peraltro, solo con il rilascio del permesso di costruire cosiddetto ‹‹maggiorato›› si realizza l’interesse sotteso al vincolo di destinazione che, tuttavia, lungi dall’essere di natura pubblica, è quello prospettato dalle parti, ovvero l’utilizzazione della maggior volumetria sul fondo ad quem. La cessione di cubatura deve, pertanto, collocarsi al di fuori dell’ambito d’applicazione dell’art. 2645 -ter c.c. Per maggioi approfondimenti cfr. N.A.CIMMINO, La cessione di cubatura nel diritto civile, cit., p. 1138; F.FELIS, Superficie e fattispecie atipiche. La cessione di cubatura, cit., p. 644; A.FUSARO, I vincoli contrattuali di destinazione degli immobili, in F.GALGANO (a cura di), I contratti del commercio e dell’industria e del mercato finanziario, III, Torino, 1995, pp. 2329-2340; P. CALABRITTO, Applicabilità dei limiti del divieto di alienazione ai vincoli di destinazione, in Not., Milano, 2000, pp. 413-420; Cfr. M.C.DIENER, Il contratto in generale. Manuale e applicazioni pratiche delle lezioni di G. Capozzi, Milano, 2011, p. 518; Cfr.G.CASU, I negozi di destinazione a tutela della pianificazione urbanistica, in AA.VV., Negozio di destinazione: percorsi verso un’espressione sicura dell’autonomia privata. Relazioni presentate ai convegni di Rimini e Catania nel 2006, in Quaderni della Fondazione italiana per il notariato, Milano, 2007, p. 280. Si è tentata anche una ricostruzione come obligatio propter rem, rispetto alla quale il cessionario può esigere la prestazione nei confronti anche di qualunque proprietario anche successivo rispetto all’accordo intervenuto tra contraenti. L’atto di asservimento di un lotto, si presenta infatti come una qualità oggettiva del fondo stesso, al pari di un’obbligazione reale, con l’effetto di creare una particolare relazione pertinenziale che determina l’insorgere di un vincolo che si cristallizza nel tempo. Tale ricostruzione non può essere ammessa per la sua inidoneità a produrre l’effetto traslativo della volumetria proprio come già messo in luce per il contratto costitutivo di servitù. G.CECCHERINI, Il c.d. ‹‹trasferimento di cubatura››, cit., p. 73, è nel senso di escludere la possibile riconduzione dell’obbligazione del cedente la volumetria nel novero di quelle costituenti le obligationes propter rem. Inoltre, la circostanza che il provvedimento amministrativo prima dell’entrata in vigore del d. l. 2011 fosse) il presupposto di efficacia del trasferimento, mal si concilia con la natura stessa dell’obbligazioni propter rem che è invece considerata opponibile, anche agli aventi causa, come conseguenza della sola trascrizione.
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Il primo incide nella fase genetica del diritto impedendo all’autonomia privata di crearne di nuovi
298.
Il secondo ne rappresenta il contenuto e, da un lato, impedisce ai privati di gravare un bene di
vincoli ulteriori rispetto a quelli ammessi dalla legge, dall’altro assicura la certezza delle comunicazioni
esterne, al fine di tutelare i terzi che devono poter conoscere esattamente i vincoli gravanti sul bene
299.
Ad un primo esame delle loro caratteristiche, tali elementi sembrerebbero porsi come limite
invalicabile alla possibilità di introdurre nel nostro ordinamento altri diritti reali di nuovo conio
300.
Ponendo inoltre l’attenzione ad un’analisi economica del diritto, si potrebbe obiettare che la
creazione di ulteriori diritti reali tali da ampliare la categoria, rischierebbe di sfavorire la sicurezza delle
contrattazioni, l’alienazione dei beni ed infine il ricorso al credito con la possibilità di determinare
l’inefficienza del mercato
301.
Un’efficace circolazione dei beni deve presupporre la certezza dei poteri esistenti in capo al
proprietario o ai titolari di diritti reali, in quanto, in caso contrario, i terzi acquirenti non potrebbero
avere tutte le informazioni necessarie per individuare eventuali criticità e quindi stimarne correttamente
il valore e, allo stesso modo, i creditori non potrebbero accertare la congruità tra le garanzie richieste ed
i crediti erogati.
È stato d’altra parte messo in luce da una dottrina che nei sistemi continentali, come già avvenuto in
passato in quelli anglosassoni, si percepisca l’esigenza di un’estensione e di una maggiore conoscibilità
dei vincoli sui beni
302.
Analizzando i caratteri di entrambi i presupposti, emerge storicamente un’attitudine degli stessi a
sovrapporsi, con la conseguenza di estromettere i privati da qualunque potere nei confronti dei diritti
reali di godimento.
Ne consegue che il legislatore è l’unico a poter incidere con il proprio ed esclusivo giudizio sulla
tutela di quelle situazioni giuridiche, avendo la possibilità di coniare nuovi diritti reali per espressa
previsione normativa
303.
298 A.NATUCCI, La tipicità dei diritti reali, Padova, 1988, p. 171. L’Autore sottolinea nella sua opera che la costituzione di
diritti reali determinava di fatto una limitazione alla proprietà.
299Il criterio della ‹‹tipicità›› si riferisce più precisamente al divieto di analogia e dell’interpretazione estensiva. AA.VV,
Trattato dei diritti reali. Proprietà e possesso, cit., p. 77.
300 La rigidità dei connotati in esame è dovuta anche ad alcuni orientamenti particolarmente restrittivi che hanno
influenzato la letteratura. Si vedano G.VENEZIAN, Dell’usufrutto dell’uso e dell’abitazione, Napoli-Torino, 1936, p. 149 ss.; N. COVIELLO, Della trascrizione, in Dir. civ. it., Napoli- Torino, 1924 p. 243 ss.; L.BARASSI, I diritti reali, Milano, 1935, p. 46 ss.
301 Tale aspetto è stato messo in luce da M.COMPORTI, Diritti reali in generale, in Tratt. dir. civ. Cicu, Messineo e Mengoni,
Milano, 1980, p. 213.
302 Per maggiori riflessioni sull’argomento si rinvia a P.GROSSI, Percezioni medievali e moderne dei diritti reali, in Il dominio e le
cose, Milano, 1992, p. 439, 528 ss.;ID. Le situazioni reali nell’esperienza giuridica medievale: corso di storia del diritto, passim.
303 In Tal senso anche S.MEUCCI, La circolazione dei diritti edificatori, cit., p. 107. L’Autrice (per giustificare invero una
ricostruzione dell’istituto della cessione di cubatura in termini di bene autonomo) ripercorre le principali tappe storiche dell’affermazione della tipicità e del numerus clausus al fine sottolineando il diverso panorama giuridico della prima metà dell’Ottocento in Italia che ha favorito tale impostazione. Per un approfondimento relativo alla ricostruzione storica che ha portato all’emersione delle classi borghesi fornendo la spinta per la liberazione della terra dai pesi e vincoli di origine feudali, si veda G. VETTORI, Circolazione dei beni. Analisi di un principio, Milano, 1995, passim; Sull’importanza del ruolo della ‹‹codificazione›› si veda N.IRTI, Legislazione e codificazione, in Enciclopedia delle scienze sociali, Treccani, 1996.
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Questo fatto induce a ritenere che l’immutabilità dei diritti reali costituisca una limitazione rivolta
unicamente ai privati, che risulterebbero invero i soli destinatari delle disquisizioni dottrinarie.
Da ciò si deve dedurre che tali limitazioni non operano ove sia il legislatore a codificare una nuova
fattispecie
304.
La ragione di tale scelta risiede nel fatto che ciò che si intende garantire
non è tanto l’immutabilità
del contenuto dei diritti reali riconosciuti nell’ordinamento, quanto piuttosto la necessità, da un lato, di
evitare che i privati possano gravare il bene di ulteriori vincoli rispetto a quelli già previsti dalla legge,
dall’altro di tutelare acquirenti e creditori, facendo in modo che essi conoscano l’esatta situazione
giuridica del bene
305.
Storicamente si riteneva infatti che l’interesse generale alla libera iniziativa economica (intesa come
massima produttività dei beni) ed alla circolazione della ricchezza, potesse essere assicurato solo
mediante il rispetto della tipicità, laddove una qualunque deroga avrebbe comportato l’estensione
dell’opponibilità oltre i limiti riconosciuti per i privati dall’ordinamento
306.
Anche richiamando a supporto il canone logico si evince che la ratio del numerus clausus non possa
scaturire da un’esigenza di mera classificazione degli istituti giuridici, bensì attenga alla necessità di
garantire la certezza del diritto
307, che in materia di pubblicità, trova la sua esplicazione nella necessaria
predeterminazione normativa degli atti trascrivibili, impedendo la creazione di nuovi diritti reali sforniti
di una specifica disciplina sulla trascrizione
308.
Più semplicemente, tutti i diritti reali per essere ricompresi all’interno della suddetta categoria,
devono essere trascrivibili
309e ciò significa che, nel momento in cui è lo stesso legislatore, mediante una
304 Non esiste infatti nessuna riserva di carattere costituzionale in grado di limitare l’operato del legislatore pro futuro. M.
COMPORTI, Le cose, i beni, ed i diritti reali, cit., pp. 364-365.
305 U.MORELLO, Tipicità e numerus clausus dei diritti reali, cit., pp. 67 e ss. e 75.
306 A.BELFIORE, Interpretazione e dommatica nella teoria dei diritti reali, Milano, 1979, p. 580 ss. Si veda anche N.IRTI, L’età
della codificazione, cit., p. 4 ss. Nel ripercorrere le tappe della codificazione l’Autore fa riferimento al fatto che, nella declinazione delle regole di convivenza tra privati cittadini il codice definiva (anche) quale dovesse essere il ruolo del legislatore statale nella composizione del regime giuspolitico dei rapporti tra autorità e libertà.
307 E.BETTI, Teoria generale del negozio giuridico, cit., p. 42 ss.
308P.GRASSANO, La cessione di cubatura nel processo conformativo della proprietà edilizia privata, cit., p. 7. L’autore sostiene che i
diritti reali rappresentino un numero chiuso ‹‹in ragione del loro interesse prevalente per la società››.Nello stesso senso G. AMADIO, I diritti edificatori: la prospettiva del civilista, cit., p. 7. L’affidamento, che è uno dei pilastri su poggia la tipicità, deve assicurare ce l’autonomia privata si confronti con un apparato di misure idonee a rendere conoscibili e valutabili da parte di ciascun soggetto la struttura ed i limiti del nuovo modello di appartenenza del bene, al riguardo si veda P.SALVATORE, Nuove sembianze del dominium: le multiproprietà immobiliari, in Giurisd. amm., 2006, 4, 4, p. 78. Secondo l’Autore inoltre ‹‹non esiste alcuna contraddizione tra nuovi modelli reali, adeguatamente conformati, e certezza del diritto alla quale l’ordinamento possa ovviare- con misure molteplici ed in primis con sistemi di pubblicità- ove riconosca la meritevolezza in un determinato contenuto socio-economico di nuovi modelli di utilizzazione dei beni immobiliari››. Ciò vuol dire che la circolazione dei beni è garantita non tanto dalla tipicità quanto piuttosto dalle particolari modalità di circolazione dei beni, ossia dalla predisposizione di regole idonee a garantire la certezza del comportamento dei soggetti coinvolti, ne consegue che l’ordinamento come lascia spazio alla creazione di diritti obbligazione, allo stesso modo riconosce all’autonomia dei soggetti di creare nuovi diritti reali con l’unico limite della meritevolezza giuridica e del rispetto delle norme imperative.
309 La tipicità ed il controllo delle limitazioni negoziali relative alla disposizione e al godimento delle res opponibili a terzi,
trovano realizzazione mediante la circoscrizione dell’opponibilità stessa alle sole situazioni soggettive per le quali sussistono indici legislativi di realità. La dottrina dello scorso secolo ha recepito questo principio, che può essere così riassunto: identità dei concetti di realità ed opponibilità, bipartizione netta tra situazioni reali tipiche e opponibili, ed una restante massa di
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norma giuridica di primo grado
310, a riconoscere la possibilità di trascrivere i diritti edificatori, si supera
l’obiezione dell’atipicità del diritto estendendo il numerus clausus a nuove ipotesi
311.
È stato osservato che una volta che i ‹‹diritti edificatori›› sono stati espressamente contemplati
nell’art. 2643 n. 2-bis, sono diritti reali nominati, con l’effetto che il principio di tipicità è rispettato pur
in assenza di un’espressa e compiuta disciplina di detto diritto reale, disciplina che deve essere
necessariamente ricavata dall’interpretazione sistematica delle norme del codice civile e dalle leggi
speciali
312.
D’altra parte si può sottolineare come il codice civile non contenga alcuna norma dalla quale si possa
evincere il divieto espresso di costituire diritti reali diversi da quelli già codificati.
Non a caso alcuni autori ritengono che il principio di autonomia contrattuale previsto dall’art. 1322
co. 2 c.c., che consente a nuove fattispecie dotate di una tutela forte verso i terzi, di trovare asilo nel
nostro ordinamento se riconosciute meritevoli di tutela, non dovrebbe essere riferito solo ai negozi con
efficacia obbligatoria ma anche a quelli con efficacia reale
313, senza che ciò possa interferire in alcun
modo con il principio del numero chiuso che invero trova un diversa giustificazione nel sistema
314.
È infatti opinione diffusa che il numerus clausus rappresenti piuttosto un principio giuridico non
codificato, desumibile dalla legislazione nel suo insieme e giustificato, appunto, da principi di ordine
pubblico
315.
situazioni obbligatorie. Come osservato da S.MEUCCI, La circolazione dei diritti edificatori, cit., p. 108, molto tempo ci è voluto affinché la dottrina si liberasse da tali assunti.
310 Con il concetto di ‹‹norma di primo grado›› deve intendersi una norma di rango legislativo statale o regionale o anche
regolamentare, quale lo strumento urbanistico territoriale. Tale novità normativa statale sdogana, sotto il profilo civilistico, la fattibilità della pianificazione ‹‹perequata››, introducendo, definitivamente, nell’ordinamento giuridico italiano, il diritto edificatorio con una sua specificità. Il diritto può distaccarsi dal terreno cui attiene, così da circolare autonomamente ed indipendentemente dallo stesso, anche in aree discontinue e distanti tra loro. Nonostante, il novellato art. 2643 c.c. il legislatore ha comunque inteso salvaguardare l’autonomia degli enti locali i quali, mediante lo strumento urbanistico, possono ad esempio vietare o sottoporre a limitazioni la cessione di cubatura, laddove altra norma di legge di rango