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I servizi di Placement degli Atenei: un nuovo ruolo per l’Orienta mento al lavoro.

Vanna Boffo

3. I servizi di Placement degli Atenei: un nuovo ruolo per l’Orienta mento al lavoro.

Il tema del rapporto fra professioni e Alta Formazione si snoda anche attra- verso la centralita` dei servizi di Placement che, proprio nei paesi anglosassoni della fine del Novecento, giocarono un ruolo importante all’interno delle Univer- sita`, come attesta la letteratura e, in modo particolare il lavoro di ricerca di Lee

Harvey (1999, 2001, 2003). Fu proprio Harvey che sottolineo` l’importanza di creare un ponte fra universita` e mondo del lavoro attraverso i servizi di inseri- mento lavorativo, curando la loro costruzione come servizi di formazione al la- voro, di profilazione del se´ professionale, di costruzione delle caratteristiche per attivare autoimprenditorialita`. In tempi molto lontani rispetto agli attuali, Harvey teorizzava la necessita` per le Universita` di dotarsi di centri per promuovere la cultura dell’accesso al mondo del lavoro attraverso il rinforzo dell’idea che ci si educa al lavoro, ci si forma, ma non ci si addestra o solo si acquisiscono le abi- lita` necessarie per compierequel lavoro.

« Recruitment practices of the employer are a key element in the process by which gradua- tes get jobs. However, despite ‘scientific approaches’, almost all employers in the Gradua- tes Work survey exhibited some bias in their recruitment processes, most noticeably discri- minating against older graduates » (Harvey, Moon, Geall & Bower, 1997).

I servizi di Placement sostengono, approfondiscono, istruiscono e orientano, compiono una funzione che amplia il curriculum laddove il corso di studi non puo` giungere. Sappiamo che e` nevralgico il rapporto con il mondo del lavoro per imparare a comprenderlo e conoscerlo ancor prima di porsi il problema della professione da intraprendere. Se, da una parte, la dimensione di interdisciplina- rita` e multidisciplinarita` dovrebbe essere assunta come propria dai corsi di studi nel veicolare le conoscenze, dall’altra, il mondo del lavoro dovrebbe entrare nelle aule, nelle lezioni attraverso i mezzi che sono propri ai contesti professionali: di- dattichework-related, testimonianze, metodologie di peer-tutoring e di experen- tial learning. Il Career Service e` un punto di riferimento per collegare Universita` e mondo del lavoro. In tal senso, in Italia, il Ministero del lavoro ha supportato proprio la nascita, lo sviluppo e la diffusione di Uffici per l’Orientamento al la- voro e il Placement dei laureati. Scrivono Candia e Cumbo nel rapporto finale del Progetto FIxO 2013-2015:

« Sin dall’inizio il Programma, che non a caso si chiama ‘‘Formazione e innovazione per l’occupazione’’, ha avuto l’obiettivo di ridurre i tempi della transizione istruzione-lavoro e di valorizzare il capitale umano formato nelle universita`, sostenendo tutti quei servizi che negli atenei favoriscono l’ingresso nel mercato del lavoro dei laureati, in modo coerente con i percorsi di studio e di ricerca effettuati. Per questo motivo FIxO ha fornito un soste- gno economico a universita`, imprese e laureati per svolgere:

*Attivita` di orientamento e accompagnamento personalizzato verso il lavoro;

*Tirocini extracurriculari e tirocini ad alto contenuto di innovazione (project work inno-

vazione);

*Attivita` formative per l’avvio di spin off; *Percorsi formativi per l’autoimprenditorialita`;

*Servizi di supporto per l’occupazione nell’ambito del trasferimento tecnologico; *Percorsi di apprendistato di alta formazione e ricerca » (Candia & Cumbo, 2016: 6).

Indubbio e` che ancora molto debba essere fatto perche´ si passi da fasi di sperimentazione a fasi di attuazione e di consolidamento. Sono almeno tre le mo- tivazioni che dovrebbero condurre le Universita` a investire nei Career Service,

come le Politiche dell’Alta Formazione attestano (Dey & Cruzvergara, 2014). Le implicazioni per l’Universita` riguardano Didattica, Ricerca e Terza Missione. In un illuminante articolo, Ranga (2015) attesta che la centralita` dell’employability nel- l’Alta Formazione comporta una interessante modificazione a livello di forma- zione ‘‘in servizio’’, potremo affermare. La didattica dovrebbe cambiare passo e trasformarsi da istruttiva e trasmissiva a creativa e work-centred. Non si tratta di cambiare strutture, si tratta di modificare l’approccio all’insegnamento universita- rio, non e` un problema di tecniche, come molti studiosi sostengono, cio` che deve modificarsi e` la consapevolezza che la didattica rappresenta uno strumento per una formazione piu` ampia, piu` profonda, piu` integrale. In questo, non dob- biamo distanziarsi troppo da quello che la tradizione della Bildung ha portato fino a noi a partire dalla paidea greca in avanti. Oggi, interpretiamo il cambia- mento con le tecniche:e-learning, work-related learning, peer-learning, labora- tory learning e, conseguentemente, e-teaching, work-related teaching, potremmo continuare. Il Career Service dovrebbe essere un luogo potenzialmente collegato con i corsi di studio e con le discipline. Al centro di una visione comune si situa proprio una formazione integrale che, essendo integrale, non riguarda solo cono- scenze, ma anche competenze, capacita` e responsabilita`. Tutto cio` e` richiamato dalla categoria, complessa e ardua, di employability come e` stato precedente- mente illustrato.

Il secondo motivo della centralita` dei Career Service riguarda la ricerca che sempre piu` dovrebbe svilupparsi come interdisciplinare, multidisciplinare, tra- sversale, poliedrica e interconnessa, sia di base che applicata. Sappiamo che e` ne- cessaria una ricerca che sia capace di investire nel futuro, scientifica, sociale e umanistica. Cio` significa formare laureati che abbiano visioni del mondo globali che sappiano guardare oltre.

Il terzo motivo riguarda la terza missione a cui le Universita` sono chiamate con sempre maggiore insistenza. Favorire l’imprenditorialita`, costruire imprenditi- vita`, creare il senso dell’enterpreneurship sono azioni che non possono essere improvvisate. Altrettanto, spin-off e start-up, gioielli del trasferimento tecnologico hanno bisogno di essere pensati, da lontano. Il Career Service in congiunzione con gli incubatori universitari puo` creare le sinergie originarie, puo` evidenziare quelle connessioni che attualmente rimangono implicite. Sono tre assi strategici delle Universita` attuali, in Italia sappiamo che non esistono connessioni tra tali li- nee di azione altro che a macchia di leopardo. Potremo citare l’uno Ateneo piut- tosto che l’altro. Non si tratta di creare eccellenze, si tratta di lavorare ad un cam- bio di paradigma, di cui l’Orientamento al lavoro e` un pilastro importante e im- prescindibile.

4. Conclusioni.

Infine le competenze. Sembra un termine magico e invece potrebbe essere una chiave di volta. Ci confondiamo tra competenze tecniche e soft skills, le

aziende prediligono competenze trasversali a quelle piu` squisitamente tecniche. E questo e` un problema per i laureati. Una ricerca recentemente terminata (Boffo, Del Gobbo, Gioli & Torlone, 2017: 161-198) rileva come i laureati impie- ghino circa un anno per orientarsi nel mondo del lavoro e per decidere a quale direzione agganciare il proprio progetto di vita. I laureati sono consapevoli della strada da percorrere solamente dopo i primi sei mesi dalla laurea. Cosa fanno nei primi mesi dopo il traguardo raggiunto? Cosa possiamo fare per abbattere il senso di fragilita` a cui ogni transizione importante conduce? Puo` l’Universita` in- terrogarsi su questi aspetti cosı` profondi che segnano il passaggio dalla forma- zione al lavoro?

Gli interrogativi sono leciti e dovremmo porceli come docenti e come uo- mini e donne interessati al futuro del paese oltre a quello dell’istituzione Univer- sita`. Conosciamo l’importanza di investire in qualita` e quantita` per l’Alta Forma- zione, dovremmo riflettere maggiormente se e come nelle nostre micro-situazioni dei corsi di studi, del rapporto diretto con gli studenti, della pratica quotidiana della professione docente possiamo trasformare e cambiare le direzioni delle no- stre azioni.

Il nesso fra Professione e Universita` passa infatti per la quotidianita` dell’eser- cizio del mestiere dell’educazione. In fondo, cio` che compiamo ogni giorno sono serie di azioni educative che divengono formazione dei nostri studenti e poi lau- reati e poi future leve del paese o del mondo.

Per cambiare l’Universita` italiana non dovremmo dimenticare che abbiamo a disposizione gli strumenti della professione come docenti, come ricercatori, come innovatori. Una riflessione piu` approfondita su questi aspetti sarebbe importante. Partendo dagli adulti che l’Universita` dovrebbero guidarla con alto senso del fu- turo, con alto senso del cambiamento, con alto senso educativo. Interpretando ognuno una comune visione pedagogica per il domani del nostro mondo.

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