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La rete dei servizi socio-educativi

5. La città e le sue residenzialità: il contributo dell’Urbanistica

1.2 Emergenze, sfide e utopie pedagogiche: tempi e luoghi della

1.2.3 La rete dei servizi socio-educativi

Dopo una rassegna delle possibili agenzie del territorio, si fa ora accenno, in generale, ai servizi socio-educativi. Servizi che fanno parte del sistema non-formale, ma con una declinazione particolare. Come le altre istituzioni, infatti, sono aperti a molteplici esigenze ed età differenti, ma promuovono particolari forme di educazione. Un’educazione che spinge gli utenti verso il proprio futuro per migliorarlo o meglio, potremmo azzardare, per “recuperarlo”. Un’educazione che giunge a questo obiettivo ricostruendo un passato da ripristinare, una strada da ritrovare. Contesti che determinano, nel profondo, il benessere o meno di una comunità e che possono rendere una città veramente

educativa, nella prospettiva di molteplici orizzonti. Possiamo parlare, in modo più corretto, di veri e propri setting che “vanno oltre” rispetto alle istituzioni prese in considerazione nella trattazione del sistema formativo integrato e che si fanno carico ancor più, o comunque in modo differente, della progettazione esistenziale dei singoli soggetti, perché mirano anche a quelli in situazione di rischio psico-sociale: abbandono, povertà estrema, tossicodipendenza, abuso, sfruttamento, ecc. Setting che prendono vita nelle strutture socio-educative di affido per minori, nelle comunità terapeutiche che prevengono, educano e recuperano particolari forme di disagio psico-sociale, nei servizi residenziali o semi-residenziali per anziani61 e addirittura nella strada, raggiungendo in prima persona i cittadini.

Ma cosa si intende col termine setting? “In senso molto generale”, spiega Liliana Dozza, rifacendosi a sua volta alla definizione di Zucchini,“si può definire il setting come un’istituzione, ossia una struttura organizzata degli spazi, dei tempi, delle regole-relazioni (rapporti di potere) intercorrenti tra fornitori e fruitori di una funzione socialmente utile”.62

Il setting è perciò un campo fisico e mentale63: fisico perché è pur sempre una cornice, un contenitore, un contesto dato da spazi e tempi; mentale perché vi si intrecciano relazioni fondamentali in cui operatori e fruitori crescono vicendevolmente, ripensando

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Tipologie tra loro un po’ differenti, che spaziano dalla casa di riposo alla comunità, dalla casa protetta al centro diurno assistenziale. Sottolineiamo che sono strutture dedicate ad anziani parzialmente o del tutto non autosufficienti, per questo differenti da quelle (a cui abbiamo fatto cenno elencando, seppur in modo incompleto, le risorse istituzionali del territorio) e alle quali, lo si è anticipato, dedicheremo l’ultimo capitolo di questa tesi. Qui, invece, vi è la necessità di intervenire prevalentemente sulla cura dell’anziano. È bene sottolineare però che, quando possibile, comincia a nascere anche in queste strutture l’idea di una maggiore apertura al territorio, per una continua progettualità, per un sostegno che sia, ancora, in un certo senso, finalizzato all’evolutività delle persone. Si configurano, infatti, come “Centri sociali-ricreativi-culturali” aperti a tutte le generazioni. Qui, invece, vi è la necessità di intervenire prevalentemente sulla cura dell’anziano. È bene sottolineare però che, quando possibile, comincia a nascere anche in queste strutture l’idea di una maggiore apertura al territorio, per una continua progettualità, per un sostegno che sia, ancora, in un certo senso, finalizzato all’evolutività delle persone.

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Dozza L. (2007), Professioni educative per il sociale, in Cerrocchi L., Dozza L. (a cura di),

Contesti educativi per il sociale, Erickson, Trento, p. 27 – Zucchini G. (1978), Setting psicoanalitico e istituzione psichiatrica, in Fornari F. (a cura di), Psicoanalisi e istituzione, Le

Monnier, Firenze, pp. 88-89.

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le proprie personalità, modificandole in uno scambio perenne. Portando avanti, in base agli obiettivi, un particolare progetto educativo. In definitiva, “il set-setting64 di una struttura residenziale, semiresidenziale o socio-educativa è un campo fisico e mentale che via via si definisce e si modifica, per essere proprio quello che serve a quei particolari utenti ed educatori in quel particolare territorio”.65 Di un particolare

territorio sottolinea Liliana Dozza. Di una particolare città,

diciamo ugualmente noi. Di quella stessa città che deve farsi educativa anche nel progettare e gestire una rete di servizi come questi. La complessità odierna, le difficoltà del nostro quotidiano, le situazioni dei nostri territori, creano un senso di impotenza nel muoversi verso una simile direzione. Invece l’ottica da seguire, e che accompagna queste pagine, è quella di un impegno che si faccia “promozione umana”66 nella prospettiva di una autentica promozione territoriale affinché “la memoria collettiva della gente la riconduca nel tempo all’immagine del proprio protagonismo nella costruzione di un pezzo della storia della

comunità”.67 Cittadini, perciò, che partecipano attivamente e lo

fanno per il proprio territorio. Per tutti gli abitanti, per le loro esigenze, le più disparate. Per risolvere situazioni problematiche attraverso un cambiamento consapevole e progettato. Per dare vita ad una comunità educativa, ad una rete di servizi in grado di rinnovarsi e, presupposto fondamentale, di collegarsi. Ma come procedere concretamente nella costituzione di una tale rete e nella sopravvivenza di tali contesti? Marcato suggerisce di tenere ben saldi almeno sei punti68:

64Liliana Dozza spiega che “setting è un termine inglese che deriva dal verbo set: la radice

indoeuropea di set è sta (che designa la stabilità) e ci rimanda a istituire (in-statuere) e

istituzione. Significa organizzare, mettere a punto, disporre, stabilire e stabilizzare qualcosa. Il setting ha a che vedere con l’attività di fissare le condizioni di funzionamento di una cosa o di

una situazione introducendo parametri di continuità e di regolarità; ha a che vedere con tutto ciò che costituisce il contenitore, la cornice, il confine organizzativo in cui una cosa o un’attività umana viene disposta. Set o assetto è l’ossatura procedurale (p.27).

65

Ibidem, p. 33.

66

Marcato B. (2007), in Cerrocchi L., Dozza L. (a cura di), Contesti educativi per il sociale, Erickson, Trento, p. 89.

67

Ibidem

68

1) individuare nel territorio gli elementi di continuità, ma anche di rottura con il passato. Ciò significa collocare consapevolmente nel contesto, in quelli che sono i suoi processi, l’intervento educativo. Questo per far perno su ciò che già c’è e funziona e per sapere dove occorre andare oltre.

2) Essere consapevoli del fatto che difficilmente l’idea iniziale si realizzerà come è stata ipotizzata e pianificata. Troppi fattori imprevisti e soggetti al cambiamento: nuovi programmi, ulteriori problematiche, risorse umane ed economiche non più disponibili, ecc.

3) Essere in grado, proprio a causa di quanto appena osservato, di continuare a credere nelle idee iniziali che animano il progetto e, soprattutto, nelle relazioni tra le persone. Relazioni che si fondano su motivazioni comuni, su un progetto di costruzione della realtà.

4) Fare continuamente ricerca. Continue esperienze, nuove elaborazioni di teorie. Il tutto nel quadro di in una costante evoluzione.

5) Saper sostenere il fatto che non sempre vi siano risultati visibili ed imminenti soddisfazioni.

6) Saper inoltre, proprio per questo, rimettersi costantemente in gioco e procedere oltre.

Sfide e utopie, ancora una volta.

1.3 Le città educative: documenti, progetti, iniziative