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La sicurezza alimentare inquina?

Nel documento Food Cultures and Law (pagine 170-174)

I legami funzionali tra il diritto al cibo e il diritto alla salute sono particolarmente stretti nelle problematiche che interessano la si- curezza alimentare. Possono creare conflitti non solo tra ministeri della salute e dell’agricoltura, ma anche con quelli dell’ambiente. Al riguardo merita di essere approfondito, a titolo di esempio attuale, il comunicato pubblicato in data 4 gennaio 2018 sul sito del Ministero dell’Ambiente – peraltro senza numero di proto-

collo – sotto il titolo giornalistico: «Shopper: ecco la circolare ministeriale interpretativa»25.

Il documento trae origine da una riforma delle norme sulle borse di plastica commercializzabili intervenuta in attuazione tardiva di una direttiva UE, riforma entrata in vigore in data 13 agosto 2017 ma applicabile solo dal 1 gennaio 2018. La “direttiva 2015/720/ UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 29 aprile 2015 modifica la precedente direttiva 94/62/CE prescrive che

Gli Stati membri adottano le misure necessarie per conseguire sul loro territorio una riduzione sostenuta dell’utilizzo di borse di plastica in materiale leggero. Tali misure possono comprendere il ricorso a obiet- tivi di riduzione a livello nazionale, il mantenimento o l’introduzione di strumenti economici nonché restrizioni alla commercializzazione in deroga all’articolo 18, purché dette restrizioni siano proporzionate e non discriminatorie. (…) Le misure adottate dagli Stati membri inclu- dono l’una o l’altra delle seguente opzioni o entrambe: a) adozione di misure atte ad assicurare che il livello di utilizzo annuale non superi 90 borse di plastica di materiale leggero pro capite entro il 31 dicembre 2019 e 40 borse di plastica di materiale leggero pro capite entro il 31 dicembre 2025 o obiettivi equivalenti in peso; b) adozione di strumenti atti ad assicurare che, entro il 31 dicembre 2018, le borse di plastica in materiale leggero non siano fornite gratuitamente nei punti vendita di merci o prodotti, salvo che siano attuati altri strumenti di pari efficacia.

Le borse di plastica in materiale ultraleggero fino a 50 micron possono essere escluse da entrambi le misure.

Il decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, convertito con mo- dificazioni dalla L. 3 agosto 2017, n. 123 (in G.U. 12/08/2017,

25. http://www.minambiente.it/comunicati/shopper-ecco-la-circolare-mini- steriale-intepretativa.

n. 188), ha disposto (con l’art. 9-bis, comma 1, lettera g)) l’in- troduzione dell’art. 226-bis nel d.lgs. 152/2006, mantenendo il precedente regime di commercializzazione delle borse di plastica non biodegradabili e compostabili, basato su un divieto generale con deroghe per particolari tipi di borse di plastica per generi ali- mentari con determinate percentuali di plastica riciclata. Inoltre ha stabilito che tutte le borse di plastica esentate dal divieto “non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unita’ deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti trasportati per il loro trami- te”. La comunicazione del direttore generale omette di informare sulle statistiche di utilizzo annuale delle borse di plastica. Non menziona neppure che a norma del nuovo art. 219 co. 3 let. d-bis d.lgs. 152/2006 le stesse borse devono informare sugli «impatti delle borse di plastica sull’ambiente e le misure necessarie al rag- giungimento dell’obiettivo di riduzione dell’utilizzo di borse di plastica», obiettivo di prima 90 e poi 40 borse annue non specifi- cato dalla legislazione italiana. Piuttosto si affretta a chiarire «la possibilità, da parte del consumatore che non intende pagare la borsa ultraleggera, di utilizzare, al posto della stessa, imballaggi portati dall’esterno del negozio».

A questo punto si precisa che è consentito «l’utilizzo di sac- chetti di plastica monouso, già in possesso della clientela, che però rispondano ai criteri previsti dalla normativa sui materiali destinati a venire a contatto con gli alimenti», cioè «non utilizzati in precedenza».

Sul punto, il Ministero della salute ha poi addirittura ritenuto indispensabile una conferma al Consiglio di Stato il quale con il parere CS 859/2018 del 29. 3. 2018 ha aggiunto:

Ciascun esercizio commerciale sarà tenuto, secondo le modalità dallo stesso ritenute più appropriate, alla verifica dell’idoneità e della con-

formità a legge dei sacchetti utilizzati dal consumatore. (…) In quanto soggetto che deve garantire l’integrità dei prodotti ceduti dallo stesso, può vietare l’utilizzo di contenitori autonomamente reperiti dal consu- matore solo se non conformi alla normativa di volta in volta applicabile per ciascuna tipologia di merce, o comunque in concreto non idonei a venire in contatto con gli alimenti.

Se pertanto siano utilizzabili anche contenitori non monouso por- tati dai consumatori resta un enigma.

In sostanza, il Ministero dell’Ambiente ha ignorato in ogni caso le strategie di riduzione dell’uso delle borse di plastica che vanno per la maggiore negli altri paesi UE e non UE. Negli Stati Uniti si utilizzano ad es. imballaggi cartacei agevolmente rici- clabili e compostabili. In altri paesi UE si utilizzano cartoncini, gabbie e reti, borse di stoffa lavabili, anche equi-solidali perché prodotti in paesi di povertà. Infine, non spiega se le norme si ap- plicano solo ai supermercati o anche ai mercati locali.

Il problema affrontato dalla circolare è molto più generale e richiederebbe una riflessione sostanziale anziché formale sul diritto a un cibo reso “adeguatemente” sicuro. Per ridurre l’uso della plastica non è certo sufficiente riciclare borse obbligatoria- mente monouso, ma occorre cercare delle alternative. Secondo i fautori della plastica, l’imballaggio di frutta e verdura in plasti- ca facilita tuttavia la conservazione e quindi previene lo spreco. Inoltre, e questo è forse l’aspetto più paradossale delle norme, proprio nella misura in cui il diritto al cibo include un diritto all’informazione alimentare, si pone il problema di come tra- smettere le informazioni relative ai prodotti. Consistenza, peso, origine e prezzo non necessariamente devono essere scritte sul pomodoro. Le garanzie di origine e qualità, in particolare quelle biologiche, ma anche le date di produzione o raccolta, imballag- gio e scadenza, sono componenti di un’etichettatura più facile da

applicare alla plastica che al cibo direttamente. Sono parados- salmente proprio gli obblighi di informazione del consumatore a contribuire all’inquinamento di plastica. Forse un alleggerimento pratico potrebbe derivare dalla loro digitalizzazione.

Nel documento Food Cultures and Law (pagine 170-174)