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RATEI E RISCONTI PASS

D) RETTIFICHE DI VALORE DI ATTIVITA’ FINANZIARIE

2.4 sistema del reddito e del patrimonio

Dopo avere fatto un’analisi di quella che è la struttura della contabilità applicata nelle aziende in generale e aver evidenziato quelle che sono le modifiche da apportare per l’applicazione nelle aziende agrarie, vado a analizzare quelli che sono i sistemi contabili esistenti con lo scopo di individuare il più adatto per le aziende agrarie.

Il sistema contabile stabilisce i criteri in base ai quali individuare i fatti amministrativi da sottoporre a rilevazione ed il loro esercizio di competenza. I due principali sistemi contabili sono:

- sistema del reddito - sistema del patrimonio

Il sistema del reddito poggia sul presupposto di rilevare i fatti amministrativi al momento dello scambio con economie esterne, cioè nel momento in cui i componenti del reddito (ricavi e costi) si rendono manifesti sotto l’aspetto finanziario mentre nel sistema patrimoniale i ricavi e i costi si verificano nel momento in cui il valore del patrimonio netto aumenta o diminuisce, a prescindere dall’effettiva traduzione in componenti finanziarie di capitale. Quindi si può dire che, mentre il sistema del patrimonio assume come campo di osservazione tutte le componenti patrimoniali, il sistema del reddito si interessa solamente delle componenti finanziarie del patrimonio. Infatti il sistema del reddito si interessa dei fatti di gestione esterna, trascurando gli incrementi e decrementi patrimoniali che non si traducono in movimenti finanziari.

21Leonardo Casini, Gabriele Scozzafava “ La multifunzionalità dell’agricoltura nelle zone montane marginali” Firenze University Press, 2013 pagina 42

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Di conseguenza, i costi e ricavi, assumono significati diversi nel sistema del reddito e del patrimonio.

Nel sistema del patrimonio è ricavo la produzione di un determinato prodotto, mentre nel sistema del reddito tale ricavo si realizza solo al momento della vendita del prodotto stesso. Se analizzo i costi posso dire che nel sistema del reddito è costo l’acquisto di un fattore della produzione mentre nel sistema patrimoniale è costo la sua utilizzazione effettiva. Nell’amministrazione delle aziende agrarie dal momento che in un determinato esercizio non tutti i ricavi si realizzano sotto forma di incasso, così come non tutti i costi si presentano sotto forma di spesa monetaria, per stabilire la rilevanza amministrativa dei singoli fatti può essere più opportuno utilizzare il sistema del patrimonio. Per capire meglio quanto prima detto basta fare l’esempio di un impianto di alberi da legno da alto fusto (ad es. un pino od un abete), che teoricamente (se si trascurano eventuali tagli di diradamento o contributi/premi di Enti pubblici) si sviluppa per un ciclo produttivo lungo, dando un prodotto solo al termine dello stesso, quando l’albero ha raggiunto le caratteristiche per poter essere tagliato e messo sul mercato. Il primo anno (anno in cui si effettua l’impianto) si avranno solamente costi legati alla lavorazione ed eventuale fertilizzazione del terreno, alle buche, all’acquisizione delle piante, ed alla messa a dimora delle stesse, mentre ricavi saranno pari a zero. Negli anni successivi i costi saranno più bassi ma i ricavi, in assenza di eventuali ricavi per diradamenti, saranno ancora nulli. I ricavi, infatti, avrò verranno realizzati tutti insieme nell’anno in cui vengono vendute le piante in quanto pronte per il taglio.

Partendo da quanto prima detto, e cioè che Il sistema del reddito poggia sul presupposto di rilevare i fatti amministrativi al momento dello scambio con economie esterne, mentre nel sistema patrimoniale i ricavi e i costi si verificano nel momento in cui il valore del patrimonio netto aumenta o diminuisce, a prescindere dall’effettiva traduzione in componenti finanziarie di capitale, posso già capire quale sarebbe l’effetto dell’usare il sistema del reddito in agricoltura per colture quali le piantagioni di alto fusto. Con il sistema del reddito tutti i ricavi (e, di conseguenza, gli utili) sarebbero imputati all’anno di taglio, mentre con il sistema del patrimonio si registra un aumento di valore tutti gli anni, legato alla crescita degli alberi e dal fatto che variano le aspettative di benefici futuri. Questa può essere una imputazione più “realistica” (anche se rischiosa) dei ricavi, in quanto non è ragionevole pensare che, in una piantagione di alto fusto che dura anche 60-80 anni, tutti gli utili siano effettivamente prodotti nell’anno di taglio, anche se solo in quell’anno sono stati realizzati.

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In agricoltura, infatti, c’è da considerare il ciclo biologico e l’aspetto legato alla cura e sviluppo dello stesso da parte dell’imprenditore. Ogni specie di pianta ha un suo ciclo biologico e avrà bisogno di un certo numero di anni per poter raggiungere la maturità commerciale e quindi essere immessa sul mercato e venduta/trasformata. In alcuni periodi del ciclo, questo procede autonomamente anche in assenza di azioni dell’imprenditore volte a modificare il ciclo a suo vantaggio. Inoltre la lunghezza del ciclo spesso determina una produzione discontinua, che viene ottenuta una volta all’anno o addirittura una volta ogni certo numero di anni. Di conseguenza, non valutare i ricavi relativi a prodotti in rimanenza, non venduti, può significare (soprattutto nel caso di aziende specializzate) spostare tutti i ricavi di un esercizio ad un esercizio successivo, magari semplicemente per il fatto di aver aspettato a vendere la produzione ad anno nuovo per una strategia di tipo speculativo (vendita successiva a quella del momento del raccolto per sfruttare l’innalzamento dei prezzi che si ha al di fuori del picco di offerta).

Nell’azienda industriale invece il bene immesso sul mercato viene prodotto “in continuo”, attraverso cicli produttivi standardizzati e ripetitivi. Quindi nelle aziende industriali l’allocazione costi e ricavi è più adatta ad un sistema del reddito, anche perché spesso il valore del prodotto in rimanenza a fine anno è una frazione estremamente ridotta rispetto a quello prodotto e venduto durante l’esercizio.

In agricoltura la cura e sviluppo della pianta fa riferimento alle operazioni fatte dall’imprenditore agricolo per far in modo che la pianta possa crescere. Ogni operazione comporta un costo al quale non è collegato un immediato ricavo. In certi periodi, poi, il valore della pianta cresce anche in assenza di interventi da parte dell’agricoltore, e quindi anche di costi. L’accrescimento di valore subito non solo a seguito degli interventi di cura e sviluppo da parte dell’imprenditore (che determinano un innalzamento del valore di un bene valutato a costo), ma anche per il proseguire naturale del ciclo (che non determina un innalzamento di valore di un bene valutato a costo) viene valorizzato con il sistema del patrimonio, ma non con quello del reddito.

Per completezza di analisi, vediamo come sono nati i due sistemi sopra analizzati.

Il sistema del patrimonio è stato proposto da Fabio Besta nel fine 800 inizio 900. Tale sistema, per come è strutturato, si adattava bene alle aziende di tipo patrimoniale/ agricolo/artigianale tipiche di un’economia chiusa, modesta e con combinazioni produttive di dimensioni medie limitate e costituite sotto forma di aziende individuali o società con un

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numero ridotto di soci. Con la piena affermazione della rivoluzione industriale, lo sviluppo dei mercati e, soprattutto, la crescita delle dimensioni medie e del numero dei soci delle aziende, il sistema patrimoniale è diventato rapidamente desueto in quanto poneva l’accento sul patrimonio, mentre nelle moderne società per azioni con molti soci l’interesse di questi ultimi veniva ad incentrarsi sul reddito prodotto e distribuibile. Inoltre, l’aumento della complessità dei processi produttivi e del numero delle operazioni mediamente poste in essere ha reso il sistema patrimoniale obsoleto anche da un altro punto di vista. Infatti, la sua concreta applicazione comportava la rilevazione dei fatti interni di gestione attinenti ai processi tecnici di produzione ed ai movimenti interni di materie, semilavorati e prodotti, per seguire, su quella base, le permutazioni e le modificazioni del capitale. Ciò comportava un inevitabile inserimento nei conti di valori di stima più o meno incerti e rallentava ed appesantiva il sistema delle scritture.22

Per il Besta la “ricchezza” (il patrimonio) è l’aspetto oggettivo comune a tutte le aziende. In definitiva, le operazioni aziendali nel sistema patrimoniale vengono quindi classificate in relazione al tipo di variazione che determinano sul patrimonio, in:

- Fatti permutativi, cioè operazioni aziendali che comportano variazioni di pari importo e di segno opposto negli elementi patrimoniali (ad esempio l’acquisto di merci con pagamento in contanti o a dilazione, dove il magazzino cresce del valore della merce acquistata, ma tale incremento viene controbilanciato da una diminuzione della cassa, od un aumento dei debiti verso fornitori, per un uguale importo)

- Fatti modificativi, cioè operazioni aziendali che comportano la variazione di un solo elemento patrimoniale e modificano il netto (ad es. il pagamento di fitti, di retribuzioni, interessi)

- Fatti misti, cioè operazioni aziendali che comportano variazioni non coincidenti negli elementi del patrimonio e quindi modificano solo in parte il fondo netto (ad es. la vendita di merci per un importo diverso rispetto a quello di carico: la differenza –pari all’utile o alla perdita mercantile – è considerata variazione netta, aumentativa o diminutiva, del fondo netto).

Il sistema reddituale invece è stato introdotto da Gino Zappa negli anni 30. Zappa capì per primo che la fisiologica evoluzione delle aziende richiedeva un radicale mutamento anche della logica contabile che conduceva alla rilevazione delle operazioni di gestione. Erano

22 Analisi del sistema del reddito e sistema del patrimonio effettuata consultando la dispensa online del Prof. Stefano Coronella, consultazione in luglio-agosto 2017

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infatti mutati gli interessi dei proprietari (imprenditore e soci), maggiormente attratti dalle informazioni sul reddito ed erano diventate molto più numerose e complesse le operazioni aziendali, tanto da richiedere un “sistema” contabile che consentisse una maggiore snellezza nelle rilevazioni. In questo modo, l’aspetto originario veniva a coincidere con l’aspetto numerario, ovvero quello rappresentato dal movimento del denaro e dei suoi assimilati. In altre parole, l’aspetto numerario riguarda la liquidità attuale (cassa, banca, ecc.) e differita (debiti e i crediti di funzionamento): per questo motivo i conti relativi sono denominanti conti numerari.

L’ aspetto derivato si riferisce invece a grandezze economiche, cioè a conti economici, che a loro volta si distinguono in conti economici di capitale (o “di netto”) e in conti economici di reddito (comprensivi dei crediti e dei debiti di finanziamento).

Nel sistema del reddito, i conti numerari si dividono a loro volta in tre sottocategorie: certi, assimilati e presunti.

- Conti numerari certi: certi nell’ammontare e nel periodo di disponibilità (“Cassa” e conti strettamente assimilati come “banca c/c”, “posta c/c”)

- Conti numerari assimilati: incerti nell’ammontare o nel periodo di disponibilità (debiti e crediti di funzionamento come “debiti vs/fornitori”, “crediti vs/clienti”)

- Conti numerari presunti: incerti nell’ammontare e nel periodo di disponibilità (fondi rischi, fondi spese future, ratei).

La differenza di approccio tra i due sistemi porta anche a sostanziali differenze nei relativi piani dei conti. Infatti, i conti patrimoniali vengono movimentati durante l’esercizio nel sistema del patrimonio, ma nel sistema del reddito se ne rilevano solo le consistenze iniziali e finali. Per quanto riguarda i conti economici, nel sistema del patrimonio sono spesso “bifase”, tendendo ad accoppiare spese e ricavi di una unica attività produttiva o di un gruppo omogeneo di attività, mentre nel sistema del reddito i conti economici sono monofase e rilevano solo costi o solo ricavi, generalmente omogenei per natura (ad es. costi delle materie prime, costi del lavoro, etc.).

A questo punto, una volta indicate le ragioni per cui il sistema del patrimonio è più idoneo per l’azienda agraria, andiamo a parlare dell’argomento centrale di questa tesi, cioè l’analisi dei costi.

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- la corretta osservazione economica, cioè la determinazione periodica dei costi consuntivi allo scopo di conoscere in che modo sono stati usati i fattori produttivi;

- la decisione e programmazione, cioè il fornire quelle informazioni necessarie per prendere le decisioni a riguardo delle varie alternative;

- il controllo, volto a valutare la coerenza fra costi sostenuti e costi stimati (costo obiettivo), a valutare la convenienza a produrre - o meno - determinati prodotti, a valutare le eventuali azioni correttive e migliorative, allo scopo di migliorare i risultati economici grazie alla riduzione dei costi.

Queste sono le finalità con cui viene fatta la contabilità dei costi nelle varie tipologie di aziende e imprese, e quindi anche nelle aziende agrarie dove ci troviamo a dover valutare le varie alternative a disposizione dell’imprenditore riguardo alle scelte dei fattori produttivi, a dover effettuare anche in base ai costi quella che è la programmazione produttiva e soprattutto a dover fare a consuntivo valutazioni riguardanti la convenienza, o meno, a produrre determinanti prodotti, oppure le possibili azioni di miglioramento per produrre in modo meno costoso, effettuando le relative correzioni per gli esercizi futuri. Il tutto ovviamente tenendo in considerazione i tratti distintivi e le peculiarità dell’azienda agraria.

Infatti, come prima già detto, per la scelta fra sistema produttivo biologico o tradizionale, le scelte non possono solo basarsi su considerazioni legata esclusivamente alla convenienza economica, specie se di breve periodo.

Inoltre, a mio avviso, la valutazione dei costi nelle aziende agrarie risulta essere ancora più importante in quanto spesso, per poter vendere il prodotto sul mercato, bisogna essere disposti ad abbassare i prezzi, data la grande disponibilità/variabilità di prodotti fra loro sostitutivi in agricoltura e lo scarso potere contrattuale degli agricoltori, che nella maggior parte dei casi lavorano in condizioni di “price takers”. Con ciò voglio dire che spesso è l’acquirente che ha più forza contrattuale sul prezzo e quindi l’azienda agraria è costretta a vendere a un prezzo più basso rispetto al prezzo “obiettivo”. Infatti, viste le ridotte dimensioni dell’azienda agraria e l’asimmetria informativa che la penalizza rispetto alla controparte, spesso essa non ha forte potere contrattuale sul mercato e quindi deve adattarsi, se si trova davanti ad acquirenti che hanno potere contrattuale maggiore rispetto a lei. In una situazione di prezzi in calo, una variabile molto importante per un’azienda agricola è quella di riuscire

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a produrre a un costo più basso, in modo da aumentare il margine rispetto al prezzo a cui il prodotto sarà venduto.